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Telegiornaliste anno V N. 1 (172) del 12 gennaio 2009
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Roberta Badaloni, giornalista d'assalto di
Giuseppe Bosso
Roberta Badaloni è
giornalista professionista dal 2000. Muove i primi passi nel mondo del
giornalismo all'emittente laziale GBR per poi passare, dopo la laurea in
giurisprudenza, al Tg1 dove segue varie rubriche a Uno Mattina, Tv7 e speciali.
Attualmente in forza alla redazione società, conduce la rubrica Miti d’oggi,
in onda il martedì.
Come nasce la rubrica
Miti d’oggi?
«Ogni redazione del giornale cura una rubrica tematica. Miti d’oggi è lo
spazio di approfondimento della redazione società. Una finestra sfiziosa sulle
nuove mode e tendenze non solo italiane. I nostri redattori sono eccezionali,
riescono a scovare le cose più curiose, divertenti e il pubblico sembra gradire
davvero».
Come definisci il lavoro della redazione società?
«Interessante, consente di spaziare da temi come la sanità, la scuola ad altri
un po' più leggeri, ma non per questo meno seguiti o meno impegnativi».
Spesso ti dedichi ad inchieste con telecamera nascosta. Come ti poni in
questo contesto?
«La telecamera nascosta rappresenta una grande realtà del giornalismo moderno.
Si usa per due motivi fondamentali: una questione di sicurezza personale e
perché, in alcuni casi, è l’unico strumento che ti consente di raccontare e
denunciare situazioni che non potrebbero essere documentate in altro modo.
Questa raccolta di informazioni senza filtri con l’interlocutore, però, richiede
anche alcune regole essenziali: rispetto delle persone che riprendi e molta
empatia con gli operatori. I colleghi con i quali solitamente lavoro sono
Emiliano e Giuseppe, due professionisti fantastici con i quali ho condiviso
anche situazioni un po' pericolose, ad esempio quando abbiamo girato le corse
clandestine dei cavalli».
L’inchiesta più bella che hai fatto?
«Quella che devo fare ancora! Scherzi a parte, lavorando al
Tg1 impari
che devi saperti migliorare sempre di più. Se proprio devo citartene alcune, mi
viene in mente - oltre a quella sulle corse clandestine di cui ho parlato - una
relativa alle tratte ferroviarie più a rischio per furti e aggressioni. Non
posso non citare le inchieste su Padova, andarono in onda a
Tv7. Furono le prime denunce sul famoso quartiere a luci rosse, sullo
scandalo dello spaccio di droga e sulla difficile convivenza con gli immigrati.
Non tutti lo sanno ma il "caso Padova" con il famoso muro che venne alzato in
via Anelli, scoppiò proprio dopo quelle inchieste. In materia universitaria,
invece, ricordo l’inchiesta sulle lauree facili. L'allora ministro Mussi ci
telefonò immediatamente ed aprì una inchiesta penale. Insomma, sono tante,
belle, a volte pericolose. Bisogna fare molta attenzione».
Cosa significa per te lavorare al Tg1?
«Un grande privilegio, non credevo di arrivare così in alto quando ho iniziato
questo percorso professionale fatto di gavetta e precariato duro che, alla fine,
è stato coronato da una richiesta di assunzione. Se penso che, nel 1997, iniziai
con una sostituzione che doveva durare un solo mese... probabilmente è stata una
cosa che è arrivata al momento giusto e che mi ha permesso di iniziare un nuovo
percorso ricco di novità».
L’ampliamento del mercato dell’informazione ha creato nuove possibilità e
nuove emittenti per gli aspiranti giornalisti. Lavorare al Tg1 è ancora la
massima aspirazione, secondo te?
«I tempi sono cambiati e l’informazione è molto diversa da quando ho mosso i
miei primi passi. La concorrenza è la molla che spinge il Tg1 ad essere sempre
più competitivo».
Che sensazione ti ha suscitato scoprire di essere tra le più amate tgiste dei
lettori del nostro magazine?
