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Archivio Telegiornaliste anno XVII N. 5 (655) del 10 febbraio 2021
 
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TGISTE Teresa D'Angelo, chiacchierando con amore di Giuseppe Bosso

Con piacere incontriamo nuovamente Teresa D'Angelo, da poco iscritta all'albo pubblicisti della regione Campania.

Bentrovata, Teresa, a distanza di quasi un anno dalla nostra prima chiacchierata: l’iscrizione all’ordine per te rappresenta la scelta di orientare il tuo percorso verso il mondo dell’informazione dopo quello artistico?
«Ben ritrovati a voi, felicissima di fare un'altra bellissima chiacchierata sotto forma di intervista. In questi mesi è vero dopo l'iscrizione all'ordine dei giornalisti, il mio orientamento si è affermato tantissimo verso il giornalismo che sento pura parte di me, perché amo ascoltare intervistare e raccontare le storie delle persone o di personaggi più famosi».

L’esperienza di Chiacchierando con..., il format che hai sviluppato su instagram, prosegue con crescente successo grazie alla partecipazione di artisti e personaggi con cui interagisci: in prospettiva futura pensi di introdurre modifiche o miglioramenti?
«Sì, assolutamente, prosegue in modo molto sciolto, sono felice di aver creato questo format che mi sta dando tante soddisfazioni. Spero tanto che oltre il successo sul web, possa sposare il mio progetto una radio oppure una TV».

So che scegliere non è mai facile, ma se ti dovessi chiedere un personaggio maschile e uno femminile che ti hanno maggiormente coinvolta nella loro intervista chi indicheresti?
«Beh la scelta è abbastanza difficile, ho intervistato tante persone che non mi aspettavo fossero così cordiali solari ed espansive. Se dovessi scegliere un personaggio maschile dove mi sono veramente divertita ed ho apprezzato molti racconti del suo vissuto, mi è piaciuto intervista George Leonard del vecchio Grande Fratello. Invece come personaggio femminile, una donna estremamente dolce che di batte per altre donne, la splendida Eva Henger».

Oltre al format quali sono i tuoi prossimi progetti professionali?
«Per ora mi sto concentrando sul giornalismo e sul mio format, ma di sogni il cassetto è pieno: mi piacerebbe partecipare a programmi TV, condurre una rubrica, oppure fare un reality show, dove possono conoscere in pieno il mio carattere».

Quando ci siamo sentiti la prima volta eravamo all’inizio del lockdown: è passato un anno, e anche se non con le restrizioni di quel periodo dobbiamo ancora fare i conti con molte limitazioni della nostra vita sociale: cosa ti manca di più e cosa farai quando torneremo alla normalità?
«Sì è vero, è passato un anno. La mia speranza è ritornare a condurre i miei amati eventi e party, perché erano fonte di libertà gioia e divertimento. Il lavoro che amo, associato allo stare tra le persone che mi mettono allegria».

Ci sono protagoniste dell’informazione o dello spettacolo che consideri un modello da cui trarre ispirazione o che hai cercato di seguire nel tuo percorso?
«Sinceramente no, perché ho inventato il mio format Chiacchierando con... da sola, però guardavo molti programmi talk ed il mio mito è Mara Venier, conduttrice di vero calibro che prende tutto col sorriso».

Una giovane donna del sud Italia guarda alla parola futuro con più timore o più speranza?
«Guardo al futuro con tanta speranza, perché come dice il detto la speranza è l'ultima a morire, ed io ho ancora tanto cammino da fare».
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TUTTO TV Metis Di Meo, il mio capitale umano di Giuseppe Bosso

Incontriamo Metis Di Meo, volto televisivo che a dispetto della giovane età ha una variegata e ampia esperienza, che ha spaziato dalla recitazione alla conduzione, ultimamente della trasmissione di Raidue Il Nostro Capitale Umano - Viaggio nell'Italia che trova lavoro.

