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Archivio Telegiornaliste anno XX N. 28 (775) del 30 ottobre 2024
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TGISTE
Serena Bernardo, Viggichannel anno 17
di Giuseppe Bosso

Incontriamo con piacere nuovamente Serena Bernardo. L’ultima volta il format Viggichannel, da lei ideato e condotto nelle sue articolazioni dedicate a cibo, viaggi, turismo e salute, è diventato nel corso degli anni un apprezzato contenitore in cui informazione e intrattenimento sanno conciliarsi armonicamente.

Bentrovata cara Serena. Ci eravamo lasciati l’ultima volta quasi agli albori di Viggichannel; a distanza di quasi quindici anni possiamo dire, parafrasando Lucio Battisti, che non è stata un’avventura del momento?
«Non è stata un’avventura ma io la prendo così. Il segreto per poter andare avanti, non annoiarsi mai, è viverla con questo spirito, che ci porta quest’anno a tagliare il traguardo della diciassettesima stagione, e abbiamo deciso che ci porterà fortuna, in barba alla scaramanzia».

Canale 8 ha sostenuto sempre con convinzione il format?
«Assolutamente sì e ci tengo a ringraziare l’emittente proprio per la fiducia e il sostegno che ci ha accompagnato fin dall’inizio».

E di acqua davvero ne è passata sotto i ponti, eventi o innovazioni che hanno cambiato le nostre vite, incidendo sia sul settore del turismo che su quello della gastronomia e della salute, i vostri temi caldi: dovendo tracciare un excursus rispetto agli inizi del format, quali pensi siano state le innovazioni più significative tra quelle che avete raccontato?
«In questi anni abbiamo vissuto una rivoluzione dal punto di vista della comunicazione, sotto molti aspetti: quando abbiamo iniziato non esisteva la figura del blogger, che oggi invece è fondamentale, nel settore del food. Non tutti hanno una adeguata preparazione alle spalle, taluni improvvisano e la cosa mi infastidisce. Ma per fortuna, e sono in maggioranza e anche mie amiche, ci sono anche persone che hanno alle spalle titoli, libri che hanno scritto. Sulla salute c’è tantissima attenzione e la nostra regione vanta molte eccellenze. Se magari nel settore dei viaggi e del turismo le cose sono rimaste come sono, nel mondo del food ormai tutti sanno tutto, tutti vogliono mangiare e bere ai massimi livelli e se da un lato facilita il nostro lavoro, complica quello di chi intervistiamo. La cucina ‘popolare’ è ormai davvero scomparsa, anche attraverso varie contaminazioni con altre culture, spinte da una maggiore possibilità di viaggiare».

Uno dei momenti cruciali di questi anni è stato il lungo, doloroso, periodo della pandemia e dei mesi di lockdown, che hanno inferto al settore turismo un colpo se non mortale comunque duro da assorbire: hai raccontato tante storie di ristoratori, di albergatori che non si sono scoraggiati ma hanno saputo rimboccarsi le maniche per ripartire: chi, in particolare, ti ha colpito e idealmente ergeresti a simbolo di resilienza?
«Purtroppo colpiscono le storie tristi, sebbene il covid abbia anche dato a chi già era tosto e preparato alle mazzate della vita la spinta definitiva, e tra tante chiusure ci sono state aperture di giovani che si sono messi in discussione che ora vanno alla grandissima. E vale tanto per il food quanto per il travel, e una delle più belle storie che ho raccontato è l’apertura dell’aeroporto di Salerno, l’11 luglio, con un caldo allucinante e con le lacrime agli occhi per questi voli che atterravano e partivano, dopo anni di false inaugurazioni con politici e ministri. Dico che la guerra della nostra generazione è stato proprio il Covid, esperienza inimmaginabile».

Gastronomia e turismo sono tra le principali, anche se non esclusive, industrie che sorreggono l’economia italiana: conciliare la seriosità dell’informazione e la leggerezza dell’intrattenimento è da sempre una caratteristica del vostro programma; in questo aspetto cosa hai cercato soprattutto di mettere in evidenza?
«Proprio durante il lockdown di cui parlavamo abbiamo sviluppato un nuovo format, sempre con Stefano Traditi alla regia e post produzione, Farina in cucina, commissionatoci da un’azienda che durante il covid ha colto l’esigenza di chi stava in casa di saper cucinare, e abbiamo saputo cogliere questa possibilità di andare in casa delle signore piuttosto che nei laboratori e nelle pizzerie, e io da assoluta incompetente (ride, ndr) mi sono messa in gioco, mettendo le mani in pasta letteralmente».

Squadra che vince non si cambia, si dice, e ciò è vero anche per te che sul progetto hai potuto fin da subito contare su un affidabile gruppo di colleghi formato, tra gli altri, da Stefano Traditi e Donatella Greco, ma altrettanto vero è che nel corso degli anni avete saputo inserire anche nuove figure come Laura Gambacorta o Daniela Marfisa. In cosa hanno saputo innovare queste nuove presenze?
«I collaboratori sono arrivati proprio nel food, per una comunicazione che deve essere sempre più professionale, e lo dico da “vecchia” giornalista generalista che al momento di scendere nello specifico ha saputo contare sulla presenza di amiche esperte, come Laura con cui abbiamo parlato di oli. Stefano e io lavoriamo insieme da oltre quarant’anni, e in queste diciassette edizioni abbiamo potuto contare sulla presenza di persone che anche se poi hanno preso altre strade o si sono saputi affermare in altre trasmissioni non mancano mai nelle occasioni in cui festeggiamo il format».

