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Telegiornaliste anno XVI N. 26 (643) del 14 ottobre 2020
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TGISTE Preziosa
Lombardi, calcio passione in rosa di Giuseppe Bosso
Incontriamo Preziosa Lombardi, volto del programma sportivo Il Calcio
in Rosa.
Giornalista sportiva per caso o per passione?
«Decisamente per passione, trasmessa da mio padre che da anni lavora nel
mondo del calcio».
Si può dire che con Il Calcio in Rosa sia in parte una
risposta ad alcuni, speriamo residui, stereotipi relativi alla figura
della giornalista sportiva?
«Sì, assolutamente. È lo spirito che anima il programma, e devo dire
anzitutto grazie ad Anna Barbuto che mi ha voluta nello staff, se non ci
fosse stata lei non ci sarei io. Nel mio piccolo cerco di ricambiare
questa fiducia; ci mettiamo il logo, il nostro impegno, nonostante
qualche residuo di questi stereotipi che vorrebbero le donne non idonee
a parlare di calcio».
Con le due Anna,
Barbuto e
Biglietti, si sente più complice o in competizione?
«Sembrerà scontato dirlo, ma si è creato un grande feeling tra noi e
anche con Salvatore Sannino, che è stato ospite fisso nel programma.
Anna Barbuto del gruppo è giustamente quella più pignola, perché è molto
difficile portare avanti una trasmissione ed è per questo che cerco di
aiutarla. La forza del programma è che siamo una squadra di amici e
colleghi».
Come ha vissuto, professionalmente e personalmente, il lungo periodo
del lockdown e con quali prospettive vede il futuro, con le incertezze
che l’impennata di nuovi contagi sta portando?
«Mi auguro davvero non ci sia un secondo lockdown che sarebbe disastroso
per l’economia del nostro Paese; la cosa migliore per tutti è avere il
massimo senso di responsabilità, che inizia con un gesto semplice come
mettere la mascherina, ma doveroso in questo momento di incertezza, con
il crescere dei contagi che ci ha un po’ colti alla sprovvista; noi
siamo stati fortunati come giornalisti a poter continuare il nostro
lavoro da casa durante il periodo di chiusura».
Che sensazioni le ha suscitato il caso Juve-Napoli e quale crede
potrà essere il futuro del campionato, dove sono sempre di più i
positivi tra le squadre?
«Sono rimasta esterrefatta da questa situazione, ritengo si potesse
trovare una soluzione condivisa con un minimo di buonsenso. Il Napoli
suo malgrado si era trovato ad affrontare nella precedente partita una
squadra, il Genoa, inconsapevolmente con diciassette giocatori positivi,
quindi un intervento dell’Asl sarebbe stato necessario già in quel
momento; la Juventus ha fatto quello che doveva fare non avendo ricevuto
alcuna imposizione da alcuna autorità, va sicuramente rivista tutta la
tematica relativa al protocollo da osservare, però non è stata comunque
una bella pagina per il calcio italiano».
Andare avanti non rischia di falsare davvero l’esito di questa
stagione?
«Se già alla terza giornata è successo questo, non ho idea di cosa
potrebbe accadere alla trentesima; andando avanti, crescendo il numero
di contagiati che poi entreranno in contatto con altre persone, le cose
rischiano davvero di precipitare, per questo come le dicevo i protocolli
vanno rivisitati, perché la stagione prosegua ed abbia una regolare
conclusione».
Cosa si augura per il futuro?
«Mi auguro che il calcio riesca a tornare davvero quello che ha
rappresentato in passato e può ancora rappresentare, anzitutto per chi
nel calcio vive e lavora. Sia comunque per tutti un futuro migliore dopo
quello che abbiamo vissuto». |
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Emanuela
D’Amico, il mio percorso senza sosta
di Giuseppe Bosso
Gal Gadot nella appassionante saga di Fast & Furious;
Rose Mc Gowan nella serie cult Streghe; Jennifer
Carpenter sorella del carismatico Dexter: solo per
citare alcune delle splendide attrici che il pubblico
italiano ha avuto modo di apprezzare con la sua voce.
Incontriamo la doppiatrice
Emanuela D’Amico.
Come hai vissuto il periodo del lockdown e come hai
affrontato la ripresa del lavoro quando è stato possibile?
«Con sofferenza, anche se fortunatamente non si è ammalato
nessuno dei mie cari. Ho approfittato del blocco per
occuparmi di alcune cose che avevo in sospeso, non sono
proprio stata ferma e non potrebbe essere altrimenti avendo
tre figli».
