
Telegiornaliste anno XXI N.
3 (782) del 29 gennaio 2025
Katiuscia Laneri, i miei cambiamenti
di
Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di intervistare nuovamente la giornalista napoletana
Katiuscia Laneri, che avevamo
intervistato in due occasioni. Molte cose sono cambiate per lei, a conferma
del fatto che la vita spesso ci porta a prendere delle decisioni di totale
rottura con il nostro vissuto.
Bentrovata, Katiuscia: ci eravamo lasciati nel 2008 quando avevi messo su
un team tutto al femminile che
avevamo definito le Kat's Angels: la tua vita è però molto cambiata
in questi anni, sia sul versante lavorativo che su quello personale: se
possiamo sintetizzare, cosa è successo?
«Stravolta, direi. Ho lasciato Napoli perché avevo deciso di fare qualcosa
di completamente diverso per mettermi in discussione e alla prova, e
nonostante avessi sempre portato avanti il nome della città. Mi sono
trasferita a Treviso dove ho imparato tantissimo, a cominciare dal loro modo
di vedere Napoli che per me è stato un vero stravolgimento. Abituata a
confrontarmi con persone di grande apertura mentale, trovarmi a braccetto
con gente che non aveva mai conosciuto la mia città e resta convinta nei
suoi pregiudizi, non ti nascondo che mi ha ferita non poco. Ma sono abituata
a non fare di tutta l'erba un fascio, per questo la considero un'esperienza
formativa. Dopo il covid, appena si è potuto, mi sono trasferita nella
bucolica Tuscia viterbese, a pochi chilometri da Roma, dove continuo ad
operare con la mia testata giornalistica
Special KL che definisco al tempo stesso la mia creatura e il mio
laboratorio con cui sperimento ogni giorno nuove idee, come gli editoreel
che potete vedere sui miei profili social: rappresentano un nuovo modo di
coinvolgere le persone, come ho sempre amato fare, mettendo in primo piano
le opinioni altrui senza elevarmi mai a colei che giudica chi non la pensa
come me ma riportando la notizia nuda e cruda e ascoltando "tutte le
campane". Nel privato posso dire di essere cresciuta e... maturata (ride,
ndr)».
L'attualità è per te anche il grande successo che hai ottenuto sui
social,
con gli editoreel con cui affronti argomenti vari con i tuoi follower.
Quanto ha inciso nel tuo percorso di crescita lo sviluppo di queste nuove
forme di comunicazione?
«Le forme saranno nuove ma io sto facendo qualcosa che avevo in qualche modo
intrapreso già nell'ormai lontano 2001, quando non esistevano social e
cellulari all'avanguardia. Con la rubrica
Special parlavo al pubblico
attraverso la telecamera da un angolo della mia camera da letto. Da poco ho
digitalizzato e caricato su
Youtube il vecchio materiale che conservavo in VHS. Oggi, rispetto
ad allora, è necessario essere più brevi ma c'è l'immediatezza del riscontro
del pubblico con la possibilità di commentare».
Nella nostra prima intervista
mi dicesti, proprio a tal proposito, che la televisione più che soppiantata
avrebbe visto coprire gli spazi dove non interveniva. È una valutazione che
col senno di poi hai visto confermata?
«Oggi tutti pensano di saper fare tutto, anche la promozione di se stessi.
Mancando gli introiti pubblicitari le emittenti televisive private (non le
emittenti radiofoniche perché quel mezzo resterà immortale) e i giornali
versano in uno stato di crisi. A questo aggiungiamo la convinzione,
sbagliatissima, che l'informazione on line non vada pagata. Ma perché,
quando andavi in edicola ad acquistare un quotidiano non pagavi
l'edicolante? La chiusura di redazioni e di testate è stata la inevitabile
conseguenza. La cosa che mi rattrista maggiormente è la scarsa
considerazione di cui gode la categoria dei giornalisti presso il pubblico,
che ci vede come truffaldini, spacciatori di falsi, ignoranti. Anche gli
uffici stampa hanno subito delle modifiche, dall'epoca in cui l'attività si
basava sul contatto umano e amicale tra professionisti del settore, oggi ci
si rapporta con newsletter e broadcast e poco importa se il comunicato va in
spam, tanto nell'oceano di siti on line qualche pubblicazione ci sarà».
Hai raccontato la tua storia, sia pure non in prima persona, nel libro
Viaggio di Vita di Videoreporter, che nel 2011 ebbe un notevole
riscontro: pensi un giorno di bissare raccontando anche gli ultmi sviluppi
della tua vita?