Tra le storie che ha avuto modo di raccontare a Il Nostro Capitale Umano quali sono quelle che l’hanno colpita maggiormente?
«Molte storie mi hanno rapito il cuore, mi hanno colpita per tenacia e determinazione. Un tema al quale tengo sono le donne che hanno combattuto per affermare la propria autonomia e professionalità, nel gap professionale fra compensi e mansioni. I giovani che, con l’alternanza scuola lavoro, hanno messo da parte il divertimento per provare con mano e capire subito di che pasta sono fatti e qual è la loro strada nel mondo del lavoro. I professionisti che si sono rimessi in gioco, dopo i 50 anni, fra corsi di formazione e agenzie per il lavoro per cambiare mansione e essere occupabili nei cambiamenti del mondo di oggi. Alcuni personaggi sono stati per noi dei lavoratori esempio e simbolo. Come Andrea che, grazie alle agenzie per il lavoro, sta trascorrendo la sua pena detentiva lavorando, cambiando totalmente la sua vita in un percorso di riscatto sociale e umano grazie a questo impegno. Angela, badante moldava che ha dovuto affrontare il viaggio, la malattia e le difficoltà di una straniera che ha combattuto per non massimizzare i profitti con le scelte facili del lavoro nero, dando il buon esempio. Antonio, non vedente, con un corso di tifloinformatica ha trovato lavoro come centralinista, lì dove nessuno si accorge della sua diversità. Jessica, con la terza media, ma tanta voglia di imparare e riscattarsi socialmente, ha studiato in un corso gratuito di auto imprenditoria, ha vinto un bando ed aperto il suo caseificio a 29 anni. Alessia, ha combattuto per non soccombere ad un sistema che la obbligava a fare la casalinga, sentendosi dire che le donne non dovevano lavorare, non potevano poi crescere i figli e senza raccomandazioni non poteva fare carriere. Ha abbattuto ogni pregiudizio ed ogni forma di violenza economica che ha subito dagli uomini intorno a sé».

Nasce soprattutto come attrice e poi nel corso del tempo si è alternata tra varie trasmissioni sia come inviata che come conduttrice: guardando indietro alle diverse esperienze in cui si è cimentata quale ha sentito maggiormente e quale, ripensandoci, non ripeterebbe?
«Ho iniziato da bambina a lavorare come attrice fra spot e fiction, molto teatro. Proprio quel luogo dove mi rifugiavo e che amavo fu galeotto della mia prima conduzione. Mi ritrovai per sbaglio a presentare lo spettacolo che portavamo in scena in un locale romano. Mi trovai così a mio agio nel chiacchierare, parlare con il pubblico, raccontare il mio punto di vista, gestire tempi e modi. Avevo 16 anni, mi accorsi subito che era il lavoro perfetto per me, che adoravo scrivere e parlare, conoscere e capire, mi permetteva di studiare sempre e viaggiare, di far sì che le persone mi donassero la loro storia, la loro professione, le loro emozioni. Si univa la mia indole creativa e gestionale che nel lavoro attoriale non aveva sfogo. Nel giro di pochi mesi mi ritrovai a condurre tanti eventi, poi le prime collaborazioni per delle televisioni private come conduttrice e autrice. Ho interpretato dei film come Maschi contro Femmine e Femmine contro Maschi, avevo già girato delle fiction per Rai e Mediaset, come Don Matteo e Caterina e le sue figlie, ma sentivo che la mia strada non era quella. Così il mio agente di allora seppe di questo provino, proprio il giorno dello scritto della mia maturità classica. Una storia rocambolesca che finì con l’incontro che feci con Pippo Baudo. Tornai il giorno dell’orale, avevo preso 100/100 e mi avevano presa per Domenica In. Ero entusiasta. L’unico obiettivo che avevo al tempo era carpire il più possibile dai grandi maestri, dalle grandi produzioni e sentivo di trovarmi nel posto giusto. Nel giro di pochi mesi mi trovai ad intervistare personaggi del calibro di Giulio Andreotti e Alberto Tomba, e capii che avevo conquistato la fiducia degli autori. Ho smesso di recitare a 20 anni, quando ho capito che lo stile di vita di chi mette in gioco sentimenti, emozioni e il proprio corpo per la recitazione, in balia dell’attesa di chi ti sceglie, non era per me. Ma specialmente non combaciava con la mia scelta di vita, ovvero fare la conduttrice. L’autrice l’ho spesso fatta per produzioni diverse da quelle dove lavoravo assiduamente, ma ho avuto l’opportunità di ideare, scrivere e condurre dei miei programmi unendo il tutto con mia grande gioia, come in Lezioni di Bon Ton per Rai5 e Il Nostro Capitale Umano per Rai2. Come inviato ho iniziato a lavorare per Unomattina nel 2012 e da allora non ho mai abbandonato la mattinata di Rai1, che mi ha dato l’opportunità di viaggiare e conoscere l’Italia e l’Europa, fra enogastronomia e artigianato, cinema e teatro, istituzioni e premi illustri. Rai1 mi permette di conoscere la nostra società, le eccellenze del territorio, grandi personaggi da premi Nobel a premi Oscar. La mia esperienza nella recitazione, che ha lasciato poi inevitabilmente spazio alla tv, perché le due vite non possono coesistere per chi vive come me a tempo pieno gli impegni televisivi, si è conclusa senza rimorsi. Anzi ho acquisito molte conoscenze tecniche, una cultura di estetica cinematografica, un gusto nella fotografia, una capacità d’improvvisazione e di gestione dei tempi impareggiabile, per la quale sono molto grata. Ho intrapreso esperienze variegate, dal Seven Show che ha messo alla prova le mie doti comiche come conduttrice, a Ballando con le Stelle, dove mi sono cimentata come concorrente imparando a ballare ad esempio. Esperienza di accrescimento professionale che, se anche possono sembrare delle variazioni sul tema, mi hanno dato modo di conoscere, conoscermi e specialmente di imparare velocemente in un sistema televisivo in grande cambiamento dal punto di vista organizzativo, produttivo, artistico e tecnologico in questi ultimi 18 anni nei quali lavoro in tv».

