Telegiornaliste anno XX N. 31 (778) del 27 novembre 2024
Letizia
Vicidomini, il ritorno di Andrea Martino
di
Giuseppe Bosso
Un rapporto ormai consolidato e di reciproco affetto e stima che
si rinnova anche stavolta in occasione della sua ultima fatica
letteraria; un nuovo caso, o meglio nuovi casi per il
commissario in pensione Andrea Martino, nato alla sagace penna
della cara Letizia Vicidomini che anche stavolta è ben felice di
raccontarci le sue impressioni di
Non si uccide il passato, edito da Mursia.
Bentrovata Letizia, ancora una volta:
due anni dopo il successo di Dammi la vita torna in
azione Andrea Martino, stavolta però hai voluto che il nostro
commissario in pensione ma sempre in servizio si occupasse di un
caso che lo tocca molto da vicino: in cosa hai cercato di
diversificare questa avventura rispetto alle precedenti?
«Caro Giuseppe, lascia innanzitutto che ti ringrazi per la cura
e l’affetto che mi regali, ormai da molti anni. Conosci bene il
mio commissario, sai anche che è lui a dettare tempi e modi
della narrazione. Può sembrare incredibile, ma davvero è come se
mi parlasse all’orecchio, mentre io mi limito a scrivere ciò che
racconta, e stavolta voleva che un pezzo della sua vita fosse
esplorato a fondo. In ognuna delle storie Andrea Martino si è
occupato in maniera differente dei casi trattati, ma erano
sempre vicende vissute da terzi, mentre questa volta è toccato
in prima persona e non può esimersi dal ricercare la verità,
anche se si trova nel passato. Oggi cerca risposte importanti,
necessarie all’equilibrio di un uomo che si incammina verso la
vecchiaia e si interroga sul senso della vita».
Se dovessi definire per te in termini ‘familistici’ Andrea
Martino, sarebbe più un compagno, un parente stretto o un
parente acquisito che però nel tempo è diventata una figura di
riferimento?
«Sono molto legata ad Andrea, rappresenta per me il prototipo di
“essere umano” che auguro di incontrare sul cammino a ognuno di
noi. Uomo onesto, limpido e colto, capace di provare empatia e
mettere in pratica il principio della misericordia. Per me, nel
tempo, è diventato uno zio saggio e affettuoso, pronto a correre
in mio soccorso al momento giusto».
Non si uccide il passato: anche stavolta hai usato un
titolo a effetto come nei tuoi precedenti libri; cosa
rappresenta per te questa frase?
«Il passato per me è fondamentale, l’ho raccontato spesso e
volentieri, perché sono fermamente convinta che non possa
esserci futuro equilibrato senza la consapevolezza delle radici.
Solo sapendo da dove veniamo possiamo orientare la nostra
strada, per questo credo che sia importante insegnare ai nostri
figli e nipoti il rispetto del ricordo, la sua salvaguardia».
Anche stavolta hai fatto ricorso al tuo stile di narrazione
che si alterna alla storia che scorre in terza persona a
monologhi in corsivo e in prima persona che, in qualche modo,
possono orientare o anche ingannare il lettore nella soluzione
del caso?
«Certo, ormai è un po' la mia cifra stilistica e mi necessita
per rendere ancora più sfaccettata la narrazione. Non mi basta
la semplice esposizione dei fatti, ho davvero bisogno di entrare
più a fondo nelle anime dei personaggi, mettendo a nudo le reali
dinamiche psicologiche, i drammi interiori, gli eterni dolori
custoditi dentro ognuno di loro».
Ogni tuo libro riscontra sempre un grande successo, come
dimostrano anche i
riconoscimenti e gli inviti a eventi e premiazioni che
ricevi da tutta Italia; incontrare i lettori cosa rappresenta
per te, sia in termini di affetto che di ‘carburante’ per
proseguire con nuove storie?
«Hai usato il termine esatto: carburante. In effetti è proprio
questa l’immagine che mi si para alla mente, una ricarica vitale
di entrambe le cose, ossia l’affetto che trovo ogni volta più
forte nei luoghi cari ma anche in contesti nuovi, unito a
continua ispirazione. La vita mi fornisce spunti, ispirazione e
linfa per continuare in questa fantastica avventura che è la
scrittura, e io ne colgo a piene mani».
Multitasking è un aggettivo che ti caratterizza per come sai
essere al tempo stesso brillante scrittrice, apprezzata
conduttrice radiofonica, anche attrice teatrale… cosa non ha
ancora provato Letizia Vicidomini che vorrebbe esplorare?
«Spesso utilizzo l’espressione “in una delle mie vite facevo”
riferendomi ad attività molto diverse tra loro che hanno
caratterizzato questi miei primi sessant’anni. Oltre a quello
che hai citato sono stata sarta, stilista, creatrice di pupazzi
e maestra elementare, e mi sono sempre divertita un mondo. Cose
da provare ce ne sarebbero tante, però ammetto che mi piacerebbe
fare la cantante, anche se non ho ancora avuto il coraggio di
cimentarmi in quest’avventura. Però non demordo, c’è sempre
tempo per provarci».
Un’ultima battuta: ti avevo parlato l’ultima volta di una
possibile trasposizione cinematografica/televisiva del
commissario Martino: hai mai pensato o ti hanno proposto a una
versione a fumetti? E se sì, da chi ti piacerebbe farla
realizzare?
«Ci penso, eccome, a una trasformazione delle mie storie in
immagini, e ho in mente una disegnatrice bravissima. Si chiama
Viviana Fiengo e disegna la serie dei
Bastardi di
Pizzofalcone in forma di cani, oltre che tanto altro e ha
uno stile meraviglioso. Spero, nella prossima intervista, di
poterti dare notizie in merito, chissà, ma intanto, ti ringrazio
e ti abbraccio».