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Tutto TV. Ieri, oggi e domaniAlessandro Parise, il ponte di A&F Dubbing
di Giuseppe Bosso

Mettere a disposizione la propria esperienza a favore delle nuove generazioni e dei talenti emergenti: una vera e propria mission per Alessandro Parise.

Benvenuto su Telegiornaliste, Alessandro. Com'è nata la sua esperienza di, per così dire, 'mentore' presso A&F Dubbing, di cui abbiamo parlato con Perla Liberatori qualche mese fa?
«A&F nasce da un’esigenza di creare un ponte di comunicazione tra la formazione attoriale e il mondo professionale. Ho fatto tanti anni di insegnamento durante tutto il mio percorso artistico personale e ho lavorato all’interno di tante strutture come docente ma sempre dovendo allinearmi alle esigenze di chi organizzava, esigenze che il più delle volte non collimavano con la mia visione di gestione di una struttura di formazione in relazione alle famiglie e agli studenti. La formazione richiede molta attenzione e il formatore deve poter accogliere tutte le necessità dello studente cercando di rispondere a tutti i suoi dubbi, esplorando le sue paure che sono anche i suoi limiti e cercando di semplificare le informazioni che spesso nella sua testa non trovano le risposte giuste. Formare non vuol dire solo insegnare la materia, ma avvicinarsi anche alla sfera emotiva di un allievo per capire cosa impedisce, durante il suo percorso, di arrivare alla meta. Il lavoro professionale è pieno di ostacoli, di alti e bassi emotivi, e se l’allievo non impara a costruirsi la sua armatura rischia di andare a sbattere contro muri molto pesanti da abbattere. Per questo come insegnanti bisogna avere la sensibilità per approcciarsi nella maniera più consona e personale e bisogna oltretutto capire le esigenze del singolo e non solo della collettività. All’interno di queste dinamiche bisogna creare disciplina e dare uno spazio importante alla socialità e all’inclusione per recuperare quelle che spesso e volentieri la società attuale tende a distruggere per tutta una serie di impulsi negativi. A&F è stata una lampadina che si è accesa nella mia testa, il desiderio di coronare un sogno di insegnamento che avesse la mia firma e che potesse trasmettere ai nostri allievi gli stessi valori acquisiti da me durante tutta la carriera artistica variegata».

Perla ci parlò proprio di 'esigenza di mettere a disposizione' il bagaglio di esperienza a favore delle nuove generazioni: possiamo dire che in qualche modo la vostra mission va in controtendenza ad altri ambiti dove il primo punto per i giovani è proprio quello di iniziare potendo contare sul supporto di persone di esperienza?
«La nostra mission è quella di creare un’ambiente di grande comfort dove spesso i giovani sono spaventati dalla comunicazione verbale e gestuale perché diseducati a farlo per tante sollecitazioni sbagliate derivanti dal loro background pregresso. Allo stesso tempo non li educhiamo a vivere in una bolla d’aria, sganciati dalla realtà ma li mettiamo realmente in guardia da tutti gli ostacoli che potranno incontrare lungo il percorso senza mai perdere di vista il loro obiettivo principale che è la realizzazione del loro sogno di diventare dei professionisti. Per entrare in A&F bisogna sostenere un colloquio motivazionale. Io non credo nel provino al leggio consumato in pochi minuti. Spesso è inutile, quello che conta per me sono le ragioni della scelta di un percorso così particolare come può essere quello artistico. Chi ha le idee chiare ed è resiliente ha molte più chances di chi crede di avere talento ma si accontenta della sufficienza. Il talento non è sufficiente per diventare dei professionisti con la P maiuscola».

Uno degli aspetti più problematici di oggi è l'impatto che la tecnologia, e in particolar modo l'intelligenza artificiale rischia di avere nel settore artistico, in tutte le sue sfaccettature, se non adeguatamente veicolata. Lei cosa ne pensa?
«L’IA è un problema reale e oggettivo con cui faremo i conti e con cui stiamo già facendo i conti. È entrata in modo prepotente nella nostra società sbattendoci in faccia che siamo molto più aridi e pigri di quello che immaginavamo. La tecnologia è una cosa meravigliosa e aiuta il progresso in maniera straordinaria e io la amo follemente perché può aiutarci a migliorare le nostre aspettative di vita, ma come tutte le cose straordinarie e importanti scientificamente è anche temibile e non c’è alcun dubbio su questo. Perché annichilisce la mente umana, appiattisce il giudizio critico, falsa ampiamente il rapporto con la realtà ed espone in modo incontrollabile tutti noi potendo distruggere in un battito di ciglia la nostra privacy e la nostra dignità umana. Quindi sì, usata impropriamente può portare ad un appiattimento non solo nel nostro lavoro ma in tutti i mestieri, privandoci del gusto di quello che nel cinema stiamo già rimpiangendo: “l’artigianato”. Quello che rende le persone speciali e non le omologa come fanno i social. Io sono molto social perché sono molto curioso ma devo ammettere che cerco di scardinare tutto quello che nel linguaggio social si chiama “trend”. Seguire la massa… l’ho sempre respinto. Le grandi menti, i grandi pensatori, i grandi condottieri della storia hanno fatto la differenza perché si sono staccati dal pensiero di massa. Tutto questo però ha un prezzo molto alto, che in pochi sono disposti a pagare. Rudolf Nureyev diceva: Chi vola alto, è sempre solo. È proprio vero, più rischiamo, più cerchiamo di non uniformarci, più cerchiamo di fare la differenza e più rimaniamo soli».

