Telegiornaliste anno IX N.
26 (370) del 1 luglio 2013
Francesca Fogar:
il ricordo di mio padre, la mia strada
sempre in avanti
di
Giuseppe Bosso
Intervistiamo
Francesca Fogar,
figlia dell’indimenticato Ambrogio, scomparso nel 2006.
È vero che è in corso di realizzazione una fiction sulla vita di tuo padre?
«Sì. La produrrà la
Taodue
di Pietro Valsecchi».
E tu prenderai parte al progetto?
«Alla sceneggiatura: stiamo cercando di sviluppare un progetto che racconti la
vita di Ambrogio Fogar non solo e non tanto dal punto di vista dello spettacolo,
ma legata agli aspetti intimi e non conosciuti. E che ci sia voglia di
ricordarlo lo scopro giorno per giorno nei messaggi che ricevo e nelle persone
che incontro, che lo seguivano e non hanno mai smesso di sostenerlo anche nei
giorni difficili della malattia».
Hai anche scritto un libro e realizzato uno spettacolo teatrale intorno alla
sua figura: cosa cerchi di trasmettere?
«Vorrei che venisse fuori la sua immagine di uomo romantico, nel senso profondo
del termine, di uomo che era ammirato soprattutto per la sua considerazione
delle persone; diceva sempre che gli eroi si insediano sul podio mentre noi, con
la forza dei ‘secondi’, li osserviamo. Credo che sia questo il motivo per cui
ancora oggi è ricordato con affetto».
Eppure Angelo Macchiavello, giornalista
Mediaset a lui molto vicino, quando lo
intervistammo tempo fa ci aveva
detto che soffriva del fatto di essere considerato antipatico.
«Angelo per mio padre è stato un figlioccio che ha visto crescere sul campo. Ma
io credo che non si riferisse alla concezione che di lui aveva il pubblico;
piuttosto al fatto che ad avere questa idea di lui antipatico fossero i
colleghi, i giornalisti che provavano irritazione nei suoi confronti. Ma è una
nostra caratteristica quella di cercare la pecora nera, la persona contro cui
puntare il dito».
La tua carriera giornalistica è iniziata molto presto, a metà degli anni ’90,
ma il grande pubblico ha avuto modo di conoscerti soprattutto due anni fa quando
partecipasti a L’isola dei famosi, tra mille peripezie tra cui il morso
di un serpente: ripeteresti una simile esperienza?
«Sì. Mi sono sempre piaciute le sfide e anche quella dell’isola l’ho vissuta con
questo spirito; mi ha dato molto da diversi punti di vista - tra cui, senza
false ipocrisie, anche quello economico – e tutto ciò che mi è successo in quei
giorni (il morso del serpente, la fatica, la fame e la lotta per la
sopravvivenza nella grande natura) sono cose che ho vissuto con gioia, pur nella
loro difficoltà, che ho saputo affrontare. Semmai quello che non mi è piaciuto,
e per questo mi sono anche scontrata con la produzione, era la logica del game,
della competizione tra di noi concorrenti. Ma a parte questo ritengo che tutte
le esperienze, anche quelle negative o faticose, siano formative e ti possano
aiutare a migliorarti».
E in effetti di esperienze ‘forti’ non sei proprio digiuna: sei anche
velista, appassionata di lunghi viaggi, escursioni e sport estremi. Ma una donna
così intriga o intimorisce gli uomini di oggi?
«Intimorire non credo. Semmai, se proprio quel genere di donna non corrisponde a
quello che ci si aspetta, viene ignorata. È una questione di gusti, di
aspettative, ed io ho avuto a che fare sempre con ragazzi che mi hanno
apprezzata per questi miei interessi. Paura no, non credo di averne mai
suscitata: chi non riconosceva in me il tipo di donna desiderata non mi ha
semplicemente cercata».
La cosa che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
«Quella che devo fare ancora. Ti sembrerò banale, ma per me è così. È
fondamentale avere la mente aperta a ogni nuova esperienza. Se mi fermassi a
guardare quel che ho fatto il compiacimento non compenserebbe la fustigazione
per essermi fermata. Ci sono treni che vanno presi al volo, altri che magari ti
possono portare a destinazioni inaspettate, ma vale la pena di provarli. E io
posso dire di aver sempre fatto quello che avevo voluto, da questo punto di
vista sono più che soddisfatta. Ma, ti ripeto, guardo sempre avanti».
Cosa farai da grande?
«Quello che volevo fare fin da piccola: la giornalista, che magari cercherà di
riscoprire quel giornalismo che mio padre aveva sperimentato e che da anni in
Italia non si fa più per tante ragioni – dalla crisi alla poca voglia di
rischiare – basato su documentari e reportage».