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Telegiornaliste anno V N. 4 (175) del 2 febbraio 2009
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MONITOR Barbara Tafuri, cronista a tempo
pieno
di Giuseppe Bosso
Giornalista professionista dal marzo 2005,
Barbara Tafuri conduce il tg dell’emittente Tv Luna. Ha mosso i primi passi
al quotidiano Cronache di Napoli e ha lavorato a Italia Mia. Scrive per
Il Mattino di Napoli.
Possiamo parlare di Tangentopoli 2 in relazione a quanto sta accadendo
al Comune di Napoli?
«Ritengo sbagliato tanto parlare di Tangentopoli 1 quanto di
Tangentopoli 2. Quello che è venuto a galla, purtroppo, è un sistema di
corruzione esistente da tempo. Saranno diversi i personaggi e lo scenario, ma
nonostante gli sforzi che hanno fatto magistrati come Di Pietro, le cose non
sono cambiate».
Qual è il compito dell’informazione in un periodo di grande crisi economica
come quello che stiamo vivendo?
«Raccontare i fatti per come sono. Ritengo che i giornalisti si dividano in due
grandi categorie: ci sono i cronisti che raccontano i fatti dal punto di vista
di come accadono, e poi gli opinionisti che li raccontano secondo il loro punto
di vista. Io ritengo di appartenere alla prima categoria, cerco sempre di
riportare la cronaca per come accade».
Quale tra queste tre parole non vorresti più sentire al tg: rifiuti, camorra,
crisi economica?
«Rifiuti, perché è stata una grave emergenza che ha rappresentato un pericolo
per tutti noi, e continua ad esserlo. Non sappiamo mai se il cibo che mangiamo o
l’acqua che beviamo provengono da terreni inquinati. Anche perché chi dovrebbe
farci sapere la verità, talvolta tace».
Vantaggi e svantaggi di lavorare in un’emittente locale?
«Il più grande vantaggio è quello di poter lavorare a stretto contatto con il
territorio e con le persone. Lo svantaggio è non poter contare su una grande
visibilità che, però, è stato mitigato dal fatto che molte emittenti locali sono
raggiungibili anche dal satellitare e quindi con possibilità di allacciare un
pubblico più ampio».
L’esperienza sulla carta stampata ti è stata d’aiuto nel passaggio alla
televisione?
«Moltissimo. La stampa è la migliore palestra che possa fare un giornalista. La
tv è immagine, certo, ma è indispensabile saper scrivere».
Anche il tuo compagno, Renato Cavallo, è giornalista. Per una coppia svolgere
lo stesso lavoro aiuta o crea rivalità?
«Aiuta assolutamente. Nessuno può capire meglio di chi svolge il tuo stesso
lavoro i problemi e le incognite che ti crea. E poi si vivono gli stessi
interessi e la stessa passione per questo lavoro così affascinante».
Gioie e dolori di una mamma giornalista.
«Ci sono molte gioie nel poter fare un lavoro creativo e non alienante come
questo. I contro, forse, sono legati al fatto che ti viene inevitabilmente
portato via molto tempo. Come dice Geo Nocchetti con cui ho lavorato agli inizi,
devi essere giornalista 365 giorni su 365, 24 ore su 24. Ovviamente questo si
riflette sulla vita privata: tante volte mi è capitato di dover restare in
redazione proprio mentre stavo invece per tornare a casa, come è capitato
ultimamente in occasione del suicidio di Giorgio Nugnes».
Se tuo figlio volesse seguire le tue orme, lo incoraggeresti?
«Io e Renato talvolta ci poniamo questo problema. Se scoprissi che è il suo
sogno, lo incoraggerei, sperando però che trovi, dal punto di vista editoriale,
un contesto migliore di quello che ho trovato io. Attualmente c’è un grande
proliferare di persone interessate al giornalismo, ma poca offerta».
Non ti mette a disagio l’idea che su un social network come Facebook molte
persone possano vedere immagini della tua vita e dei tuoi affetti?
