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Telegiornaliste anno V N. 2 (173) del 19 gennaio 2009
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MONITOR
Alessandra Lofino, la giornalista accattivante di
Telenorba
di Giuseppe Bosso
Giornalista pubblicista,
Alessandra Lofino muove i primi passi nel mondo dell'informazione lavorando
per l’emittente locale barese Telebari. Oggi conduce il tg di Telenorba.
Come ti sei avvicinata al giornalismo?
«Mi ha sempre affascinata il mondo della comunicazione nelle sue plurime
sfaccettature, anche se inizialmente ero attratta da scritti più specifici
orientati alla psicanalisi e alla medicina. Infatti il mio primo corso di laurea
frequentato per soli tre anni è stato Medicina e Chirurgia presso l’Università
degli Studi di Bari. Per cause strettamente personali, ho rinunciato agli studi
di medicina e mi sono dedicata alla ricerca della parola intesa non solo come
interpretazione di significato, ma anche nella forma. Mi sono laureata alla
facoltà di Sociologia presso l’Università di Urbino e ho seguito
contemporaneamente master e corsi sulla comunicazione e sulla formazione
aziendale, inserendo appendici sui rapporti con le risorse umane. A questo punto
volevo conoscere il settore giornalistico. Così ho prima frequentato un corso a
Roma, poi è arrivata la scelta di far parte di una emittente televisiva,
Telebari,
dove ho cominciato a muovere i miei primi veri passi, tanto da esserle grata a
vita».
Cosa significa per te lavorare a
Telenorba?
«A Telenorba ho appreso altro tipo di lavoro giornalistico, la produzione. E
farlo in una emittente di qualità è per me un onore. Il mio sogno? Chi tra i
giornalisti non aspira a crescere nel settore e magari raggiungere i canali
nazionali?».
Pro e contro di fare informazione in un contesto locale?
«Sinceramente vedo solo pro: fin da quando lavoravo a Telebari e il mio raggio
di azione era circoscritto unicamente a quello che succedeva nel territorio, mi
sono resa conto di quanto non conoscevo della mia città e apprenderlo
empiricamente mi ha fatto crescere e sentire padrona e parte integrante del
luogo, comprendendone i problemi e notando le sue bellezze. E'importante
soprattutto cercare di far conoscere a chi ti segue quegli aspetti locali di cui
quasi si ignora l'esistenza».
Hai un modello di riferimento nella conduzione di tg?
«No, se intendiamo giornalisti o giornaliste a cui potrei ispirarmi. Tutto
quello che il pubblico vede fa parte di me. Certo, ci sono giornate in cui sono
più dolce e rilassata e giornate in cui, invece, mi sento più tesa, ma non credo
di dimostrarlo in tv. Il nostro mestiere talvolta ti porta a recitare per dare
il meglio al telespettatore».
Sei innegabilmente una delle tgiste più affascinanti e seguite del nostro
forum. Quanto conta per te l'immagine?
«Inevitabilmente conta, eccome! Ma la cosa più importante è cercare sempre di
mostrare ciò che si è e trasmettere al telespettatore positività».
Che effetto ti ha fatto vederti su Telegiornaliste, sapere che hai
degli ammiratori che ti seguono?
«Mi ha fatto molto sorridere la cosa, ma con piacere. E' bello sapere che c'è
qualcuno che ti segue e ti ammira. Mi farebbe piacere leggere commenti su di me,
anche quelli sono utili per la crescita professionale».
Tante le donne nella redazione dove lavori: più complici o rivali?
«Complici, nel senso di grande collaborazione tra noi, senza tuttavia
tralasciare quella normale competizione che accompagna ogni esperienza
lavorativa. Ma è importante che, nel gioco di squadra, funzioni soprattutto la
collaborazione e che nessuno cerchi di copiare l'altro, innescando
quell'antipatica rivalità che non porta a nulla di buono».
Come ti descriveresti, come donna e come giornalista?
«Interessante, accattivante. Mi piace pensare di captare l’attenzione del
telespettatore per tutta la durata del telegiornale».
Cosa sogni per il futuro professionale?
«Vorrei condurre programmi di politica e a carattere sociale, magari su un
canale nazionale, e perché no, andare in trasferta e seguire casi anche leggeri.
