
Telegiornaliste anno XVIII N. 25 (709) 
		del 12 ottobre 2022
		
		
Aldo 
					Torchiaro, la fabbrica delle opinioni
					di 
Giuseppe Bosso 
					
					Abbiamo il piacere di ritrovare dopo molti anni 
		
Aldo 
					Torchiaro, che ci parla del suo presente, targato
		
					Riformista Tv.
					
					
Ben trovato Aldo, dopo tanti anni:
					quando ci sentimmo per la prima volta eri nel pieno 
					della conduzione di Omnibus su La 7; da allora com’è 
					cambiata la tua vita? 
					«Da allora la mia vita ha seguito le contorsioni che 
					conoscono i giornalisti alle prese con la rivoluzione 
					digitale. Dalle telecamere pesanti e i banconi di montaggio 
					siamo passati alle telecamerine remotate in 4k e alle app di 
					cui tutti dobbiamo essere pratici. Tecnologia micro per 
					segmenti di pubblico sempre più specializzati. Da La7 al 
					Riformista Tv è lo stesso percorso: dall'informazione 
					generalista a quella verticale, su piattaforma on demand, 
					focalizzata su politica e giustizia. Tema chiave, 
					quest'ultimo, che tiene incatenato il Paese». 
					
					
Fare informazione in quest’epoca difficile, tra 
					coronavirus che pur se mitigato non è ancora uscito dalle 
					nostre vite, incertezze per il futuro politico ed economico 
					del nostro Paese e una tragedia in corso in Ucraina: con 
					quale spirito affronti ogni giorno in questo contesto?
					
					«Nel mondo globalizzato è più facile spostarsi ma più 
					difficile fare la differenza. Ho vissuto in Francia e in 
					Cile, ho raccontato con reportage e documentari la Tunisia, 
					la Russia e l'Ucraina, dove sono stato anche di recente. E 
					ogni volta quel dovere di raccontare il presente si infrange 
					contro lo sperone dell'immediatezza. Corriamo sempre: si 
					deve dare conto dell'evoluzione dell'ultim'ora, ed è un 
					peccato. Andrebbe recuperata la qualità che può dare solo la 
					visione d'insieme in campo lungo». 
					
					
Il tuo presente, come dicevi, si chiama soprattutto 
					Riformista tv: come nasce questa esperienza? 
					«Abbiamo costruito un unicum: un quotidiano cartaceo curato, 
					diretto da Piero Sansonetti, unito a un portale di 
					informazione digitale aggiornatissimo, diretto da Davide 
					Nunziante, ed entrambi uniti a una web tv, Il Riformista Tv, 
					diretto dall'esperienza di Paolo Liguori. Una formula magica 
					che consente di dare subito ogni notizia, spesso per primi, 
					di predisporne un commento analitico e accurato su carta e 
					di costruirci intorno dirette Tv e piccoli talk. Con 
					elasticità, interoperabilità e tanta passione dei colleghi e 
					delle colleghe che ci lavorano». 
					
					
Ecco, le colleghe. Ci parli delle telegiornaliste del 
					Riformista Tv? 
					«Sono la nostra forza. Il lavoro di redazione si deve a 
					Federica Pozzi, un talento che conduce, scrive, monta, 
					prepara i tagli per le interviste. Le donne sono 
					multitasking. La vice direttrice Angela Azzaro, opinionista 
					sempre più richiesta nei grandi talk show, conduce la 
					trasmissione Fluid e la sera legge in anteprima il giornale 
					che sta andando in stampa. E dà risalto alle inchieste di 
					Tiziana Maiolo, della nostra Claudia Fusani o della 
					bravissima Valentina Stella. C'è Hoara Borselli che con i 
					suoi graffi lascia sempre il segno. C'è Chiara Marconi che 
					ha inventato un Osservatorio Sanità unico nel panorama tv. 
					C'è Angela Nocioni con la sua competenza su esteri e 
					geopolitica. E Valentina Ascione che da dietro le quinte è 
					il direttore d'orchestra che rende possibile ogni giorno il 
					miracolo quotidiano arancione del Riformista: scoop, 
					rivelazioni, documenti, confessioni che in questi quattro 
					anni hanno fatto parlare più di tanti altri il mondo 
					dell'informazione». 
					
