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Intervista a Ennio Remondino (2)   Tutte le interviste tutte le interviste
Telegiornaliste anno V N. 42 e 43 (213 e 214) del 23 e 30 novembre 2009

Ennio RemondinoEnnio Remondino: la bugia è motore della guerra
di Erica Savazzi

Sarà in libreria da questa settimana Niente di vero sul fronte occidentale - Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra, Rubbettino editore. L'autore? Ennio Remondino. Che come al solito non ci fa mancare nulla, parlando del libro e di molto altro.

“Guerre, bugie, cantori e imbarazzi” sono le parole chiave del libro. Perché ha deciso di occuparsi di questi argomenti?
«Banale dire, perché mi ci sono trovato in mezzo? Quando ho deciso che sarebbe stato bello per me riuscire a fare il giornalista, avevo in testa quel foglio enorme e preistorico dell’Espresso col titolo Capitale corrotta, nazione infetta. Giornalismo dalla parte del cittadino, giornalismo aggiusta torti, era l’ideale. Poi, da dentro, ho scoperto il lato nascosto della luna. Ho scoperto la bugia, la guerra, i cantori della politica e, per liberarmi del mio personale imbarazzo di “persona per bene” (almeno credo), ho deciso di sputtanare qualche inganno, partendo nientepopodimeno che dalla Storia. Maiuscola».

Nel libro lei parla di bugie: alcune hanno modificato la Storia (ad esempio le bugie di Bush sulle armi di distruzioni di massa), altre si perdono nel mito (Ulisse) ma ancora oggi vengono ricordate. La bugia come motore della storia?
«La bugia certamente come motore della guerra. Elemento obbligato, sia politico che militare, di ogni guerra. La storia che abbiamo studiato è una sequela infinita di guerre, quindi... Ho cercato di sbugiardare un lungo pezzo di storia, o almeno di spiegare i trucchi usati da Principi e Presidenti per vendere le loro guerre».

Un capitolo si intitola L'Italia da geografia a Stato. Una menzogna anche questa? Ma stiamo per festeggiare i 150 anni di Unità...
«Che l'Italia del 1860 fosse una entità geografica e non nazionale è verità storica acquisita. Sto parlando della stragrande maggioranza della popolazione e non di quella manciata di intellettuali che insistevano a sognare. L'Italia politica nasce dall'espansionismo della casa Savoia, dall'esercito francese e dagli interessi mediterranei dell'Inghilterra. Poi ci sono anche Cavour, Mazzini, Garibaldi e l'impresa dei Mille. Accompagnati da molta prosopopea nazionale a posteriori e da parecchie balle di Stato. Andando a curiosare, capita di scoprire che i Savoia già allora "ballavano con le stelle" e che "Franceschiello" di Borbone ed il meridione non sono stati trattati molto bene neppure dalla storia».

Qual è la bugia che le ha dato più soddisfazione raccontare?
«Le più divertenti sono le balle omeriche andando a curiosare tra l'Olimpo e Troia. Omero, che amavo come poeta, non ne esce molto bene. Ulisse è il bugiardo da monumento. Roma antica, la sue legioni e le sue escort di Pompei sono un altro passaggio interessante. Passo dai Borgia all'invenzione del torchio a stampa, che è stata la prima mitragliatrice di bugie al mondo. Arrivo persino nel West, inseguendo le tracce pellerossa alla ricerca di "un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek" dell'amato De André. Per le due guerre mondiali, le balle sono infinite. Poi la propaganda di Mussolini, Hitler e Stalin. Basta dire che se Mussolini era giornalista, anche bravo, Stalin fu direttore della Pravda, e questo spiega molto! Le bugie che più feriscono sono quelle che ci portano alla nostra modernità. Dalle guerre umanitarie e quelle di Bush junior».

Ennio RemondinoNel prologo del libro lei mette sotto accusa l'informazione, arriva perfino a dire “non capisco più neppure 'la notizia', l’insieme di quelle che vedo impaginate in alcuni telegiornali, per cui anch’io lavoro”. Si spieghi meglio.
«Come “si spieghi meglio”? Che c’è da spiegare? Quello di Fede è un telegiornale? E quello di… tanti piccolini... Ini ini? C’è il telegiornale e c’è il bollettino televisivo di regime. C’è il giornalista e c’è il servo. E si vede. Salvo essere come lui».