Ma non vivo con il pensiero del domani, è una cosa che mi limiterebbe. Vivo
cercando sempre di compiere passo dopo passo la strada della continua crescita
professionale, senza stare troppo a pensare a quello che potrebbe accadere nel
futuro. Certo, l’obiettivo c'è e non bisogna mai perderlo di vista». |
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CRONACA IN ROSA Un pensiero per... di
Erica Savazzi
Il 2009 non è iniziato bene. Anzi, peggio di così non
poteva andare, con una guerra ed una crisi economica che non sembrano
arginabili. Ecco allora alcuni pensieri, temi che ci accompagneranno e domande
alle quali, forse, si troverà una risposta.
Il primo pensiero va a Gaza, ai morti – sia israeliani
che palestinesi – di una guerra infinita e di cui ragioni e torti, vincitori e
vinti, difesa e offesa si confondono. E a ogni razzo, a ogni bomba, la soluzione
del conflitto si fa sempre più lontana, mentre rancori e odi aumentano.
Secondo pensiero per i disoccupati, i cassaintegrati,
i licenziati. Lavoratori vittime di una crisi di cui non sono responsabili. Il
lato oscuro della “mano invisibile”.
Pensieri e sentiti auguri per Barack Obama, giovane
presidente su cui non solo gli americani, ma il mondo intero, punta. Forse
troppe responsabilità per un solo uomo?
Parlamento europeo: a giugno si vota, nell'attesa che
entri in vigore il nuovo trattato di Lisbona e che finalmente l'Unione diventi
davvero un soggetto politico unitario, capace di decidere e di contare davvero.
Camorra: se Saviano ha portato l'attenzione sul
fenomeno, agli arresti eccellenti – ultimo quello di Giuseppe Setola – si deve
l'indebolimento del sistema. Che sia finalmente la volta buona per liberare
dalla criminalità una parte d'Italia?
Un pensiero per la Terra: ottimisti o catastrofisti
litigano sui cambiamenti climatici. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma
ecologia ed energie rinnovabili di danni non ne fanno.
Ricerca scientifica, università e istruzione: ambiti
essenziali, peccato che – con totale mancanza di visione del futuro – troppo
spesso siano considerati solo costi inutili. |
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FORMAT
E il difetto scompare di
Federica Santoro
Pensate di non poter sopravvivere alla vostra
balbuzie? La calvizie vi ha lasciato in testa solo poche speranze? Senza
occhiali non sapreste riconoscere vostra moglie da vostra nonna? Presto vi
sentirete meglio: sta per arrivare
Nessuno è perfetto, nuovo format di
Wilder, già produttore di Boris, per il canale satellitare Cult.
Si tratterà di una serie di documentari che andranno in onda sul
canale 131 di Sky, dedicati a chiunque abbia un problema grave, come un tic,
o un difetto fisico che gli condiziona la vita.
Cosa significa vivere la quotidianità e i
rapporti interpersonali con un grave difetto? Quanta determinazione è
necessaria per sopravvivere al quotidiano del giudizio dell'altro? Questi i temi
che saranno approfonditi in ogni puntata. «Condividete con noi il vostro
disagio, qualsiasi esso sia - recita il casting - noi proveremo in modo
autentico a raccontare la vostra esperienza».
Il format seguirà le storie più coinvolgenti e le
racconterà in prima persona per creare empatia
con il pubblico che, promettono gli autori, sarà
portato ad identificarsi e a raggiungere la consapevolezza che «è possibile
accettare sé stessi, perché in fondo, a ben guardare, nessuno è perfetto». |
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CULT L’importante
è che sia sesso di Valeria Scotti
Che sia giocoso, divertente, o più estremo. Che sia sesso, condito in tutte le
salse e senza tabù, capace di scuotere anche gli animi più algidi. E così sesso
sia, come quello che presentano gli artisti di Pop Porn, la più
provocante mostra collettiva d’arte "disinibita" giunta alla terza edizione.
Appuntamento alle Distillerie Clandestine di Roma il 25 gennaio per la
rassegna diretta da Ilaria Aquili che affronta l'universo della sessualità e
dell’erotismo.
