Telegiornaliste anno III N. 35 (113) del 1 ottobre 2007
Rossella Altamura di Giuseppe
Bosso
Incontriamo questa settimana Rossella
Altamura. Conduttrice del tg di Canale8, nipote d'arte, è conosciuta anche
dal pubblico di 7gold per i collegamenti dallo stadio San Paolo di Napoli in
occasione delle gare casalinghe degli azzurri partenopei durante la trasmissione
Diretta stadio.
Sei nipote di un giornalista campano: si può dire che tu avessi il mestiere
nel sangue?
«Mio nonno è stato un ottimo esempio e ha inculcato in me e nelle mie sorelle
l’amore per la scrittura. Ho iniziato sulla carta stampata e ho avuto la fortuna
di trovare grandi maestri davanti a me, ma la gavetta vera e propria l’ho fatto
nella tv locale».
Come sei arrivata a
Canale8?
«Ho iniziato alla redazione avellinese de Il Mattino, avendo accanto un
grande professionista come Franco Gensale, il primo dei miei maestri. Poi sono
passata a Prima tv e in seguito a Tele nostra, due emittenti irpine in cui ho
seguito soprattutto la cronaca nera. Lì mi è stata di aiuto la vicinanza e
l’esperienza di Ottavio Giordano e dell’allora direttore Norberto Vitale, una
persona in gamba ma molto esigente che non dà fiducia se non è sicuro di poter
mandare in video una persona. È una cosa che oggi, noto con dispiacere, si è
alquanto perduta, lasciando molto spazio all’improvvisazione. Arrivando a
Canale8 mi sono trovata alle prese con svariati argomenti, ma a mano a mano mi
sono specializzata nella cronaca sportiva. Grazie all'intervista all’attuale dg
del
Napoli calcio, Pierpaolo Marino, che piacque molto all’editore. In ogni
caso, comunque, il calcio è da sempre una passione: seguo il Napoli, ma
soprattutto la squadra della mia città, l’Avellino».
Azzurri e biancoverdi richiamano alla mente la tragedia di quattro anni fa in
cui morì
Sergio Ercolano. Gli strascichi di quella vicenda sono ancora avvertiti
dalle tue parti?
«È una parentesi che ci ha segnato, e ancora oggi, come vediamo, le cose non
sono cambiate. Gli episodi di violenza negli stadi colpiscono prima di tutto i
tifosi veri: il calcio dovrebbe tornare ad essere la casa delle famiglie, un
rifugio in cui dimenticare per 90 minuti problemi e pensieri, e non il modo
sbagliato di sfogare i propri istinti repressi. Dal punto di vista delle
sanzioni, dei controlli, forse c’è stato qualche cambiamento, ma prima ancora
deve cambiare la mentalità e il costume dei tifosi».
Avere un direttore donna,
Serena Albano, cosa rappresenta per te e le altre tue colleghe, tra le quali
le
gemelle Notarbartolo?
«Credo molto nella professionalità e nella competenza delle persone, e Serena ne
ha da vendere! Oggi non sempre chi ha la sua esperienza si mette volentieri a
disposizione delle nuove leve con attenzione, in questo io e i miei colleghi
siamo molto fortunati. Peccato solo che non sempre riesce a starci vicino».
Ti riferisci sicuramente al fatto che Serena, come ci ha raccontato, fa la
spola tra Roma e Napoli per seguire
Europa 7, avventura che la coinvolge a tempo pieno, malgrado le note
vicissitudini di cui
abbiamo parlato con lei: tu cosa ne pensi?
«Che è una grande vergogna tutta italiana; tanto si è scritto, tanto si è detto,
ma niente si è fatto per poter consentire ad una rete che potrebbe creare tante
nuove opportunità di partire regolarmente. Come avrebbe dovuto fare rispettando
i parametri di legge. Auspico si possa trovare una soluzione, anche se questa
potrebbe scontentare i colleghi di
Rete4».
Vieni dall’Irpinia che fa parte, per così dire, di quella provincia
dimenticata di cui non si parla molto, se non quando avvengono gravi delitti di
cronaca o episodi eclatanti…
«Non condivido questa affermazione: non avverto questo “napolicentrismo”, anzi.
Piuttosto direi che siamo noi irpini ad aver dato molto, non solo a Napoli:
abbiamo avuto grandi personalità nella politica, nella storia, nella cultura,
nella musica… Insomma, abbiamo fatto anche noi la nostra parte per nobilitare la
regione e il sud!».
Quali sono i telegiornali e i colleghi nazionali che segui?
«Travaglio,
Travaglio e ancora Travaglio, tra gli uomini! Ammiro anche qualche collega
sportiva di Mediaset, come la
Blini e la
Vanali, per la loro competenza e il loro garbo».
Cosa pensi, da giornalista e spettatrice, del
V-day?
«Credo che la gente debba avere coscienza di ciò che accade nel nostro Paese. È
una buona cosa, certo, che Beppe Grillo si faccia portavoce di questo
malcontento, ma ovviamente non è soltanto con le liste civiche o le
manifestazioni di piazza che si possono risolvere i problemi della nostra
società. Devono essere anzitutto le istituzioni, i vertici, a capire il disagio
dei cittadini e porvi rimedio».
Quali sono, secondo te, i pro e i contro del giornalismo a livello locale,
sia per quanto riguarda la libertà di informazione che per le prospettive di
crescita professionale?
«Le tv locali sono una grande palestra. Anzi, ti dirò di più: credo proprio che
sarà questo il futuro su cui puntare, proprio per il fatto che questi canali
hanno più presenza, più seguito sul territorio di cui si occupano. Quanto alla
libertà di informazione, beh, è inutile negarlo, è uno degli aspetti più brutti
di un mestiere bellissimo come il nostro: tante volte ci tocca scendere a
compromessi, sottostare a certi condizionamenti».
Ti hanno mai messo il bavaglio?
«Non sono proprio una tipa che si fa imbavagliare, anche se sono capitate
situazioni poco piacevoli. Ad esempio, anni fa seguivo una inchiesta legata
all’installazione di pale eoliche in Alta Irpinia. Continuavo a scrivere del
disagio della gente ma il giornale non mi pubblicava i pezzi. Giorni dopo
scoprii che quell’azienda aveva firmato un contratto pubblicitario con il
giornale».
Molti sondaggi hanno evidenziato come le telegiornaliste siano molto ambite
dagli uomini: come mai, secondo te?
«Dici davvero?!(ride,ndr). Non credo molto in questi sondaggi, ma è
facile fantasticare su chi non si conosce. Siamo persone normali, con le loro
nevrosi e i piccoli problemi quotidiani, ma con la fortuna di fare il lavoro più
bello del mondo».