Telegiornaliste anno XIII N. 34 (544) del 22 novembre 2017
Flavio Aquilone, come sono cresciuto con gli attori
che ho doppiato
di
Giuseppe Bosso
Troy Bolton, protagonista della trilogia di
High School Musical,
interpretato da Zac Efron; Draco Malfoy, antagonista di
Harry Potter
interpretato da Tom Felton; l’enigmatico Light Yagami protagonista della
serie animata giapponese
Death Note. Tre personaggi, tre
differenti profili che però in Italia hanno trovato un comune
denominatore nella sua voce. Incontriamo con profonda gioia
Flavio Aquilone, giovane ma ormai affermatissimo doppiatore,
vincitore nel 2014 del Leggio d’oro come voce maschile dell’anno, per
parlare delle sue ultime fatiche che lo hanno visto anche in gara alla
Mostra del cinema di Venezia a settembre per il corto
Bad News e
che negli ultimi giorni abbiamo potuto ascoltare nel film d’animazione
Loving Vincent, nel ruolo del protagonista alla ricerca del
fratello del pittore Vincent Van Gogh da poco scomparso per recapitargli
una lettera, proiettato tra il 16 e il 18 ottobre scorsi e replicato il
20 novembre nelle sale cinematografiche con grande successo.
Flavio, che sensazioni ti ha portato partecipare alla Mostra di
Venezia con il corto Bad News?
«L'esperienza del Festival è stata indimenticabile. Era la mia prima
volta alla Mostra del Cinema, e presentare un progetto del genere in una
cornice così importante è stato molto gratificante.
Purtroppo non ho avuto tempo per vedere altri film, sono arrivato il
giorno della proiezione del nostro corto e per impegni di lavoro sono
ripartito la mattina successiva. Mi avrebbe fatto piacere vivere il
Festival ed assistere ai vari eventi, ma è stata comunque una giornata
molto intensa ed emozionante, dalla conferenza stampa al red carpet».
Quale messaggio avete cercato di trasmettere con questa storia?
«Il valore del tempo è il tema principale di
Bad News. Molto
spesso diamo per scontato il tempo che abbiamo, e non ci rendiamo conto
di quanto prezioso e importante sia avere l’opportunità di trascorrere
le nostre ore facendo quello che amiamo con le persone a noi vicine.
Purtroppo a volte la vita ci mette di fronte a situazioni difficili e
sta a noi essere in grado di renderci conto dell’immensa fortuna che
abbiamo prima che sia troppo tardi. Il messaggio è arrivato al pubblico
e alla stampa con nostra grande soddisfazione».
Due anni fa hai preso parte a un altro corto che ha avuto successo al
Festival di Giffoni, Punto di vista: possiamo dire che in queste
manifestazioni hai partecipato in punta di piedi rispetto ai divi
acclamati, ma con non minore coinvolgimento?
«Ricordo con grande piacere i giorni passati al Giffoni Film Festival
nel 2015. Era la prima volta che Matteo Petrelli (regista anche di
Bad News) ed io presentavamo un nostro progetto a un festival così
importante. Il pubblico, composto da giovani, è stato fantastico e ha
partecipato in maniera empatica ed entusiasta al progetto. Gli
interventi e le domande che i ragazzi ci hanno posto erano estremamente
pertinenti e rivelavano una sensibilità e attenzione importanti. Ci
siamo sentiti veramente accolti con calore, vedere così tanti giovani
interessati al cinema è rincuorante».
Tanti attori hai finora simbolicamente ‘accompagnato’ nella loro
crescita, da Zac Efron a Tom Felton (attraversando la saga di Harry
Potter fino a Flash oggi): pensi di essere cresciuto
parallelamente a loro, dal punto di vista professionale?
«Sicuramente aver visto crescere questi attori negli anni mi ha dato la
misura del tempo che passava. In un certo senso posso dire di essere
cambiato con loro, e seguire i loro ruoli e le loro scelte professionali
è stato stimolante e intrigante».
Il bello e il brutto dell’essere doppiatore?
«Quella del doppiatore è una professione meravigliosa. Posso dire di
svolgere con passione un mestiere che amo e so di essere fortunato per
questo. Il prestare la voce a personaggi diversi e ad attori incredibili
è divertente. Non ci sono aspetti negativi legati alla professione in
se, ma il continuo aumento della produttività ha comportato un
incremento di stress che penalizza la resa artistica dei prodotti.
Purtroppo non abbiamo a disposizione molto tempo per il doppiaggio di
un'opera, sicuramente meno di quanto ne servirebbe, soprattutto per i
prodotti televisivi. Quindi, se dobbiamo trovare degli aspetti negativi
non li attribuirei alla professione in se ma piuttosto alle modalità con
cui a volte ci approcciamo ad essa».
