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Archivio Telegiornaliste anno XV N. 18 (600) del 29 maggio 2019
 
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TGISTE Marta Rigoni: il mio ambiente positivo di Giuseppe Bosso

Incontriamo Marta Eleonora Rigoni, giornalista di Videonews, Mediaset.

Ricorda il suo primo servizio o la prima intervista?
«Il mio primo collegamento in diretta per Pomeriggio 5 fu una grande avventura. Non avevo mai fatto una diretta in vita mia e quando mi hanno detto che sarei dovuta partire da Cologno Monzese in macchina per andare a Courmayeur per un incidente in seggiovia ero davvero molto spaventata. La ricordo come una giornata a dir poco intensa: il viaggio in macchina, l’arrivo sul posto, dover trovare gli ospiti per la diretta, andare in onda per la prima volta. Insomma, un vero frullatore! Ma dal momento in cui si è accesa la telecamera ho capito che era quello che volevo fare nella vita».

L’approdo a un network come Mediaset è stato un traguardo da lei inseguito o avrebbe preferito tentare un’esperienza all’estero?
«Essere in una grande azienda come Mediaset è senza dubbio un traguardo. Anche se, a differenza di molti colleghi, io non ho fatto il tradizionale percorso nelle tv locali e quindi non ho mai visto l’approdo in televisione nazionale come un punto di arrivo. È una soddisfazione essere in un contesto così grande e importante come Videonews e poter fare cose diverse ogni giorno».

Fa parte di un gruppo di giovani giornalisti che si sta man mano affermando: come vive il confronto con la ‘vecchia guardia’ dei giornalisti più esperti dei canali Mediaset?
«All’interno della redazione di Pomeriggio 5 siamo davvero tutti giovanissimi e l’ambiente tra di noi è molto positivo. Ci sosteniamo molto l’un l’altro e sono fiera di poter chiamare alcuni di loro amici oltre che colleghi. Di sicuro poter osservare giornalisti più esperti ogni giorno è fonte di ispirazione. Vedere come gestiscono una diretta o preparano un servizio vale molto più di tante lezioni teoriche. Nel nostro mestiere non si finisce davvero mai di crescere e un contesto così aiuta a migliorarsi sempre».

La sua giornata tipo come si svolge?
«La mia giornata tipo cambia in base alle esigenze del programma. Alcuni giorni resto in redazione e allora, dopo aver partecipato alla riunione, lavoro al pezzo che mi è stato assegnato. Altra cosa quando mi spediscono da qualche parte per un collegamento. Quelle giornate non sono prevedibili: in esterna tutto può succedere!».

Suo malgrado è stata protagonista di una poco piacevole situazione con Fabrizio Corona un anno fa: fa parte anche questo dei ‘rischi del mestiere’?
«Non lo definirei un “rischio”. Io ho fatto il mio mestiere, facendo una domanda legittima, e Corona... beh ha fatto Corona! È un episodio a cui ripenso sempre sorridendo. D’altronde sono una che non si prende troppo sul serio».

Finora inviata, la vedremo in conduzione prima o poi?
«Amo molto il lavoro che faccio e non ho mai visto la conduzione come un punto di arrivo però bisogna saper fare tutto. Quindi se mai dovesse capitare, perché no? Magari un programma, un giorno, sarebbe un vero sogno!».

La notizia che sogna di dare?
«Difficile non cadere nella facile retorica della pace nel mondo. Però occupandomi spesso di casi di cronaca mi accontenterei di dire a una donna che è stata picchiata dal marito che ora il suo aggressore è in galera e non può più farle del male o a una coppia gay che ora viene discriminata che potrà finalmente adottare un bambino. Piccole notizie che però per alcuni rappresenterebbero tutto».
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TUTTO TV Deianira Marzano, emotiva e terribile di Giuseppe Bosso

Blogger di successo, da qualche giorno affianca l’attrice Emanuela Tittocchia nella conduzione di Mezzanotte di fuoco, in onda sull’emittente napoletana Gt Channel. Incontriamo Deianira Marzano, detta La Terribile, che si racconta, così come nella trasmissione che già sta riscuotendo consensi, senza peli sulla lingua.

Come nasce Mezzanotte di fuoco?
«Emanuela ed io, che siamo da sempre care amiche, volevamo “urlare la nostra”, abbiamo proposto questa nostra produzione all’emittente che ci ha dato questa opportunità, senza censure, ovviamente nei limiti di quello che si può trasmettere dopo la mezzanotte».

Finora qual è stata la risposta che hai avuto dal pubblico, anche quello che ti segue sui social?
«La prima puntata, andata in onda da poco, ha avuto buoni riscontri, anche se non è mancata qualche critica che tutto sommato avevamo messo in conto; in fondo la gente vuole che in televisione si dica la verità, ed è quello che ci siamo ripromesse di fare io ed Emanuela; ci hanno detto che abbiamo trattato maluccio alcuni ospiti, ed è probabilmente vero, ma continueremo su questa strada, abbiamo a che fare con personaggi televisivi che devono mostrarsi per come sono, cercando di non essere ‘ovattati’ come tendenzialmente cercano di mostrarsi».

Come ti stai trovando in conduzione con Emanuela Tittocchia?
«Benissimo, sebbene magari all’apparenza vi possiamo sembrare molto diverse nel modo di esporci, lei più pacata io un po’ più “trash”, ma vi assicuro che siamo in simbiosi molto più di quanto appaia. Vedendola in televisione da sempre, è un’attrice bravissima che ha saputo sempre mostrare una versatilità e un’ironia che ammiro tanto».

