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Telegiornaliste anno XIV N. 34 (581) del 12 dicembre 2018
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Maria
Liuzzi, raccontare il bello del Sud
di Giuseppe Bosso
Volto di
Telenorba incontriamo Maria Liuzzi.
In sintesi la tua carriera oltre Telenorba.
«Avevo esperienze televisive già prima di arrivare a Telenorba. Sono
stata la “signorina buonasera” di Videoemme, la conduttrice di un
contenitore mattutino di Delta Tv; ho anche collaborato con Tele Mola,
la tv del mio paese natale. Una delle esperienze che ricordo con grande
emozione è la partecipazione a Love Store, il programma cult di
Telenorba (siamo nel 1998) con Toti e Tata, ideato da Genny Nunziante.
Stare a contatto con degli artisti poliedrici e geniali come loro è
stata una bellissima avventura. Dopo il mio esordio a Telenorba, nel
gennaio 2001, ho coltivato anche un’altra grande passione: presento
eventi live che mi hanno permesso di condividere il palco con grandi
personaggi, non solo a livello nazionale. Prima della tv ho lavorato
come indossatrice, esperienza parallela agli studi universitari».
La tua giornata tipo?
«Credo che per chi faccia il nostro lavoro non esista una giornata tipo…
il mio tempo libero ruota intorno al lavoro: in redazione si lavora su
tre fasce orarie a partire dalle quattro del mattino. La mia vita
personale si sviluppa “intorno” al turno giornaliero ed alle esigenze
lavorative. Faccio un lavoro bellissimo e che amo, in diversi casi senza
orari…».
Ti sta stretta la dimensione locale, sia pure in un network
prestigioso come Telenorba?
«Per nulla, direi che mi piace moltissimo: è bello poter avere un
contatto diretto con i propri spettatori, con feedback immediato. I
complimenti che mi fanno più piacere arrivano dalle donne, per me
valgono doppio, sono onesti e disinteressati. Sono molto legata alla mia
terra, restare in Puglia è stata una scelta. E considero una fortuna
poter divulgare le bellezze del nostro Sud grazie a Telenorba».
Come stai vivendo, da cittadina e da giornalista, l’emergenza
immigrazione che riguarda anche la tua regione?
«Non possiamo dimenticare che l’Italia è una terra di migranti in cerca
di fortuna; circa 30 milioni di persone hanno lasciato il nostro Paese
dall’Unità d’Italia in poi. Per non parlare della tragica ed attuale
fuga di cervelli, che non riusciamo ad arginare. Ma le dimensioni del
fenomeno migratorio attuale sono oggettivamente preoccupanti,
soprattutto perché la gestione di questi poveri disperati ha suscitato
l’interesse di organizzazioni criminali. Si fanno affari sulla pelle
della povera gente, impossibile tenere il conto delle vittime del mare.
Urge una soluzione che vada oltre il dovere dell’accoglienza ed oltre
l’Europa. L’emergenza è planetaria, nessuno Stato può chiudere gli
occhi. Quello che mi spaventa maggiormente è la crescente paura del
diverso, l’aria di sfacciato razzismo che oramai è impossibile negare…».
Hai mai dovuto confrontarti con parole come “pressioni” o “proposte
indecenti”?
«In qualunque lavoro ci si trova di fronte a diverse possibilità, la
strada più facile, per chi la cerca, è sempre a portata di mano. Il mio
percorso si è sempre basato sullo studio, ho lavorato sodo per
raggiungere il mio sogno. E la più grande soddisfazione è quella di
esserci riuscita con le mie forze e con la fiducia di chi ha creduto in
me, in primis il Direttore Magistà. Ed è la strada che mi sento di
consigliare a chi si affaccia al mondo del lavoro, indipendentemente dal
sesso. Accettare anche un solo compromesso significa convivere con una
spada di Damocle: in qualunque momento il sogno può infrangersi per i
capricci di qualcuno. Se invece si viene apertamente ricattati, la
scelta è solo una, denunciare! Mee Too docet, per fortuna i tempi
sono cambiati…».
Segui riguardo l’immagine qualche accorgimento particolare?