Rileggendo le nostre interviste ti avevo chiesto in conclusione sempre un tuo pensiero in prospettiva e mi avevi in entrambe le occasioni detto che sarebbe arrivato il momento di passare dietro le quinte: stavolta invece voglio chiederti uno sguardo a ciò che è stato, alla Serena che aveva iniziato da annunciatrice nella nascente emittenza privata partenopea e che nel corso degli anni è diventata un volto di punta della televisione e del giornalismo: la Serena Bernardo di allora cosa direbbe alla Serena di oggi, e la Serena di oggi cosa invece raccomanderebbe a una ragazza che, sia pure con le dovute differenze dovute anzitutto alle maggiori disponibilità tecnologiche, iniziasse un percorso analogo?
«Credici».
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TUTTO TV
Ritornano le avventure dell'avvocato Malinconico
di Silvestra Sorbera

Al via il 24 novembre su Rai 1 la seconda stagione di Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso, interpretato da Massimiliano Gallo.

Vincenzo Malinconico e l'iconico personaggio nato dalla penna di Diego De Silva: un avvocato semi-disoccupato, un marito semi-divorziato, e soprattutto un grandioso, irresistibile filosofo naturale. Capace di dire cose grosse con l'aria di sparare fesserie e di affrontare la camorra come l'amore con la stessa piroettante, alogica, stralunatissima forza.

Malinconico trascina il pubblico nelle sue vicende sgangherate e irrisolte mostrando il mondo attraverso uno sguardo ironico e autentico, costringendo a pensare, ridendo. Avvocato d'insuccesso, forse più psicologo che avvocato.

Tra elogio della lentezza e un eterno precariato professionale e sentimentale, Vincenzo Malinconico si barcamena tra ex moglie e figli, tra un nuovo possibile amore e la difficoltà di rinunciare al passato.

In questa seconda stagione la new entry del cast sarà Giulia Bevilacqua nei panni di una giornalista che farà girare la testa all'avvocato.
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DONNE
Comunque vada è l’anno di Kamala
di Giuseppe Bosso

Gli ultimi sondaggi non sono certo perentori; più si avvicina l’Election Day fissato per il prossimo 5 novembre, più la cruciale partita per la Casa Bianca è regnata da incertezze e inquietudini: l’America si affiderà nuovamente a Donald Trump o, con una svolta storica, deciderà che il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti sarà la prima donna della storia, Kamala Devi Harris?

Il mondo trattiene il fiato più che mai nell’attesa di conoscere l’esito di una contesa che inciderà sugli scenari di guerra attualmente in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, con ripercussioni anche sui mercati e sull’economia.

Ma a prescindere dal fatto che risulti vincente o sconfitta, è innegabile che la da pochi giorni sessantenne ex procuratrice generale della California è stata se non il personaggio del 2024 una delle figure che più ha canalizzato l’attenzione in questo anno ormai agli sgoccioli.

Natia di Oakland da padre giamaicano e madre indiana, sperimenta negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza sulla sua viva pelle quelle discriminazioni razziali mai del tutto sopite in quegli anni sessanta di grandi cambiamenti.

Dopo la laurea in legge nel 1989, altro anno significativamente intriso di storici eventi che hanno cambiato la storia, i primi incarichi alla procura distrettuale di Alameda e alla Commissione per l’Assistenza Medica della California, per poi diventare, sul finire degli anni ’90, assistente procuratore distrettuale di quel Terence Hallinan che nel 2003 sarà il suo competitor nella campagna elettorale che la vedrà diventare prima procuratrice distrettuale della California, incarico che la caratterizzerà per una dura repressione dei reati collegati al traffico di stupefacenti, per una particolare attenzione alla tutela ambientale, diventando una vera e propria ‘bestia nera’ per compagnie petrolifere e colossi dei motori, più volte salatamente sanzionati.

Nel 2017 abbandona l’incarico dalla Procura della California per diventare senatrice, proprio in concomitanza con l’approdo alla Casa Bianca del suo sfidante attuale, con il quale fin da subito è entrata in rotta di collisione sull’incandescente terreno dell’immigrazione.

Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2020 era tra i più accreditati nomi per diventare il candidato democratico, che ha poi lasciato all’attuale presidente Joe Biden, diventandone vice da prima donna e primo di origini miste afroasiatiche americane a ricoprire l’incarico.

Il presente è appunto ciò che sarà dopo il 5 novembre: molti temono che l’ascesa di Harris alla Casa Bianca porti ad un ulteriore inasprimento dei conflitti; altri, scottati dalla precedente presidenza Trump, sarebbero propensi a confermare fiducia ai democratici nel segno della continuità con quello che ha fatto Biden. Ma in ogni caso Kamala Harris sarà ricordata come una delle figure che più hanno caratterizzato questo anno 2024, nel bene e nel male.
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