Tra le attrici che hai doppiato particolare interesse ha
suscitato, innegabilmente, Jennifer Carpenter per il
personaggio di Debra Morgan della serie cult Dexter,
che non a caso hai definito “valvola di sfogo” in un’altra
intervista: con quali altre interpreti ti sei sentita
maggiormente in sintonia?
«Mandy Moore nella serie This is us; un personaggio
con una storia lacerante, un profondo amore per Jack,
interpretato da Milo Ventimiglia, e con la quale ho sentito
davvero di avere molte cose in comune».
E sempre parlando di Debra, un
blogger ha scherzosamente contato una sua espressione
tipica ripetuta nella serie, calcolando che l’ha pronunciata
in pratica quanto hanno segnato Messi e Ronaldo in carriera,
citando anche il tuo doppiaggio: cosa ti ha suscitato?
«Non lo sapevo, ma mi fa sorridere. E a tal proposito voglio
darti un piccolo scoop in anteprima: prossimamente doppierò
nuovamente Jennifer Carpenter in una nuova serie in arrivo
su Mediaset, The Enemy Within».
Molti tuoi colleghi che abbiamo intervistato ci hanno
detto che il vostro mondo è una grande famiglia: concordi?
«Mah, “grande famiglia” non mi piace in verità, è
un’espressione che trovo piuttosto buonista. Ma anzitutto ti
devo premettere che se rifacessi questa domanda oggi ai
colleghi che hai intervistato sono certa che ti darebbero
una risposta diversa: adesso non si lavora più insieme al
leggio, non possiamo nemmeno stare insieme nelle sale
d’attesa e quindi è molto più difficile creare quei legami
che una volta nascevano quasi spontaneamente».
Tra i giovani emergenti del doppiaggio su quale
scommetteresti per il futuro?
«Forse
Federico Boccanera, mio figlio – ride, ndr –
battute a parte posso dirti che in alcuni di questi ragazzi
e ragazze riscontro l’atteggiamento giusto per affrontare
questo lavoro, dove bisogna entrare in punta di piedi e con
umiltà. Dire “hai una bella voce, puoi fare il doppiatore” è
una cosa sbagliata. E io lo posso dire, per il percorso che
ho attraversato, dove ho ricevuto qualche porta in faccia,
ma mi sono servite per forgiare la grinta e il carattere che
metto oggi nei miei personaggi».
Da poco
Alessio Cigliano ha ripreso le sue dirette del giovedì,
parteciperai anche tu?
«Seguo sempre e spero di andarci presto». |
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DONNE Cini Boeri, il design made in Italy di
Giuseppe Bosso
Da te abbiamo capito l'importanza di essere antifascisti
sempre e con te abbiamo imparato l'amore e il rispetto per
il lavoro.
Così i suoi sei nipoti hanno voluto ricordarla ai
funerali, celebrati in Sant'Ambrogio a Milano,
dove aveva sempre vissuto.
Con Cini Boeri, all'anagrafe Maria Cristina
Mariani Dameno, se ne va un altro importante pezzo di
storia italiana del Novecento: in gioventù
staffetta partigiana, poi vera e propria regina del
design e dell'architettura, riconosciuta e
apprezzata non solo nel Belpaese.
A suo modo una vera e propria pioniera, per così
dire, in un settore rigorosamente maschile quando,
dopo la laurea, inizia la sua collaborazione con Marco
Zanuso e Giovanni Ponti, dai quali
progressivamente si distaccherà all'inizio degli anni '60
per rendersi autonoma.
Cini Boeri si è sempre distinta per il suo stile fortemente
distaccato dall'estetica e teso piuttosto a
valorizzare la sostanza e la fruibilità del
progetto, e lo ha dimostrato nelle sue principali opere,
che per quanto riguarda l'architettura hanno riguardato
soprattutto la Sardegna, a cavallo tra gli anni 60 e
70, e per quanto riguarda il design la realizzazione di
arredamenti innovativi come il divano Strips, per il quale
fu insignita del prestigioso Compasso d'oro nel 1979.
Un marito, il celebre neurologo Renato Boeri,
dal quale si è separata nel 1965, tre figli (il
giornalista Sandro, l'economista ed ex presidente
dell'Inps Tito e Stefano, che aveva seguito le
orme materne) e come detto sei nipoti sono stati gli
affetti che hanno accompagnato la sua vita e che adesso
cercheranno di conservare il suo ricordo e il suo
esempio per le nuove generazioni.
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