«No, lo ritengo un utile strumento per rimanere in contatto con gli amici e, se
lo sai usare come si deve, è utile anche per il lavoro. In ogni caso, le foto le
possono vedere solo le persone che scelgo, e su questo faccio molta attenzione a
non accettare amicizie da estranei, soprattutto per mio figlio che è presente in
molte foto».
Di cosa vorresti occuparti in futuro?
«Vorrei ricominciare a seguire la cronaca bianca e la cronaca dei quartieri.
Quando scrivevo a Cronache di Napoli, con il mio caporedattore abbiamo
creato la pagina della cronaca circoscrizionale che poi, man mano, hanno
adottato altri quotidiani. Anche a Italia Mia seguivo quello che succedeva nelle
circoscrizioni con la trasmissione da me ideata Onorevole cittadino, e
ritengo sia stata una esperienza molto appagante».
Quindi ti dissoci dalla cosiddetta "regola delle tre esse: sesso, sangue e
soldi"?
«Non è una regola che mi appartiene. Innegabilmente fanno ascolti, ma per me è
più importante essere vicina ai veri problemi della gente, anche se possono
sembrare banali, come una buca per strada sulla quale uno scooter può slittare
causando addirittura la morte di una persona».
Tra i politici che hai intervistato, quali ti hanno colpito di più?
«Mi ha colpito l'acume e la grande intelligenza di D'Alema, di Fini l’amplombe,
e di Berlusconi la sua grande capacità comunicativa. Per quanto riguarda i
politici della cosiddetta Prima Repubblica, ammiravo la semplicità nel parlare
di politica estera di Gianni De Michelis».
Ci vorrebbero più donne nella politica?
«Credo nella meritocrazia. E' giusto che chi è bravo vada avanti a prescindere
dal sesso. Le quote rosa non le ritengo una cosa utile, così come non capisco
perché alcune cariche debbano essere necessariamente appannaggio dell’uno o
dell’altro sesso».
Come ti definisci come donna e come giornalista?
«Curiosa, precisa fino alla pignoleria e attenta a non invadere il campo dei
colleghi... cercando sempre di migliorare!». |
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CRONACA IN ROSA In passerella, Miss
Costituzione di
Chiara Casadei
Nell’anno appena passato, in Russia, si è celebrato il
quindicesimo anniversario della Costituzione. Proprio in questa occasione,
un’organizzazione giovanile vicina al Cremlino - Nashi - ha indetto per il 12
dicembre 2008 un concorso a dir poco originale: lo scopo era infatti quello di
selezionare tra numerose candidate la bellezza russa
che più riuscisse a dimostrare di conoscere alla perfezione
la Costituzione del Paese.
Le concorrenti hanno sfilato a Mosca, vicino alla basilica di
San Basilio, e hanno dovuto dimostrare la loro preparazione in materia
rispondendo alle domande di un presentatore. Proprio come le partecipanti di un
quiz. Anche se, a quanto pare, non tutte ne sono uscite vittoriose. Per
esempio, alla domanda «Qual è la più alta forma di espressione delle autorità
del popolo?», una brunetta ha scherzosamente risposto: «Uh, posso chiamare un
amico?».
A fine gara, però, si agitava fiera sul palco la vincitrice:
capelli ricci e biondi, occhi azzurri e un sorriso contagioso. Masha
Fyodorova, con la bandiera russa sulle spalle e in mano le chiavi di una
Mini Cooper tutta sua, è stata accolta dalla folla con una pioggia di
coriandoli. Una vera rivincita per lei, da studentessa di Economia a simbolo
ufficiale del patriottismo femminile.
Ma pochi giorni dopo la celebrazione della Costituzione
democratica - che il tandem Putin-Medvedev sta cercando di modificare - un
centinaio di manifestanti del partito di opposizione, rei di essere scesi in
piazza per protestare, sono stati arrestati. Risale invece al 20 gennaio
la notizia che un giornalista e un avvocato che si occupavano dei
diritti dei ceceni, sono stati uccisi all'uscita da una conferenza stampa.
