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Telegiornaliste anno XVIII N. 25 (709) del 12 ottobre 2022
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TGISTE Annalisa
Grandi, oltre la superficie
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Annalisa Grandi, inviata della trasmissione di Rete 4
Fuori dal coro, condotta da
Mario Giordano.
Raccontare l’Italia di oggi tra paure e incertezze per il futuro, con
quale spirito?
«Lo spirito è quello di cercare di mantenere un occhio vigile e critico,
non fermarsi a verità precostituite e provare a capire la realtà
toccandola con mano. Il momento sicuramente è complesso, e non si può
negare che rispetto al passato ci siano elementi di grande incertezza.
Per questo il ruolo di chi ha un punto di osservazione in qualche modo
privilegiato può diventare ancora più importante».
Fuori dal coro, la trasmissione per cui è inviata, può
definirsi un modo di essere del giornalismo come dovrebbe essere?
«Questa trasmissione si pone l’obbiettivo di andare oltre la superficie,
e provare a raccontare le cose anche quando questo comporta andare in
controtendenza, essere scomodi, dare fastidio a qualcuno. Personalmente
penso sia l’unico modo per fare del vero giornalismo, e per rendere un
vero servizio a chi ci guarda».
Qual è stato il servizio o l’intervista che l’hanno maggiormente
segnata?
«Sicuramente le vicende delle case occupate, di proprietari che si
ritrovano a combattere per anni per poter riavere ciò che è loro, hanno
sempre un forte impatto emotivo. Nei loro occhi, nei loro racconti,
percepisci tutto il senso di impotenza e anche l’enorme fiducia che
ripongono in noi che proviamo ad aiutarli. Anche se non dovrebbe essere
una trasmissione televisiva a risolvere questo tipo di problemi. E poi
sicuramente mi ha colpito il viaggio nel mondo delle baby gang, a
cominciare dalla città in cui vivo, Milano. Perché davvero si tratta di
ragazzi giovanissimi, una generazione che segue modelli completamente
sbagliati, che sui social si vanta di furti e pestaggi. É qualcosa che
non può lasciare indifferenti».
In questi anni, tra lockdown, crisi economica, delitti soprattutto
nei confronti di donne e bambini e guerra, si parla di un mondo e di
un’Italia più incattiviti: è quello che ha riscontrato anche lei?
«Penso sia vero che la pandemia e i lockdown abbiano esacerbato gli
animi: sicuramente sono emerse in modo forte alcune problematiche e i
toni di certi confronti si sono alzati. Questo a cominciare dalla
politica, ma per poi finire nella realtà di tutti i giorni: molte città
sono davvero diventate meno sicure. È un po’ come se fosse saltato un
tappo, e il problema è che adesso si fa fatica a riprendere in mano le
briglie di alcune situazioni».
Nonostante queste incertezze, l’informazione può trasmettere un
messaggio di speranza per il domani anche adesso?
«Sicuramente, è anche un nostro dovere. Il peso delle informazioni che
vengono veicolate è enorme, e se si eccede negli allarmismi si rischia
che la tensione esploda. Non possiamo permettercelo. E poi non sarebbe
giusto: è vero che ci sono molte cose che non vanno ma sempre dopo i
momenti di crisi ci sono i momenti di ripresa. Ed è a questo che
dobbiamo puntare».
L’intervista o il servizio che vorrebbe realizzare un giorno.
«Mi piacerebbe poter raccontare quei quartieri che sono fortini
dell’illegalità: mi viene in mente Scampia ad esempio. Ma ce ne sono
altri in altre città. Giornalisticamente credo sia qualcosa di enorme
valore, ma si tratta di luoghi in cui anche per noi è difficile
accedere, oltre che estremamente pericoloso. L’intervista? Vorrei
intervistare George Clooney. Perché da ragazzina ero pazza di lui. In
fondo, oltre che giornalisti, possiamo essere anche fan no?». |
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TUTTO TV Aldo
Torchiaro, la fabbrica delle opinioni
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di ritrovare dopo molti anni
Aldo
Torchiaro, che ci parla del suo presente, targato
Riformista Tv.
Ben trovato Aldo, dopo tanti anni:
quando ci sentimmo per la prima volta eri nel pieno
della conduzione di Omnibus su La 7; da allora com’è
cambiata la tua vita?