Con quale tra i personaggi o gli attori doppiati ti sei sentito
maggiormente in sintonia e chi, invece, non rispecchiava il tuo essere?
«Ci sono stati molti personaggi che mi hanno fatto crescere e che mi
hanno lasciato qualcosa, e sicuramente altri che ho trovato meno vicini
a me. È sempre difficile dover fare una classifica e stabilire quale
ruolo sia più intenso rispetto a un altro. Parlando di attori, mi piace
ricordare Anton Yelchin, scomparso nel 2016. Ho seguito il suo percorso
sin da bambino e ho avuto la fortuna di prestargli la voce in diverse
occasioni, in molti ruoli diversi. Mi sono sempre sentito affine a lui.
La notizia della sua morte mi ha colpito tantissimo, proprio per
l’empatia che provavo nei suoi confronti».
Si sta man mano affermando una nuova generazione di giovanissimi
doppiatori alle prime armi: rivedi in loro il tuo modo di avvicinarti al
leggio?
«Come accennavo prima, questo lavoro sta cambiando rapidamente, e
sicuramente le nuove generazioni sono parte attiva di questo
cambiamento. Quando eravamo bambini noi, seppur i ritmi fossero anche
allora abbastanza serrati, c’era ancora il tempo di imparare. I giovani
attori della mia generazione hanno avuto maestri importanti nel loro
percorso formativo. Oggi tutto sta diventando molto frenetico e
immediato, e il tempo per insegnare questo mestiere scarseggia.
Ovviamente ci sono molti talenti tra i giovanissimi del doppiaggio di
oggi. Il mio augurio è che i piccoli di oggi possano avere il tempo di
innamorarsi davvero di questo mestiere, che ha bisogno sempre di amore e
passione per andare avanti, più della tecnica stessa. È importante non
dimenticarlo».
Due anni fa con la tua compagna,
Valentina Favazza,
hai doppiato l’intenso film Danish Girl: emotivamente parlando
cosa vi ha trasmesso quel film?
«Potrei parlare per ore di questo film.. proprio per questo cercherò di
non essere prolisso.
Danish Girl è uno di quei film che ti resta
dentro. È stata una lavorazione incredibilmente accurata e vissuta.
Siamo stati messi in condizione di comprendere ogni sfumatura dei nostri
personaggi e abbiamo avuto modo di amarli in ogni scena. In sala c’era
un’atmosfera veramente speciale, non è così comune sentirsi totalmente
immersi in una lavorazione. I due attori protagonisti avevano una grande
intesa e una forte complicità. Ovviamente aver avuto Valentina vicino ha
amplificato queste sensazioni, rendendo il percorso ancora più intimo.
Quando ci hanno comunicato che avevano entrambi vinto il provino per i
ruoli siamo stati subito ansiosi di cominciare».
Prossimamente dove potremmo ‘ascoltarti’?
«Questo è un periodo intenso lavorativamente. Sono in sala in questi
giorni per le nuove stagioni di alcune serie televisive, e prossimamente
inizierò alcuni film cinematografici per la stagione invernale.
Purtroppo non posso ancora parlare di titoli, dei contratti di
riservatezza con alcune major ci vincolano al silenzio. Nei prossimi
mesi sarò impegnato all’estero per promuovere
Bad News in altri
paesi. Sarà un dicembre impegnativo!».
Cosa farà Flavio Aquilone da grande?
«Professionalmente spero di ampliare sempre di più le mie esperienze in
questo campo. Ovviamente ho intenzione di continuare a doppiare, ma
voglio dedicare più tempo alla mia carriera da attore. Poi mi piacerebbe
produrre, e magari dedicarmi a un progetto tutto mio. Il nostro è un
mestiere ad ampio spettro, chi ha voglia di mettersi in gioco ha
possibilità di fare esperienze meravigliose e diverse».
Chiudiamo con un tuo pensiero su Loving Vincent, in cui hai
doppiato il protagonista Armand alla ricerca del fratello di Vincent Van
Gogh per consegnargli l’ultima lettera del fratello: cosa ti ha lasciato
questa esperienza?
«Ogni fotogramma di quel film è un’opera d’arte e ogni scena richiedeva
più passaggi proprio per prenderci il tempo di ammirare la bellezza di
quel lavoro. In sala eravamo rapiti dai colori, dai personaggi,
dall’idea. È incredibile quello che sono riusciti a creare, è un film
che andrebbe visto più volte, proprio come un quadro andrebbe ammirato a
lungo. Mi fa piacere che abbiano scelto di prolungare la programmazione
nelle sale. È doveroso sensibilizzare il pubblico all’arte con ogni
mezzo».