«Non è facile rapportarsi con la propria immagine quando si è consci di
entrare quotidianamente in casa altrui… gli accorgimenti che seguo sono
arrivati con il tempo, riguardandomi e scegliendo colori e acconciature
che potessero valorizzarmi. La telecamera è un filtro, bisogna
continuamente farci i conti. Ad esempio ho cambiato il mio modo di
truccarmi, eliminando anche alcuni colori dal mio armadio. Ma non è
quello che facciamo un po’ tutti quando si riceve un invito? Ci si veste
per l’occasione, e noi siamo “invitate” nelle vostre case ogni giorno!».
Sei tra le tgiste maggiormente
seguite dai nostri lettori, cosa pensi del nostro sito?
«Trovo che sia bellissimo avere uno spazio in cui raccontarsi in maniera
informale, facendoci conoscere meglio da chi ci premia con la sua
preferenza quotidiana. Il vostro sito è un’istituzione oramai,
felicissima di farne parte! ».
Tante colleghe a Telenorba, più complici o rivali?
«Non ho mai visto le mie colleghe come rivali, piuttosto come
opportunità di confronto e crescita sul piano lavorativo. Con alcune di
loro è nata una bella amicizia, coltivata anche fuori dalla redazione».
E sempre a proposito delle tue colleghe, abbiamo intervistato mesi fa
Grazia Rongo che è molto popolare anche per il suo
‘alter ego’ Greis: hai mai pensato di fare anche tu qualcosa del
genere?
«Greis è fantastica, piace a tutta la redazione. Custodisco gelosamente
dei disegni che Grazia ha fatto per me, ironici e simpatici. Non potrei
mai fare nulla del genere, il disegno non è il mio forte! Ma ho tanti
manoscritti nel cassetto, chissà…».
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Il
nuovo palinsesto Rai di Silvestra Sorbera
Il nuovo anno è alle porte e con l'arrivo del
2019 ci saranno tante novità in tv.
A partire già da gennaio ecco che la Rai proporrà una
nuova serie tv dal titolo La compagnia del
cigno: interpreti saranno Alessio Boni (che
rivedremo anche nella seconda stagione de La strada di
casa con Lucrezia Lante della Rovere),
Marco Bocci (che è alle prese con il suo primo film
da regista), Anna Valle (la bella Anna di
Questo nostro amore) e Alessandro Roja (che
abbiamo visto nelle due stagione di È arrivata la
felicità vestire i panni di Pietro Mieli, fratello
di Orlando, interpretato da Claudio Santamaria).
Nel cast moltissimi giovani: tra questi Fotinì
Peluso, nota al pubblico per essere stata, insieme a
Vittoria Puccini la protagonista di Romanzo Famigliare.
La serie racconta le avventure di alcuni ragazzi
all'interno di un conservatorio, la fatica, lo
studio e il sogno del successo che spesso deve
confrontarsi con la realtà della vita.
A febbraio la Rai proporrà poi la seconda stagione de
La porta rossa con Lino Guanciale,
Gabriella Pession, Andrea Bosca, Pierpaolo
Spollon e Valeria Romani, mentre i nuovi
episodi del Commissario Montalbano con
Luca Zingaretti, Cesare Bocci e Sonia
Bergamasco andranno in onda in primavera. |
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Ilaria
Tuti, i miei Fiori sopra l’inferno
di Antonia del Sambro
Sensibile, raffinata, di talento e generosa, Ilaria Tuti è una
donna e una scrittrice straordinaria che si merita tutto il
successo che sta vivendo con il suo romanzo. Fiori sopra
l’inferno si è aggiudicato la menzione speciale per
assoluto merito, essendo un lavoro meraviglioso, e anche perché
è un romanzo scritto con passione e capacità narrativa e che
per questo resterà per lungo tempo nel cuore di tanti lettori.
E noi l'abbiamo intervistata per Telegiornaliste.
Ilaria il tuo ultimo romanzo ti ha davvero consacrata e
fatta apprezzare anche da chi, abitualmente, non legge gialli.
Come ti fa sentire tutto questo?
«Grata e piena di entusiasmo. Mi sento circondata da tanto
affetto. Ogni giorno ricevo messaggi dai lettori che mi fanno
capire quanto Fiori sopra l’inferno sia riuscito a
toccare corde emotive profonde. È gratificante, ma rappresenta
anche una responsabilità: d’ora in avanti non potrò dare nulla
di meno».