Amore, passione, desideri - anche quelli inespressi - e provocazione in un
percorso fantasioso e dalle molteplici interpretazioni. Donne oggetto,
casalinghe un tempo disperate e ora in piena estasi, ragazzi travestiti da
Wonder Woman e supereroine nelle vesti di prostitute. Il tutto corredato da
simboli quanto mai feticisti, corsetti, abiti in latex e tacchi a spillo, e una
dark room "dove tutti possono perdersi per una sera in un mondo di provocazioni
e colori, di corpi ed ombre, e assumere un ruolo diverso da quello che la vita
quotidiana impone".
Ma il menù non termina qui. Per gli affamati di amore estremo, la Dorothy
Circus Gallery di Roma ospita fino al 25 febbraio Border Love, la
mostra di giovani e coraggiosi artisti - Consuelo Mura (unica italiana),
Lostfish, Benjamin Lacombe e Kmye Chan - alle prese con eros e pop-surrealismo.
C’è l’amore precario tanto attuale e quello incomprensibile, peggio ancora se
invisibile. Diverse le angolature del piacere (per lui e per lei), o le
posizioni – fate voi – per rapporti a due o più voci raccontati in favole
eccitanti e rigorosamente per un pubblico adulto. Attenti al lupo cattivo. |
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DONNE Sognando
Bettie di Camilla Cortese
Bettie Page è stata una donna da guardare. Una
donna da sogno stampigliata su cartoline che arrivavano per posta, una pin
up sui cataloghi per soli uomini, una coniglietta di Playboy.
La modella più fotografata del secolo scorso, dal 1950 al
1957 fu la più famosa delle pin up, una diva in babydoll che conquistò il
mondo con una strizzatina d’occhio e una mossetta, un sorrisino malizioso e un
profilo di seno nudo.
Il principio dell’erotismo su carta fu lei, i canoni della
pin up nacquero sul suo corpo: la pelle candida, gli occhi blu intenso, i
capelli corvini con la frangetta. Per il resto era una donna come tante,
che dalle qualità ordinarie trasse lo straordinario. Come l’abilità nel cucito,
imparata a scuola e sfruttata negli anni del successo per cucire personalmente
la lingerie che indossava nei servizi fotografici.
Nata a Nashville il 22 aprile 1923, a dieci anni finì in un
istituto da dove usci l’anno seguente per frequentare la scuola con ottimi
risultati. Si laureò in Arte nel 1943 e iniziò la carriera di modella a New
York, lavorando come segretaria e sognando di diventare un’attrice. Nel 1950
posava nei retrobottega degli studi fotografici per la distribuzione commerciale
delle fotografie ordinate via posta, e in quelle a tema bondage o
sadomaso
spesso era lei stessa a stringere i lacci e a fare i nodi.
Nel 1951 le sue fotografie cominciarono ad essere pubblicate
sulle copertine delle riviste per uomini, e quando la fotografa Bunny Yeager
mandò le foto a Playboy, il fondatore Hugh Hefner si assicurò che venisse
scritturata come Playmate del mese. Bettie fu richiesta per diversi anni,
fino al 1957, quando lasciò.
Il fenomeno delle pin up degli anni Cinquanta fu uno degli
apripista della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, e Bettie lo incarnò in
pieno con la sua libertà e simpatia, con malizia e fantasia, senza
mai apparire in alcuna scena con contenuti sessuali espliciti nonostante abbia
spesso posato completamente nuda.
Intervistata poco prima della sua recente morte, ormai
anziana e malata, non trovò nulla da dire riguardo il suo passato se non lo
stupore per il mito che aveva creato. Forse non si è mai resa conto in pieno di
cosa abbia rappresentato, perché lei era se stessa, ed era tutta da guardare. |
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TELEGIORNALISTI
Giancarlo Padovan: «Tuttosport? Non scrivo per un
giornale del quale non condivido più nulla»
di Pierpaolo Di Paolo
- segue dal numero
172
Continuiamo questa settimana la nostra chiacchierata con
Giancarlo Padovan.
Dopo i cinque anni passati alla direzione di
Tuttosport, quali sono i suoi progetti attuali?
«Il mio rapporto con Tuttosport si è interrotto a gennaio 2008. Subito
dopo sono stato ingaggiato da Cairo Editore per la realizzazione di un
quotidiano sportivo a pagamento, del costo di 0,50 cents. Successivamente
abbiamo optato per un free press sportivo, esperienza che manca a livello
mondiale. Il tutto, però, si è arenato a settembre, è stato necessario congelare
l'iniziativa per problemi finanziari. E' un peccato perché avevamo realizzato un
progetto grafico del tutto innovativo per l'Italia, ma mancando la certezza di
sponsor adeguati non è stato possibile dare l'avvio al programma. Resta un'idea
viva e vegeta, ma non sarà realizzata a breve».
