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Archivio Telegiornaliste anno XX N. 24 (771) del 2 ottobre 2024
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TGISTE
Roberta Ferrari, confronto tra generazioni
di Giuseppe Bosso

Siamo davvero felici di incontrare nuovamente Roberta Ferrari, nostra ormai storica conoscenza, che negli anni ha saputo brillantemente passare dall’informazione sportiva all’intrattenimento e, ulteriormente, al mondo dei giovani, con particolare riguardo al confronto tra la nuova generazione e i senior; o, per usare un termine più moderno, boomers.

Bentrovata Roberta. Anzitutto raccontaci la genesi di questo libro, che è praticamente figlio della tua trasmissione di successo Gen Z vs Boomers.
«Ciao Giuseppe, grazie e un saluto a tutti i tuoi lettori. Sì, hai detto bene, Vi sblocco un ricordo è nato grazie al successo della mia trasmissione Generazione Z vs Boomers, e la Santelli Editore mi ha chiesto di farne un libro. Il tutto è nato perché mi sono resa conto di quanto i giovani non conoscano nulla di noi Boomers, le nostre abitudini, gli oggetti che utilizzavamo, insomma come eravamo è per loro tutto sconosciuto. Mi piaceva, come ho fatto anche per il mio precedente libro, mettere a confronto gli adulti con i giovani per ridurre la distanza tra le due generazioni. I giovani, si renderanno conto che anche noi siamo stati pieni di vita e di desideri come loro, siamo stati rivoluzionari e soprattutto ci siamo sudati tutto quello che abbiamo avuto. Gli adulti, attraverso gli slang dei giovani cercheranno di essere un po’ meno boomers e di parlare un po’ di più il loro linguaggio. Sarà una bella occasione per leggere il libro insieme, genitori e figli, e conoscersi meglio».

Questo confronto generazionale non è certo limitato a differenti generi musicali o, per fare uno degli infiniti esempi, tra telefoni fissi contro cellulari sempre più all’avanguardia, o macchine da scrivere contro portatili e stampanti di vare dimensioni, ma è anzitutto il confronto tra differenti visioni della vita: quali sono gli aspetti che hai cercato di evidenziare maggiormente?
«Ciò che ho cercato di evidenziare è proprio il fatto che ci siano degli aspetti positivi sia in noi boomers che nella generazione Z: il mio scopo è che si apprezzino gli uni con gli altri e che ci si conoscano molto meglio, nel rispetto delle proprie differenze, ma con la consapevolezza che per i giovani noi siamo anche il loro passato e la loro storia e per noi adulti quello che vivono i giovani al giorno d’oggi non va demonizzato, perché bisogna stare al passo con i tempi che evolvono».

Nel reciproco confronto, cosa pensi potrà trasmettere l’esperienza dei Boomers alla Generazione Z, e cosa invece la Generazione Z può dare a chi ha un lungo vissuto alle spalle, ma che evidentemente può sempre imparare qualcosa a dispetto dell’esperienza?
«Senz’altro i Boomers possono insegnare ai giovani l’importanza del godersi di più ogni singolo momento, dal guardarsi negli occhi, al leggere un libro, apprezzando quanto siano fortunati ad avere tutto a portata di mano, cosa che i Boomers non avevano assolutamente. Inoltre, apprezzeranno anche i grandi cambiamenti storici che ci sono stati, frutto delle nostre rivolte. La Generazione Z può svecchiare i Boomers facendo capire loro l’importanza della tecnologia e dell’aggiornarsi».

Hai cercato di stimolare il confronto anche attraverso l’utilizzo di oggetti che per dal punto di vista di una delle due prospettive sono familiari, mentre per l’altra qualcosa di troppo evoluto o troppo datato, e se sì quali?
«Sono tanti gli oggetti che ho preso come esempio e che ho fatto utilizzare ai giovani. L’idea di questo confronto generazionale è nata proprio sentendo il ragazzo di mia figlia che mi ha chiesto un giorno come si facesse a usare il telefono fisso. Ho quindi compreso che non sapeva minimamente di cosa si trattasse e ho fatto questo esperimento con i ragazzi della Generazione Z, facendo loro usare tra i tanti oggetti, la macchina da scrivere, il walkman, il videoregistratore, il Tutto città… tutti oggetti che non solo non riconoscevano, ma che non sapevano minimamente utilizzare. Per quanto riguarda noi Boomers, invece, c’è l’opportunità di leggere tutti gli slang e i modi di dire della generazione Z che non conosciamo, di modo da poterli comprendere».

