Pamela
Brega, tra cinema e cosplay
di
Giuseppe Bosso
Attrice, ma non solo, abbiamo il piacere di intervistare
Pamela Brega.
Benvenuta sulle nostre pagine, Pamela. Anzitutto parliamo
della sua ultima interpretazione, La tigre veste di rosso,
sequel di un altro corto che l’ha vista protagonista,
La tigre veste di nero: senza ovviamente spoilerare,
cosa può dirci, anche in continuità con il precedente capitolo?
«Grazie a voi per avermi invitata!
La tigre veste di nero
è un mediometraggio no budget, abbiamo sperimentato per vedere
se al pubblico piaceva questo genere horror/thriller e alla fine
dopo varie proiezioni è andata molto bene. Per il secondo
capitolo abbiamo deciso di farlo diventare un lungometraggio,
oltre ad essere la protagonista del film sono anche la
produttrice. Ho voluto investire su nuove strumentazioni come
fari, telecamera, computer, macchina per il fumo. A differenza
del primo, questa volta possiamo dire che c’è un vero budget
dietro al film. Inoltre per la prima volta abbiamo veri attori
che hanno studiato recitazione e provengono dal mondo del
teatro. Nel cast ci sará Ilaria Monfardini, grande nome del
cinema indipendente di genere, Roberta Sarti e Gino Bove.
Ovviamente il film sarà scritto da Roberto Ricci, il
parrucchiere del brivido, sceneggiatore del primo capitolo
mentre alla regia e al montaggio sempre Luca Pincini. Le musiche
avranno la firma di Riccardo Sabbatini in arte “Rick Dope”,
anche programmatore di videogiochi».
Possiamo in ogni caso dire che il messaggio che traspare fin
da La tigre veste di nero è che il male, la follia, sono molto
più propensi a nascondersi dietro la facciata apparentemente più
insospettabile?
«Si, la follia è sicuramente la base che permette al villain di
compiere le sue azioni. Sul fatto che sia insospettabile non
saprei, nel mediometraggio conosciamo poco il personaggio per
via della tempistica. In verità dietro ad un semplice giallo con
un twist finale di Roberto Ricci, abbiamo voluto inserire
elementi da film slasher, ponendo la donna come protagonista
assoluto. Le vittime sono donne, ma anche il villain. L’unico
uomo rilevante del mediometraggio fa una brutta fine, mentre
l’eroe è una donna testarda che si salva da sola. Insomma c’è
una base fortemente “Girl Power.”».
Finora si è caratterizzata soprattutto nell’interpretazione
di corti e pellicole indipendenti che, pur lontane dal grande
circuito della distribuzione mainstream, non sono certo una
categoria minore, potendo anzi contare sul seguito di
appassionati. Si sente in qualche modo, per così dire, “pesce
grande in uno stagno piccolo”?
«Parlando di distribuzione di film horror indipendenti in Italia
non credo che ci sia troppo spazio. Piccoli film a volte trovano
la loro strada grazie a un investitore che crede nel progetto,
ma la maggior parte delle volte film anche meritevoli finiscono
nell’oblio. Non funziona così in America per esempio, dove anche
il film senza mezzi trova la sua distribuzione sul mercato dvd o
sulle piattaforme. La differenza sta nel fatto che in America,
ma anche in altri paesi come la Germania, hanno degli eventi
fatti appositamente per queste cose. Ogni settimana hanno un
evento a tema horror e solo horror dove chiunque in un modo o
nell’altro riesce a fare vedere il proprio film. Su questo in
Italia siamo sacrificati parecchio, anche perché i festival sono
pochi e i nomi che circolano sono sempre gli stessi. Sulla parte
se mi sento un pesce grande in uno stagno piccolo non saprei.
Trovo che i corti sono ottimi per iniziare, poi se
effettivamente valgo qualcosa saranno gli altri ad accorgersi di
me. Mi sono coperta di sangue finto e ho fatto ogni volta i miei
piccoli stunt, per ora ne sono soddisfatta e se un domani ci
sarà un cosiddetto stagno più grande non vedo l’ora di farci un
tuffo».
Com’è nata e come si è sviluppata nel tempo la sua passione
per l’horror?
«La mia passione è nata grazie ai miei fratelli, quando ero
bambina guardavo le loro videocassette dei film horror. Da lì
non riuscivo a farne a meno. Quando ho conosciuto la mia dolce
metà, Luca Pincini, ho avuto modo di ampliare ancor di più
questo mondo, iniziando a collezionare dvd, bluray, action
figures, poster e tanto altro. Tra le soddisfazioni più grandi,
oltre a tutti i piccoli cortometraggi realizzati insieme, anche
loppo di conoscere i nostri attori e registi preferiti. Persone
che vedevo sullo schermo da bambina e che non pensavo mai di
poter abbracciare dal vivo, come Bruce Campbell e Roberto
Englund».
Qual è stata finora l’esperienza professionale che l’ha
maggiormente gratificata?
«Tutti i progetti in cui ho partecipato mi hanno gratificata
moltissimo, anche perché è sempre una bella esperienza stare su
un set, inoltre è il mio sogno da quando ero piccola. L’ultimo
progetto che ho fatto,
La tigre veste di nero, ho voluto
dare il massimo e al pubblico è piaciuto, mi sono divertita
tantissimo e spero di continuare a collaborare con tanta bella
gente».
Ha acquisito una notevole popolarità anche come ‘cosplayer’.
Come si è avvicinata a questo ambito e cosa l’ha colpita in
particolare?
«Era il 2007 e su YouTube mi sono imbattuta in un video dei
cosplayer alla fiera del fumetto di Lucca. Fino a quel momento
non sapevo dell’esistenza del cosplay, l’unico momento per
mascherarsi era il carnevale. Da quel momento ho iniziato a
prendere le prime cose che trovavo in casa e ho cominciato a
creare i miei primi costumi. Forse non erano perfetti ma erano
mie creazioni, e il fatto di non averli comprati mi dava molta
soddisfazione, specialmente se piacevano anche agli altri. Così
ho iniziato a frequentare le fiere del fumetto e a partecipare
alle gare cosplay, vincendo anche qualche premio. Passeggiare in
mezzo ai cosplayer mi fa stare bene e mi fa dimenticare tutti i
problemi. Sono in una fiera del fumetto? Non sono più Pamela, ma
Alexa Bliss, e farò divertire le persone».