Il rispetto della Costituzione e dei diritti non si risolve
né in una sfilata né in un quiz. |
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Il Pagellone di gennaio di
Giuseppe Bosso
10 a Tutti pazzi per amore.
Musica d’autore, amore, risate e temi attuali: ecco la ricetta vincente di una
serie che, senza voler essere la risposta Rai a I Cesaroni, ha
conquistato il pubblico della domenica evidenziando gioie e dolori di una
normale famiglia allargata di oggi. Bravi
Solfrizzi e la Rocca, bravi gli altri
e bravissimi gli sceneggiatori nell’affrontare un tema scottante come il
rapporto padre omosessuale-figlio senza remore.
9 a La7 che, alla vigilia
dell’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, propone in esclusiva
W, film di Oliver Stone, racconto di luci e ombre dell’illustre
predecessore del neoeletto, mettendo in evidenza aspetti noti e meno noti di
colui che, fino allo scorso anno, è stato l’uomo più potente e discusso.
8 a Canale 5 che conquista due
prime serate con altrettante fiction da una puntata, Due mamme di troppo
e 4 padri single, quest’ultima prodotta da Gabriele Muccino.
Piacciono sempre ai telespettatori storie di qualità, soprattutto quando di
qualità ne sono gli interpreti, da Angela Finocchiaro
ad Alessandro Gassman.
7 a Insieme sul due. Non era
facile raccogliere una pesante eredità come quella di Piazza Grande, ma
Milo Infante non si è scoraggiato e, coadiuvato da un gruppo di rampanti
ragazze (Cambiaghi,
Muccitelli,
Morelli
e le gemelle
Squizzato), è riuscito pian piano a conquistare il pubblico del mattino.
6 a Studio aperto, primo tiggì
Mediaset che spegne 18 candeline richiamando
per l’occasione Emilio Fede, colui che l’aveva inaugurato nel 1991 con lo
scoppio della Guerra del Golfo. Anche ora, purtroppo, soffiano venti di guerra
da quelle parti. Malgrado polemiche e discussioni, il telegiornale
dell’emittente giovane del Biscione è sempre presente in giro per l’Italia. Un
plauso a
Paolo Capresi per aver raccolto la giusta rabbia della ragazza vittima dello
stupro di capodanno all’indomani della concessione dei domiciliari al reo
confesso.
5 a La Corrida, non per gli
ascolti, ma per la decisione di mettere alla porta un volto storico come il
maestro
Pregadio, spalla del mai dimenticato
Corrado. Dispiace che un simile trattamento
sia stato riservato ad un volto amato dal pubblico che, dopo la scomparsa di
Mantoni, ha continuato a seguire lo show dei dilettanti allo sbaraglio anche per
la sua presenza.
4 a Porta a Porta che a
pochi giorni dalla prima udienza del "Processo Calciopoli" e poco dopo la
sentenza di primo grado di quello alla Gea, dedica una puntata a
Luciano Moggi decisamente a senso unico in cui l’ex direttore generale della
Juventus attacca tutto e tutti senza avere
una controparte che possa replicare. Ennesimo autogol di Bruno Vespa...
3 a Gossip Girl: due
deludenti prime serate sono state più che sufficienti a far capire ai vertici di
Italia 1 che questa serie non avrebbe riscontrato nel nostro Paese lo stesso
clamore avuto oltreoceano. Relegato in seconda serata, stupisce che l’emittente
abbia operato dei significativi tagli alle parti più piccanti. Allora, viene
spontaneo chiedersi, non sarebbe meglio chiudere definitivamente?
2 a Fabio Fazio, naturalmente per
l’intervista a Carla Bruni in Sarkozy piuttosto barocca e servile,
soprattutto per i toni usati dalla première dame alla quale il conduttore ha
abilmente evitato una pur minima domanda relativa al sostegno da lei operato
alla brigatista Petrella. Poteva risparmiarsi, Madame, la chiosa sul "profondo
rispetto" per le vittime del terrorismo.