Da Ulisse a Bush: in comune c'è la narrazione, il racconto, il pensare una realtà possibile e far sì che tutti vi aderiscano. Passano i secoli ma il potere della parole resta, e anzi cresce, grazie ai media. È possibile difendersi?
«Il giorno che lo scopro mi invento un partito e, se mi date consensi, vado a mia volta a lottizzare il mio pezzettino di informazione del servizio pubblico. Salvo che tutti noi, assieme, ci diamo una mossa».

Lei ha fatto il corrispondente di guerra. Ha mai subito pressioni da parte di governi o militari per “ammorbidire” i suoi racconti?
«I governi fanno solo il loro mestiere: interferire e/o condizionare il racconto che li riguarda. Nelle dittature c’è la minaccia della galera, nelle “democrazie incerte” c’è il ricatto della carriera. Sto pensando all’Italia, se non fosse chiaro. Milosevic è stata la sfida più facile della mia vita: era un “cattivo” talmente trasparente che bastava riferire ciò che diceva per dargli addosso. Io sarei per la diretta permanente delle dichiarazioni del Premier. Uno qualsiasi, ovviamente».

Guerre dimenticate. I giornalisti non ne parlano perché il pubblico non è interessato. Ma d'altra parte se il pubblico non sa della loro esistenza non può neanche interessarsi. È un circolo vizioso dove però la responsabilità di chi fa informazione è evidente. Cosa ne pensa?
«Su cosa sia realmente interessato il pubblico è teorema senza controprova. I tecnici dell’ascolto ti dicono che a quel punto del telegiornale devi richiamare ascolti con delitti, sesso e cosce. Lo dicono loro. Quando è esistita una televisione di qualità, abbiamo avuto infinite controprove che il pubblico apprezza. Non è scema la “massaia di Voghera”. C’è chi la vuole “scema” per tenerla consenziente alla politichetta. Non è scemo il pubblico. Sono banditi spesso scemi alcuni di coloro che decidono i palinsesti. Ci saranno arrivati per concorso a quegli incarichi di responsabilità?».

Karadzic è finalmente sotto processo. Stanno per aprirsi i negoziati di adesione alla Ue della Macedonia, quelli con la Croazia sono in dirittura d'arrivo, Albania e Montenegro hanno fatto richiesta di adesione, Bosnia-Erzegovina e Serbia stanno lavorando per avvicinarsi all'Europa. Un nuovo inizio per i Balcani?
«Forse. Se ci sarà una Europa capaci di accoglierli. Se ci sarà ancora una Unione europea. Resta il fatto che, o i Balcani entrano, tutti i Balcani entrano in Europa, o l’Europa dovrà presto tornare in divisa e armi in alcuni pezzi di Balcani. Karadzic è partita chiusa. Ma troppe partite, taciute, ignorate, restano ancora aperte, irrisolte, marcescenti. La sola garanzia che posso darvi è che non sarò più io a raccontarvelo».

Come non sarà più lei? Non vorrà andare in pensione?
«Certo che me ne vado in pensione! Novembre 2010. Non lo sai che se li passi in guerra gli anni pesano il doppio? E poi che ve ne fate di certi vecchi arnesi come me?».

Berlusconi e Marrazzo, escort e trans, polemiche su vita privata e vita pubblica. La reputazione dell'Italia all'estero è in caduta libera. Allo stesso tempo però Massimo D'Alema era in corsa per la nomina ad Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea. Non c'è contraddizione?
«Per fortuna non è l’italianità a segnare i nomi ma la loro storia personale. Da italiano che risiede da 15 anni all’estero ho subito umiliazioni feroci a mezzo stampa. Molti di voi non hanno idea di che Italia appare al mondo! Che Tg guardate? Per colpa di escort, trans, ladri e buffoni di corte. Aggiungo che D’Alema mi è pure simpatico umanamente, per essere sempre controcorrente. Per Marrazzo è pietà personale. Per Berlusconi... Mi appello al quinto emendamento».

La guerra è sempre stata presente nella storia dell'umanità, fa parte dell'animale uomo. Brutto segno per il futuro?
«La guerra - diceva Clausewitz - è la prosecuzione della politica. La guerra, cerco di dimostrare nel libro della Rubbettino, è sempre stata la scorciatoia, il ripiego della politica. Più la politica è inconsistente a fragile, più guerre ci saranno. Se dobbiamo aspettarci più o meno guerre, valutate voi».

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