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Intervista a Mauro Mazza tutte le interviste
Mauro MazzaTelegiornaliste anno II N. 5 (37) del 6 febbraio 2006

Mauro Mazza, lo stress del direttore di Filippo Bisleri

«Fare il direttore di un tg – racconta Mauro Mazza, in esclusiva ai microfoni di Telegiornaliste – è un lavoro stressante tanto che spero che presto l’Azienda (la Rai, ndr) mi scelga per un altro incarico. Da direttore, infatti, non esistono momenti liberi e persino Natale diventa un giorno di normale lavoro».

Ma c’è differenza tra essere il direttore di un Tg pubblico e di uno privato?
«Essere giornalisti in Rai non è facile – replica Mazza – anche perché la gente, dalla Rai, che è il servizio pubblico, si aspetta di più che da un tg privato. E questo credo accada».

Quanto i tg sono dipendenti dalla politica?
«Che domanda: fare un tg senza politica è, di fatto, impossibile. Un certo rapporto con la politica lo si deve sempre avere. Io ho fatto per quindici anni il lavoro nel Transatlantico (il Parlamento, ndr) e ho iniziato la mia carriera a fianco di aspiranti giornalisti, poi divenuti politici, che hanno i nomi di Gianfranco Fini, Francesco Storace, Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa al Secolo d’Italia».

E come si è affrancato dall’esperienza di giornalismo di destra?
«Con molta difficoltà. Sai quante volte mi hanno detto Sei bravo, ma arrivi da destra, prova altrove?. Questo mi è servito però per il mio lavoro di oggi, perché tratto con equidistanza centrodestra e centrosinistra. E ti dico di più. Quando mi insediai alla direzione del Tg2, i giornalisti mi chiesero garanzie sull’indipendenza del loro lavoro e io risposi, sulla scorta delle discriminazioni lavorative patite, che avrei garantito la possibilità per tutti di non subire discriminazioni per le idee politiche».

Il Tg1 è filogovernativo, il Tg3 è stato battezzato anche “TeleKabul”, il Tg2 come si colloca?
«Se parliamo dello scenario prima dei tg Mediaset e La7, confermo la tendenza del Tg1 a stare sempre col Governo, qualunque sia il colore dell’esecutivo, e quella del Tg3 a fare informazione pro Ds. Il Tg2, così, diventa un tg vicino al centrodestra».

E i tg Mediaset che cambi hanno portato?
«L’arrivo del Tg5 ha avuto un potere deflagrante, perché portò alle aperture di cronaca e non più di politica. Il bravo Mentana trovò la ricetta vincente per combattere la guerra degli ascolti con la Rai».

E che ci dice della sfida del Tg2 alle 20.30?
«Stai parlando del tg trainato da Tom & Jerry (sorride, ndr)? Beh, è una sfida che raccoglie ogni sera almeno tre milioni e mezzo di telespettatori».

Avete inserito la striscia di notizie e la conduzione in piedi, perché?
«Il banner riepilogativo l’ho fortemente voluto e lo terrò sempre. Quanto alla conduzione in piedi e all’abolizione conseguente del “gobbo elettronico” ritengo qualifichi i bravi giornalisti. Non si tratta di una questione estetica, ma di valorizzare chi sa stare davanti alla telecamera. Le mie tgiste avevano paura di misurarsi a figura intera coi telespettatori, temevano le critiche per l’aspetto (ma loro sono perfette!), poi hanno capito la sfida professionale e l’hanno vinta».

Politica e auditel condizionano i tg?
«Certo. Mentirei se dicesi il contrario».

Vi spiate tra direttori dei tg?
«Sì. I miei colleghi del Tg1 e Tg3 forse non l’ammettono, ma io sì».

Casi Biagi e Santoro, chi ha sbagliato?
«Beh, occorre distinguere, perché Biagi ha avuto una lauta liquidazione, mentre su Santoro ha sbagliato Berlusconi scegliendo di lavorare per sottrazione e non per moltiplicazione delle risorse della Rai. Anche Santoro, però, non è stato lineare nei suoi comportamenti».

Qual è il suo modello di tg?
«Sono narciso se ti dico Tg2 (sorride, ndr)? Beh, direi che il tg ideale è quello più simile alla prima pagina del Corriere della Sera o di Repubblica del giorno dopo. Per questo motivo non riesco a leggere, se non come tg sui generis, StudioAperto di Giordano, o ad immaginare il Tg4 senza Emilio Fede».

Qual è il sogno del giornalista Mauro Mazza?
«Mi inviti a nozze con questa domanda: il mio sogno è tornare in prima linea a raccontare i fatti».

Chi sono stati i suoi maestri di giornalismo?
«Come tutti, ho avuto i miei maestri. Cito Alberto Giovannini al Secolo e Livio Zanetti al Giornale radio. Li accomunava la grandezza che, di fronte ad un’esclusiva, avevano ancora la capacità di entusiasmarsi dopo decenni di carriera».

Quali consigli per degli aspiranti giornalisti del 2006 dal direttore Mauro Mazza?
«Consiglio agli aspiranti giornalisti di seguire con tenacia la loro ambizione, sapendo che avere un contratto sarà sempre più difficile e sarà quasi una scelta forzata accettare contratti a termine o seguire la via dei free-lance. Mi auguro che il quadro, per questi ragazzi e ragazze, cambi perché il Paese e il mondo hanno bisogno di bravi giornalisti».

 
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