Telegiornaliste anno XVIII N.
6 (690) del 16 febbraio 2022
Marianna Bonavolontà, diario del Festival
di
Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare nuovamente
Marianna
Bonavolontà, scrittrice, blogger e non solo, per un resoconto
del Festival di Sanremo che ha avuto modo di seguire in prima persona
per l’intera settimana.
Che giudizio dai nel complesso a questa edizione del festival?
«Questa edizione del Festival mi è piaciuta abbastanza. Nelle edizioni
passate ho trovato lo show meno fluido e decisamente più pesante,
quest’anno invece, un po’ per le donne di spessore che hanno affiancato
Amadeus, un po’ per le esibizioni, ma è stato piacevole seguire le
cinque giornate».
Giusta, dal tuo punto di vista, la vittoria di Mahmood e Blanco e il
podio per Elisa e Morandi?
«Mahmood e Blanco sono stati una rivelazione per me e mi hanno colpita
da subito anche se fatico a comprendere tutte le parole della canzone,
forse al primo posto avrei preferito Elisa. Morandi si conferma come
sempre un mostro sacro della musica italiana come lo è anche Ranieri,
nonostante i problemi di audio e le difficoltà della prima esibizione».
Questa edizione si è caratterizzata per aver mescolato, tra i
concorrenti in gara, nomi storici della canzone italiana con una nutrita
schiera di nuove leve emerse tra talent e tik tok. Hai percepito questa
sorta di ‘scontro generazionale’?
«Lo scontro generazionale è inevitabile e forse è stato proprio questo
il punto di forza di questa edizione del Festival. Vedere come la musica
cambia, così come cambia il linguaggio a seconda del periodo storico in
cui viviamo ma, nonostante ciò, soprattutto nella serata delle cover, ho
percepito la fusione tra “vecchio e nuovo” ed è stata bellissima».
Cosa ti resta, per quanto riguarda la tua esperienza da inviata e
osservatrice, di questa settimana sanremese?
«Mi resta l’emozione di aver vissuto uno degli eventi più importanti del
panorama musicale e televisivo italiano, da dietro le quinte. Ho avuto
modo così di poter osservare i retroscena, sentire i commenti della
stampa, incontrare i vip e leggere l’emozione nei loro occhi. Ho vissuto
il Festival esattamente come una vera e propria festa e purtroppo da
casa questa percezione inevitabilmente si perde. Sembra tutto molto più
serio e meno giocoso di quanto realmente sia».
E tra i personaggi che hai avuto modo di intervistare chi ti è
rimasto più nel cuore?
«Quest’anno non ho avuto modo di intervistare molti vip anche per via
del covid e delle restrizioni ma spesso ho condiviso con loro la sala
trucco, il backstage e CasaSanremo. Sarà che ho una certa età ma devo
ammettere che lo spessore di Drusilla e il ritorno di Grignani a
Sanremo, mi hanno emozionata tantissimo».
C’era molta attesa per le cinque conduttrici che si sono succedute al
fianco di Amadeus: chi di loro ti ha maggiormente impressionata e chi,
invece, ritieni avrebbe potuto essere più incisiva o è risultata magari
fuori contesto?
«Sarò impopolare ma sono contenta che quest’anno non ci siano state le
classiche modelle ma personaggi di spessore. Sono una grande fan di
Drusilla Foer, avrei voluto vederla di più sul palco e soprattutto avrei
preferito vederla al posto di Zalone che secondo me non ha apportato
nessun valore aggiunto, anzi. E la Ferilli resta un punto saldo,
perfetta conclusione delle cinque giornate».
In prospettiva futura ritieni che questa formula delle conduttrici
alternate sia ancora da ripetere o sarà meglio tornare alla formula
“classica” di una o due presenze femminili fisse, non necessariamente in
veste di spalla di un conduttore?
«Il mio sogno è vedere un festival al femminile o una conduzione
paritaria di coppia uomo- donna, ma soprattutto basta ai piagnistei sul
palco e manichini senza voce. Azzardo un’accoppiata: Cattelan - Foer».
Hai percepito un’atmosfera da ‘ritorno alla normalità’ pur nello
stato di emergenza da pandemia in cui continuiamo a vivere?
«Purtroppo o per fortuna no. CasaSanremo era semi vuota rispetto agli
anni precedenti e le strade della città dei fiori a tratti deserte,
locali chiusi e taxi incredibilmente liberi. Credo ci vorrà ancora del
tempo per tornare alla normalità e credo che al momento sia un bene
restare cauti».
In futuro, calato il sipario anche su questa edizione, in prospettiva
futura cosa cambieresti per mantenere alta l’attenzione su un evento che
comunque, nel bene o nel male, catalizza sempre grande attenzione,
sempre nell’ottica del perché Sanremo è Sanremo?
«Punterei sull’innovazione nel rispetto della tradizione. Conduttori e
one man show del panorama televisivo o social attuali e manterrei questa
fusione di mostri sacri che si scontrano e a tratti fondono con i
giovani. Insomma, quello che in gergo musicale si chiama
Mash up,
un po’ lo specchio dei tempi».