«Mi ha impressionato scoprire la vostra realtà, anche dai tantissimi messaggi
che ricevo. Premetto che ammiro le persone che hanno passioni forti e le seguono
con cura e considerazione. Per questo mi ha incuriosito vedere un sito come il
vostro, gestito con molta attenzione. Ringrazio chi ha riservato per me commenti
garbati e gentili, ma soprattutto chi ha avuto cura nel gestire una realtà
puntuale, seria e documentata come la vostra, così diversa dai tanti blog che si
trovano in rete. Internet è ancora una giungla senza regole dove i vari blog si
prestano facilmente anche ad affermazioni false e pretestuose. Sfortunatamente
l’ho potuto provare sulla mia pelle, leggendo ad esempio che sarei la figlia di
Piero Badaloni. Tutto
falso, nel modo più assoluto. Oltre ai commenti dei vostri lettori, ho ricevuto
anche mazzi di fiori e inviti a cena (ride, ndr) ed è una cosa che mi ha
fatto molto sorridere perché, non essendo conduttrice del tg, pensavo di non
essere così esposta all’attenzione del pubblico. Per carattere poi non sono una
protagonista, l’attenzione dello spettatore deve cadere sulla notizia che
riporto e non certo su me che faccio il servizio».
Un tuo punto di riferimento nel campo professionale?
«Ci sono tanti colleghi bravi, ma certamente la scuola più importante l’ho fatta
con il mio caporedattore, Marco Franzelli, col quale ho lavorato anche durante
il periodo degli speciali e di Tv7. E’ un giornalista straordinario e, come
capo, ha il merito di essere sempre presente, sempre pronto ad intervenire, e di
farti capire come entrare nello spirito del pezzo che ti assegna».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Non perdere l’entusiasmo di adesso e di quando ho cominciato. Soprattutto non
dimenticare mai che il nostro lavoro è e deve essere fatto per gli altri. Non
serve solo ad informare, ma a volte può dare giustizia a chi rimane vittima di
soprusi e prevaricazioni».
Ti possiamo definire, dunque, una giornalista d’assalto?
«Forse lo è chiunque abbia il coraggio di raccontare qualcosa subendone
personalmente le conseguenze. Se ti riferisci a situazioni pericolose, mi viene
ancora in mente Padova: quella notte alcuni spacciatori magrebini si accorsero
di noi, stavamo facendo delle riprese con piccole telecamere. Scappammo mentre
sulla nostra macchina incominciarono a piovere bottiglie di vetro. Corremmo in
albergo ma, proprio lì, ci stavano aspettando. Dovette intervenire la polizia e
fu una nottata drammatica. Il nostro albergo venne blindato con grande spavento
e disappunto dei gestori che tirarono un sospiro di sollievo solo quando
l’indomani la polizia ci scortò all’aeroporto».
Fino a che punto ritieni sia il caso di rischiare la propria incolumità per
il giornalismo?
«In questi casi è importante saper fare le cose con intelligenza, senza smanie
di protagonismo».
Come ti descriveresti?
«Aperta, abituata alla semplicità. Giornalista entusiasta con voglia di crescere
sempre, consapevole che non si arriva mai e che devi sempre lavorare tanto per
migliorarti».
Quanto è importante per te l’immagine sul lavoro?
«Credo nella gentilezza, nell'umiltà, nella capacità di mettere gli intervistati
a proprio agio e nel saper ascoltare. Certo, l’aspetto fisico ha la sua
importanza, ma sono convinta che bisogna imparare a prescinderne». |
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CRONACA IN ROSA L’anno giusto per cambiare il
mondo di
Federica Santoro
Per cominciare bene il nuovo anno apriamo con una buona
notizia: «Non è vero che tutto va peggio». A scriverlo sono Michele
Dotti e Jacopo Fo nel loro libro così intitolato. «Non è vero che il mondo
sta andando a rotoli, è solo che le cattive notizie fanno vendere di più e
attirano molto l’attenzione».
Il mondo è migliorato nei secoli e il futuro,
stando alle previsioni, sarà sempre più rosa. Alcuni esempi? «Ancora tre
secoli fa eravamo dominati da una casta che gestiva il potere per diritto di
nascita. Due secoli fa lo schiavismo era legale nella maggior parte del mondo.
Sessantacinque anni fa le donne non avevano il diritto di voto in nessuna
nazione. Cinquant’anni fa i mariti avevano in tutto il mondo il diritto legale
di picchiare la moglie e di prenderla con la forza. Cinquant’anni fa la
segregazione razziale era legale negli Stati Uniti».
