Telegiornaliste
anno III N. 31 (109) del 3 settembre 2007
Serenamente gay al Tg1: Stefano Campagna
di Giuseppe Bosso
Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche,
Stefano Campagna è
giornalista professionista. Lavora in Rai dal 1997, inizialmente al Tg2
come precario, e poi al Tg1, dove, sotto la direzione di Clemente Mimun,
diventa conduttore dell’edizione mattutina: sette edizioni di telegiornale che
vantano uno share altissimo.
Prima degli studi universitari ha vissuto per 23 anni in
Africa e Medio Oriente, dove il padre era stato addetto d'ambasciata. Stefano è
stato a lungo assistente universitario in "Storia dei Paesi afro-asiatici". Ha
scritto alcuni libri.
Dichiarato omosessuale (o, come dice lui, «semplicemente
serenamente gay»), con questa intervista esclusiva a
Telegiornaliste spera di poter dare un monito e un
messaggio a chi ancora oggi vive in silenzio questa condizione e a chi la
condanna senza conoscerla.
Mimun, da poco passato al Tg5, ti ha portato alla
conduzione. Con Riotta ti si sono aperte nuove prospettive?
«Devo molto a Mimun, che conobbi quando lavoravo al Tg2,
l'ho sempre stimato moltissimo. Una volta, quando ero precario, mi chiamò per
complimentarsi per un servizio: gli attaccai il telefono in malo modo pensando
che fosse uno scherzo. Non se la prese, anzi mi prese in giro. Non pensavo
esistesse un direttore così alla mano con i precari. L'idea della conduzione è
nata in maniera casuale, quasi per scherzo, quando, lavorando al dopo tg, per
una prova luce mi misi al suo posto in conduzione. Dapprima credevo scherzasse
quando mi propose il video, cosa alla quale non avevo mai pensato, e gli sarò
sempre grato per la fiducia e la possibilità che mi ha dato, permettendomi di
condurre il primo tg d’Europa.
Non ho altro da chiedere al nuovo direttore, Riotta, anche
lui un grande professionista».
Primo tg d’Europa ma anche tg più cattolico d’Italia al
quale tu, omosessuale dichiarato, ti trovi alla conduzione.
«Io vivo la mia vita con la quotidianità di chiunque altro.
Mi limito a non filtrare le parole. Non mi vergogno ad usare il maschile. Io non
sono "dichiarato", sono una persona che lavora e che non ha nulla da nascondere.
Quella che i benpensanti chiamano ostentazione per me è vita. Mi stupisce che la
cosa stupisca. E spero che smetta di stupire. È stata una grande conquista per
me poter approdare alla conduzione del Tg1 e voglio sperare che con
questo si possa lanciare un messaggio forte a tutti gli omosessuali che vivono
la loro condizione quasi con vergogna, nascondendosi».
L’omosessualità è merce “sdoganata”: sei d’accordo?
«Non in tutti i settori, purtroppo: la strada è ancora lunga.
Sono stato picchiato dai naziskin nel '92 quando conducevo una trasmissione a
tematica gay su un'emittente del Lazio, Teleregione. L’omofobia esiste ancora ed
esiste ancora un certo imbarazzo. Imbarazzo dimostrato, ad esempio, dal
difficile cammino dei Dico».
In realtà, poi, l’omosessualità da sdoganare era solo
quella maschile: quella femminile sembra che non sia mai stata un problema. Come
mai, secondo te?
«In realtà credo lo fosse e lo sia allo stesso modo, e del
resto, non mi pare che ci siano, almeno in Italia, lesbiche che occupino posti
di rilievo. Ma più che nella società, l’omosessualità femminile è stata
sdoganata anzitutto a livello “erotico maschile”, a mio giudizio. Ma non penso
sia il caso di fare distinzione tra omosessualità maschile e femminile.
Come dicevo l’omofobia è ancora molto presente e la mia
esperienza non è certo stata facile. Genitori a parte, non sono mancati momenti
di tristezza e amarezza in ambito familiare e tra i vicini che in alcuni casi mi
avevano anche tolto il saluto. Ma ripeto, non mi sono mai vergognato di quello
che sono, e spero che questa intervista serva in tal senso».
Qualcosa da dire ai tuoi numerosi fan nel nostro forum?
«Li ringrazio per il sostegno e per le belle parole che hanno
nei miei confronti. Essere apprezzato a livello professionale è per me, come del
resto per gli altri miei colleghi, molto gratificante, e nel mio caso a maggior
ragione proprio per la mia condizione, alla quale il pubblico non ha voluto
badare. Avendo riguardo di me prima di tutto come giornalista».