Cosa significa, per te che lo sei, essere influencer?
«Come dice la stessa parola, “influenzare”, creare empatia con quel pubblico che ti vuole emulare, anche se nel mio caso non tanto dal punto di vista della moda e del look quanto per i concetti che cerco di esprimere sui social».

Deianira mamma e Deianira donna di spettacolo: è una convivenza che funziona?
«La mamma cerca di essere poco personaggio, i figli devono avere una figura autorevole accanto a loro che non può essere quella del personaggio che si vede in tv; al momento ci sto riuscendo, impegnandomi ad essere riservata quanto mi rapporto con loro».

Alla fine della nostra chiacchierata posso dirti che tutto sommato, non mi sei sembrata così “terribile” come ti definisci?
«Grazie – ride, ndr – ma io sono così; mi rendo conto che posso spaventare, parlo per emozioni, non come chi è più razionale».
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DONNE Vittoria Iacovella e i rompiscatole di Tiziana Cazziero

Giornalista e scrittrice, Vittoria Iacovella ci parla della sua ultima fatica letteraria, edito da Risfoglia, I rompiscatole

Ciao Vittoria e grazie per il tuo tempo. I rompiscatole, come nasce questa storia, definita di “eroi”. Chi sono?
«I rompiscatole sono dieci storie di ragazzini, cinque maschi e cinque femmine, che hanno cambiato il mondo: è la storia di chi si è trovato davanti a un limite proprio o sociale e, per superarlo, ha attinto a risorse che neanche sapeva di avere, ha trovato il proprio talento. I rompiscatole hanno rotto schemi, copioni, etichette e pregiudizi e sono andati avanti seguendo una legge morale interna basata su empatia e rispetto degli altri. Non sono super eroi, sono giovani eroi senza mantello perché non sanno che cadranno in piedi, rischiano, hanno paura ma vanno avanti».

Quali difficoltà hai incontrato nella stesura di questo libro?
«Sono storie vere, ho dovuto rintracciarli, intervistarli, molti sono ancora minorenni, è stato necessario avere l’approvazione dei genitori. Alcune storie sono state dure da digerire prima di essere elaborate per essere restituite in modo delicato».

Racconti storie vissute del presente e del passato, pensi che riescano in qualche modo a catturare l’interesse dei giovani su temi importanti come giustizia, salvezza del pianeta, diversità e altruismo? Per citare alcuni esempi di gloria narrare nel testo.
«Da quello che sta emergendo grazie al successo del libro, i ragazzi sono assolutamente interessati a leggere storie vere, di loro coetanei, imperfetti quanto loro, che però siano di ispirazione alla vita e ai loro problemi».

Cosa si deve aspettare il lettore dalla lettura di questo libro?
«Può aspettarsi un momento di respiro, può aspettarsi un’isola mentale felice, un po’ quello che è stato per me scriverlo. Il resto direi di lasciarlo alla sorpresa».

Vittoria Iacovella è una giornalista, presentatrice tv, scrittrice e curatrice di documentari, in quale di questi ruoli ti senti più a tuo agio?
«Sono una cantastorie, un’artigiana che di volta in volta usa uno strumento diverso. Sono una che cerca, osserva, ascolta».

Parlaci un po’ di te, come hai iniziato la tua avventura nel mondo giornalistico?
«A sei anni sognavo di fare la giornalista. La mia maestra mi disse: scegli un altro desiderio o non potrai essere madre. Fra l’altro, chi l’ha detto che una donna debba per forza essere madre? Comunque oggi, dopo tanti sacrifici, io sono entrambe le cose e forse è da lì che deriva la mia allergia a schemi, etichette e scatole. Ho iniziato alla radio nel 2000, mentre studiavo Giurisprudenza all’Università di Bologna. L’11 settembre 2001 ero seduta sui banchi del mio primo corso per documentari e reportage quando avvenne l’attentato alle torri gemelle. Da lì non mi sono più fermata neanche durante le gravidanze avute a 26 e 28 anni. Ai miei figli e ai ragazzi dico: non fatevi dire da nessuno cosa sognare, non permettete a niente di inscatolarvi».

Sei una professionista con grande esperienza e un curriculum importante, vincitrice del premio Alpi esperta del mondo arabo e reporter in giro per il mondo, da sempre attenta all’ambiente e al mondo internazionale, cosa pensi dell’impegno della giovane Greta Thunberg, riuscirà a smuovere l’attenzione dei “Potenti” verso la salvaguardia del nostro pianeta?
«L’attenzione dei potenti non credo ma l’attenzione di chi vota e sceglie quali potenti mettere lì forse sì, o almeno lo spero. Credo molto al consumo responsabile».

Cosa significa oggi essere una giornalista nel ruolo di inviata nel mondo, con tutte le problematiche moderne, di sicurezza soprattutto e come vivi la tua professione in relazione alla vita privata?
«Ci sono momenti in cui giro e momenti in cui sono più stanziale e questo i miei figli lo sanno. Siamo equilibristi, bisogna ponderare tutto. Ora lavoro a Roma, per Che ci faccio qui, programma di Domenico Iannacone in onda su Rai3. Giro per promuovere il libro e portare il messaggio dei Rompiscatole, ogni volta che posso porto tutta la famiglia con me. Il mio compagno Alessandro lavora per la nazionale di pallanuoto, anche lui viaggia molto all’estero: è un modo di vivere, un bisogno vero e proprio quello di girare il mondo che ti porta spesso a cercarti un lavoro che ti consenta di farlo. Il mio unico rimpianto, oggi, è quello di non essere ancora riuscita a tornare in Siria, Paese nel quale ho vissuto uno dei periodi più belli della mia vita, farlo in sicurezza, tuttavia, non è affatto facile e aspetto di andarci per un progetto per il quale valga la pena».
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