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Archivio Telegiornaliste anno XX N. 17 (764) del 22 maggio 2024
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TGISTE
Marialuisa Jacobelli, sempre nuove esperienze
di Giuseppe Bosso

Abbiamo il piacere di incontrare nuovamente Marialuisa Jacobelli, volto di Sport Mediaset.

Bentrovata Marialuisa, ci eravamo sentiti la prima volta nel 2018, a distanza di sei anni quanto è cambiata la tua vita?
«In meglio. Allora lavoravo a Telelombardia, un’esperienza alla quale sono grata e riconoscente, e in questi anni ho fatto sempre più nuove esperienze».

Ti avevo chiesto, se ricordi, se l’arrivo in quel momento di Cristiano Ronaldo alla Juventus avrebbe contribuito alla rinascita del calcio italiano: l’esperienza del campione portoghese non si può dire deludente ma sicuramente al di sotto delle iniziali aspettative, non solo per quanto riguarda la squadra bianconera; tra un Europeo vinto, un altro mondiale mancato nel 2022 e risultati altalenanti nelle coppe, quali sono le tue sensazioni di oggi sul futuro del calcio italiano?
«Nei suoi tre anni in bianconero sicuramente la presenza di Cristiano Ronaldo ha accresciuto l’interesse nei confronti della serie A; adesso, con l’avvento della Saudi League e delle ingenti risorse finanziarie che i sauditi continuano a investire è chiaramente difficile tenere il passo con altri tornei come la Premier League; ma il calcio italiano avrà sempre il suo fascino».

Innegabilmente sei tra le telegiornaliste più seguite e apprezzate dal punto di vista estetico: questo ti penalizza o ti ha dato maggiori possibilità?
«Diciamo che all’inizio si pensa che la bellezza aiuti, ma se non dimostri anche talento professionale resterai solo una delle tante belle ragazze in giro per il mondo. È un falso mito quello che ‘se sei bella tutte le porte ti saranno aperte’».

In ottica futura ti vedi sempre e solo giornalista sportiva o potresti abbracciare altri settori dell’informazione?
«Sono nata con il calcio, anche attraverso l’esperienza di mio padre. Mi piace seguire un torneo come la Champions League; certo non mi vedo ancora a 90 anni a fare quello che faccio oggi (ride, ndr), se ci saranno nuove possibilità le valuterò».

Quanto ha cambiato la tua vita l’impatto con la popolarità che anche tramite i social hai progressivamente conosciuto?
«Sicuramente è una cosa che fa piacere essere seguiti da così tante persone».

Un anno fa hai deciso di raccontare la drammatica vicenda che avevi vissuto nel libro edito da Rizzoli Ora sono io: purtroppo storie come quella che hai vissuto sono all’ordine del giorno, non di rado con tragiche conseguenze; pensi di aver dato un messaggio che è stato recepito?
«Assolutamente sì, quando ho deciso di raccontare la mia storia speravo di poter dare supporto a tutte quelle donne che subiscono violenze fisiche e psicologiche, nella consapevolezza che non è mai facile decidere di esporti così, raccontare la sofferenza che hai vissuto. Chiedere aiuto, parlare con chi ti è davvero vicino, è il primo passo da compiere».
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TUTTO TV
Silvia Troiani, la moda oltre
di Giuseppe Bosso

Incontriamo Silvia Troiani, volto di Cusano Tv.

Benvenuta su Telegiornaliste, Silvia: anzitutto parliamo del programma che conduce nel week end su Cusano Tv, Moda ON: com’è nato e come si è finora sviluppato?
«Grazie dell'invito, piacere mio. Il programma Moda On è un format di cui sono anche autrice ed è nato da un progetto condiviso con la Direzione di rete Cusano Media Group, al fine di parlare di moda, società e costume, in connubio con interviste e servizi ad hoc».

Si potrebbe pensare a intrattenimento e toni leggeri dalla tematica, ma in realtà, volendo, ci sono anche risvolti per così dire, ‘sociali’, vero?
«Lo scopo del mio format è proprio intrattenere e parlare di moda, andando oltre: stile e costume italiano anche in senso culturale, esattamente, poiché come incipit e messaggio finale cito sempre che la leggerezza non è superficialità, riprendendo un'espressione calviniana».