Ci racconta come il covid ha influito nella sua vita, personale e professionale, in particolare riguardo ai cambiamenti che ha dovuto affrontare?
«Inevitabilmente il nostro lavoro non si è fermato, è diventato più complesso, nella gestione e negli spostamenti. Ho deciso di fare una mia quarantena iniziale a marzo, ma da aprile a oggi ho sicuramente lavorato molto intensamente. Per chi, come me, con questo mestiere è sempre in viaggio, avere pochi treni, pochi aerei, pochi bar, nessun ristorante, pochi hotel aperti è difficile. Soffro perché accanto a me ho avuto persone malate, come tanti, alcuni lutti non famigliari. Ma devo dire che la mia vita personale ne ha risentito positivamente, perché ha messo in discussione la frenesia e la gestione del tempo, oltre che la condivisione. La vita culturale soffre duramente, la vita sociale altrettanto, come tutti».

Si sente ancora, per così dire, “in gavetta”?
«Ho realizzato più di 50 programmi tv, fra quelli scritti o condotti, nei quali sono stata concorrente o inviata, quindi il periodo di sacrifici iniziali al fine di imparare un mestiere credo sia finito molti anni fa. Dopo aver cambiato molte produzioni, aver conosciuto e provato vari stili di conduzione, vari tipi di scrittura, conoscere videocamere, microfoni, programmi di montaggio, fotografia, burocrazia etc. in questo campo sai che se le persone ti scelgono per la tua professionalità e conoscenza, ti affiancano persone meno esperte di te, ti lasciano autonomia vuol dire che quel periodo è finito. Purtroppo, in Italia l’età anagrafica incide più dell’esperienza su carta e sul campo, quindi spesso mi ritrovo ancora ad essere la più giovane dei gruppi di lavoro e questo influisce nella percezione che gli altri hanno sul tuo percorso professionale».

Nel domani preferirebbe fare più intrattenimento o informazione?
«Sono per l’infotainment, mi piace informare intrattenendo, mi occupo di divulgazione scientifica, approfondimenti culturali, sociali. Adoro i programmi per i ragazzi, dei quali mi sono occupata a lungo, di didattica, dove il divertimento va a braccetto con l’informazione».

Ha lavorato con tantissimi personaggi, da Pippo Baudo a Terence Hill solo per citarne due: chi le ha trasmesso il ricordo più significativo?
«Ho lavorato con molti maestri come Arbore, Bonolis, Boncompagni, Frizzi, Carlucci, Sgarbi… due citazioni fondamentali. Pippo Baudo è stato sempre un personaggio mitologico, dalla memoria di un elefante, il carisma da buon oratore e ascoltatore, che comprende il valore del tempo e comunica in maniera efficace, insomma un maestro ineguagliabile. Per chi poi è cresciuta, come me, con Bud Spencer e Terence Hill potete immaginare quale stima e devozione si possa avere nei confronti di Mario Girotti, la sua umile dolcezza, la sua professionalità e il suo fascino sono indescrivibili».

