Telegiornaliste anno XIX N. 17 (733)
del 24 maggio 2023
Elisa Giorgio, ogni personaggio parte di me
di
Giuseppe Bosso
Questa settimana incontriamo
Elisa Giorgio, attrice e doppiatrice tra le più
apprezzate.
Ricorda la sua prima esperienza in sala doppiaggio e le
emozioni che ha provato?
«Sì, all’epoca ero una videogiocatrice assidua e il mio
primo lavoro fu su un videogioco: ricordo che ero
stranamente calma, e l’ho attribuito in parte alla comfort
zone che mi dava l’ambiente “videogioco” che conoscevo così
bene sia per dinamiche interne che per tipologia di
doppiaggio (giocandone tanti, ho sempre ascoltato
attentamente). In parte invece l’ho attribuito all’essere
stata messa completamente a mio agio dal resto del team,
alla grande fiducia che mi stavano dando, al fatto poi che
le mie scorte di ansia erano ormai quasi esaurite per via di
tutti i provini precedenti! E ricordo sicuramente una gioia
incontenibile e difficile da tenere a freno, stavo lavorando
su un prodotto che amavo e testando finalmente le pratiche
del doppiaggio sul campo».
Inevitabile parlare dello sciopero e del momento di
agitazione che ultimamente ha riguardato la sua categoria:
cosa ha avvertito tra i suoi colleghi e come ha vissuto lei
questa vicenda?
«Come ogni volta che succede, e non soltanto nel settore
dello spettacolo, lo sciopero è un atto che può diffondere
timori, agitazione, sospetto, allarme, speranze per il
futuro che spesso non hanno la velocità nel risolversi come
ci si aspetterebbe. È perciò il tipo di aria che ho
percepito, contornata dal fatto che nello spettacolo si ha
paura del prossimo per svariate ragioni (se non sciopero, mi
avranno visto? Subirò ritorsioni? Se sciopero, qualcuno mi
ruberà il ruolo?). Dopo il doppiaggio si sono unite tutte le
fazioni dello spettacolo: cinema, musica, anche il cinema
americano di Hollywood ha avuto un brusco stop. Questo ha
senz’altro unito di più in una situazione tesa».
Possiamo dire che buona parte di queste problematiche
nascono da uno sviluppo tecnologico che se da un lato
possono rappresentare dei miglioramenti hanno anche, per
così dire, l’altro lato della medaglia che finisce per
ripercuotersi su figure come il vostro settore che non è
meno importante?
«Lo sviluppo tecnologico inteso come intelligenza
artificiale è al momento visto come una minaccia in via di
perfezionamento, cosa che è. Alcuni colleghi, purtroppo,
hanno già scoperto la propria voce trafugata e utilizzata,
con una nuova masterizzazione, su prodotti che loro non
hanno mai fatto e su cui non hanno dato specifico consenso
(e spesso si tratta di produzioni a basso contenuto etico e
morale, dove purtroppo la propria voce si ritrova
appiccicata sopra). La cosa sta sfuggendo di mano anche
nella musica, nella scrittura, nelle arti comunque. Andando
ad eliminare la parte artistica, intellettuale e umana a
favore di una serie di algoritmi emulatori e vuoti. Sono
dell’idea che questo strumento, in realtà, se non fosse
sfuggito così e se sarà contenuto in tempo, possa invece
essere un grande alleato: affiancare lo speaker quando la
voce si rompe o è roca a causa di raffreddamenti o patologie
vocali; costruire una voce guida artificiale per i giovani
che si affacciano al mestiere e hanno bisogno di un supporto
avanzato e simultaneo; ricostruire piccole parti di frasi se
sono sfuggite al team in fase di registrazione. Già così
avrebbe, a mio parere, una risonanza diversa e positiva, una
vera utilità supportiva e non sostitutiva».
Tra i personaggi a cui ha prestato voce quali ha sentito
maggiormente vicini al suo modo di essere, e quali invece
opposti?