Troviamo anche una serie di interviste a personaggi che ciascuno nel loro campo si può dire abbia fatto la storia o la stia costruendo. Senza spoilerare troppo, puoi farci qualche nome e dirci come mai hai scelto loro?
«Il libro è suddiviso in capitoli, in ogni capitolo viene trattato un argomento quale la musica, la tecnologia, la moda, lo sport … vengono descritti tutti gli oggetti relativi all’argomento utilizzati negli anni ‘60, ‘70, ‘80. Per ogni capitolo c’è un personaggio intervistato che racconta la sua personale esperienza, oltre alla mia. Per esempio, per lo sport Lorenzo Amoruso (difensore che negli anni ’90 dopo aver militato nel Bari e nella Fiorentina si è trasferito in Scozia, diventando una bandiera dei Glasgow Rangers, ndr) ci racconterà quanto sia cambiato il calcio dei Boomers rispetto a quello della Generazione Z e, di conseguenza, anche la vita dei calciatori; per quanto riguarda il capitolo della televisione Marco Bellavia ci racconterà come veniva vissuta la televisione ai tempi di Bim Bum Bam; per quanto riguarda il capitolo della scuola e dei libri il noto scrittore di aforismi Fabrizio Caramagna ci parlerà di come sia cambiato il modo di studiare e di scrivere, e via dicendo. Ovviamente non ve li spoilero tutti, per utilizzare proprio un termine da Generazione Z, ma ogni boomer è stato scelto proprio in base alle sue qualità relative all’argomento che ho trattato. Nei capitoli in cui si parla di più dal punto di vista sociale o psicologico intervengono anche psicoterapeuti ed esperti».

Non possiamo non toccare un tema molto delicato che purtroppo proprio in queste settimane ha avuto una tragica rappresentazione nella strage di Paderno Dugnano: giovani che arrivano addirittura a uccidere i propri cari, una cosa che sicuramente avrà sconvolto anche te che sei così attiva nel tema rapporto genitori/figli: cosa scatena questi drammi e cosa si può fare, per quanto possibile, per impedirne ancora?
«Sì, è un tema che mi tocca personalmente proprio perché sono un’esperta dell’argomento genitori/figli e anche perché tratto la cronaca nera quotidianamente come opinionista sulle reti Rai. Il problema è molto complesso, non si diventa assassini da un giorno all’altro, c’è una frustrazione accumulata e non manifestata. Magari c’è anche un’aspettativa troppo alta da parte dei genitori nei confronti dei ragazzi. Non dico assolutamente che i genitori siano totalmente responsabili, ma purtroppo non vedono diversi segnali. Al giorno d’oggi si pretende che i ragazzi vengano trattati in modo più severo perché si dice che gli si concede tutto, ma essere autorevoli non significa non ascoltare le loro emozioni, anche quando sono sbagliate. Purtroppo manca un dialogo profondo, solitamente si basano i discorsi con loro solo sulle loro prestazioni scolastiche e non sul loro sentire più intimo. Sono pochi i giovani che hanno la possibilità di esprimersi liberamente in famiglia, senza aver paura di essere giudicati soprattutto sulle emozioni che riguardano le loro fragilità. Questo non significa concedere loro tutto, se un ragazzo dice e agisce in modo sbagliato non dobbiamo legittimarlo, ma dobbiamo legittimare i suoi pensieri, fargli cioè sentire che siamo adulti che lo ascoltano anche se non condividono i suoi pensieri e che siamo in grado di riconoscere le sue emozioni, anche se negative. Questo disinnesca un accumulo di frustrazione e di rabbia. È un discorso molto ampio… ma dovremmo tutti riflettere su questo. Concordo con quanto ho letto pochi giorni fa da parte di uno psicologo che ha sottolineato quanto noi adulti tendiamo a mettere al centro la necessità di avere risposte che siano in linea con la propria linea educativa, così da essere rassicurati e sentirsi adeguati, quando invece è un segnale della nostra fragilità, non della nostra autorevolezza».

Quanto c’è nel libro del tuo vissuto di mamma della splendida Iris, che abbiamo avuto il piacere di intervistare tempo fa?
«Senz’altro c’è anche la mia personale esperienza di mamma di una ragazza di 21 anni che mi considera una boomer e che non sa molto di quella che è stata la storia di noi adulti e al tempo stesso c’è la mia consapevolezza di quanto mia figlia conosca termini nuovi e sappia gestire in modo disinvolto la tecnologia, a cui mi devo adeguare per non creare troppa distanza tra le generazioni».