In Fiori sopra l'inferno c'è poesia, suspense e
delicatezza. C'è un posto del cuore dove solitamente ti metti a
scrivere?
«La mia scrivania è un vecchio tavolo da osteria degli anni
Quaranta, senza più vernice, con le gambe mangiate e il piano
tarlato. Scrivere sul legno, sentire il suo velluto sotto le
dita, il profumo delle fibre asciugate da decenni d’uso sono
esperienze sensoriali che mi riportano a una dimensione più
intima del quotidiano e mi aiutano a liberare le emozioni per
metterle tra le righe».
A parte la protagonista quale è il personaggio del tuo libro
che ti procura più emozioni?
«L’ispettore Marini ha parte del mio cuore, ma le emozioni più
forti e tenere me le ha date l’assassino. Sembra paradossale,
ma l’empatia attraverso cui lo svela il commissario Battaglia
rende difficile chiamarlo “colpevole”. La definizione più
toccante di lui l’ha data una lettrice: è un bambino con il
corpo di un uomo, con il cuore di un dio».
Tu hai un modo di narrare unico, una scrittura tutta tua che
crea immediatamente un forte legame con il lettore. Non temi
che tutto questo possa un po' perdersi nelle traduzioni del tuo
libro in un'altra lingua? Anche se essere letti all'estero è
sempre una soddisfazione.
«Prima di tutto grazie per l’apprezzamento! Non mi sono posta
questo problema, perché sento di essere in ottime mani. I
traduttori sono professionisti, sanno che il lavoro che
svolgono non è solo formale, ma anche emozionale. Devono
sentire la “voce” del romanzo e restituirla il più possibile
intatta al lettore, senza che perda efficacia e suggestioni. Mi
affido a loro. Scrivere un romanzo è un atto intimo, ma
pubblicarlo richiede la collaborazione di tante menti e – si
spera – tanti cuori».
Se dovessi racchiudere tutto il tuo romanzo in un'unica
frase del libro quale sceglieresti e perché?
«Perché io, come loro, vedo oltre i fiori. Vedo l’inferno:
questa riflessione è il cuore della storia. Appartiene a Teresa
Battaglia, commissario di Polizia quasi sessantenne, profiler e
protagonista di Fiori sopra l’inferno. Teresa è una donna che
in passato ha sofferto a causa di un matrimonio violento. Per
essere libera ha pagato un prezzo altissimo, ma è riuscita a
trasformare il dolore più straziante in fuoco d’amore per la
vita, in un’empatia che la lega tanto alle vittime quanto ai
carnefici. La compassione, però, la priva delle difese
psicologiche che tutti noi abbiamo nei confronti del male, di
quel sano egoismo che ci fa vivere senza troppi turbamenti,
anche quando attorno a noi altri soffrono. È uno schermo che la
natura ci ha donato per sopravvivere, per non farci restare
invischiati nella palude di una continua afflizione. Sotto i
nostri piedi c’è l’inferno, ma noi ammiriamo i fiori che vi
crescono sopra: è la nostra salvezza quotidiana. Teresa,
invece, si è spogliata di questo filtro per riuscire a calarsi
nelle profondità di una psiche turbata, quella dell’assassino a
cui deve dare la caccia. Per trovarlo, deve capirlo. E per
capirlo deve sentire dentro di sé il dolore che l’ha
trasformato in una belva».
Fiori sopra l'inferno si è aggiudicato la menzione
speciale del premio Scerbanenco: qual è la prima persona che ti
viene in mente di ringraziare?
«Fabrizio Cocco, il mio editor. Fabrizio ha scoperto Teresa
Battaglia, l’ha amata e seguita fino a farla arrivare ai
lettori. E ha seguito anche me, dal punto di vista
professionale e umano, in questa avventura entusiasmante, ma
anche faticosa. Sono molto fortunata ad averlo al mio fianco,
come sono fortunata a far parte della squadra Longanesi. I
premi gratificano e sono riconoscimenti importanti, per
l’autore e per l’Editore, ma noi abbiamo già vinto una grande
scommessa, tutti insieme».
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