«Certo e lo sto facendo. Anzi c'è già su Youtube una
versione video: in nove brevi episodi che chiamo "fregature"
racconto le mie vicissitudini lavorative dopo il compimento dei "venti anni
bis" (così definisco i quaranta anni – ride , ndr). Ora sta diventando un
elaborato cartaceo, work in progress, che però stavolta sarà raccontato
davvero da me in prima persona e non per il tramite di un personaggio
inventato come la Clara di allora. Racconterò le difficoltà che si è travato
ad affrontare un giornalista con il boom dell'informazione on line. A tal
proposito mi sento in qualche modo in colpa, perché ne sono stata per così
dire 'pioniera' e mai avrei immaginato che le cose sarebbero degenerate come
è stato. Amavo raccontare la notizia, stare nella notizia, ma non avrei mai
creduto di arrivare a un punto dove davvero si può pensare di poter dire
tutto quello che passa per la testa. Se vedete i miei Editoreel noterete che
lascio e ricondivido nelle storie anche i commenti più assurdi, più
insensati, proprio perché ritengo sia importante dare alla gente il modo di
farsi un'opinione anche attraverso questo tipo di esternazioni, in modo da
non cadere nello stesso errore. Per tornare alla tua domanda questo nuovo
libro parlerà anche delle infinite difficoltà che incontrano le donne over
40 in cerca di lavoro. Non so se ci avete fatto caso, ma insieme a me il
cambiamento c'è stato anche per
Special KappaElle: da iniziali del
mio nome e cognome, oggi è diventato acronimo di
Key Ladies: donne
chiave, donne intraprendenti, che sono il soggetto su cui è incentrata la
linea editoriale. Intendiamoci non è una testata “femminista” per così dire,
c'è spazio anche per gli uomini; ma anzitutto c'è spazio per storie e
contenuti che riguardano e interessano le donne o chi si sente tale in tutti
i settori della vita privata, professionale, imprenditoriale,
istituzionale».
Andare via da Napoli è stato un passo che hai compiuto d'istinto o era un
pensiero che si è consolidato nel tempo?
«Non istinto, no. E non ho problemi ad ammettere che è stata una sconfitta
per me, lasciare una città che è stata anzitutto maestra di vita per la mia
formazione, che mi ha insegnato a non arrendermi mai, ad adattarmi ad ogni
situazione. Con la mia attività ho avuto modo spesso di relazionarmi con
imprenditori o professionisti noti e pluripremiati che per lo stesso motivo
non hanno voluto abbandonare i quartieri nativi, come ad esempio Scampia.
Oggi vivo in un posto tranquillo, in campagna, anche se non molto distante
dalla Capitale, ma diversa anche da Treviso dove è stato difficile entrare
in sintonia, fare amicizia o relazionarmi con le persone del posto».
Certamente non puoi essere definita una persona convenzionale o comunque
incline a seguire la massa: pensi che questo tuo modo di essere ti abbia,
per così dire, chiuso delle porte o precluso delle possibilità?
«Sì, non lo nego. Mi chiedo se accettare determinati compromessi mi avrebbe
portato a cogliere occasioni che non ho saputo cogliere; non ho mai avuto
raccomandazioni, e questo certamente non mi ha facilitata. Ma è anche stato
quello che poi a un certo punto mi ha spinto a lasciare Napoli per
ricominciare da zero altrove in tutt'altro settore. La considerazione che
ormai avevo raggiunto era alta, ripagava forse il mio ego ma non le
bollette. Col senno di poi mi dico che sarebbe stato meglio accettare
gioielli invece di microfoni in regalo, i primi acquisiscono valore con il
tempo e non diventano invece obsoleti. Ero di quelle donne che in borsetta,
al posto del rossetto, portava una mini-dv di scorta nel caso all'operatore
mancasse. E ho sempre preferito come complimento “sei brava” al “sei
carina”».
Essere stata da sempre attiva in proprio ti ha preservato dal rischio di
essere in qualche modo imbavagliata?
«Penso di sì ed è in qualche modo lo scotto che ho dovuto pagare per questa
libertà. Anche se nel mio caso è stato anzitutto dovuto al fatto di non
essermi mai voluta schierare, non solo politicamente. Quando mi è stato
proposto ho sempre anteposto il voler essere libera da condizionamenti, oggi
non sarei più disposta a sacrificarmi in quel modo. Ma in generale non penso
di essere mai stata imbavagliata o condizionata, quando ho dovuto
interrompere la collaborazione con testate troppo di parte per il mio modo
"obiettivo" di vedere la notizia non ho avuto problemi a dire “grazie e
arrivederci”».
La Katiuscia di oggi è più orientata sul futuro o a vivere il presente
senza rammarico per il passato?
«Futuro, tutta la vita. Ragionare sul passato, soprattutto se è stato
doloroso, non aiuta. Serve però non dimenticare per evitare di ripetere gli
errori fatti. E poi... non sono così vecchia: quest'anno compio 26 anni, per
la seconda volta! (ride, ndr.). Vivo ancora con entusiasmo un mestiere che
ritengo mi sia stato assegnato dal destino, sto in continua elaborazione di
idee da sviluppare e sono sempre disponibile ad avviare collaborazioni».