1 alla Rai, prossima a farsi
scippare anche Fiorello da Sky. È l’ennesima conferma di come il
servizio pubblico richieda un significativo rinnovamento di uomini e di idee, ma
intanto il contribuente continua a pagare un salato canone senza che a ciò
corrisponda un miglioramento qualitativo.
0 ad Annozero per il pessimo
spettacolo fornito il 15 gennaio scorso, condito dal poco edificante
"siparietto" Annunziata-Santoro. Lungi dal prendere posizioni su una questione
spinosa come quella arabo-israeliana, Telegiornaliste
ribadisce il proprio sostegno ad un’informazione
vera e trasparente e in ogni caso rispettosa del contraddittorio che, stavolta,
il programma di
Raidue non può certo dire non ci sia stato
per il rifiuto dell’invito da parte di esponenti politici. |
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CULT Il
sesso si racconta sul web di Valeria Scotti
C’è chi, dei propri amplessi, vuole farne esperienza comune perché la
confessione a un caro amico, o a un'entità cartacea come il diario, è ormai
fuori moda. E visto che la vita è sempre più sul web, sesso compreso, ecco il
primo sociale network piccante:
Boffery,
figliuolo in qualche modo di Facebook. Solo che qui, le connessioni fra gli
utenti, si creano a seconda dei rapporti sessuali segnati sul proprio
curriculum. E niente menzogne, ci mancherebbe.
L’idea è di Melissa Gira Grant, scrittrice americana di romanzi erotici,
che ha annunciato la nascita della sua creatura virtuale per condividere le
proprie performance con chiunque si desideri. Per accedere al network, basta
chiedere l’invito e attendere qualche giorno. Poi, via a stringere nuove
amicizie, a raccontare e confrontare relazioni, abitudini ed esperienze
sessuali.
Ma non è tutto. C’è chi, come l'americano Kevin Conboy, è arrivato a
creare un'agenda virtuale per tenere il conto degli appetiti sessuali
soddisfatti.
Bedpost, e in pochi click è possibile appuntare, giorno dopo giorno,
l'andamento della propria vita in camera da letto. In soccorso viene un
calendario diviso in caselle da colorare in modo differente, dal rosa chiaro a
quello più intenso, a seconda dell'attività svolta. Un vero e proprio archivio
personale che custodisce il numero di incontri avuti durante l'anno, il mese, il
giorno corrente, e molto di più.
Si badi, non occorre essere latin lover, come ha spiegato il fondatore:
«Bedpost è perfetto anche per i monogami più incalliti come me. Dopo tanti anni
di relazione e la nascita dei figli mi sono chiesto quanto sesso avessi fatto
insieme a mia moglie e come era cambiata negli anni la nostra vita sessuale.
Abbiamo così deciso insieme di raccogliere in un archivio virtuale tutte queste
informazioni fluttuanti. E i risultati sono stati sorprendenti».
L’inventario on line del sesso, sì, ci mancava davvero. |
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DONNE Un'attrice
senza tempo di Chiara Casadei
«Non si deve cercare una posa, un grido, niente! Si deve
trovare tutto là, in scena, durante l’effervescenza del lavoro generale. Gli
artisti che si piazzano davanti a uno specchio per cercare un effetto plastico o
che cercano su un tappeto della loro camera come cadere, sono folli». Queste le
parole di una delle più famosi attrici teatrali francesi di tutti i tempi:
Henriette Rosine Bernhardt, conosciuta col nome d'arte Sarah. Nata
nell'ottobre del 1844 a Parigi, dopo aver frequentato il conservatorio cominciò
a recitare in varie commedie teatrali riscuotendo un successo che la portò a
fondare nel 1880 una propria compagnia. Con questa partì per l'estero,
esperienza durante la quale riscosse anche nei
teatri stranieri un caloroso riscontro.
Una volta tornata nella terra natia, il suo nome era ormai
sinonimo di bellezza, grazia e bravura teatrale, tanto che le fu
affidata la gestione di alcuni teatri: il Teatro del Rinascimento e quello delle
Nazioni, lo stesso in cui interpretò lo spettacolo La signora delle Camelie.