Nel frattempo, ci sono altre idee all'orizzonte?
«Altroché. Intanto c'è la novità Cristiano Lucarelli. Da lungo tempo il
giocatore mi corteggiava affinché prendessi in mano il
Corriere di Livorno. Non si tratta di un quotidiano solo sportivo, ma
completo. Io prendo il posto del calciatore alla presidenza del consiglio
d'amministrazione della cooperativa Adriano Sisto. Inoltre, sono stato nominato
direttore editoriale. Svolgerò un ruolo manageriale, voglio investire sullo
sviluppo del quotidiano. In primis cercherò di intervenire sul bacino d'utenza
del giornale, per allargarlo in modo da estenderlo oltre i confini della città
di Livorno che, al giorno d'oggi, ne costituiscono il limite principale».
Quindi Lucarelli le ha chiesto di sostituirlo?
«Non esattamente, io svolgerò un ruolo che lui non poteva ricoprire. Si tratta
di una persona impegnata dal suo ruolo professionale ma, al di là di questo e
con tutto il rispetto, io posso fornire un'esperienza e una competenza diverse.
Ciò che spero di fare è riuscire a fornire un livello di gestione che sia un di
più rispetto alla semplice direzione di un giornale».
Il nome di Cristiano Lucarelli rinvia a una forte caratterizzazione
politica. Questo avrà un ruolo nel progetto?
«Non ha avuto e non avrà alcun ruolo. Questo giornale, se vuole avere un
futuro, deve presentare una caratterizzazione politica meno marcata possibile.
Ciò perché, al di là delle convinzioni personali, esiste già da 130 anni un
giornale,
Il Tirreno, che è egemone nella zona, soprattutto da un punto di vista
ideologico. Noi non dobbiamo cercare una linea alternativa o allinearci su uno
spazio già coperto, finiremmo schiacciati. Dobbiamo invece trovare uno spazio
nostro attraverso un giornale libero, privo di legami e preconcetti. Un giornale
attento alla cronaca e che sia credibile e coerente, strettamente fedele alla
notizia. Dobbiamo puntare tutto su indipendenza e credibilità».
Certe sue
scomode posizioni hanno avuto un ruolo nel suo allontanamento da
Tuttosport? Di certo si è trovato controvento in un periodo in cui era
consigliabile assumere ben altri atteggiamenti...
«Assolutamente no. So bene che si dice questo, e che qualcuno imputa al mio
editore la decisione di rimuovermi. Tuttavia la risoluzione del contratto è
stata consensuale. Da quattro anni e mezzo svolgevo quel ruolo e ci eravamo
detti che, dopo l'estate, ci saremmo rivisti per discutere il futuro. A
quell'incontro sono andato mettendo nella borsa il contratto d'assunzione,
evidentemente avevo le idee chiare già di mio. Nessuno mi ha cacciato».
Tuttavia molti lettori di Tuttosport di fede juventina...
«No, no, ma questo lo so. Io farei più bella figura a fare la vittima, ma non
sono una vittima. Parliamoci chiaro, ove mai ci fossero stati dei poteri forti,
che siano Inter, Moratti, Telecom, famiglia Elkann o altri, che si fossero mossi
per togliermi di mezzo, cosa cambierebbe? Anche ammesso che sia così, che
importa? Sarei forse un martire?».
Beh, un suo rilievo l'avrebbe. Basti dire che col nuovo direttore, Paolo De
Paola, il giornale sembra avere tutt'altra linea rispetto a prima...
«Questo è indiscutibile. Il giornale, negli ultimi tempi, ha avuto una linea
editoriale che sconfessava totalmente la mia perciò, nonostante le
offerte che ho ricevuto dall'editore, ho deciso di dare le dimissioni. Io non
scrivo per un giornale del quale non condivido proprio nulla. Poi, sa, io sono
un uomo fortunato. Il 9 dicembre ho chiuso i miei rapporti con Tuttosport
e il 10 ho firmato il contratto con Cairo. Potendo contare su un'innata
fortuna, ho sempre trovato immediatamente una nuova opportunità. Continuo senza
dover rinunciare mai a nulla di quelle che sono le mie prerogative di
commentatore sportivo ed editorialista sportivo. Sono una voce libera nel campo
dell'informazione sportiva. Anche se mi avessero fatto fuori, non mi avrebbero
comunque tolto la parola, la forza delle mie idee, la libertà di esprimere
opinioni anche molto forti. Io sono e resto un giornalista libero e ne vado
fiero».
