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Telegiornaliste anno VI N. 35 (252) del 25 ottobre 2010
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MONITOR Laura
Costa: riscopriamo i documentari
di Giuseppe Bosso
Autrice, sceneggiatrice, documentarista e giornalista pubblicista. Tutto questo
è Laura Costa. Nel 1995 iniziano le collaborazioni per il cinema e la
televisione. Realizza come autore e aiuto regia per Rai e Mediaset decine di
documentari in tutto il mondo. Nel settore Cinema firma la sceneggiatura di
diversi lungometraggi. Collabora con diverse case di produzione per la
realizzazione di spot e video clip. Con Tracce Edizioni pubblica il suo libro
dal titolo L’Amore Violato. Infine, l'esperienza passata poi a
Telelombardia e quella attuale a 7GOLD con il programma Settesera.
Più impegnativo stendere una sceneggiatura o condurre un programma in tv?
«Sono due cose completamente diverse. Sono entrambe situazioni che richiedono
impegno, attenzione e soprattutto passione. Insomma, non credo sia possibile né
scrivere una sceneggiatura né condurre un programma facendolo solo come lavoro.
Sicuramente una sceneggiatura richiede tempi e modalità molto diverse rispetto
alla conduzione di un programma: nel primo caso tempi lunghi e molti momenti di
riflessione, nel secondo capacità di improvvisare, cogliere l’attimo e
ovviamente documentarsi nel rispetto dell’ospite e del pubblico».
Qual è stata la sua più grande soddisfazione?
«Sinceramente non riesco a pensare “alla mia più grande soddisfazione”, mi dà
l’idea di qualcosa che è passato, finito, che non lascia spazio al futuro.
Diciamo che sono una donna fortunata, ho potuto fare un lavoro che mi piace, ho
girato il mondo grazie a questo lavoro scoprendo luoghi magici e facendo
incontri che nessuna vacanza avrebbe potuto mai offrirmi. Ho conosciuto,
intervistato e condiviso momenti con centinaia di persone che mi hanno dato
moltissimo… Tutto questo - e quello che verrà - rappresenta la mia più grande
soddisfazione».
Tante attività, leggiamo nella scheda: ma qual è la sua vera dimensione?
«Tante attività perché da molti, molti anni - ahimè – lavoro in un settore che
da sempre è in continua evoluzione. Semplicemente non ho mai escluso nessuna
possibilità e nessun mezzo che mi permetteva di comunicare con gli altri,
compreso la realizzazione di spot o video clip. Non so, non riesco, o forse non
voglio darmi una dimensione».
Quali sono, secondo lei, le maggiori problematiche dell’informazione di oggi?
«Direi i vincoli legati ai condizionamenti e agli interessi economici dei
singoli editori o l’esigenza di realizzare in tempi super rapiti e costi
bassissimi prodotti che riescano a soddisfare il pubblico. Però vorrei
rispondere a questa domanda andando in un’altra direzione: il mio lavoro di
documentarista mi ha portato in molti Paesi in cui la libertà di stampa non
esisteva neppure come concetto astratto. Questa esperienza mi fa rispondere che
la libertà resta il bene più prezioso e lo strumento che dobbiamo utilizzare al
meglio per superare le problematiche che pur esistono».
Tra gli ospiti che ha avuto a Settesera quali l’hanno maggiormente
colpita e quali delusa?
«Scusate, scusate, scusate, ma sono indisciplinata e anche a questa domanda non
riesco a rispondere… Nessuno mi ha deluso o soddisfatto. Sono persone comuni con
le loro storie di vita, professionisti o politici, artisti o imprenditori. Tutti
mi danno moltissimo e mi piace ascoltare e imparare da loro. Cerco di fare le
domande che il pubblico farebbe al mio posto, cerco di andare oltre l’ovvio e lo
scontato e di vivere con loro e con chi ci segue da casa tutto il tempo che
abbiamo a disposizione».
Nella tv di oggi c’è ancora spazio per i documentari?
«Il mondo negli ultimi vent'anni si è completamento trasformato. I viaggi
oltreoceano sono ormai accessibili a tutti come la settimana a Rimini alla
pensione Miramare di una volta. Non c’è più niente da scoprire ma penso
fermamente ci sia molto ancora da riscoprire perché comunque fare documentari è
un’arte e quindi la risposta è sì: dovrebbe, secondo me, esserci ancora spazio
per i documentari».
Secondo lei la donna intellettuale conserva ancora il suo fascino, tra le
tante 'pupe' che la televisione propina?
«Aiuto, che domanda difficile. Se una donna ha fascino, ha fascino e basta!