«È una bella domanda, in quanto ogni personaggio che ho
avuto il piacere di ricoprire ha dentro di sé un aspetto
caratteriale che coincide col mio e che me lo fa sentire
vicino, ed è spesso anche il metro di misura con cui la
direzione del doppiaggio localizza le voci. Potrei
menzionare la forte vicinanza al personaggio di Saray Vargas
della serie Netflix
Vis a Vis - l’attrice è Alba
Flores, conosciuta anche come Nairobi ne
La casa di carta
- in quel caso soprattutto perché si trattava del mio primo
personaggio importante, quindi c’è un’affezione speciale, e
in secondo luogo perché Saray ha degli atteggiamenti
“oscuri” che, per quanto non facciano parte della mia
quotidianità, non nascondo di avere o di provare in alcune
situazioni alla stessa maniera; oppure la Principessa Anna
della serie
The Crown, la prima donna reale che provò
a compiere gesti maschili ed estremamente emancipati, e che
si avvicina al mio vedere molto similari le attività e le
passioni che uomini e donne possono avere in comune; la cosa
slitta anche attraverso gli anime giapponesi, dove Maki Oze
della serie
Fire Force è una donna forte, fin temuta,
ma che ha per contro delle fragilità che nasconde con grande
abilità, e anche questa è una caratteristica che è parte del
mio carattere. Per tutti questi motivi, in realtà, è
difficile pensare a un personaggio che possa essere mio
opposto».
In questi anni come molti suoi colleghi ha conseguito
molta visibilità dalla partecipazione di eventi dedicati
all’animazione sparsi un po’ in tutta Italia: ricorda qualche
aneddoto o incontro particolare con fans che le sono rimasti
impressi?
«Sicuramente quando un gruppetto di fan si è avvicinato al
nostro banco per consegnarci dei regali: portarono biscotti
fatti in casa, liquori dolci, disegni bellissimi che
ritraevano i nostri personaggi, peluche e molto altro, oltre
a tutto l’affetto di cui ci riversarono. Alcuni di loro oggi
sono diventati amici con cui sentirsi al di fuori di questi
eventi, e questo è un risvolto molto bello che mai avrei
immaginato!».
Quando ha iniziato a recitare mettendoci, per così dire,
il volto dopo la voce, quali sono state le difficoltà che ha
riscontrato?
«Fin da ragazzina sono attrice perciò ho cominciato, e
continuato per gli anni a venire (tutt’ora), a recitare solo
di volto con il teatro e il cinema indipendente. Il
passaggio complicato è stato dunque l’inverso, dal palco al
microfono. Una delle difficoltà maggiori riguarda la
“dosatura” della voce che passa dall’essere proiettata e
riempita dal palcoscenico, all’essere portata su un volume
naturale e a volte più basso della media; anche espressività
facciale, gestualità e movimento, che sono grandi alleati
sul palco in quanto il corpo aiuta la recitazione, vengono a
mancare in una sala di doppiaggio, dove dovrà essere solo il
canale vocale a farsi portatore di tutti questi aspetti».
Il personaggio che vorrebbe doppiare un giorno?
«Spesso questa domanda mi viene fatta al contrario, ovvero
“chi avresti voluto doppiare”, ma in questo caso mi torna
utile, poiché la risposta è la stessa: avrei voluto doppiare
un personaggio della mia saga preferita in assoluto, Harry
Potter, ma non avevo né l’età né la possibilità di farlo.
Tuttavia sembrerebbe che, nei prossimi tempi, verrà prodotta
una serie TV della saga: spero quindi di avere un
personaggio in quell’occasione. Si andrebbe a sommare al
piccolo sogno realizzato quando ho potuto dare voce al
personaggio principale di
Hogwarts Legacy, il
videogame dedicato alla saga».
Molti suoi colleghi in questi anni hanno partecipato alla
trasmissione del giovedì
Dopocena di
Alessio Cigliano che ha avuto grande successo: Alessio
ha invitato anche lei o in futuro conta di partecipare?
«Ho già avuto l’immenso piacere di essere intervistata da
Alessio, però live di persona, nel contesto dell’evento
Musa D’Oro, un concorso di premiazione che coinvolge
doppiatori milanesi e romani, dove io vinsi il premio come
voce femminile per l’animazione. Alessio si trovava a bordo
palco con la strumentazione radio e intervistava sul
momento, uno dopo l’altro, i vincitori. Parlammo di un
possibile invito anche al suo programma, spero presto!».