Intervista a Riyoko Ikeda | tutte le interviste |
Telegiornaliste anno VI N. 34
e 35 (251 e 252) del
18 e 25 ottobre 2010
La vera storia di Lady Oscar di Pierpaolo Di Paolo Al Romics, la fiera internazionale del fumetto di Roma, incontriamo Riyoko Ikeda che ci racconta tutti i retroscena di Lady Oscar. L'autrice ci svela i segreti di una delle serie televisive più famose al mondo, raccontandoci se stessa ed il suo manga in un susseguirsi di rivelazioni tra rivoluzione francese e vita privata. Come è cominciata la sua passione per i manga? «Ho cominciato a disegnare fumetti che ero ancora una studentessa all'Università di filosofia. Sono diventata un'autrice di Manga e presto ho realizzato Le Rose di Versailles. È stato un manga rivoluzionario non solo per le caratteristiche della protagonista, ma anche per l'idea stessa di proporre un argomento storico in un manga dedicato agli adolescenti». Quando lei ha disegnato Versailles no bara, non aveva ancora neppure visitato Versailles. Da dove nasce tutto questo interesse per un mondo, la Francia del XVIII secolo, per lei così lontano? «La mia passione per la Storia europea nasce dalla lettura di un libro, la biografia di Maria Antonietta di Stefan Zweig. Ero ancora diciassettenne quando la lessi e lì è nato il sogno di rappresentarla in qualsiasi modo: un film, una rappresentazione teatrale, un manga. Questo è stato il seme che ha fatto spuntare in me l'interesse per la Storia europea, il seme da cui è nata Lady Oscar». Quanto c'è di autobiografico nelle Rose di Versailles? «Tantissimi aspetti. Il fatto che i miei personaggi siano sempre pronti ad affrontare delle sfide è qualcosa che riflette la mia personalità. Vivere non significa alzarsi, mangiare, lavorare e dormire. Significa ogni volta affrontare qualche cosa, confrontarsi col proprio destino. È questo che rende veramente Uomo una persona. Io sostengo e supporto tutte quelle persone che, come me, hanno deciso di prendere il loro destino nelle proprie mani. I propri personaggi sono sempre trasposizioni della propria personalità. Io ho proiettato la maggior parte di me stessa in Lady Oscar, ma c'è anche una parte che è come Maria Antonietta. Quando dovrò morire, voglio morire con lo stesso coraggio con cui è morta Lady Oscar». Tutta questa carica, questa grinta, traspare nei suoi personaggi, ed è per questo che il successo del suo lavoro ha generato anche preoccupazione nei genitori. Il messaggio innovativo e ribelle che il cartone comunica suona assai meno rassicurante rispetto a quello dei più pacati e tradizionali cartoni della Walt Disney. «Arriva un momento in cui senti la necessità di scappare dal nido dei genitori. Arriva, per tutti i genitori, un momento in cui riversano le loro aspettative sui figli. In Giappone tutti i genitori non volevano assolutamente che i figli diventassero mangaka, e ciò valeva anche per i miei. Loro volevano che io diventassi una professoressa. Io invece volevo creare qualche cosa di mio, e per questo mi sono ribellata alla loro volontà». Ma disegnare manga non è poi tanto disonorevole. La vita da donna fumettista è stata davvero così difficile? «Molti dei miei amici fumettisti han dovuto lasciare la casa dei loro genitori, fuggire. Molti hanno dovuto interrompere i rapporti con loro. Tanti manga nascono dalla disobbedienza e dalla ribellione nei confronti dei genitori. Detto questo, il genitore è pur sempre quella persona che, qualunque cosa faccia il figlio, continuerà ad amarlo sempre. Non dimenticherò mai le parole che una volta mi disse mio padre: "Tu puoi vivere come ti pare, ma non dimenticarti mai quanto ti amino i tuoi genitori"». Cosa ha significato per lei scrivere Lady Oscar? Immaginava il successo che avrebbe avuto? «Innanzitutto, scrivere Le Rose di Versailles ha voluto dire rinunciare un po' a tutte quelle cose che facevano i miei coetanei: shopping, divertirsi, venire a manifestazioni straordinarie come questa. Non mi sarei mai immaginata che Lady Oscar potesse varcare i confini del Giappone ed essere apprezzata anche nel cuore dell'Europa stessa. Il forte riconoscimento che il mio lavoro ha avuto in Europa ha rivalutato di molto il mio stato sociale in Giappone, ma non voglio soffermarmi solo su questo. C'è dell'altro. Quando ho visto che non solo la mia storia è stata amata, ma che c'erano persone di Paesi e culture differenti che si riconoscevano nei miei personaggi, allora ho capito che c'è qualcosa di universale che unisce tante culture diverse. Di ciò ho poi ritrovato conferme anche nella musica: i popoli possono essere diversi, però c'è sempre un sentimento che accomuna tutti gli uomini». E adesso perché non disegna più fumetti? «A 47 anni ho deciso di iscrivermi al conservatorio e studiare la musica lirica. Spesso ho pensato che forse era troppo tardi per rimettermi in gioco, ma più forte di tutte le paure è stata la voglia di mettermi alla prova e di studiare. All'inizio ho pensato di continuare contestualmente anche la mia attività di fumettista, però mi sono presto resa conto che era impossibile fare tutte e due le cose bene. Per questo non ho più fatto manga». Una certa parte politica in Italia ha temuto di vedere in Lady Oscar un lavoro troppo "di destra", dove personaggi come la regina sarebbero presentati come positivi e dove tutta la scena è rapita dalle vicende nobiliari di Versailles. L'ambientazione è incentrata sullo sfarzo e sui capricci di palazzo, e il popolo è relegato quasi a comparsa. Cosa risponde a queste osservazioni? «Rispondo che la protagonista muore facendo la rivoluzione». Perché abbiamo dovuto aspettare l'ultima puntata per vedere un bacio tra Oscar e Andrè? «Innanzitutto perché all'inizio Lady Oscar è innamorata del Conte di Fersen. E poi c'è un'altra importante ragione, un qualcosa che magari a noi non è più molto familiare, ma di cui occorre tenere conto. Non dobbiamo dimenticarci la grande differenza di classe che c'è tra Oscar e Andrè. Questo era il principale ostacolo tra loro. Soltanto nel momento in cui lei decide di abbandonare tutti i suoi privilegi e di mettersi a combattere per la causa della rivoluzione, riesce ad abbattere questo muro che l'aveva divisa da Andrè. Ma, in sincerità, c'è anche un'altra risposta a questa domanda, una risposta molto più personale, autobiografica». Posso indagare? «Sì. Io sono nata nel 1947. A quell'epoca in Giappone i matrimoni erano spesso combinati, e raramente avvenivano per amore. Mio padre era una persona normale, uno del ceto medio. Mia madre invece era un'aristocratica, veniva da una antichissima famiglia di samurai, e per questo le famiglie erano fortemente contrarie alla loro unione. In quella società arcaica, i miei genitori si sono sposati perché si amavano profondamente, e l'hanno fatto contro tutto e tutti. Non posso fare a meno di pensare che se il tutto fosse accaduto appena qualche anno prima, io probabilmente non sarei mai nata. Nella storia di Lady Oscar e Andrè, fino a quel bacio concesso all'ultima puntata e poco prima che entrambi morissero, io ho rappresentato tutta la difficoltà dell'amore dei miei genitori». |
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