Fascino che va oltre la bellezza, fascino che trasmette un suo magico profumo
percepibile anche attraverso lo schermo televisivo. Penso comunque che ci siano
molti falsi “intellettuali” così come molte false “pupe” più intellettuali di
quanto si pensi».
Cosa farà da grande?
«Ormai sono grande e credo che continuerò a fare quello che ho scelto di fare
quando un “tot” di anni fa mi sono posta questa stessa domanda: del mio meglio
per propormi alla gente davanti e dietro alle telecamere esattamente come sono e
donando con umiltà quello che so fare».
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CRONACA IN ROSA Maternità
europea di Anna Rossini
Palloncini rosa e azzurri. Con questo singolare
“attrezzo del mestiere” si sono presentati all'emiciclo del
Parlamento europeo di Strasburgo i deputati sostenitori del
nuovo regime di maternità al voto in occasione
dell'Assemblea plenaria.
Munita di palloncino era ovviamente la relatrice del
provvedimento, la portoghese Edite Estrela membro del
gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e
Democratici (S&D): «La maternità non può essere vista come
un fardello sui sistemi nazionali di sicurezza sociale - ha
commentato la Estrela - ma rappresenta un investimento
per il futuro».
Queste le modifiche apportate alla legislazione europea
attualmente in vigore, che prevede standard minimi comuni a
tutta l'Ue: un aumento del congedo di maternità
obbligatorio da 14 a 20 settimane, remunerato al 100%
dello stipendio, il diritto per i padri a usufruire di un
congedo di paternità di due settimane, e infine il
divieto di licenziare le lavoratrici che hanno partorito
fino a sei mesi dopo il rientro dalla maternità.
«I costi sono chiari, i benefici sono più difficili da
calcolare», ha fatto presente la deputata olandese dei Verdi
Marije Cornelissen, mentre è emerso anche il pericolo che
una legislazione più a favore delle donne alla fine si possa
concretizzare in una discriminazione delle giovani donne
nell'accesso ai posti di lavoro. Riguardo alle perplessità
di natura economica, è netta la presa di posizione della
relatrice del provvedimento: «L'Europa ha speso molti soldi
per salvare le banche e può investire anche sulle
famiglie». |
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FORMAT Remondino
va in pensione
di Anna Rossini
Anche i giornalisti vanno in pensione. Li vedi
lì, sullo schermo, ogni giorno, per anni.
Diventano persone di famiglia. Un giorno, però,
qualcosa cambia. Per gli spettatori, ma anche
per i telegiornalisti. Anche per
Ennio Remondino.
Dopo 40 anni di lavoro - correggimi se
sbaglio - un cambio radicale. Dubbi,
perplessità?
«Lasciami l’illusione che l’anagrafe sia
l’ultima certezza democratica rimasta. Anche se
mi dicono di importati eccezioni. A che età
vanno in pensione i politici, o i consiglieri di
amministrazione, o direttori generali di aziende
pubbliche o semipubbliche? Dubbi pochi,
perplessità molte. Mi manca la percezione di
essere pressato da una folla di bravissimi che
chiedono strada. Ma la modestia non è più una
virtù».
Felice di lasciare il giornalismo in un
momento così difficile, fra dossier,
perquisizioni, leggi molto criticabili, critiche
del Premier...
«Uno lascia un giornale, mai il giornalismo. Che
questo sia un momento molto difficile per il
nostro mestiere è certo. Ma è anche giornalismo
triste. I dossier su cui ho lavorato
riguardavano terrorismo, trame e attentati allo
Stato. Ho subito perquisizioni e processi che
non riguardavano vicende immobiliari. Sono stato
anche attaccato da un Premier, ma si chiamava
Andreotti e si litigava attorno a Cia e P2.
Allora».
Cosa ti mancherà? E di cosa sarai felice di
liberarti?
«Banalmente, la giovinezza, l’ambizione, la
voglia di fare, l’illusione di un giornalismo
nobile e raddrizza torti. Mi credevo Tex Willer
e mi scopro quel brontolone di Kit Carson. Nel
frattempo sono scomparsi sia il West sia gli
amati Pellerossa. Genocidio del giornalismo
senza frontiere e padroni. Salvo nobili e
resistenti eccezioni. Il dramma è quello di
essere troppo vecchio per armarmi e salire in
montagna».
Progetti. Hai altri
libri nel cassetto? Oppure nuove
collaborazioni giornalistiche?
«Tanto per precisare, io esco il primo novembre:
non a caso il giorno di tutti i Santi. Tracce di
libri tante, editori interessati a pubblicarli
molti meno. Uno cui tengo molto avrà un titolo
chiaro e innocente. C’era una volta il Tg
numero Uno. E voi non malignate subito su
presunti sottintesi. Sulle collaborazioni
giornalistiche potreste aiutarmi pubblicando una
sorta di annuncio economico. Eccolo qui.