Un esempio di opinione libera?
«Un esempio è in tutta la mia carriera di commentatore ed editorialista
sportivo, fino ad oggi. Ho sempre espresso con libertà ogni idea, anche la più
forte. Ho scritto di recente un libro sulle massime di Mourinho che reputo un
grande allenatore e una grandissima personalità. Tutto il contrario del
precedente allenatore, Roberto Mancini, che era solo uno pseudo
allenatore». |
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SPORTIVA Stop al Poker Texas Hold'em
di
Pierpaolo Di
Paolo
Proprio la scorsa settimana, sulle nostre
pagine, abbiamo raccontato del poker. Ora il gioco più alla moda e trendy
del momento potrebbe avere le ore contate. Tempi duri si prospettano per i
giocatori, vista l'aria di proibizionismo che soffia nel nostro Paese. La
notizia clamorosa rimbalza da Torino, dove il questore Stefano Berrettoni ha
firmato un'ordinanza: il
Texas Hold'em - divenuto popolare grazie
alla seguitissima
trasmissione di Italia 1 - viene messo
alla sbarra.
Nel corso di operazioni iniziate fin dal
2007, la polizia ha monitorato in forma discreta e minuziosa tutto quanto
accadeva nei circoli. Il risultato è stato il sequestro di fiches e soldi, la
denuncia
per decine di giocatori e proprietari di
circoli, ma soprattutto la collocazione del famoso gioco nella lista nera di
quelli d'azzardo. «Il poker texano - si afferma - è un gioco basato solo sulla
fortuna, dove la capacità individuale conta poco o nulla. Il giocatore ha due
carte in mano, le altre sono comuni a tutti e si scommette praticamente al buio,
ma l'aspetto più rilevante è che i premi sono quasi sempre in denaro».
Nelle intenzioni della questura, d'ora in poi
a Torino - ma non è escluso che un precedente del genere faccia scuola in tutta
Italia - i tornei di texano dovranno essere specificamente autorizzati dalle
autorità e prevedere premi rigorosamente in natura.
Questo lo scenario che si sta delineando, ma
immediata monta la rabbia nei circoli e nei ritrovi online di appassionati: «Il
nostro non è un gioco di fortuna - protesta un giocatore - venissero dalla
questura a giocare contro di noi e vediamo quante ne vincono». «Nei nostri
tornei si paga solo l'iscrizione, poi diamo le fiches e si gioca con quelle»
dice il proprietario di un circolo. Poi aggiunge: «Non c'è alcun azzardo perché
sai fin dall'inizio quanto hai speso. Se la polizia facesse irruzione nelle
ricevitorie italiane scoprirebbe cose terribili: nel lotto non c'è limite
alle puntate e le casalinghe si giocano anche tutti i risparmi sui numeri
ritardatari. Più soldi giochi più hai possibilità di vincere, cosa che non
esiste nel poker, ma si tratta solo di un'illusione: le probabilità di vittoria
restano sempre infinitesimali, il banco vince sempre. Se questo non bastasse,
scoprirebbero anche che le vincite sono in denaro! Se esiste un gioco
profondamente immorale, basato esclusivamente sulla fortuna, e con premi in
denaro, quelli sono lotto e Superenalotto; ma lo Stato non ne fa mai una
questione di morale quando gli interessi sono i suoi».
E crescono i dubbi sul fatto che un
provvedimento del genere possa avere qualche utilità, come impedire a qualche
giocatore patologico di rovinarsi. «Un provvedimento del genere è del tutto
inadatto allo scopo, perché - come tutti gli interventi di tipo proibizionista -
avrà come unico effetto quello di creare clandestinità, di trasferire
tutto dai circoli, dove il gioco avviene alla luce del sole e alla nostra
presenza, alle case private. Di certo ciò non gioverà minimamente ad alcun
giocatore patologico, semmai sarà il contrario». |
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