Roberta, siamo alla nostra quarta chiacchierata: ci eravamo sentiti la prima volta al tempo in cui ti eri da poco lasciata alle spalle l’esperienza sportiva in duo con Stefania Sorrenti, che hai in parte continuato con la rubrica A casa dei campioni nel programma Mattina in Famiglia; quando poi ti intervistai l’ultima volta avevi ormai definitivamente virato dall’intrattenimento al vero e proprio giornalismo ‘sociale’, in particolare su figli e famiglia: possiamo dire che sei la dimostrazione di come oggi più che mai è fondamentale sapersi adeguare ai cambiamenti e alle nuove sfide che possono nascere ogni giorno?
«Assolutamente sì, poi è anche un po’ il senso del mio libro perché noi boomers ci dobbiamo adeguare ai cambiamenti e alle sfide delle nuove generazioni per non rimanere indietro. Io poi di natura sono una persona che ama cambiare nella vita, non mi piace rimanere sempre nello stesso posto, occuparmi sempre delle stesse cose, perché penso che chiunque debba mettersi in discussione e modificare le proprie sicurezze aiuta a crescere e a evolversi, arricchendoci».

E allora, augurandoci di ritrovarci ancora, di cosa parleremo la prossima volta?
«Mi auguro che tu abbia la possibilità di intervistarmi per la co-conduzione di una trasmissione per la prossima stagione estiva sulle principali reti Rai. Sai quanto io sia sempre stata umile e non abbia mai preteso di avere qualcosa che fosse al di sopra delle mie possibilità, ma proprio con l’umiltà che mi contraddistingue mi sento di dire che, dopo più di 30 anni di esperienza lavorativa come giornalista e conduttrice, sia il momento giusto perché mi venga finalmente affidata la co-conduzione di una trasmissione estiva di attualità, argomento che, con la cronaca, tratto maggiormente negli ultimi anni e che è più nelle mie corde».
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TUTTO TV
In tv il film sul “papà” di Don Camillo
di Silvestra Sorbera

Al via in Emilia Romagna le riprese del film tv sulla vita dello scrittore Giovanni Guareschi, famoso al grande pubblico italiano per essere il "padre" di Peppone e Don Camillo.

A interpretare Guareschi per il piccolo schermo sarà Giuseppe Zeno (attore partenopeo che abbiamo visto e vedremo nella serie tv Mina Settembre con Serena Rossi e Blanca con Maria Chiara Giannetta e nella serie tv Mediaset Storia di una famiglia per bene insieme a Simona Cavallari). Accanto a lui Benedetta Cimatti che interpreterà Ennia Pallini, la moglie dello scrittore rimasta al suo fianco tutta la vita.

Nel 1948 uscì il primo romanzo su Don Camillo e Peppone: fu il primo episodio di una serie ventennale in 346 puntate e cinque film conosciuta in tutto il mondo: il nome del paese, Ponteratto, è presente solo nel primo racconto della serie, Don Camillo; negli altri racconti viene sostituito con un più generico borgo. I film tratti dall'opera di Guareschi sono stati invece girati a Brescello e Boretto, cosicché Brescello è divenuto universalmente noto come "il paese di Don Camillo".

Don Camillo è un personaggio creato da Guareschi, come protagonista dei racconti della serie Mondo Piccolo in una serie di racconti nei quali è il parroco di un piccolo paese; il personaggio divenne molto noto al grande pubblico, che lo identificò nella figura dell'attore Fernandel, che vestì i panni del prete in cinque pellicole.

Giuseppe Bottazzi, soprannominato Peppone, è l'altro famoso personaggio creato da Guareschi che ha il ruolo di nemico-amico di Don Camillo. Peppone è un comunista convinto ed è sindaco del paesino di Ponteratto: Per crearlo, lo scrittore italiano si ispirò alla figura del sindacalista Giovanni Faraboli; nelle rappresentazioni cinematografiche, assieme a Fernandel nei panni di Don Camillo, vi era Gino Cervi ad interpretare il sindaco.
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DONNE
Elisabetta La Rosa, una ragazza ad arte
di Giuseppe Bosso

Conciliare arte e modernità con competenza; storica dell'arte, critica d’arte e curatrice di mostre, Elisabetta La Rosa è riuscita in questo.