«Da allora la mia vita ha seguito le contorsioni che
conoscono i giornalisti alle prese con la rivoluzione
digitale. Dalle telecamere pesanti e i banconi di montaggio
siamo passati alle telecamerine remotate in 4k e alle app di
cui tutti dobbiamo essere pratici. Tecnologia micro per
segmenti di pubblico sempre più specializzati. Da La7 al
Riformista Tv è lo stesso percorso: dall'informazione
generalista a quella verticale, su piattaforma on demand,
focalizzata su politica e giustizia. Tema chiave,
quest'ultimo, che tiene incatenato il Paese».
Fare informazione in quest’epoca difficile, tra
coronavirus che pur se mitigato non è ancora uscito dalle
nostre vite, incertezze per il futuro politico ed economico
del nostro Paese e una tragedia in corso in Ucraina: con
quale spirito affronti ogni giorno in questo contesto?
«Nel mondo globalizzato è più facile spostarsi ma più
difficile fare la differenza. Ho vissuto in Francia e in
Cile, ho raccontato con reportage e documentari la Tunisia,
la Russia e l'Ucraina, dove sono stato anche di recente. E
ogni volta quel dovere di raccontare il presente si infrange
contro lo sperone dell'immediatezza. Corriamo sempre: si
deve dare conto dell'evoluzione dell'ultim'ora, ed è un
peccato. Andrebbe recuperata la qualità che può dare solo la
visione d'insieme in campo lungo».
Il tuo presente, come dicevi, si chiama soprattutto
Riformista tv: come nasce questa esperienza?
«Abbiamo costruito un unicum: un quotidiano cartaceo curato,
diretto da Piero Sansonetti, unito a un portale di
informazione digitale aggiornatissimo, diretto da Davide
Nunziante, ed entrambi uniti a una web tv, Il Riformista Tv,
diretto dall'esperienza di Paolo Liguori. Una formula magica
che consente di dare subito ogni notizia, spesso per primi,
di predisporne un commento analitico e accurato su carta e
di costruirci intorno dirette Tv e piccoli talk. Con
elasticità, interoperabilità e tanta passione dei colleghi e
delle colleghe che ci lavorano».
Ecco, le colleghe. Ci parli delle telegiornaliste del
Riformista Tv?
«Sono la nostra forza. Il lavoro di redazione si deve a
Federica Pozzi, un talento che conduce, scrive, monta,
prepara i tagli per le interviste. Le donne sono
multitasking. La vice direttrice Angela Azzaro, opinionista
sempre più richiesta nei grandi talk show, conduce la
trasmissione Fluid e la sera legge in anteprima il giornale
che sta andando in stampa. E dà risalto alle inchieste di
Tiziana Maiolo, della nostra Claudia Fusani o della
bravissima Valentina Stella. C'è Hoara Borselli che con i
suoi graffi lascia sempre il segno. C'è Chiara Marconi che
ha inventato un Osservatorio Sanità unico nel panorama tv.
C'è Angela Nocioni con la sua competenza su esteri e
geopolitica. E Valentina Ascione che da dietro le quinte è
il direttore d'orchestra che rende possibile ogni giorno il
miracolo quotidiano arancione del Riformista: scoop,
rivelazioni, documenti, confessioni che in questi quattro
anni hanno fatto parlare più di tanti altri il mondo
dell'informazione».
Cosa ti aspetti nel breve e nel lungo termine?
«Siamo diventati una media factory senza uguali, in Italia.
Produciamo cinque format al giorno, con autori unici tra i
quali Paolo Guzzanti e
Tony Capuozzo e un bravissimo direttore di
produzione, Giulio Pinco Caracciolo. Siamo gli unici ad
avere uno studio attrezzatissimo, tutto in 4K,
nell'epicentro del potere politico: a 100 metri dalla
Camera, 100 metri dal Senato, 50 metri dalla sede dell'Anci.
Da noi i parlamentari passano per un caffè e si ritrovano a
fare interviste in diretta quasi senza averlo programmato.
Siamo diventati la fabbrica delle opinioni e non di rado
delle notizie, mi aspetto di realizzare ancora meglio il mio
e nostro lavoro, magari in syndication distributiva su altri
canali web e del digitale terrestre. Accordi che stiamo
concludendo proprio in questi giorni».
