Letizia
Meuti, il mio cinese napoletano
di
Tiziana Cazziero
Incontriamo la scrittrice e giornalista
Letizia
Meuti per parlare della sua ultima opera.
Ciao Letizia e ben arrivata. Giornalista, blogger e autrice
del romanzo Un cinese napoletano. Idea curiosa, come
nasce questo titolo? Da dove è arrivata l’ispirazione?
«Il titolo già così, a mio parere, fa subito simpatia. Tutto
nasce dalla mia voglia di raccontare una storia unica nel suo
genere, molto attuale, in cui volevo mettere in risalto alcune
tematiche importanti dei nostri giorni: l’inclusione,
l'integrazione, l'immigrazione e la multiculturalità. Lo
scenario che immaginavo era proprio il nostro bel paese:
l'Italia. Ho pensato che solo una delle nostre città del
meridione fosse adatta a fare da cornice a questo tipo di
narrazione, così pensando su quale fosse la più indicata, Napoli
ha subito attirato la mia attenzione, forse perché ho lasciato
lì (simbolicamente) un pezzo del mio cuore, ma ho subito pensato
che fosse la perfetta incarnazione dell' accettazione e della
bontà d' animo».
Cinesi e napoletani rappresentano due culture di fama
internazionale, eppure tanto diverse tra loro, cosa ti ha spinto
a unirle in questo libro?
«Intanto la mia passione per entrambe le culture. È un
incontro/scontro come lo chiamo io, tra oriente e occidente, in
cui poi, si noterà che nonostante siano agli antipode, molte
cose li accomunano e che alla fine non sono così diversi».
I protagonisti narrati sono stati ispirati da qualcuno in
particolare? Alcuni di questi hanno per te un significato più
profondo rispetto ad altri personaggi?
«Come fanno anche altri miei colleghi, ho raccolto le
testimonianze di persone a me vicine appartenenti a quel mondo,
che mi hanno raccontato molto delle loro vite: di come sono
arrivati nel nostro paese, per esempio, come hanno affrontato i
problemi di dover lasciare tutto e trasferirsi, alcune volte per
sempre, il rimpianto di aver lasciato le famiglie compresi i
figli ecc... tutte cose che mi hanno molto toccata e che ho
voluto raccontare. Un personaggio a cui sono legata maggiormente
è senz' altro la figura del professor Andrea Costanzo,
napoletano doc, che indossa la vita come un abito sgualcito.
Credo che non esistano parole migliori per descrivere questa
figura e la sua malinconia per una vita che ormai non c' è più,
ma che si porta ancora dietro».
A quale pubblico è rivolto il romanzo? Ti sei rivolta a un
target specifico oppure possono leggerlo tutti?
«Questo libro, nello specifico, penso sia un po' adatto a tutti
senza distinzioni».
Vuoi raccontarci qualche aneddoto legato alla stesura del
romanzo? Un episodio particolare che ricordi in modo speciale?
«Una curiosità: il sottotitolo,
Una storia I.T.A.L.I.A.-Na,
non ne parlo mai, non doveva esserci all' inizio. Ero partita
con l' idea di far iniziare i nomi dei singoli personaggi con
un' iniziale derivante dalla parola Italia, una cosa un po'
curiosa, poi, nel corso della narrazione, mi sono accorta che il
tutto diventava un po' pesante, così abbandonai l' idea, ma
rimase nel sottotitolo per un volere della mia agenzia».
Cinesi e napoletani due culture a confronto, c’è forse un
messaggio nascosto nella storia?
«Come dicevo anche prima sono due mondi opposti che si
incontrano e si accorgono che poi alla fine tanto diversi non
sono. Credo che un vero e proprio messaggio nascosto non ci sia,
magari la voglia di far venire alla luce problematiche che anche
se non di facile gestione, prima o poi vadano risolte, se non
tutte, almeno una parte».
Perché un lettore dovrebbe scegliere di leggere Un cinese
napoletano? Cosa rimane di questa storia?
«È una storia raccontata volutamente in maniera leggera, ma che
insegna anche alcune cose a mio dire importanti: intanto la
tolleranza, visto i tempi, non cosa facile penso, verso chi è
differente da noi, ma soprattutto la riscoperta del concetto di
unione tra paesi, modi, usi, costumi e tra persone
specialmente».
A te come scrittrice cosa ti ha lasciato dentro la stesura di
questa storia?
«A me molto, soprattutto lo scoprire cose di cui non sapevo
tantissimo, è stato un grande arricchimento per me».
Autrice, blogger e scrittrice, come concili i vari impegni
con la vita privata?
«Facendo una cosa per volta possibilmente! Scherzo, penso che ci
voglia una grande organizzazione e una grande voglia di portare
avanti questi bei progetti».
Questa è stata la tua prima pubblicazione, hai altro che
bolle in pentola? Ti va di anticipare le news su eventuali
romanzi futuri?
«Spero che in primavera, massimo per la metà di quest' anno
escano gli altri miei due libri. Il primo che sto finendo in
questi giorni, è sempre sulla falsa riga di questo, però non
parlo più di famiglia ma di ragazzi, figli che crescono e si
affacciano al mondo circostante, compreso quello lavorativo con
tutte le problematiche che ne concerne. Nel secondo. invece, ho
abbandonato un po' la leggerezza di questo stile narrativo,
perché la storia è ambientata in un periodo storico molto
importante, sia del nostro paese che a livello mondiale ed ho
pensato che fosse la cosa migliore per raccontare quello che
successe veramente in quei tempi».