Benvenuta sulle nostre pagine. Anzitutto, chi è Elisabetta La Rosa e come nasce la sua passione per la storia dell’arte?
«Buonasera e grazie per l’attenzione nei confronti della mia professione. Elisabetta La Rosa è una storica dell’arte che ama l’arte in modo viscerale, definisco l’arte il mio grande amore. Se dovessi collocare in una dimensione spazio-temporale la mia passione per l’arte posso dire che mi sono accorta di “essere” arte alle superiori, a seguito dell’incontro con una professoressa innamorata della storia dell’arte che è riuscita a trasmettermi questo fuoco per l’arte, ma ad oggi a distanza di anni posso dire che l’arte è stata da sempre parte del mio essere».

Non si è certo risparmiata nel cercare di coniugare utilizzo dei social e divulgazione artistica. Su quali aspetti soprattutto ha cercato di essere in qualche modo innovatrice rispetto ad altri suoi colleghi?
«Personalmente non mi metto a confronto con i colleghi, posso parlare secondo il mio sentire. Ho iniziato a coniugare arte e social nel 2020 durante la pandemia ho dato vita ad un progetto che chiamai Virtual Art Exhibition, una sorta di mostre d’arte sui social in cui cercavo di interconnettere la promozione degli artisti, la critica scritta e la video critica su YouTube».

Chi sono in particolare gli utenti e il pubblico che a lei si rivolgono?
«Cerco di rivolgermi ad un pubblico sempre più ampio, non ponendomi limiti in quanto credo fermamente che l’arte debba essere alla portata di tutti, in diversi modi».

Nonostante tutto viviamo in un’epoca dove i cambiamenti e le innovazioni sembrano marciare ad un ritmo anche superiore rispetto alle nostre capacità di apprendimento e di approfondimento: c’è spazio ancora oggi per l’arte che per antonomasia è un settore dove vanno privilegiate attenzione e cura, non necessariamente la tempestività?
«Credo che per l’arte ci sia sempre posto e come è sempre stato, l’arte si evolve con l’essere umano in quanto parte emotiva e spirituale dello stesso».

Quali sono stati gli eventi e gli incontri che hanno maggiormente inciso nel suo percorso formativo?
«Determinante è stato il mio percorso universitario in cui ho potuto conoscere storici dell’arte di spessore che sono stati i miei professori nei cinque anni di formazione universitaria e con cui sono ancora in contatto, tramite il Professor Carmelo Occhipinti ho avuto l’onore di essere fra i relatori di un convegno internazionale dal titolo Leonardo nel Seicento, svoltosi nel novembre 2019 presso Palazzo Braschi di Roma».

Possiamo definirla, in qualche modo, un’influencer artistica?
«Non credo che l’appellativo influencer possa essere idoneo per la mia figura professionale, posso dire di essere una storica dell’arte che crede fermamente nel proprio lavoro e nella “missione” di coadiuvare gli artisti al fine di far comprendere l’importanza della collaborazione con professionisti per la crescita e maturazione del loro estro artistico».

I suoi prossimi impegni e le sue aspettative per i prossimi mesi?
«A novembre terrò un corso universitario in qualità di docente, dedicato alla curatela e le nuove tecnologie applicate all’arte, inoltre il 30 novembre presenterò un catalogo d’arte contemporanea da me curato e diretto ed edito dalla casa editrice La Valle del tempo, per cui ho selezionato oltre 80 artisti, presso il Teatro Rossini sito in Palazzo Santa Chiara a Roma. Sto inoltre pianificando le mostre per il 2025 che posso anticipare saranno tutte catalogate».

Tra un esame e l'altro all'università ha anche partecipato a Miss Italia e avuto una diversa parentesi 'artistica' di tipo musicale, partecipando ad un video con il rapper Akes: sono stati momenti di stacco nella consapevolezza che la sua strada fosse quella che ha intrapreso o in qualche modo avrebbero potuto orientarla su diverse scelte di vita?
«Assolutamente no, ho sempre saputo chi desideravo essere, ma la musica è sempre stata una grande passione e per un periodo ho avuto l’occasione di interfacciarmi con il mondo della moda in modo posso dire “ludico”, con la consapevolezza di voler vivere le occasioni che in quel momento la vita mi donava».

In che modo si è relazionata con i suoi colleghi e colleghe, in particolare quelli per così dire di ‘vecchia generazione’ che magari non sono molto propensi ad aprirsi alle nuove forme di comunicazione a differenza dei suoi coetanei?
«Con i miei colleghi storici dell’arte c’è un rapporto di grande stima e rispetto reciproco, con alcuni di loro ho anche avuto modo di collaborare e interfacciarmi in base ai diversi ambiti di specializzazione professionale».
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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