A.A.A. Giornalista collaudato offresi,
quasi come nuovo. Usato sicuro per ruoli di
supporto a giovani colleghi. Non saranno prese
in considerazione sostituzioni di giovani in
fase di rodaggio. Consumi ridotti, motore
opportunamente revisionato, velocità diesel con
spunti interessanti all’occorrenza. Carrozzeria
decente con qualche spelacchiatura sul tetto.
Colore originale anche se sbiadito. Libretto di
circolazione e revisioni successive garantiscono
aspro collaudo sia sul fronte della carta
stampata sia su quello radiotelevisivo, percorsi
sul terreno della cronaca investigativa e
d’assalto e su quello estero delle guerre. Molti
i chilometri lungo le dissestate strade dei
Balcani, da Vukovar al Kosovo passando per
Sarajevo, del Medio Oriente e dell’Iraq, sino
alle impercorribili piste afgane e alle
travagliate colline libanesi dell’altro ieri.
Per la migliore fruizione dell’Usato Garantito è
consigliato oggi un uso più stanziale ad evitare
rotture con conseguente difficile reperimento
dei pezzi di ricambio».
Torni in Italia o resti all'estero?
«Data la mia naturale predisposizione alle
lingue, sogno di andare al mercato e di poter
chiedere ciò che desidero senza indicare col
dito. A Istanbul mi sono ridotto a mangiare solo
Levrek, che è il branzino, le Hamsi,
che sono le acciughe e i facili Kalamar.
Con lo slavo possedevo un menù un po’ più vasto
ma oggi sento il bisogno di qualche golosità in
più. Che sia giunta l’età dei brodini?».
Un bilancio della tua carriera.
«Ciò che c’era da fare per strada l’ho fatto
tutto. Le cose più pazze e pericolose. Nel
giornalismo di carriera sono stato una frana.
Capo redattore di me stesso o di pochi altri in
quattro diversi uffici esteri di corrispondenza
e “quasi direttore” sulle pagine dei giornali a
ogni vigilia di nomine degli ultimi 15 anni.
Sulla base del principio di Peter, ho evitato di
raggiungere il mio livello di incompetenza.
Troppi altri no».
Una riflessione sul giornalismo.
«Un mestiere meraviglioso, se te lo lasciano
fare. Nel frattempo sono cambiate molte
condizioni di base. Meno editori e meno
occasioni, meno notizie e più chiacchiere, meno
mondo e overdose di politica interna.
Provincialismo, servilismo, superficialità. Il
mestiere dell’Inviato nel frattempo è morto
senza una lacrima di cordoglio. Infine direttori
che scambiano l’autorevolezza con
l’autoritarismo. Imbecilli».
Un saluto ai telespettatori.
«Cari amici da casa. In tempi d’oro v’ho rotto
le scatole a tutte le ore. Dal Tg1 quando ci
frequentavamo (io e il Tg1), da tutte le testate
e reti Rai quando la Nato ha giocato alla guerra
umanitaria sulla ex Jugoslavia. Sicuramente vi
avrò raccontato cose inesatte. Se è accaduto, il
primo ad essere stato ingannato ero io. Di
personale ho soltanto aggiunto ingenuità,
stanchezza, ma sempre buona fede. Scusatemi». |
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HOT GIRLS Cam
girls: Tanitamary di
Pierpaolo Di Paolo
...come si comporterà?
Per prima cosa chiedo a Tanitamary di accendere
la cam: voglio assicurarmi che sia davvero lei.
«Assolutamente no», mi risponde. «Sono una cam
girl garantita e certificata, se mi vuoi
vedere paghi». Le chiedo quanto vuole, scopro
che costa €15 per 15 min, €20 per 30 min. In
principio ero deciso a prendere la soluzione più
economica qualunque fosse, ma la seconda opzione
è decisamente più vantaggiosa, e mi dà molto più
tempo per interagire con lei. Pago.
«Aspetta che controllo» mi dice. «Mi spiace
amore, ma non mi è arrivato nulla».
«Ecco qua», penso subito, «altri €20 che hanno
preso il volo. E stavolta ben mi sta davvero».
Intanto che aggiorno il mio saldo, mi immagino
già le facce alla polizia postale, quando mi
vedranno tornare per la nuova denuncia. Apro la
pagina, deciso a mostrare anche a
Tanitamary il pagamento effettuato, e scopro
che effettivamente non mi son stati scalati i
soldi. Il sito delle poste si era bloccato, non
concludendo l'operazione. Effettuata
correttamente la transazione, la ragazza accende
la webcam.