Quali sono i riscontri che hai avuto dal pubblico della
tua emittente, non necessariamente formato dai lettori del
quotidiano?
«L'edicola è un fronte di guerra, vale per tutti. Noi siamo
radicati in alcuni capoluoghi e il Riformista ha saputo
conquistare una nicchia di lettori fidelizzata con tante
migliaia di abbonamenti, in crescita. Ma come dicevi tu,
sono pubblici diversi. Quelli della televisione sono cluster
eterogenei: studenti della fascia 21-25 anni, gli avvocati,
gli addetti ai lavori della politica ma anche tanti
insegnanti, imprenditori e commercianti. Lo vediamo dai
commenti che arrivano e dall'interazione social. Abbiamo
cinquantamila visualizzazioni uniche per i miei contenuti in
media. I video editoriali di Sansonetti e Liguori superano
sempre le 100 mila visualizzazioni. In alcuni casi facciamo
mezzo milione. Il mio scoop su Report con i video inediti di
Ranucci a tavola ha superato i due milioni. Numeri grandi se
paragonati al lavoro sartoriale, da piccolo laboratorio
dell'informazione».
“Essere in tempo reale” e “sul pezzo” sono le sfide da
vincere per te?
«Nel tridente carta-digital-tv riusciamo a svolgere bene
questo compito. La Tv ci consente di dare la notizia spesso
in diretta, assumendola dai lanci di agenzia internazionali
che riceviamo sui computer accesi mentre parliamo.
Improvvisare è tutto, quando si è davanti allo schermo. E
per improvvisare bisogna però aver studiato: sapere prima
come si pronunciano i nomi stranieri, chi sono i profili dei
protagonisti che all'improvviso possono saettare in studio
con un take di agenzia. Se la Tv è a tempo zero, sul
digitale ci vai dopo due verifiche, in dieci minuti. E sul
cartaceo l'indomani. Approfondire, controllare, confrontare,
riflettere per dare ai lettori un buon settimanale che esce
tutti i giorni».
Ci puoi anticipare qualche novità in arrivo per i vostri
spettatori?
«Un palinsesto forte, con mille collegamenti. Una
interazione social costante, una distribuzione delle
produzioni ramificata negli accordi con il digitale
terrestre. La stagione che si apre è di grandi novità per la
politica, le istituzioni e la giustizia. La racconteremo
senza sconti e senza pregiudizi. Mi piacerebbe farlo con
sempre più donne da entrambe le parti del microfono. Avere
più telegiornaliste donne, lo dimostrano gli studi di
neuroscienze, significa più empatia, più cura, maggior
attenzione al dettaglio nel lavoro rispetto agli uomini.
Vediamo se potremo dire lo stesso a proposito delle
giornaliste al governo del Paese: con Giorgia Meloni,
iscritta anche lei all'Albo dei giornalisti di Roma, ho
condiviso gli anni del liceo, eravamo i due rappresentanti
di istituto. E ci sono tante domande che le voglio ancora
fare». |
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DONNE Mahsa
e Hadith, oltre una ciocca
di Giuseppe Bosso
Mahsa Amini e Hadith Najafi. Due donne,
due tragedie, un grido che non deve restare
soffocato.
Morire così giovani, giovanissime, per non aver voluto
piegare la testa in una realtà ancora problematica per il
mondo femminile come l’Iran, è inaccettabile e
non può passare sotto silenzio.
Le proteste e le manifestazioni si sono
immediatamente sviluppate in tutto il mondo, anche con
iniziative come quella, ancora in corso, di emulare Hadith.
Ma bisogna andare oltre il puro e semplice taglio di una
ciocca di capelli, oltre un no all’indossare un velo.
La battaglia che le donne di tutto il mondo devono
combattere unite è ancora lunga, e andrà continuata giorno per
giorno, e non riguarda solo l’Iran; riguarda tutte le donne che
in ogni angolo del mondo, nelle forme più diverse, siano quelle
violente in forma estrema che quelle più subdole ed
insidiose (sul posto di lavoro o dentro le mura
domestiche) non vogliono più sottostare a queste
prevaricazioni. |
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