Telegiornaliste anno XI N. 17 (448) del
11 maggio 2015
Laura Lattuada: mi piacerebbe un Passepartout più itinerante. Anche quest’anno il Premio Ratto delle Sabine per donne splendide senza età
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Laura Lattuada. Milanese, attrice e conduttrice
tv, ci parla del suo programma
Passepartout, in onda su Leonardo (canale
62 del digitale terrestre) e del
Premio Ratto delle
Sabine, da lei diretto da ormai dieci anni, che viene
assegnato ogni anno a una donna che abbia almeno "60
primavere alla spalle e che continui a vivere la sua vita
con entusiasmo, curiosità ed energia".
Quali ospiti che ha avuto a Passepartout l’hanno
maggiormente colpita e quali vorrebbe avere in futuro?
«Più che ospiti in particolare mi piacerebbe che il
programma, finora incentrato su Milano, diventasse un po’ più
itinerante; credo che anche altre città, altri personaggi,
potrebbero rivelarsi ugualmente interessanti. Tanto per
dirne una, magari mi piacerebbe andare a Torino a casa di
Luciana Littizzetto, mentre per restare su Milano mi
piacerebbe ospitare Caterina Caselli».
Come nasce questo format, che racconta i personaggi
attraverso le loro case?
«Non è propriamente una mia idea, anche se da tempo ne sono
diventata anche autrice. È l’editore di Leonardo che ha
voluto sviluppare una produzione compatibile con il trend
del canale, che è appunto dedicato alle case, e da qui è
nato il progetto di questo format in cui gli ospiti,
personaggi conosciuti nei loro campi, si raccontano nelle
loro abitazioni, aprendo in tutti i sensi le porte di casa
allo spettatore».
Anche quest’anno si svolgerà il Premio Ratto delle
Sabine?
«Sì. Al momento stiamo ancora in fase di studio, per
decidere chi premiare quest’anno. Spero proprio che anche
questa edizione sia intensa come quella del 2014, che ha
visto vincitrice Virna Lisi, una donna straordinaria che non
dovremo mai dimenticare».
Ci vuole raccontare come è nata questa manifestazione?
«Anni fa dovevo trasferirmi nel Lazio per lavoro; ma volendo
cercare un posto più tranquillo della metropoli mi sono
messa alla ricerca di una zona meno caotica di Roma, e ho
scoperto Rieti, la Sabina, una terra splendida. In
contemporanea mi venne questa idea di creare qualcosa che
omaggiasse una donna che, malgrado il passare degli anni,
dimostrasse di essere ancora attiva, entusiasta».
Quindi, se possiamo dirla così, tramite il Premio lei
cerca di scardinare quella concezione italiana per cui le
rughe sono un lusso che una donna non può permettersi?
«Sì, proprio così. L’equazione donna bella uguale donna
giovane è un qualcosa che andrebbe superato, e posso dire
che le vincitrici delle varie edizioni che si sono succedute
non hanno mai avuto proprio nulla da invidiare alle più
giovani, anzi… direi che è proprio il contrario!».
In Storia di Anna, sceneggiato Rai del 1981, è
stata la prima attrice ad interpretare il ruolo di una
tossicodipendente nella televisione italiana; negli ultimi
tempi proprio per un personaggio simile una sua giovane
collega, Tea Falco, protagonista con
Miriam
Leone (da lei piuttosto criticata) di 1992, è
particolarmente presa di mira: cosa ne pensa?
«Dunque, anzitutto è bene precisare che per quanto riguarda
Miriam Leone ho fatto riferimento allo sceneggiato Rai
La
dama velata, non a
1992 che non ho visto, e
quindi non penso di poter dare una risposta anche in merito
alla ragazza in questione. Io, per quanto riguarda la mia
esperienza, posso dire che non ho mai recitato in dialetto,
anche se, agli inizi, quando frequentavo l’Accademia dei
Filodrammatici, feci un provino con Giorgio Strehler e
ricevetti i suoi complimenti per aver interpretato una pièce
in milanese tutta d’un fiato. Comunque ho l’impressione che
in queste situazioni si tenda anche a marciarci dietro,
sicuramente Tea Falco ha ottenuto anche molta visibilità da
queste polemiche…».
Guardando indietro c’è qualcosa che non rifarebbe?
«No. Per carattere non rimpiango mai le scelte che ho
compiuto, anche quelle che, magari, alla lunga si sono
rivelate sbagliate. Ma ho sempre deciso in libertà e
coscienza; se ci credi, fai tutto quello che senti».
E guardando avanti, invece, cosa farebbe?
«Come penso ognuno che ami il suo lavoro, non solo attore o
persona di spettacolo, continuare sempre a fare quello che
sto facendo. E in questi periodi di crisi mi piacerebbe
vedere i teatri essere costruiti, venire aperti, anziché
chiudere come purtroppo sta succedendo».