In più oggi i cambiamenti avvengono molto più velocemente che
in passato. Grazie alla tecnologia, la civiltà ha fatto passi enormi passi
avanti nello sviluppo, dimenticando però spesso di garantire a tutti un
giusto ed eguale diritto all’utilizzo di queste risorse, creando le
disuguaglianze e gli squilibri sociali ed economici che oggi dividono il Nord
dal Sud del mondo. «Le risorse sono limitate e si è caduti nella tentazione di
usarle solo per il bene di alcuni. Ma non esiste potere di nessun tipo che possa
fare paura se continuiamo a impegnarci in prima persona e insieme -
ribadiscono i due, che incolpano i mezzi di comunicazione di giocare
d’opportunismo - l’idea che il mondo vada a rotoli è una convinzione basata su
preconcetti e sulla mancanza d’informazione», che sono proprio i media a fornire
con il loro eccessivo allarmismo.
Secondo i dati forniti dagli autori sulla base di un’accurata
documentazione scientifica, la povertà diminuisce, progredisce lo
sviluppo umano e, nonostante ci sia chi afferma il contrario, si è ridotto
anche il lavoro minorile, così come il numero delle persone che ogni
giorno vive nella povertà.
Un libro per tutti che fa cadere molti pregiudizi, per
rilanciare l’impegno a proseguire un cammino necessario intrapreso dall’umanità
verso nuovi stili di vita più sostenibili ed equi. |
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FORMAT
Il Pagellone di dicembre di
Giuseppe Bosso
10 e lode a Raffaella Carrà, ancora una
volta regina della prima serata. Annunciato, messo in discussione e alla fine
lanciato su Raiuno, il suo Carramba, che fortuna!
spopola al mercoledì fino all’epilogo
concomitante con la Lotteria Italia il giorno dell’Epifania. La Raffaella
nazionale ancora una volta non delude i suoi fans con una formula collaudata e
qualche interessante novità. Tra queste, le esibizioni settimanali delle attrici
della nuova generazione.
9 sorprendente ad Amiche Mie. Forse
alquanto azzardato il paragone con le scoppiettanti protagoniste di Sex and
the city, ma ha riscosso ugualmente ampi consensi la serie incentrata su
vizi e virtù delle quarantenni del Belpaese d’oggi. Brave tutte le interpreti,
ormai volti navigate del nostro panorama, dalla Ricci che attendiamo per il
terzo capitolo dei
Cesaroni alla effervescente Ranieri, ormai
non più signorina "Anto’ fa caldo" e "signorina Zingaretti".
8 pieno ad
Otto e mezzo. Al giro di boa non possiamo
che complimentarci con
Lilli Gruber
che ha scelto La7 per il suo ritorno sul piccolo
schermo dopo la parentesi parlamentare. Non era facile cimentarsi in un
programma in cui inevitabile sarebbe stato il confronto con la conduzione
storica di Giuliano Ferrara, ma la rossa telegiornalista di Bolzano non si è
scoraggiata, e ha impresso al contenitore di approfondimento lo stile e
l’aplombe che ha contraddistinto i suoi anni al Tg1.
7 navigato a Raccontami, seconda
serie delle avventure della famiglia Ferrucci ambientate nell’Italia dei
favolosi anni 60. La prima forse aveva divertito di più, ma il pubblico ha
comunque apprezzato le vicende, buffe o drammatiche che siano, di una famiglia
in un’epoca al tempo stesso lontana e vicina ai giorni nostri. Bravi tanto i
veterani Ghini e Savino quanto i giovani Tesconi e Natoli, oltre al piccolo
Gianluca Grecchi, voce narrante della serie.
6 di solidarietà a Julia-la strada per
la felicità, soap tedesca che nei palinsesti italiani continua ad
attraversare un percorso tutt’altro che sorridente. Lanciata nell’estate 2007
per fare compagnia al pubblico di Raiuno "orfano" di Festa italiana, la
Cenerentola teutonica ha pian piano appassionato gli spettatori che, a gran
voce, avevano reclamato la conferma anche per la stagione autunnale. Spostata su
Raidue, sia pure ripartendo dall’inizio, malgrado un buon numero di ascolti alla
fine è stata nuovamente sospesa e sostituita con le repliche di Law and Order.
Questo mentre Rete4 continua a trasmettere Bianca, sceneggiato da cui è
poi nata Julia, che in Germania continua a venire trasmessa con grande
successo, sia pure con protagonisti e storie che non sappiamo quando i
telespettatori italiani potranno conoscere.