					
Cosa ti aspetti nel breve e nel lungo termine? 
					«Siamo diventati una media factory senza uguali, in Italia. 
					Produciamo cinque format al giorno, con autori unici tra i 
					quali Paolo Guzzanti e
					
					Tony Capuozzo e un bravissimo direttore di 
					produzione, Giulio Pinco Caracciolo. Siamo gli unici ad 
					avere uno studio attrezzatissimo, tutto in 4K, 
					nell'epicentro del potere politico: a 100 metri dalla 
					Camera, 100 metri dal Senato, 50 metri dalla sede dell'Anci. 
					Da noi i parlamentari passano per un caffè e si ritrovano a 
					fare interviste in diretta quasi senza averlo programmato. 
					Siamo diventati la fabbrica delle opinioni e non di rado 
					delle notizie, mi aspetto di realizzare ancora meglio il mio 
					e nostro lavoro, magari in syndication distributiva su altri 
					canali web e del digitale terrestre. Accordi che stiamo 
					concludendo proprio in questi giorni». 
					
					
Quali sono i riscontri che hai avuto dal pubblico della 
					tua emittente, non necessariamente formato dai lettori del 
					quotidiano? 
					«L'edicola è un fronte di guerra, vale per tutti. Noi siamo 
					radicati in alcuni capoluoghi e il Riformista ha saputo 
					conquistare una nicchia di lettori fidelizzata con tante 
					migliaia di abbonamenti, in crescita. Ma come dicevi tu, 
					sono pubblici diversi. Quelli della televisione sono cluster 
					eterogenei: studenti della fascia 21-25 anni, gli avvocati, 
					gli addetti ai lavori della politica ma anche tanti 
					insegnanti, imprenditori e commercianti. Lo vediamo dai 
					commenti che arrivano e dall'interazione social. Abbiamo 
					cinquantamila visualizzazioni uniche per i miei contenuti in 
					media. I video editoriali di Sansonetti e Liguori superano 
					sempre le 100 mila visualizzazioni. In alcuni casi facciamo 
					mezzo milione. Il mio scoop su Report con i video inediti di 
					Ranucci a tavola ha superato i due milioni. Numeri grandi se 
					paragonati al lavoro sartoriale, da piccolo laboratorio 
					dell'informazione». 
					
					
“Essere in tempo reale” e “sul pezzo” sono le sfide da 
					vincere per te? 
					«Nel tridente carta-digital-tv riusciamo a svolgere bene 
					questo compito. La Tv ci consente di dare la notizia spesso 
					in diretta, assumendola dai lanci di agenzia internazionali 
					che riceviamo sui computer accesi mentre parliamo. 
					Improvvisare è tutto, quando si è davanti allo schermo. E 
					per improvvisare bisogna però aver studiato: sapere prima 
					come si pronunciano i nomi stranieri, chi sono i profili dei 
					protagonisti che all'improvviso possono saettare in studio 
					con un take di agenzia. Se la Tv è a tempo zero, sul 
					digitale ci vai dopo due verifiche, in dieci minuti. E sul 
					cartaceo l'indomani. Approfondire, controllare, confrontare, 
					riflettere per dare ai lettori un buon settimanale che esce 
					tutti i giorni». 
					
					
Ci puoi anticipare qualche novità in arrivo per i vostri 
					spettatori? 
					«Un palinsesto forte, con mille collegamenti. Una 
					interazione social costante, una distribuzione delle 
					produzioni ramificata negli accordi con il digitale 
					terrestre. La stagione che si apre è di grandi novità per la 
					politica, le istituzioni e la giustizia. La racconteremo 
					senza sconti e senza pregiudizi. Mi piacerebbe farlo con 
					sempre più donne da entrambe le parti del microfono. Avere 
					più telegiornaliste donne, lo dimostrano gli studi di 
					neuroscienze, significa più empatia, più cura, maggior 
					attenzione al dettaglio nel lavoro rispetto agli uomini. 
					Vediamo se potremo dire lo stesso a proposito delle 
					giornaliste al governo del Paese: con Giorgia Meloni, 
					iscritta anche lei all'Albo dei giornalisti di Roma, ho 
					condiviso gli anni del liceo, eravamo i due rappresentanti 
					di istituto. E ci sono tante domande che le voglio ancora 
					fare».