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Telegiornaliste anno XIX N. 20 (736) del 13 settembre 2023
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Ricordando
Daniela Mazzacane
di Giuseppe Bosso
L’ultimo giorno dello scorso mese di luglio è venuta a mancare
dopo una lunga malattia; i colleghi di
Telenorba
e tutti quanti l’avevano conosciuta e amata si sono idealmente stretti
attorno al marito Francesco e alle figlie Donatella e
Francesca.
Laureata in giurisprudenza, Daniela
Mazzacane aveva coltivato fin da giovane due grandi passioni:
il cinema e il giornalismo. E all’inizio degli anni
2000 era entrata a far parte della squadra dello storico network
pugliese, diventando ben presto un volto familiare agli spettatori
e una collega affidabile e stimata per il resto dello staff di
Telenorba. Particolarmente commosso l’omaggio di
Grazia Rongo che ha
dedicato alla collega scomparsa una delle sue vignette della striscia di
Greis.
Avevamo avuto il piacere di intervistare Daniela in due
occasioni: la
prima volta, nel 2007, proprio quando aveva intrapreso il
praticantato e ci aveva parlato anche della sua esperienza da attrice al
fianco di Sergio Rubini nel film drammatico La terra;
poi, nel
giugno del 2019, nuovamente ci aveva concesso un’intervista
nella quale ci aveva parlato di come nel corso degli anni la sua
carriera giornalistica fosse cresciuta; del suo impegno nel sociale
attraverso l’associazione da lei presieduta
Donne di Puglia;
del desiderio di lavorare con Alberto Angela. E di come si
sarebbe vista nel lungo futuro.
“Mi vedo su un’isola Caraibica mentre assaporo una Pina colada,
intenta nello scrivere un libro (romanzo o thriller) che poi diventerà
un film di cui io sarò la regista”.
Cara Daniela, il destino è stato crudele nei tuoi
confronti: speriamo che tu stia davvero sorseggiando quel cocktail,
anche se non su una spiaggia tropicale, mentre stai scrivendo non un
romanzo ma la vita che i tuoi cari, Francesco e le tue ragazze,
affronteranno sempre con te al loro fianco.
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Al
via l'autunno televisivo
di Silvestra Sorbera
Al via la nuova stagione televisiva per Rai e
Mediaset.
Per quanto riguarda il day time della Rai ritroviamo
Il paradiso delle signore per la sua
ottava stagione, ancora una volta Vittorio contro
Tancredi. Il pubblicitario avrà nuove sfide da
affrontare in una Milano che cambia.
Per la prima serata Raiuno proporrà una serie tutta nuova
con Alessio Vassallo e Flavio Insinna dal
titolo La stoccata vincente per la regia di
Nicola Campiotti, che racconta la storia di Paolo
Pizzo, due volte campione del mondo nella
specialità della spada, la prima del 2011 e la
seconda nel 2017, nonché argento alle Olimpiadi di
Rio nel 2016. Paolo non ha affrontato soltanto sfide
sportive, ma anche vere e proprio battaglie: quando
aveva soli 14 anni, infatti, gli è stato
diagnosticato un tumore al cervello, che è riuscito ad
abbattere grazie anche al sostegno e all'affetto di suo
padre, un coach nel corso della sua vita e suo primo
insegnante di scherma.
Mediaset inizia la stagione autunnale con una serie
targata
Taodue dal titolo Maria Corleone: la
giovane protagonista si è trasferita da Palermo a Milano
e sta realizzando il sogno di diventare stilista; ha
un compagno, Luca Spada, giovane procuratore da cui
aspetta un figlio; rientrata in Sicilia in occasione della
grande festa per l'anniversario di matrimonio dei suoi
rimane coinvolta in un attentato che le cambierà
per sempre la vita.
Maria poco alla volta entrerà nei meccanismi criminali
della mafia, scendendo a patti con la sua coscienza per
difendere la vita e l'onore dei Corleone: ma ciò peserà
drammaticamente nel rapporto con Luca ed il loro bambino.
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Alessia
Cotta Ramusino, a caccia di emozioni
di Giuseppe Bosso
Genovese, in giro per il mondo fin da bambina, una grande
passione chiamata musica, e grande impegno sociale, per l’Unicef
e per le donne. Incontriamo
Alessia Cotta Ramusino.
Lei e la musica: com’è nato questo amore?
«Fin da bambina ascoltavo la musica; mio padre era un grande
amante di Burt Bacharach, ascoltava le sue composizioni di
continuo; e una domenica, quando avevo cinque anni, mentre
ascoltavo uno di questi brani, in vinile, tale era stata la
commozione che mi misi a piangere, stupendo mia madre».
Fin da bambina ha molto viaggiato per il mondo: l’influenza
di altre culture, soprattutto musicali, quanto ha influito nel
suo percorso formativo?
«Tantissimo, sia a livello artistico che personale; aver
viaggiato e vissuto in altri Paesi, relazionarmi con altre
culture e tradizioni mi ha aperto la mente, e anche il cuore; ci
sono due generi di ignoranza secondo me: la prima è quella di
non conoscere certe materie, certe discipline; ma l’altra,
quella del cuore, che è più pericolosa, perché è quella che fa
scaturire la violenza, il non rispetto per gli altri; dico
sempre che tutti facciamo parte dello stesso genere umano,
apparteniamo alla stessa terra, condividiamo lo stesso cielo,
non ci devono essere differenze tra di noi; aver vissuto in
tutto il mondo mi ha reso particolarmente aperta verso gli
altri».
