
Telegiornaliste 
									anno III N. 42 (120) del 19 novembre 2007
Clemente Mimun: la conduzione non è tra le mie passioni 
                   di Nicola Pistoia 
                   
                   Pacato, pignolo e a tratti pungente, il neo direttore del 
                   Tg5 Clemente J. Mimun 
ci regala un’intervista esclusiva. E a pochi giorni dalla scomparsa del grande 
                   Enzo Biagi, Mimun lo ricorda così. «Abbiamo parlato tante 
volte e gli ho fatto un'intervista di novanta minuti sulla sua vita che rimane 
forse il più bel documento tv che racconti di lui. Mi ha onorato dei suoi 
consigli e qualche volta delle sue confidenze. Era come lo conosciamo, prendere 
o lasciare. Condividevamo la data di nascita, il 9 di agosto, e per vent'anni 
l'ho sempre chiamato per fargli gli auguri. Un grande e indimenticabile 
italiano». 
                   
                   Ci spiega l'esigenza di rinnovare il Tg5? 
                   «Di fronte alle mille novità tecnologiche utili a realizzare 
meglio il nostro telegiornale, era un passaggio obbligato. Il nuovo studio, 
grande e luminoso, è in grado di essere alimentato con qualsiasi fonte 
multimediale. A mio avviso è molto gradevole, al punto da accompagnare 
l'ulteriore crescita del Tg5 in termini di qualità e ascolti». 
                   
                   Come mai la scelta di tornare in video a condurre un tg?
                   
                   «Avendo promosso il cambiamento con l'aiuto determinante 
dell'azienda, era doveroso che mi facessi carico del collaudo. Tutti sanno però 
che la conduzione non è tra le mie passioni, quindi è un lavoro che farò per un 
periodo limitato». 
                   
                   Secondo lei è più difficile fare del buon giornalismo in 
una televisione pubblica o in una rete privata? 
                   «La Rai, che è una grande azienda cui mi legano ricordi 
fantastici, è al centro di mille pressioni. Al Tg5 c'è sicuramente più 
libertà, anzi la libertà è il nostro valore aggiunto». 
                   
                   
                   
                    C'è 
qualcosa di cui si vergogna nella sua carriera?
C'è 
qualcosa di cui si vergogna nella sua carriera?
                   
                   «Ho lavorato moltissimo e quindi ho fatto anche degli errori, 
ma sempre in buona fede. Tra le mie abitudini non c'è quella di essere forte con 
i deboli e debole con i forti. Non so se alcuni tra i miei critici potrebbero 
dire lo stesso». 
                   
                   Che rapporto ha con 
Stefano Campagna e cosa ha pensato della decisione di uscire allo scoperto 
dichiarando la sua omosessualità?
                   
                   «Ho assunto Stefano Campagna dopo anni e anni di precariato 
perché è un professionista esemplare e una persona davvero per bene. Quel che 
pensa in politica, la squadra per cui fa il tifo, le sue preferenze sessuali, 
sono affari suoi. E' libero di fare e pensare quel che crede, ci mancherebbe 
altro». 
                   
                   Dopo diversi anni, cosa risponde alle critiche del 
centrosinistra che l’accusarono di condurre il telegiornale in maniera troppo 
favorevole all'allora governo di centrodestra? 
                   «Basta guardare i tg Rai di oggi e alcuni programmi 
d'approfondimento per capire dove è sempre stata la faziosità. Le critiche della 
sinistra fanno parte delle regole d'ingaggio. Quando stanno all'opposizione, 
considerano i tg una vergogna. Quando governano loro, i tg sono belli ed 
equilibrati. Ma le bugie hanno le gambe corte». 
                   
                   Cosa pensa della "premiata ditta" Travaglio-Santoro?
                   
                   «Distinguerei Michele che è un eccellente professionista di 
cui non condivido faziosità ed eccessi». 
                   
                   Un sogno nel cassetto da realizzare? 
                   «Veder felice la mia famiglia a cominciare da mia moglie che 
è una bravissima giornalista. E poi vorrei che i miei figli crescessero in 
un’Italia migliore».