Telegiornaliste
anno II N. 27 (59) del 10 luglio 2006
Daniele Rotondo di
Nicola Pistoia
Ai microfoni di Telegiornaliste questa settimana
risponde, per i colleghi uomini, Daniele Rotondo del Tg2.
Daniele, come hai iniziato a fare il giornalista?
«Ho iniziato a 14 anni come cronista sportivo locale. Subito
dopo il diploma, nel 1978, sono entrato nella Scuola di
Giornalismo di Urbino annessa alla facoltà di Sociologia.
L’anno dopo sono entrato a Telenorba (tv locale pugliese)
come redattore sportivo. Qui ho passato 18 anni. Ti racconto
un aneddoto che sicuramente è stato importante per la mia
carriera. Nel 1988, in Africa, venne rapito Giuseppe
Micelli, che era tecnico della Salini Costruttori, una
multinazionale italo africana. Io parto in Etiopia e mi
metto sulle tracce del rapito. Finalmente i terroristi si
arresero. Ricevetti i complimenti dell’allora ambasciatore
De Michelis. Quando arrivai all’aeroporto di Brindisi con
l’ostaggio liberato iniziai una diretta di sei ore sempre
per Telenorba. Penso sia stata una delle esperienze più
importanti della mia vita, ma anche una grande opportunità
professionale. Dal 1997 sono in Rai».
Sei pugliese: la differenza tra Nord e Sud esiste anche
nel giornalismo?
«Credo che ormai la globalizzazione abbia annientato questa
differenza tra settentrione e meridione. Ci sono ancora
alcuni problemi, ma credo stiano risolvendosi. E nell’ambito
del giornalismo, più che fare una divisione tra Nord e Sud,
sarebbe opportuno distinguere Roma e Milano dal resto
d’Italia, dove credo ci sia una forte centralità
dell’informazione. E’ possibile fare ottimo giornalismo a
Palermo così come al Nord».
Secondo te per la formazione di un bravo giornalista è
più importante frequentare una scuola di giornalismo o
vivere le varie fasi all’interno di una redazione?
«La pratica senza teoria non esiste. Prendi il mio caso: ho
iniziato giovanissimo a frequentare le redazioni
giornalistiche locali. Questo, dopo tanti anni, mi è servito
tantissimo. Ho frequentato la Scuola di Giornalismo che mi
ha dato le basi per fare questo mestiere, ma sentivo il
bisogno di rendere più completi i miei studi. Ho 45 anni e
questo mese mi laureo in Scienze della Comunicazione. E’
importante studiare ma è altrettanto importante rimboccarsi
le maniche fin da subito».
Chi dei tuoi colleghi, anche di altri tg, apprezzi
maggiormente?
«Innanzitutto ammiro molto il mio direttore,
Mauro Mazza. Penso sia una persona molto equilibrata e
professionale. E credo abbia una grande capacità mediatica.
Un altro telegiornalista che apprezzo è il corrispondente
del Tg2 dall’America Gerardo Greco, molto bravo. Mi
piacciono anche
Pino Scaccia del Tg1 e
Giovanna Botteri del Tg3: due giornalisti di
rango».
Quale dei tg nazionali non ti piace affatto?
«Non mi piacciono i telegiornali degli incompetenti.
Fortunatamente in Italia ce ne sono pochi. A me piace
giudicare i tg che meritano di essere giudicati,
positivamente. Tra questi devo senza dubbio citare Sky
Tg24, lo reputo molto agguerrito e preparato. Non a caso
viene da un’altra tradizione storica. Senza presunzione, ma
non posso fare a meno di nominare i telegiornali della Rai e
il radio giornale, che sono l’emblema dell’informazione
nazionale».
Chi sono stati, se ne hai avuti, i tuoi maestri? E chi ti
sentiresti di ringraziare?
«E’ una bella domanda. Sicuramente devo molto, e per questo
lo ringrazio, il direttore di Telenorba. Sono molto
riconoscente al mio attuale direttore, Mazza».
Cosa consiglieresti a chi come te volesse intraprendere
questa difficile professione?
«Bisogna avere tre caratteristiche: curiosità, voglia di
approfondimento e umiltà».