Notevole è anche il suo impegno per la purtroppo sempre attuale
battaglia contro ogni forma di violenza sulle donne, che si è
manifestato in particolare con il progetto
100Donne Vestite Di Rosso: com’è nato e come si è
sviluppato?
«Si tratta di un movimento di sensibilizzazione, l’unico nato da
istanze italiane, e di questo ne sono fiera; tutto parte da un
flashmob, o per meglio dire il flashmob è stato il seguito di
qualcosa che nasce da una ballad: nel 2011 abbiamo assistito a
uno dei più terribili delitti, quello di Melania Rea, che mi
aveva scioccata anzitutto per come questa bellissima donna era
stata uccisa proprio da suo marito, colui che avrebbe dovuto
amarla, la persona di cui avrebbe dovuto fidarsi; dentro di me
scaturì questa ballad intitolata Yallah, parola araba che
è traducibile in sintesi con un monito ad agire, a darsi da
fare; a lungo questa canzone era rimasta in un cassetto finché
il mio discografico che avevo da poco conosciuto mi convinse che
non poteva non essere portata a conoscenza della gente, anche
per il mio percorso universitario che mi ha vista laureata in
sociologia; la ballad ebbe grandissima eco all’estero, in Italia
un po’più in ritardo; nel 2017 appunto diventa il traino per
questo progetto in cui fin da subito non ho voluto essere sola,
e ho cercato di coinvolgere tutte le mie amiche e conoscenti,
all’insegna delle due parole chiave della canzone, respect and
love, rispetto e amore. Da lì il movimento si è diffuso in
Italia e nel resto del mondo proprio per divulgare questa
cultura del rispetto e amore, il rispetto del vivere in comune,
non solo il prossimo ma per il pianeta, per i propri compagni di
vita, per l’ambiente di lavoro… insomma di ogni settore del
vivere in società».
L’uso dei social e delle piattaforme telematiche è diventato
anche per lei come per i suoi colleghi uno strumento
indispensabile per la promozione della sua musica?
«Assolutamente sì. Una volta cantanti e cantautori contavano
solo su una possibilità; oggi social e talent hanno aumentato
queste potenzialità di divulgazione, di cui sono grande
fruitrice; al mondo dei social anzitutto mi sono avvicinata per
ragioni di studio, come le dicevo mi sono laureata in
sociologia; poi quando ho conosciuto questo discografico ho
creato i miei profili, che gestiamo con diverse direttive, dal
momento che ogni social ha un trend e una direzione diversa:
Instagram si basa molto sull’immagine,
Facebook è un potpourri di tante cose, mentre
Linkedin è molto più professionale;
Twitter è estemporaneità. Ma ciascuno consente di
rivelarti per quello che sei, come cantante e anche come
scrittrice, visto che prossimamente, a ottobre, uscirà il mio
primo libro intitolato proprio come il movimento, 100 Donne
Vestite Di Rosso, di cui sono orgogliosa perché consentirà di
farmi conoscere meglio».
Anche in quest’epoca dove le relazioni e le emozioni sono
sempre più messe in secondo piano riesce a trovare ispirazione
per la sua musica? E da cosa?
«Abbiamo assistito pian piano ad un allontanamento dei ragazzi
dalla gestione delle emozioni e delle interazioni; in parte ciò
è dovuto ai social, che consentono di nascondersi dietro un
monitor o uno smartphone; in parte anche sicuramente alla
pandemia che ha allontanato molti ragazzi ancor di più, tanto
che si è parlato anche da noi come in tutto il mondo di quel
fenomeno giapponese della ‘sindrome di hikikomori’, ragazzi che
si chiudono nelle loro stanze e non vogliono avere più
relazioni. Interagire crea emozioni; e io con la mia musica non
voglio gestire emozioni, voglio provarle; mi pongo davanti alle
emozioni, sono una vera cacciatrice di emozioni, non mi metto al
riparto dal loro vento come sta facendo buona parte della
società. Emozioni che mi suscita anche il contatto con la
natura, quando vado a cavallo o faccio il bagno a mare anche in
periodi dove la gente non ci va. La vita reale, vera, è quella
che regala le emozioni; io cerco di sbilanciarmi, di perdere
l’equilibrio proprio per questo».
I suoi prossimi impegni?
«Oltre al libro, che racchiude cento storie della mia vita, che
ho scelto come modelli educativi anche in veste di ambasciatrice
Unicef che mi ha portata spesso a relazionarmi con
bambini e ragazzi, ai quali ho cercato di dare spunti per come
affrontare anche momenti spiacevoli della vita che ho vissuto
sia da bambina che in età adulta; i problemi fanno parte di
tutte le fasi della vita, bisogna affrontarli; l’Unicef mi ha
assegnato tre temi da portare avanti: le donne, le bambine e i
bambini; e l’ambiente. Prossimamente interverrò a Roma a
Cinecittà per ritirare un premio; poi al Festival del cinema di
Venezia in chiusura con un flash mob; e ancora a ottobre
parteciperò a eventi a Genova che per la prima volta sarà
capitale del libro; e il Festival del Cinema di Roma. E poi
ovviamente eventi legati al 25 novembre, che racconterò man mano
sui miei profili social».
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