Telegiornaliste
anno IV N. 12 (137) del 31 marzo 2008
Il Fil Rouge negli scatti di Monica Papagna di
Valeria Scotti
Corpi femminili nel gioco della seduzione e dell'erotismo, immersi tra le
contraddizioni e i sentimenti forti della nostra società. E' questo il sapore
degli scatti di Monica Papagna, giovane fotografa con alle spalle già una
lunga esperienza.
Qual è stato il tuo percorso artistico?
«Ho iniziato circa dieci anni fa frequentando la John Kaverdash School di Milano
con Roberto Mineo come mio primo maestro. Ho poi partecipato a vari workshop
negli ultimi anni. Due insegnanti, in particolar modo, mi hanno influenzata: Bob
Sasha e Paul Elledge. Bob è stato il primo a capire quale sarebbe potuto essere
il mio percorso artistico e Paul mi ha aiutata a svilupparlo.
Dopo le prime mostre nei locali di Milano, ho iniziato a collaborare con alcune
gallerie. La svolta è stata la Marena Rooms Gallery di Torino che ha creduto in
me ed ora mi rappresenta».
Nei tuoi scatti la carne nuda sembra dividersi tra il desiderio di sfuggire e
quello di lasciarsi ritrarre dall’obiettivo. Seduzione ed erotismo attraverso
un’immagine: come affronti questi temi?
«La
seduzione è un gioco sottile tra chi vuole sedurre e chi si presta ad essere
sedotto. Il dialogo erotico si struttura attraverso un delicato equilibrio tra
il desiderio e il suo oggetto. L’intendimento deve essere sofisticato ma
immediato, ed è questo che cerco di trasmettere con i miei scatti: una
comunicazione continua e sublime tra eros ed eros, quello di chi guarda, e
quello di chi si lascia guardare».
Una peculiarità dei tuoi lavori riguarda la scelta di due soli colori, il
rosso e il nero. Come mai?
«Effettivamente il mio progetto più conosciuto, Fil Rouge, si sviluppa
attorno ai toni del nero e del rosso che, intrecciati tra loro, richiamano
l’idea di mistero e di passione. Comunque ciò che più mi sta a cuore nella
ricerca è riuscire a giocare con tonalità calde, costruendo atmosfere sempre
diverse in cui luci ed ombre sfumano le une nelle altre, quasi fondendosi».
Sei
tra i pochi fotografi a non ritoccare gli scatti in digitale né con programmi di
fotoritocco né con filtri. Quali sono i vantaggi, e gli eventuali svantaggi,
dell'utilizzo di luci vere nel creare effetti?
«Io vedo solo vantaggi. Ritoccare un’immagine per me è comprensibile se si sta
parlando di un lavoro commerciale, ma in generale considero l’arte un qualcosa
di diverso. Quello che acquisisco con la macchina fotografica è il momento che
voglio fermare nella sua immediatezza e solo quello deve essere stampato. Se ci
sono delle cose che non mi piacciono, piuttosto elimino lo scatto durante
l’editing, ma non ritocco nulla. E’ una precisa scelta stilistica. Ci sono
artisti che usano Photoshop e mi piacciono moltissimo, ma semplicemente ciò non
fa per me».
La curatrice Monica Trigona, in occasione della mostra alla Marena Rooms
Gallery di Torino, ha dichiarato: «Monica Papagna impronta il suo lavoro sul
gioco dialettico tra negazione ed enfatizzazione, su ciò che si vede e ciò che
invece si deve spiare». E’ questa la vera essenza dell’erotismo?
«Assolutamente sì. Il desiderio si nutre di questo, da sempre. La mia soluzione
è quella dell’eleganza, una chiave diversa in un momento artistico di Eros
palesato, crudo ed esplicito. La mia proposta è quella della riscoperta del
mistero, alla ricerca del non detto. Ed è proprio sulla negazione/enfatizzazione
che si crea una sorta di appetibilità erotica intramontabile».
I tuoi scatti hanno fatto parte di numerose esposizioni in Italia e
all’estero. Qual è stato il riscontro del pubblico?
«Finora sembra che il pubblico abbia apprezzato il mio lavoro. Un aspetto che mi
ha un po’ sorpreso, ma anche fatto molto piacere, è stato il grande interesse
dimostrato proprio dalle donne: hanno compreso il rispetto con cui il mio occhio
ha cercato di esplorare la femminilità, mostrandone tutta la carica seduttiva
senza scadere nella volgarità.
Ricevo quotidianamente riscontri via mail e rispondo a tutti i commenti
personalmente. Anzi, invito le lettrici a contattarmi sul mio
sito o sulla mia
pagina
MySpace».