5 deludente a Paperissima. Niente
contro il vulcanico Ricci o contro la navigata coppia Scotti-Hunziker, ma sembra
davvero che Mediaset perseveri in maniera più che diabolica a proporre in prima
serata format dei quali ormai sappiamo davvero tutto e di più. E non è di aiuto
nemmeno la presenza di grandi ospiti come Ronaldinho a farci cambiare idea.
4 meritato a Paola Perego che avevamo pure
applaudito, a inizio 2008, per il nuovo formato a cui aveva improntato Buona
domenica, limitando il trash per dare più spazio all’attualità e ai problemi
reali della gente. Nuova stagione e nuova trasmissione per il pomeriggio di
Canale 5, ma viene compiuto un deplorevole passo indietro con le interviste a
personaggi politici impresse dalla conduttrice con tono alquanto servile e
reverenziale (vedi Mastella) anziché imparziale e critico.
3 fischiato a
Sky che è la media di un 6 di solidarietà per
la vicenda sull'Iva di cui tanto si è discusso e di uno 0 per la decisione di
"criptare" Sky Tg24, privando così gli spettatori di un’informazione attiva 24
ore su 24 svincolata dalla cinghia del canone.
2 inevitabile a Raidue e alla Rai in
generale per le censure a I segreti di Brokeback Mountain. I tagli che
hanno sollevato le polemiche dell’Arcigay (e non solo) rappresentano, a nostro
avviso, l’ennesima dimostrazione di quanti paletti e quante contraddizioni
denotino la nostra cultura e la nostra società. Per poter essere superati,
evidentemente, richiedono ben altro che una vittoria di un reality show.
1 più che sentito a Italia 1 che ripropone
in prima serata una deludente edizione di
Matricole e Meteore di qualche anno fa,
relegando poi in seconda o addirittura terza fascia serie attese o comunque da
seguire con curiosità come Bionic Woman.
0 senza commenti agli esponenti politici
di ogni schieramento che, in periodo di piena crisi economica e di incertezza,
continuano a insultarsi e a lanciarsi invettive nelle aule parlamentari
e(soprattutto) sui media. I cittadini esasperati aspettano ancora di vedere,
finalmente, una classe dirigente in grado di affrontare seriamente le mille e
più problematiche della vita quotidiana. |
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CULT Gli
inferi del sesso nei versi di Elena Torresani
di Valeria Scotti
Poesia intima, seduzione ed erotismo nella relazione tra donne e uomini. Piaceri
e dispiaceri del sesso. E’ un viaggio affascinante quello di Elena Torresani
nel suo libro, L’inferno di Eros, AndreaOppureEditore.
Sul tuo libro: «Una scorribanda nella sessualità femminile e un’occhiata
impietosa nelle miserie delle nostre mutande». Definiamo questo tuo debutto come
scrittrice?
«Un debutto piuttosto atipico sotto certi aspetti, ma assolutamente normale per
altri: la convinzione - comune a tutti gli scrittori emergenti - di avere un
libro speciale tra le mani, la ricerca di una casa editrice disposta a
pubblicarlo, le difficoltà di farsi conoscere e di affrontare tutta la baraonda
di inconvenienti che nascono pubblicando un libro come il mio. Ma la voglia di
raccontare certe cose è stata più forte di tutto il resto».
Quattro gironi nel tuo inferno: quanta verità, finzione e sogno?
«Molta verità, un solo sogno, pochissima finzione (nel sesso ce n’è già troppa).
Il libro è quasi interamente autobiografico, fatta eccezione per il girone degli
indiscreti dove ho fatto appello alle fantasie erotiche più diffuse, ricorrendo
a ricerca ed immaginazione. Ma il vero motore di questo libro è il sogno che ci
sta dietro: quello di stimolare un approccio più sereno, più rilassato e più
vero verso un Eros che, purtroppo, stenta a liberarsi come incontro rivelatore».
L’eros è per te?
«L’eros ha a che fare con il desiderio, la seduzione, l’appagamento: proprio per
questo è prima di tutto, come scrivo nel mio libro, uno "spazio della mente".
Credo che il nostro modo di vivere l’eros racconti di noi molto di più di quanto
faccia ogni altra cosa. L’eros è un’identità».
Come è nato l'incontro professionale con la fotografa
Monica Papagna?