Futuro: è una parola che le suscita più timori o speranze?
«Guardo al futuro sempre con entusiasmo e passione, mai con paura. Il coraggio, la voglia di vivere, il desiderio di scoprire sono parti essenziali di me. I timori possono essere legati alla capacità di vivere il cambiamento, che oggi è argomento continuo. Ma sono convinta che se crisi significa opportunità, cambiamento significa rinnovamento, quasi sempre un bene».
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DONNE Alessandra Hropich, Mostri e felicità di Antonia Del Sambro

Giornalista scrittrice e appassionata del sociale, scrive per molte testate e organizza convegni ed eventi. Incontriamo dopo tre anni Alessandra Hropich, Il suo ultimo libro si chiama Mostri! e questa è la sua intervista per la nostra testata.

Benvenuta Alessandra a questa nostra chiacchierata e grazie per avere accettato. Tu sei una giornalista ma soprattutto una scrittrice. E quindi ti chiedo, che rapporto hai con la scrittura, quanto fa parte di te e se è questo che sognavi di fare anche da bambina?
«Con la scrittura ero in lite. Mi era ostile il fatto di dover mettere nero su bianco i miei pensieri, le mie osservazioni perché sono sì un’attenta osservatrice della realtà ma poi, tradurla su carta, non era semplice. Da piccola volevo diventare una ballerina, il mio idolo era Carla Fracci».

I tuoi libri hanno nel titolo parole come felicità e mostri. Suppongo pertanto che tu non abbia un genere unico, ma che scrivi solo le storie che ti va di raccontare. E allora ti chiedo come e da dove nascono le tue trame?
«La felicità e i Mostri sono argomenti apparentemente distanti ma, per me, vicinissimi. Essere felici significa vivere bene la propria vita (cosa che in pochi fanno) mentre, essere Mostri significa vivere la vita altrui per distruggerla. Non ho un genere unico, infatti nei miei articoli sui giornali tratto diversi argomenti. Ma i libri debbono affrontare tematiche che riguardino un’ampia fascia di persone. Le storie che racconto le scelgo tra le più significative, non ho trame particolari ma amo mettere in luce aspetti assolutamente privati delle persone, ai miei lettori piace molto il mio indagare e sapere che poi riporto in ciò che scrivo».

C’è un libro che ti ha influenzata? Il libro della tua vita e che consiglieresti anche agli altri?
«Molti libri mi piacciono. Ma adoro: Uno, nessuno è centomila di Pirandello e Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Amo raccontare le maschere che tutti noi indossiamo, amo capire e tradurre nei miei libri e articoli la doppiezza di molte persone. Il fatto di essere diabolici mi appare un fatto assolutamente normale, non da gialli necessariamente. Ci sono fin troppe persone diaboliche sedute accanto a noi o di cui ci fidiamo. Consiglio di leggere questi due libri».

E oltre al libro del cuore hai anche un luogo del cuore dove di solito ti metti a scrivere o semplicemente a riordinare le idee?
«Il luogo ideale per scrivere sarebbe al mare (senza nessuno). Dentro una chiesa, soprattutto quelle del centro storico con mura spesse ove vi è il silenzio assoluto (quando non vi è la messa ovviamente). Ma il posto in cui attualmente scrivo è la mia scrivania, il mio ufficio che è il mio harem».

Che cosa bolle in pentola nel tuo computer, hai qualche anticipazione sulle novità editoriali che ti riguardano e che vorresti condividere con le nostre lettrici?
«In pentola, a lentissimo fuoco, perché ho pochissimo tempo, bolle un desiderio di scrivere un libro sulla comunicazione, su tutto ciò che ho imparato ma non posso dire di più ora ma, visto che è la mia passione, intendo trasmetterla agli altri. Mi coccolo e mi rallegro del discreto successo del mio quarto libro: Mostri! che ultimamente mi sta dando un mare di cose da scrivere ovunque. A tal proposito, vi lascio il link».
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