Di fronte alla sua incredibile interpretazione e presenza scenica, David Herbert
Lawrence, un giovane ragazzo che anni più tardi scriverà L'amante di Lady
Chatterley, non riusciva a trattenere il turbamento e la descriveva con
queste parole: «Rappresenta tutte le passioni primordiali della donna, ed
è estremamente affascinante. Una donna simile io potrei amarla, amarla alla
follia, anche solo di una pura passione sfrenata».
E di passioni, Sarah, nella sua vita ne visse molte. A
vent'anni ebbe una relazione con un nobile belga, Charles-Joseph-Eugene-Henri,
dal quale nacque il suo primo e unico figlio, Maurice Bernhardt, divenuto poi
scrittore. Si susseguirono poi diversi amanti, artisti e attori del tempo, fino
al matrimonio, nel 1882, con il collega Aristides Damala, unione che fu di
brevissima durata data la dipendenza dalla morfina del compagno.
Sarah, conosciuta come "la divina" per l'incantevole bellezza
e l'instancabile fascino scenico che dimostrava, fu anche soprannominata "la
voix d'or", la voce d'oro, per via del talento teatrale senza precedenti. E
quando nel 1923, dopo innumerevoli successi e trionfi, morì a Parigi, tanti
erano gli scrittori che avrebbero continuato a ricordarla per le meravigliose
donne che aveva portato elegantemente in scena. |
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TELEGIORNALISTI Ennio Remondino, dalla tv
alle foto segnaletiche
di Erica Savazzi (prima parte)
Ennio Remondino
risponde alla richiesta di intervista dando la propria disponibilità «se
ritenete che io possa essere una "notizia"». Ebbene sì, per noi di
Telegiornaliste Ennio Remondino è una "notizia". E il perché è chiaro fin dalla
prima risposta.
Perché si vede solo raramente in tv?
«So che non è carino rispondere a una domanda con un’altra domanda, ma quanto
mondo reale vede ormai nei telegiornali? Le tensioni sociali e politiche
italiane si esauriscono nei battibecchi tra Montecitorio e Palazzo Chigi con le
eterne facce della politica che si alternano come santini in dose da “par
condicio”, anche quando non hanno un cavolo da dire. La crisi economica te la
racconta l’Istat, i segretari di Cgil, Cisl e Uil e la Marcegaglia, non ho
memoria di una fabbrica o di operai incazzati. Il mondo, salvo i tre giorni di
attenzione all’episodio di guerra o di terrorismo, si esaurisce tra New York e
Bruxelles. Nel telegiornalismo di Palazzo non c’è più posto per i giornalisti
“di strada”. Fine di un’epoca e di una generazione. Fine del diritto degli
italiani ad essere informati sui fatti e non sulle opinioni».
È un dispiacere o un vanto non essere diventato direttore?
«L'uno e l'altro. Il dispiacere di non aver potuto cimentarmi in una diversa
responsabilità, il piacere di aver evitato la palude - parlo di Rai e della
politica che la soffoca - che vedo oggi attorno alle direzioni».
Qual è stato il reportage/intervista più difficile?
«Non lo so. Forse qualche reportage che ho cancellato dalla memoria perché era
stato fatto male o attraverso cui ho fatto del male».
Si è pentito di non aver tenuto per sé le scoperte dei rapporti CIA-P2 che
hanno portato al suo "esilio"?
«Sono pentito di non aver scoperto sino in fondo il supersegreto (la "Pepita
d'oro") che avevo avuto tra le mani e che aveva suscitato tanto bordello. Non lo
so ancora oggi».
Lei si definisce un "giornalista di strada" di cui il «telegiornalismo
attuale può fare tranquillamente a meno». Lei sostiene il giornalismo "dei
fatti". La stessa cosa fa
Marco Travaglio, per esempio, e con un certo seguito e apprezzamento tra i
lettori/telespettatori. Non tutto è perduto...