«Da un paio d’anni ho un blog e Monica Papagna è sempre stata una delle mie
fedeli lettrici. In passato avevamo già collaborato per altri progetti, ma
quando mi ha chiesto di scrivere un pezzo erotico per il vernissage della sua
mostra fotografica presso la Marena Rooms Gallery di Torino, sono rimasta
sbalordita. L’inferno di Eros è praticamente nato grazie a questa sfida
artistica. Non ero sicura di riuscire nell’intento, ma di fatto, dopo due mesi,
avevo un libro pronto tra le mani. L’erotismo di Monica è piuttosto diverso dal
mio: molto più elegante, raffinato, seduttivo, ineccepibile. Riesce a
trasformare in bellezza tutto quello che tocca. Io sono più cruda, ma tra di noi
ce la intendiamo a meraviglia, riuscendo a contaminarci a vicenda».
Sessualità estrema vs sessualità "normale", quasi addormentata. Esiste un
punto di incontro tra queste due forme?
«Tutto è nelle nostre mani, possiamo scegliere ogni giorno cosa fare delle
nostre mutande. Esistono grandi gioie carnali nella “normalità”, così come
possono esserci emozioni imperdibili - ma anche questo è soggettivo - in una
sessualità estrema. L’importante è che ognuno scelga la propria soglia e la
propria strada per il piacere, in totale serenità con se stessi prima di tutto,
e col mondo, ma solo in secondo luogo. La sessualità è un mondo, ma è anche un
sentore: se si addormenta o si fa latente, silenzioso, frustrante è perché c’è
qualcos’altro che non va, in qualche altro posto. Ma attenzione, i risvegli
possono essere detonazioni fragorose, se non siamo capace di gestirli». |
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DONNE Aisha
Omar, donna dell'anno 2008 di
Chiara Casadei
L'anno appena trascorso, il vecchio caro 2008, lascia
un'impronta non solo con notizie di cronaca o di politica, ma anche con
importanti riconoscimenti ai personaggi più meritevoli a livello mondiale. Non
possiamo quindi non parlare del premio internazionale Donna dell'anno,
promosso dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta, in collaborazione con la
Regione Autonoma Valle d’Aosta, la Fondazione CRT, il Soroptimist International
Club Valle d’Aosta e il Casino de la Vallée.
Il tema centrale per la valutazione delle candidate è “Diritti
umani senza frontiere”. Gli obiettivi di questo premio sono la
valorizzazione del ruolo delle donne
all’interno della società e la diffusione di una cultura
di pace e solidarietà per la salvaguardia dei diritti umani, soprattutto nei
Paesi meno fortunati. Di conseguenza, le donne che ricevono la candidatura sono
appunto quelle che si sono maggiormente contraddistinte nel perseguimento di
questi specifici obiettivi. La vincitrice, scelta da una valida giuria, riceve
un premio in denaro di 20.000 euro, mentre alle altre due finaliste vengono
assegnati 5.000 euro ciascuna.
Nel 2007 questo prestigioso riconoscimento aveva visto ben
due vincitrici, Lily Traubmann e Nayla Ayesh, entrambe appartenenti a Paesi in
guerra con situazioni interne problematiche. La donna premiata nel 2008, invece,
è Aisha Omar, somala, laureata in Medicina, ginecologa nel Corno
d'Africa. Ha un centro di prevenzione per gravidanze a rischio a Gibuti e
assiste i bambini con malformazioni congenite predisponendo le operazioni
chirurgiche in Italia, dove sono a disposizione le strutture necessarie. Con
l'arrivo dei rifugiati etiopi, il suo ambulatorio è diventato una specie di
campo profughi.
Questa la motivazione della giuria: «Ad Aisha, esempio di
vero sacrificio a favore del prossimo, che ha perseguito con tenacia un sogno.
Un sogno scomodo, che l'ha spinta a lavorare nella sua Somalia, dilaniata dalla
guerra, rinunciando a una vita privilegiata, pur di curare donne e bambini. Non
si è fatta fermare né dalle bombe, né dalle minacce, perché si sente, prima di
tutto, un medico». |
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TELEGIORNALISTI
Giancarlo Padovan: «Il giornalismo sportivo
italiano? Bigotto e servile»
di Pierpaolo Di Paolo
Caporedattore sportivo del Corriere della Sera e direttore di
Tuttosport da ottobre 2002 a gennaio 2008, oggi
Giancarlo Padovan è
direttore editoriale del Corriere di Livorno. E' stato anche allenatore
di calcio femminile per Fiammamonza e Torino calcio.