Davanti ai miei occhi appare una donna sotto la
trentina. La ragazza è sul letto, stesa su una
coperta a scacchi colorati. Indossa un'elegante
vestaglia rosa e si vede a colpo d'occhio che è
in perfetta forma. La modella che mi
aspettavo. Forse le foto sono leggermente
ritoccate, ma nulla di sostanziale: è
assolutamente lei. Mi chiede cosa voglio che
faccia. Per prima cosa le dico di salutarmi con
la mano, anche se non sarebbe necessario: è
evidente che non sto guardando un video
preregistrato. Per esser certo che fa sul serio
dovrei almeno farla spogliare, ma decido di non
sbilanciarmi. «Non so come funziona un tuo
spettacolo», le dico. «Fa ciò che fai di
solito».
(continua) |
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DONNE La
vera storia di Lady Oscar di
Pierpaolo Di Paolo
Continua
l'incontro con la creatrice di Lady
Oscar, Riyoko Ikeda.
Cosa ha significato per lei scrivere Lady
Oscar? Immaginava il successo che avrebbe
avuto?
«Innanzitutto, scrivere Le Rose di
Versailles ha voluto dire rinunciare un po'
a tutte quelle cose che facevano i miei
coetanei: shopping, divertirsi, venire a
manifestazioni straordinarie come questa.
Non mi sarei mai immaginata che Lady Oscar
potesse varcare i confini del Giappone ed
essere apprezzata anche nel cuore
dell'Europa stessa. Il forte riconoscimento
che il mio lavoro ha avuto in Europa ha
rivalutato di molto il mio stato sociale in
Giappone, ma non voglio soffermarmi solo su
questo. C'è dell'altro. Quando ho visto che
non solo la mia storia è stata amata, ma che
c'erano persone di Paesi e culture
differenti che si riconoscevano nei miei
personaggi, allora ho capito che c'è
qualcosa di universale che unisce tante
culture diverse. Di ciò ho poi ritrovato
conferme anche nella musica: i popoli
possono essere diversi, però c'è sempre un
sentimento che accomuna tutti gli uomini».
E adesso perché non disegna più fumetti?
«A 47 anni ho deciso di iscrivermi al
conservatorio e studiare la musica lirica.
Spesso ho pensato che forse era troppo tardi
per rimettermi in gioco, ma più forte di
tutte le paure è stata la voglia di mettermi
alla prova e di studiare. All'inizio ho
pensato di continuare contestualmente anche
la mia attività di fumettista, però mi sono
presto resa conto che era impossibile fare
tutte e due le cose bene. Per questo non ho
più fatto manga».
Una certa parte politica in Italia ha
temuto di vedere in Lady Oscar un lavoro
troppo "di destra", dove personaggi come la
regina sarebbero presentati come positivi e
dove tutta la scena è rapita dalle vicende
nobiliari di Versailles. L'ambientazione è
incentrata sullo sfarzo e sui capricci di
palazzo, e il popolo è relegato quasi a
comparsa. Cosa risponde a queste
osservazioni?
«Rispondo che la protagonista muore facendo
la rivoluzione».
Perché abbiamo dovuto aspettare l'ultima
puntata per vedere un bacio tra Oscar e
Andrè?
«Innanzitutto perché all'inizio Lady Oscar è
innamorata del Conte di Fersen. E poi c'è
un'altra importante ragione, un qualcosa che
magari a noi non è più molto familiare, ma
di cui occorre tenere conto. Non dobbiamo
dimenticarci la grande differenza di classe
che c'è tra Oscar e Andrè. Questo era il
principale ostacolo tra loro. Soltanto nel
momento in cui lei decide di abbandonare
tutti i suoi privilegi e di mettersi a
combattere per la causa della rivoluzione,
riesce ad abbattere questo muro che l'aveva
divisa da Andrè. Ma, in sincerità, c'è anche
un'altra risposta a questa domanda, una
risposta molto più personale,
autobiografica».
Posso indagare?
«Sì. Io sono nata nel 1947. A quell'epoca in
Giappone i matrimoni erano spesso combinati,
e raramente avvenivano per amore. Mio padre
era una persona normale, uno del ceto medio.
Mia madre invece era un'aristocratica,
veniva da una antichissima famiglia di
samurai, e per questo le famiglie erano
fortemente contrarie alla loro unione. In
quella società arcaica, i miei genitori si
sono sposati perché si amavano
profondamente, e l'hanno fatto contro tutto
e tutti. Non posso fare a meno di pensare
che se il tutto fosse accaduto appena
qualche anno prima, io probabilmente non
sarei mai nata. Nella storia di Lady Oscar e
Andrè, fino a quel bacio concesso all'ultima
puntata e poco prima che entrambi morissero,
io ho rappresentato tutta la difficoltà
dell'amore dei miei genitori». |
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