Ho avuto modo di intervistare una delle vostre più promettenti allieve, Angelica Tuccini, che anche grazie al vostro supporto oltre ad acquisire esperienza nel campo del doppiaggio sta emergendo anche come attrice senza disdegnare altri ambiti come la danza: possiamo dire che i vostri corsi offrono una formazione davvero a 360 gradi?
«Angelica sta crescendo con me e come tutti i miei allievi più giovani è come una figlia. È una bambina brillante, dotata di una grande attitudine all’arte. È molto energica e il lavoro che bisogna fare con lei è incanalare tutta la sua energia. Quando un bambino è un enfant prodige come sicuramente lei è e come lo sono altri bambini della nostra scuola come Luna Massari, Gabriele Tonti, Gabriele Piancatelli e tanti altri che sono ancora miei allievi o lo sono stati bisogna stare molto attenti perché in genere hanno personalità complesse che con l’andare degli anni se non vengono fortificate e strutturate possono incontrare delle problematiche. L’adolescenza è un passaggio molto delicato e se non si lavora bene anche con i genitori, non solo con i figli si rischia di fare solo un grosso danno. Il mestiere artistico ai primi successi infiamma figli e genitori ma quando capita, e ti assicuro che capita, che si ha una frenata brusca, se non si è preparati bene si rischia di disamorarsi. Ecco a cosa serve la formazione continua. Ecco perché in America a differenza dell’Italia gli attori cercano sempre i coach. Perché sanno molto bene quanto il sostegno sia determinante per il loro percorso. I nostri corsi offrono il giusto valore che si può offrire ad uno studente che cerca un indirizzo per arrivare al suo obiettivo. Quest’anno abbiamo inserito nella nostra scuola un percorso teatrale perché è importante capire come approcciarsi ad un testo senza il vincolo del sync, è importante acquisire una personalità artistica, è importante imparare a gestire il proprio corpo e la propria voce al di là del lavoro di un altro attore. Quando doppiamo noi ci mettiamo al servizio di un’interpretazione fatta da un altro attore. Non avere consapevolezza del proprio mondo emotivo, del proprio universo creativo porta molti giovani a cercare un suono nella voce che spesso e volentieri è un significante svuotato del suo significato. Un involucro svuotato del suo contenuto. Recitare in teatro aiuta a raccontare il proprio universo emotivo al di là di tutto».

Oltre che per gli sviluppi tecnologici, come pensa sia cambiato il mondo del doppiaggio rispetto i suoi inizi?
«È cambiato tutto perché sono cambiati i tempi. È cambiata la modalità di lavoro. I tempi sono molto più serrati a discapito a volte della qualità interpretativa. Chi ha struttura, chi ha un peso specifico ovviamente si impone per conservare quel valore. Ma la società è cambiata ovunque. Tutto è veloce, tutto è immediato e non si ha più voglia di aspettare, di ascoltare e di accettare una critica per costruire un valore artistico. Questo è cambiato. D’altro canto, è vero che la recitazione di ieri non si sposerebbe più con il cinema e la televisione di oggi. Ogni epoca storica ha le sue regole e il suo stile. Oggi la tecnologia ti permette di rifare una battuta anche spezzettata e di fare i cosiddetti incastri. Ma frammentare un’interpretazione e non avere il collega in sala come contraltare vizia necessariamente l’interpretazione e questo può abbassare la qualità del lavoro fatto a monte dagli attori in originale. È ovvio che l’esperienza attoriale in questo viene a supporto dei direttori. Il doppiaggio, però, per quanto tecnicamente impeccabile rimane comunque un tradimento dell’originale come lo sono le traduzioni dei testi teatrali shakespeariani e tutti i testi stranieri. Fa parte del gioco ed è anche la meraviglia di questo gioco che ha creato un grandissimo indotto in questi ultimi anni, un indotto fatto di appassionati che hanno dato il giusto valore alla fatica e al sacrificio fatto da tutti i professionisti che prima erano solo voci nell’ombra».

Dove potremo ascoltarla prossimamente?
«Io sono molto legato ad un attore che ho avuto il piacere di doppiare di recente. Tramell Tillman protagonista della serie di successo Scissione. Lui è stato scelto per interpretare il capitano Jack Bledsoe nell’ultimo capitolo di Mission Impossible, già uscito nei Cinema. A breve sarà disponibile anche sulle piattaforme. Purtroppo non posso parlare dei progetti ancora non annunciati per la clausola di riservatezza che si firma al momento dell’impegno lavorativo. Quello che posso dirvi è che Tramell sta diventando un attore di grande successo in America e hanno già annunciato un altro grosso progetto a cui prenderà parte. Spero vivamente di poter continuare a doppiarlo perché trovo che sia un attore magnifico e pieno di sfumature».

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