Non ha mai nascosto disappunto per il giustizialismo, da lei definito
ipocrita, che ha caratterizzato Calciopoli. Cos'è che non ha funzionato in quel
processo?
«Vengo or ora da un processo a Calciopoli tenutosi a Torino e di cui sono
stato presidente. Sono tante le cose che non hanno funzionato. Innanzitutto, in
una giustizia che pretende di esser giusta, e non un affaretto domestico, è
inconcepibile che sia eliminato un grado di giudizio, soprattutto se ciò viene
deciso da un signore, Guido Rossi, che ha legami acclarati con una delle società
antagoniste. Questa persona ha abolito, come fosse un dittatore africano, il
primo grado di giudizio eliminando una delle garanzie della difesa. Si comincia
dall'appello. Ma appello di cosa? In secondo luogo, pur dando per assodato che
il castello accusatorio fosse effettivamente compromettente per la Juve, lo era
ugualmente per Fiorentina, Milan, Lazio e Reggina».
Non sono state punite tutte?
«Formalmente sì. Sostanzialmente, tutte sono state ammesse in A, eccetto la
Juventus. Il Milan è stato addirittura ammesso in Champions (poi vinta!) poiché
le decine di punti sottratti alla società rossonera erano giusto un paio in meno
di quelli necessari ad escluderla dalla competizione. Ora si è riconosciuta una
società talmente responsabile da doverle sottrarle decine di punti, e lo si è
fatto non tanto per il campionato futuro, ma per il precedente del quale -
classifica alla mano - si sa già quale incidenza avranno i punti sottratti. La
decisione diventa una barzelletta se la marea di punti sottratti sono
esattamente un paio in meno di quelli necessari ad escluderla dalla Champions
League. Questo ha provocato lo sdegno dell'UEFA, ma non di un'Italia bigotta e
servile quasi quanto il suo giornalismo sportivo».
Altri appunti da fare a Calciopoli?
«Certo. La sentenza è contraddittoria e inaccettabile, e gli atti ne
dimostrano l'assurdità. Alla Juve non è mai stato contestato l'art. 6 (illecito
sportivo) ma unicamente la violazione dell'art. 1 (lealtà sportiva). Ma se la
società non ha compiuto illeciti sportivi, come si può condannarla come se lo
avesse fatto?».
Lei è candidato alla presidenza del calcio femminile e ha un sito dal nome
significativo:
Cambia il calcio femminile. Come pensa si possa cambiare questo mondo?
«Per tanti aspetti questa disciplina ha il calcio più arretrato e meno
conosciuto. Non mi riferisco certo alla qualità del gioco, ma esiste un evidente
problema di comunicazione, di marketing. In questo ambiente occorre un
rinnovamento, ed il fatto che a queste elezioni ci sia una candidatura
alternativa è già un bel passo in avanti rispetto al passato. Anche perché, se
dopo 12 anni di governo Levati e di insufficiente mobilità ed iniziativa - se
non di regressione - il calcio femminile vuole provare un'alternativa, ciò può
essere solo un bene».
Se alle elezioni di gennaio non dovesse farcela, è il calcio femminile ad
aver perso un treno, o lo ha perso Padovan?
«Io non perdo e non guadagno nulla. Per questo mondo ho fatto molto sia come
allenatore di Fiammamonza e Torino, sia nella ricerca continua di risorse, sia
nel campo dell'informazione dove ho lottato per ottenere il poco spazio che ha.
Sono riuscito, da direttore di Tuttosport, a dedicare 2 volte alla
settimana mezza pagina a questo sport, cosa che non ha fatto nessun altro. Non
l'ho fatto solo da appassionato. L'ho fatto perché da un lato il calcio
femminile ha l'assoluta necessità di esser conosciuto, dall'altro
quest'iniziativa mi poteva introdurre dei lettori. Certo, non facevo affidamento
su numeri straordinari, ma fossero anche solo le 200, 300 persone che comprano
il giornale per leggervi il proprio nome o conoscere le ultime novità di un
settore così vasto e tanto trascurato... Adesso veda il calcio femminile se ho
fatto abbastanza».
