Telegiornaliste
anno II N. 19 (51) del 15 maggio 2006
Medori, paladina dei bambini di
Filippo Bisleri
Serenella Medori è un volto noto per il
pubblico di Tele Tuscia Sabina 2000, emittente locale di Viterbo che
sta sempre più guadagnando in qualità e appeal. Serenella scrive per noi
nella rubrica Format
sul tema "Media & Minori". L'abbiamo intervistata per farla conoscere meglio
ai nostri lettori.
Serenella, come hai scelto di fare la giornalista?
«Mi si è presentata un'occasione incredibile. Avevo cominciato a scrivere
negli anni dell'università su un piccolo giornale del Lazio nord, diffusione
province di Roma e Viterbo, con sede a Bracciano. Vendevo anche spazi
pubblicitari disegnati da me. Quella è stata l'occasione per ascoltare la
gente. Mi raccontavano tutto senza problemi e così ho cominciato a
raccontare le loro storie, i loro problemi e a riportare lamentele e
difficoltà della vita quotidiana. Il giornale non andava benissimo e la
collaborazione terminò. Mi sono laureata e dopo qualche tempo ho cominciato
a cercare un altro editore a Viterbo. Tra gli annunci economici ho scoperto
che TS2000, la televisione di Viterbo, stava organizzando la
redazione. Erano in città da pochi mesi e, quando ho chiesto un
appuntamento, mi sono presentata con il curriculum e mi sono ritrovata
davanti alle telecamere per un provino! La sera stessa è andata in onda la
mia prima conduzione del tg locale. Senza saperlo avevo cominciato a
seminare
già dall'università. In seguito ho infatti scoperto che il mio primo
editore, citato nel curriculum, era il fratello del direttore di TS2000».
Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
«Parlare con la gente, senza distinzione. Mi piace la gente comune,
mi piace parlare con i politici di politica, con gli agricoltori di
agricoltura, con le donne, con gli artisti, con gli sconosciuti che hanno
qualcosa da raccontare».
Tra la conduzione in studio e un servizio in esterna cosa preferisci?
«Il servizio in esterna, e se posso anche occuparmi di montaggio e
tutto ciò che ruota attorno al servizio è ancora meglio. La conduzione di
programmi mi diverte molto perché in una piccola tv non si sa mai fino in
fondo cosa può capitare, anche quando l'argomento è serissimo e
preoccupante. Mi eccita quel margine di rischio che c'è sempre».
Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche altri
media come la carta stampata o le radio?
«Non fa differenza per me se scrivo o parlo, l'importante è raccontare.
Ho fatto una brevissima esperienza di radio che mi è piaciuta ma non
ha nulla a che vedere con la tv o la carta stampata. Preferisco scrivere
e raccontare avendo a disposizione lo spazio di un giornale o uno spazio
tv, è una questione di tempi».
Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o
un'intervista che più ricordi?
«Mi viene subito in mente una scoperta che ho fatto durante l'estate. Avevo
preso la mia telecamera per fare servizi sulla Tuscia in luoghi lontani dai
cosiddetti grandi eventi. Io e mio marito siamo saliti in moto e dopo alcuni
chilometri siamo arrivati a Blera. Il tipico silenzio estivo di un paesino
della provincia, qualche vecchina con uncinetto e centrino e noi a piedi.
Vicoli stretti, case di tufo e tante piante e fiori accanto ai portoncini di
legno. All'interno di un cortile in penombra, ci appaiono dei colori
incredibili. Le opere d'arte di un pastore di ovini, artista, umile e molto
amichevole. Davanti alle telecamere ci apre il suo mondo, orologi,
campanelle, quadri, sabbie e conchiglie. Proiettati su un altro pianeta. Il
servizio scritto, girato e montato da me, con musiche e intervista, è
stato bellissimo».
La tua collega, Anna
Maria Chiariello (Tg5), ha parlato del cronista, dell'inviato,
come di colui o colei che ama sporcarsi ancora le scarpe di fango. Ti
ritrovi nella definizione?
«Assolutamente sì, tuttavia capisco il concetto, ma alcune domande
rimangono: quanti giornalisti si sporcano ancora le scarpe di fango? Tutti
quegli inviati e cronisti che sembrano farlo ancora lo fanno davvero? Anche
i giornalisti in luoghi di guerra dormono in alberghi e trasmettono
dal terrazzo sul tetto, insomma è come se tra il satellite, gli alberghi e
la guerra ci fosse un tacito accordo. Forse il giornalismo estremo è quello
che indaga tra le pieghe della società, anche senza fare lunghi viaggi,
forse è quello provocatorio e indisponente».
Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
«Tiziano Terzani. Leggerlo è come trovarsi sul posto e vedere,
sentire e vivere, nel bene e nel male le vicende da lui vissute. Non solo
fatti ma anche i pensieri intimi di un uomo, un giornalista grande come la
sua forza di raccontare la sua malattia, l'ennesimo viaggio, senza ritorno
stavolta».
Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
«Maria Luisa Busi,
Cesara Buonamici anche se ultimamente sorride troppo, Enrico Mentana
e, naturalmente, Claudio Brachino, di Montefiascone, provincia di
Viterbo. Davvero bravi».
Quali ritieni possano essere le difficoltà, per una giornalista, nel
conciliare il lavoro con la famiglia e il ruolo di mamma?
«La disponibilità. Se si creano dei problemi sono relativi alla
disponibilità di recarsi sul posto a fare interviste anche all'ultimo
momento. Per il resto, se c'è una buona pianificazione del lavoro, un buon
rapporto con i colleghi, si può arrivare ovunque. In una provincia come
Viterbo, il fatto più improvviso e imprevedibile è stato il crollo del museo
civico mesi fa! Beh, per fortuna la mia passione per il giornalismo comunque
l'ho messa tra le prime clausole nel contratto, verbale, di matrimonio,
con obbligo di accettazione».
Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali consigli
daresti loro?
«Provateci! Non aspettate l'occasione giusta, andatele incontro anche se si
presenta come tv locale, con una redazione e una segreteria di redazione che
sono praticamente la stessa cosa e lo studio è più piccolo del vostro
salotto. Molti giovani si sono avvicinati a TS2000, ma spesso, prima
di capire, vedere, scoprire e ambientarsi, presentavano il listino prezzi.
Scrivere poche righe o portare sessanta secondi di girato dai contorni
vagamente blu non sono prove di giornalismo. Spesso era solo ingenuità, a
volte era proprio presunzione, quello che mancava era l'umiltà e la
voglia di imparare. Intraprendevano la loro guerra personale prima di
intraprendere la loro carriera. Una piccola emittente può essere una grande
opportunità. Provateci e buona fortuna!».