Telegiornaliste
anno III N. 39 (117) del 29 ottobre 2007
Paola Mascioli, globetrotter della cronaca di
Giuseppe Bosso
Nata a Roma il 20 agosto 1962, Paola
Mascioli, laureata in Storia e critica dello spettacolo, comincia a lavorare
a Rai2 nel 1991 come inviata con il gruppo di Piero Vigorelli: cronaca nera e
criminalità organizzata diventano il suo pane quotidiano.
Detto tra noi dopo tre anni diventa Cronaca in diretta (negli anni
si avvicendano Alessandro Cecchi Paone, Piero Marrazzo, David Sassoli).
Con il passaggio a Rai1, conduttore Michele Cucuzza, il programma cambia nome in
La vita in diretta. Paola continua a girare l’Italia e il mondo: segue i
delitti di Donato Bilancia, quello di Cogne, intervista in carcere il serial
killer Gianfranco Stevanin.
E’ inviata a New York dopo l’11 settembre, dove, tra i tanti servizi, incontra e
intervista Hillary Clinton; a Buenos Aires nei giorni della grande crisi
economica; in Kosovo tra i militari italiani.
Nel 2003 Paola approda a La7, dove conduce le telecronache dei giorni di
Nassiryia, e poi ancora agli esteri: è inviata a Londra per le bombe del 7
luglio e realizza reportage sulla crisi del Darfur, sul Ruanda della
riconciliazione post genocidio, sulle prime elezioni in Liberia, seguendo il
candidato Gorge Weah, sulle favelas del nordest brasiliano, sulle Banlieues di
Parigi.
L’Africa occupa un posto speciale nel suo cuore.
Dalla scorsa edizione conduce la rassegna stampa di Omnibus e dorme poco.
Paola, dica la verità, le pesa molto alzarsi tanto presto cinque giorni su
sette?
«Sì, ma lo faccio con piacere perché amo il nostro lavoro; cosa dovrebbero dire
altri lavoratori, per professioni anche molto più pesanti?».
La7 è una realtà televisiva
affermata, grazie ai suoi programmi di alta qualità e ai grandi personaggi che
ci lavorano: il successo della sua emittente potrebbe contribuire alla fine del
bipolarismo Rai - Mediaset?
«Potrebbe se ci fossero realmente gli spazi per farlo. La7 ha compiuto grandi
passi dalla sua nascita, come dimostrano eventi come la manifestazione del 20
ottobre a Roma, otteniamo continui riconoscimenti, eppure c’è ancora tanto da
fare».
Ha trovato qualcosa di diverso quest’anno rispetto alla passata edizione di
Omnibus?
«Sì, il mio partner! Scherzi a parte, non penso ci siano stati grandi
stravolgimenti: il format è lo stesso di sempre, dalla rassegna stampa al
dibattito inframmentati dallo spazio ricoperto da Enrico Vaime, una presenza
importante per noi. Direi che questa formula è il segreto del successo di
Omnibus».
Come giudica la conduzione tutta al femminile dell’edizione del weekend, con
il trio
Cambiaghi - Muccitelli -
Panella?
«Molto buona. Direi che è una bellissima conferma della grande professionalità
delle colleghe: è positivo vedere che in televisione non ci sono solo veline e
vallette, ma anche giornaliste di alto livello».
Quali sono gli apprezzamenti che più le fa piacere ricevere dal pubblico?
«Il fatto che la gente in me veda una figura pacata e tranquillizzante, l’ideale
per cominciare bene la giornata».
Tre anni fa, durante la parata ai Fori Imperiali, visse uno sgradevole
episodio: le fu sequestrata una cassetta, fatto che suscitò le proteste anche
della
Fnsi. Alla luce di questo, cosa sente di dire riguardo il delicato tema
della libertà di informazione nel nostro Paese?
«Fu un brutto episodio, scatenato da persone che quel giorno erano decisamente
troppo nervose e che considerarono pericolosa l'ostentazione di una bandiera
arcobaleno da parte di un paio di ragazze che si trovavano dietro le transenne e
che così volevano manifestare il proprio dissenso alla politica estera italiana.
Brutto momento, dicevo: simili episodi li avevo vissuti altre volte ma in
contesti diversi, in un paio di Paesi africani in cui mi trovavo per realizzare
dei reportage.
Non mi aspettavo certo un simile trattamento nel cuore di Roma. Per fortuna
tutto si è risolto nel giro di un'oretta, grazie all'intervento dei miei
superiori, dell'Ordine dei
Giornalisti e dei nostri sindacati, e con le scuse ufficiali da parte della
polizia.
E poi, grazie anche ai miei tanti anni di cronaca nera, ho sempre avuto un
ottimo rapporto con le forze dell'ordine; la libertà di informazione è
fondamentale per ogni democrazia e va sempre difesa perché non è detto che i
diritti una volta conquistati siano insindacabili.
Purtroppo oggi, e non solo in Italia, il pericolo non si annida nella censura di
regimi passati, ma nella manipolazione del pensiero attraverso i media. Bisogna
stare sempre attenti».