Da presidente, lotterebbe per arrivare a dei campionati misti?
«Bella domanda. Mi legge nel pensiero. Certo non posso avere la pretesa, da
presidente, di cambiare il mondo. Questa è una rivoluzione che deve partire
dalla Fifa, tuttavia lo considero un traguardo possibile. Ci vorranno forse
dieci anni per arrivare ad abbozzare un progetto del genere, ma le dico che lo
pensavo da tempo, ed anche se adesso sembra una cosa futuristica, il fatto
stesso che tu mi faccia questa domanda dimostra che è un'idea che circola nella
testa della gente. Questo è già un gran bel segnale».
Anche tra gli addetti ai lavori potrebbe esistere questa idea. Mi pare che
tempo addietro l'avesse sostenuta anche un presidente di serie A, Luciano
Gaucci.
«Si, ma Gaucci lo faceva come provocazione. Il fatto è che da nessuna parte è
scritto che debbano giocare solo maschi. Il regolamento parla di persone, di
giocatori. Gaucci dice: "Con la liberalizzazione della Comunità Europea, la
calciatrice è parificata al calciatore. Io assumo un professionista con un
contratto di lavoro, non posso discriminare in base al sesso. Qui si tratta di
assegnare dei posti di lavoro a livello europeo, non si può dire che i candidati
devono essere solo maschi". Tutto questo discorso, formalmente ineccepibile,
cade nel momento in cui si evidenzia che le calciatrici non hanno lo stesso
status dei calciatori, da nessuna parte in Europa la calciatrice è
professionista. Se lo fosse, l'idea di Gaucci sarebbe ineccepibile. Ma Gaucci è
folclore, voleva fare un po' di scena. Qui parliamo di altre cose».
Il calcio femminile ha gli stessi problemi di quello maschile? Che mi dice
del doping?
«No, non esiste. Il controllo antidoping è costante e preciso, e le persone
che negli ultimi tre anni vi sono incappate sono due: una per cannabis, l'altra
per cocaina. Per tanti versi le donne sono più avanti: qui non esiste la
simulazione, non esistono le partite concordate, le gare durano 90 minuti e si
giocano alla morte, non ho mai visto una squadra che a un certo punto gioca a
perdere perché dati i risultati degli altri non ha più interesse e preferisce
fare un favore all'avversario. Qui non ci sono favori. Il calcio è tecnicamente
avanzatissimo. Semplicemente questo sviluppo tecnico non è supportato da
altrettanta fisicità. L'esplosione fisica maschile è lontana anni luce, e questo
è l'unico gap».
- continua nel
numero 173 |
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SPORTIVA Il Poker che fa gola di
Chiara Casadei
Come si dice: «Ad ogni sport il suo torneo».
E che dire del poker? Anche questo può essere classificato a tutti gli effetti
come un qualsiasi altro sport, con l’unica sostanziale differenza: l’assenza di
uno sforzo fisico, a scapito di una mancata muscolatura da esibire che viene,
però, ampiamente ricompensata dall’altissima
somma in denaro che si aggiudica il
fortunato, nonché meritato, vincitore di questo grande e ambito evento annuale.
L’European Poker Tour (EPT) è il più
grande torneo europeo di poker Texas Hold’em. Si tiene ogni anno nelle
principali città del Continente: Barcellona, Londra, Budapest, Praga,
Montecarlo. La qualificazione avviene online, tramite il sito
pokerstars.it e i campioni che vi
accedono variano dai 450 ai 1000 per tappa.
C’è inoltre un Team PokerStars Pro –
una specie di “dream team” – che include 30 giocatori professionisti o emergenti
di tutto il mondo, sponsorizzati dal sito stesso per prendere parte alle
competizioni internazionali. Look particolari, accessori a prima vista superflui
e fuori luogo, i pokeristi sono disposti a tutto pur di rendere il loro bluff
più credibile e il gioco inattaccabile.
Nel 2008 il torneo si è svolto a Praga e su
570 partecipanti, quelli italiani erano 80: un discreto 15%. Altro indiscusso
punto d’onore per il nostro tricolore è stato il vincitore, Salvatore
Bonavera, 44 anni, di Vibo Valentia. Oltre alla grande soddisfazione, si è
portato a casa ben 774 mila euro.
Non c'è che dire: un motivo più che
convincente per buttarsi tutti a capofitto sul Texas Hold’em. |
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