«Il vantaggio di Travaglio è di essere più bravo di me, più giovane, e di
essere rimasto ancorato alla carta stampata. Un Travaglio in televisione non
sarebbe mai nato o sarebbe finito prima di diventare il rompiballe che è».
Quando secondo lei è iniziato il cambiamento che ha portato dal giornalismo
dei fatti al giornalismo delle opinioni? Per quale ragione?
«Da quando si è passati dai direttori con mestiere ai direttori di "loro"
affidabilità».
Ha un suo personale elenco di buoni e cattivi del giornalismo?
«No. Mi accontento di limitare molto le mie frequentazioni. C'è una parola
antica che mi piace molto: "galantuomo". Si usa poco ormai».
Nella sua biografia
scrive che i telespettatori, dopo i reportage dalla Jugoslavia, si sono
dimenticati di lei. Non sono d'accordo: quei lavori sono ben presenti nella
memoria di chi ha seguito quelle vicende.
«La televisione è corruttrice. Accorcia la memoria. Corrompe chi la fa e chi
la subisce. I fatti, anche i più drammatici, diventano un pacchetto di immagini
e i narratori sono i conduttori di quello "Spettacolo". Dopo un po' di assenza,
giustamente, la memoria breve ti rimuove. Mi è capitato più volte di essere
fermato, oltre i controlli doganali dell'aeroporto, dai finanzieri in borghese.
"Io quella faccia l'ho già vista". Dalla memoria tv alle foto segnaletiche».
- continua nel
numero 176 |
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SPORTIVA Un miracolo tra le onde di
Chiara Casadei
Nonostante sia diventata famosa per un
terribile incidente, la storia di Bethany Hamilton merita di essere
raccontata fin dall’inizio. Nata nel febbraio del 1990
in un’isola hawaiiana, l'amore per il surf le
si rivela da quando aveva cinque anni, tanto che già due anni dopo, grazie ai
notevoli progressi fatti, riusciva a stare in piedi sulla tavola senza nessun
aiuto da parte dei genitori, entrambi surfisti.
I primi veri successi risalgono al 2003.
Bethany, appena tredicenne, si aggiudica il secondo posto nell’Open Women’s
Division. Una vittoria che sembrava dare il via ad una carriera luminosa.
Poi, il colpo di scena. Il caso vuole, infatti, che proprio nell’ottobre dello
stesso anno, mentre era in acqua con la migliore amica e il fratello, uno
squalo tigre l’attaccasse portandole via il braccio sinistro. Ma proprio
grazie a questo traumatico avvenimento, in cui ha rischiato seriamente la vita,
la storia di Bethany diventa speciale.
Non poteva immaginare di proseguire senza il
surf, la sua passione. Lo spirito con cui ha affrontato le successive prove
della sua vita e la sua determinazione a non abbandonare i suoi progetti hanno
colpito tutte le persone che l’hanno circondata nel momento del bisogno. La sua
forza di volontà le ha creato una seconda chance. Così dal
gennaio 2004 è tornata alle competizioni,
fermamente convinta di voler essere trattata come ogni altra surfista, senza
particolari concessioni o favori per le sue condizioni fisiche. Un ritorno dopo
dieci settimane che le è valso l’ESPY Award, premio per il miglior atleta
in rientro all’attività agonistica.
Nel 2005 la sorpresa e la gioia del
primo posto. All’Explorer Women’s
Division del NSSA National Championship arriva la prima vittoria a
titolo nazionale. Agli ultimi World Junior Women’s Surfing Championships,
invece, si è portata a casa la medaglia d’argento, lasciando per un soffio la
vittoria a
Pauline Ado.
Bethany ha raccontato la sua storia in
un'autobiografia intitolata Soul Surfer, da cui è stato tratto anche un
documentario: «Non sono una di quelle persone a cui piace parlare di se stessi,
ma i miei familiari e amici hanno visto qualcosa nella mia storia che sarebbe
potuto essere di aiuto e interesse per altre persone». Non avevano torto. Un
miracolo tra le onde, il suo miracolo, merita sempre di essere raccontato. |
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