Quali sono gli ospiti o gli argomenti trattati che l’hanno maggiormente coinvolta in questi mesi?
«Ho avuto il piacere e l'onore di curare il programma interamente, sin dalla scelta e invito personale a tutti gli ospiti in presenza o collegati. Tra i vari intervistati, nel corso di questo anno, cito in particolare Claudia Gerini, Enrico Vanzina, Veronica Berti Bocelli, Eleonora Pedron, stilisti, hair stylist, Mua, autori come Federico Palmaroli Osho; giornalisti autorevoli come Tommaso Labate, Adriana Pannitteri, Silvia Squizzato e Francesco Gasparri della Rai, il Direttore ANSA Luigi Contu, Silvia Grassi, Dir. Editoriale di Libreriamo, vari cantanti, modelle/i, psicologi e tanti altri prestigiosi ospiti e amici dello spettacolo e della moda, che ringrazio ancora, pur non potendo citarli tutti».

Come si concilia la professione forense con un impegno televisivo?
«Sono avvocato abilitato a Roma, ma non esercito la libera professione. Lavoro dall'età di 22 anni; post lauream, poi, 4 anni in Francia, a Parigi, nel Marketing e Revenue Management del trasporto aereo, fino al lavoro attuale, presso la International Chamber of Commerce a Roma e, naturalmente, a Cusano Media Group. Sono anche e soprattutto mamma di Flaminia e Olimpia: conciliare tutto comporta certamente organizzazione, essendo sola, attenzione e flessibilità».

La sua esperienza è anche un modo per dire come nel corso degli anni la figura dell’avvocato si è evoluta anche tramite i media nelle loro varie espressioni?
«Ritengo che la volontà e la sana ambizione diano uno slancio particolare e che la formazione giuridica aiuti sempre, come base, in ogni attività ed espressione. La mia tesi di laurea in Diritto Penale verteva anche sulla responsabilità per intervista: da sempre, quindi una grande passione per me».

I suoi prossimi impegni?
«Lavorare ad ulteriori progetti, anche nel sociale, su alcune tematiche che mi stanno particolarmente a cuore. Non mi fermo mai!».
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DONNE
Barbara Paladini, avvincente normalità
di Silvestra Sorbera

Edito da CN, ha avuto molto successo il romanzo Una storia, della scrittrice bolognese Barbara Paladini. Ne parliamo con l’autrice.

Barbara ci racconti del tuo romanzo?
«La protagonista di Una storia è Isabelle, un brillante avvocato di 35 anni, socia di uno studio legale che lei stessa ha fondato insieme al marito. La sua vita sembrerebbe un successo sotto ogni punto di vista: ha una brillante carriera, vive in un elegante appartamento che affaccia sui colli bolognesi, ha un marito affascinante che tutte le conoscenti le invidiano, un'amica sincera. Ma lei non è felice, perché i ritmi frenetici della sua esistenza, solo apparentemente perfetta, non le lasciano spazi per sé stessa, per i sogni e gli ideali che l'avevano sostenuta agli inizi della carriera, per momenti romantici e pieni di passione, che fino a pochi anni prima condivideva col marito Marco. Di fronte all'incapacità di quest'ultimo di comprendere la sua insoddisfazione, parte, senza avvisarlo, per il Salento, luogo del cuore in cui trascorreva le estati da bambina. Qui ricapitola tutta la sua vita, riportando il lettore nella vivace Bologna universitaria degli anni '90. La storia di Isabelle diventa così un escamotage per raccontare moltissime altre storie, di tanti personaggi le cui vicende si intrecciano nel passato e nel presente con la vita della protagonista. Il romanzo si svolge infatti su due piani temporali: il 2017 e gli anni '90. Ciò che mi interessava era raccontare i sentimenti, i dubbi, le passioni che ci portano ad essere ciò che siamo e, a volte, a cambiare, per non perdere noi stessi».

Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
«Pochissimo, solo due mesi. La cosa ha stupito me per prima: scrivo da sempre, per lo più poesie o pagine sparse, in cui ho sempre abbandonato le emozioni legate a momenti importanti della mia vita. Provare a scrivere un romanzo è stata una sfida con me stessa: volevo scoprire se ero in grado di articolare in una trama avvincente e ben strutturata un'idea che da un po' mi frullava in testa; è risultato più facile di quanto mi fossi immaginata, perché una volta avviata la storia e abbozzati i personaggi, loro stessi hanno preso vita, hanno cominciato a guidarmi, come se non fossi più io a scrivere di loro, ma loro a suggerirmi le battute dei dialoghi, a vivere autonomamente, a volte ad opporsi alle mie stesse idee! È stato un percorso che mi ha sorpreso e affascinato».

Cosa ti ha portato a parlare di questa tematica?
«Sentivo il bisogno di parlare di persone comuni, come me, con una vita ordinaria, ma solo apparentemente banale, in realtà interessante, coinvolgente, emozionante. La sfida era partire dalla normalità, intessere una trama priva di grandi colpi di scena, ma scrivere un romanzo comunque avvincente. Ho capito di aver centrato, almeno in parte, il bersaglio, quando lettori di età molto diverse mi hanno detto o scritto di aver terminato il libro in pochi giorni e di essersi rispecchiati in alcune vicende che ho narrato e, per questo, aver letto con piacere Una storia. Il mio romanzo infatti parla essenzialmente di rapporti umani, della meraviglia e della difficoltà insita nei legami d'amore e d'amicizia, a ogni età, e soprattutto in una società come quella in cui viviamo, che ci impone ritmi frenetici e ci lascia poco spazio per noi stessi, per ascoltare ciò che vogliamo e che ci rende davvero felici».

Cosa provi quando ti siedi a scrivere?
«Il momento in cui mi siedo davanti al computer e scrivo 'fisicamente' è solo l'ultima tappa di un processo lungo. Quando mi viene un'idea, prima di metterla 'su carta', me la rigiro in testa, me la racconto come fossi io stessa il lettore; lo faccio nei momenti liberi da pensieri, ad esempio quando passeggio la mattina col cane, o di sera, quando tutti dormono e mi ritrovo a letto, immersa nel silenzio. Covo l'idea nella mia mente, finché non acquista una forma che mi aggrada. Solo allora mi siedo e scrivo. In un secondo momento arriva il lavoro di labor limae sulla scelta dei vocaboli, lo stile, la lingua: un bel libro per me deve essere prima di tutto scritto bene, al di là che la trama sia più o meno interessante».

Altri progetti?
«Ho terminato da alcune settimane un nuovo romanzo. Le vicende narrate hanno come sfondo Bazzano e Bologna, prendono le mosse dal periodo tra la fine del 1944 e l'estate del 1945 (mesi in cui Bologna fu soggetta a continui e devastanti bombardamenti che rasero al suolo intere aree dell'abitato urbano), ma accompagnano il lettore fino al 1984. Una foto persa tra le macerie e ritrovata in un cassetto trent'anni dopo fa da trait d'union tra passato e presente. La protagonista, Anna, si trova a vivere la sua adolescenza negli anni bui della seconda guerra mondiale. Figlia di contadini, intelligente e intraprendente, riesce a convincere i genitori (grazie all'aiuto economico di una zia), a farle proseguire gli studi dopo la licenza media, per riscattarsi dalla vita di miseria e stenti che hanno vissuto tutte le donne della sua famiglia. Frequenta il Liceo classico Galvani, la scuola che io stessa ho realmente frequentato e che fu effettivamente durante il periodo fascista uno dei licei con la più alta percentuale di presenza femminile nelle aule; l'estrazione sociale delle allieve era modesta, perché il raggiungimento di un diploma era davvero uno delle poche vie attraverso cui ottenere un riscatto sociale e migliori condizioni di vita. Questo secondo romanzo ha richiesto uno studio approfondito delle fonti storiche sulla seconda guerra mondiale a Bologna; mi sono avvalsa soprattutto di memorie di gente comune, di testi che raccolgono foto, documenti e pagine di quotidiani dell'epoca e anche di una vasta gamma di aneddoti che mi sono stati raccontati in passato dai miei nonni. La stesura ha perciò richiesto un intero anno. Al centro del romanzo sono però sempre le relazioni interpersonali, gli affetti, i sentimenti dei personaggi, perché questo è ciò che mi affascina e mi interessa quando leggo e quando scrivo».
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