Telegiornaliste anno II N. 3 (35) del 23 gennaio 2006
Telegiornalista e mamma: Maria Luisa Busi di
Stefania Trivigno
Il Monitor di questa settimana ospita la prima puntata della
nostra inchiesta Telegiornalista e mamma: abbiamo voluto chiedere
alle colleghe televisive di maggior fama quanto costa, in termini di impegno,
qualità della vita e carriera, scegliere la maternità e non rinunciare ad un
mestiere prestigioso ma esigente.
La prima telegiornalista a raccontare ai lettori la sua esperienza è
Maria Luisa Busi.
Donna e mamma: un binomio tanto abusato da aver convinto tutti, donne
comprese, che se non si è mamme non si è "complete": Maria Luisa, lo pensi anche
tu?
Penso, davvero, che quello della maternità sia un concetto universale. Conosco
donne, amiche, che pur non essendo madri hanno sviluppato un magnifico rapporto
con bambini non loro, nipoti, figli di amiche.
No, non penso assolutamente che una donna si “completi” solo essendo madre.
Detto questo, certamente la mia vita ha assunto una “completezza” di
significato, di esperienza, di “senso” con la nascita di mia figlia.
Il femminismo in Italia ha emancipato le donne: ha fatto guadagnare loro
ruoli che prima erano squisitamente maschili - su tutti la "manager" - ma, allo
stesso tempo, non ha fatto loro perdere quelli tradizionali, la "mamma baby
sitter", la casalinga. Il coinvolgimento paterno nell'educazione quotidiana dei
figli resta tuttavia secondario, e, quando è possibile, affidato di preferenza a
una baby sitter. Sei d'accordo con questa interpretazione?
Sono convinta che i figli debbano stare con le madri.
Sono portata a pensare, avendo un marito molto collaborativo e coinvolto
pienamente nel ruolo di padre, che vivano meglio, crescano meglio, quando c’è la
presenza, in quantità di tempo e in qualità di relazione, di ambedue i genitori.
Ma è altrettanto vero che la nostra società non è costruita per la famiglia: non
lo è per il singolo individuo, figuriamoci per la famiglia così detta
tradizionale. E ancor meno è costruita per i bambini.
Ormai è raro che i nuclei familiari possano permettersi che un solo genitore
lavori. Allora è piena l’Italia di donne con figli che corrono tutto il giorno
per sostenere il peso, la responsabilità del doppio lavoro. L’ufficio, la casa,
la sua organizzazione.
Conosco madri che, non potendo permettersi la baby sitter, sono costrette a
lasciare i figli in tenerissima età – qualche mese – all’asilo nido. E le vedo
che, trafelate, vanno a prenderli all’uscita di scuola, tenendo aperto lo
sportello dell’auto in doppia fila.
E invece, chi può delegare ad una persona estranea la custodia del bambino, lo
fa spesso con mille dubbi: è la persona giusta? Mi posso fidare? Eccetera: mille
e una domande; comunque, mai a cuor leggero.
E non dimentichiamo che spesso si tratta di donne che a loro volta lasciano i
loro figli nei loro Paesi di origine: tu con i tuoi sensi di colpa continui a
lavorare e a crescere nella tua vita professionale, grazie al sacrificio,
comunque e ancora, di altre donne.
Come sei riuscita a conciliare la carriera e la famiglia? E' stato necessario
programmare l'una e pianificare l'altra?
Pianificato? Diciamo che l’organizzazione è vitale: la fatica di tenere tutto
insieme, lavoro e famiglia, e di non sottrarre nulla a niente e a nessuno ha per
forza di cose un costo personale. Ma va bene così.
Capita di lavorare nei weekend o durante le festività: ti affidi all'aiuto di
un familiare, una colf o una baby sitter? E come "giustifichi" le tue assenze
con i figli, o coi familiari?
Domenica, feste comandate…per noi giornalisti, com’è noto, sono giorni come
tutti gli altri. Ci organizziamo con Riccardo, mio marito, giornalista anche
lui, altrimenti la baby sitter, la nonna. Dico a mia figlia che la mamma lavora
per comprare la pappa… e che torna presto. Quando sono libera, stiamo sempre
insieme.
La tua bambina ha una baby sitter "di fiducia"?
Praticamente ho risposto.
Che cosa hai provato la prima volta che hai lasciato tua figlia sola con una
baby sitter? E porteresti la badante con la famiglia anche in villeggiatura?
Cosa provo quando esco di casa e la lascio con la baby sitter? Mi fido di questa
ragazza. Di più, le sono grata. Sono tranquilla, vedo la bimba molto serena.
La maggior parte delle donne in carriera sostiene di sentirsi in colpa nei
confronti della famiglia; è così anche per te?
Il senso di colpa c’è sempre, è inevitabile.
Ti è mai capitato di dovere, o volere, rinunciare a un incarico di lavoro per
la tua famiglia? E di rinunciare a passare qualche ora in più con i familiari
per motivi di lavoro o carriera?
Rinuncio a molto del mio tempo libero, che potrei dedicare solo a me stessa, sia
per il lavoro, che per la famiglia. Rinuncerei a qualunque cosa riguardasse la
mia vita professionale, se mia figlia dovesse avere il minimo problema a causa
della mia assenza.
Dunque, una donna che vuol fare carriera non deve necessariamente rinunciare
alla famiglia, ma accettare dei compromessi? E quando questi ultimi diventano
non più sostenibili?
E' possibile far convivere famiglia e carriera senza eccessivo stress, sensi di
colpa, rinunce? E come, secondo te?
Stress, rinunce… la vita di tutti è costellata di difficoltà più o meno grandi.
Penso alle donne che mantengono i loro figli centellinando gli stipendi dei
mariti, non trovando una occupazione, non avendo una loro autonomia, magari
sopportando situazioni matrimoniali difficili, per i figli, o per mancanza di
possibilità economiche.
Penso alle altre donne, quelle che lavorano, ma non hanno l’asilo sotto casa.
Penso alle donne sole, che mantengono i figli da sole, o a quelle che hanno un
figlio malato, o a quelle donne che un figlio lo vorrebbero e che una legge
ingiusta limita in questo sacrosanto desiderio. La vita delle donne è difficile,
sempre. Senza stress o rinunce non è possibile, neanche nella mia esperienza. Ma
è poca cosa rispetto a molte, troppe altre.
Cosa bisognerebbe fare?
Politiche sociali serie, di reale sostegno della famiglia, non in modo ipocrita.
Della famiglia, ripeto, non necessariamente solo di quella unita in matrimonio.
L’aumento dei salari, delle donne soprattutto, in questo Paese ancora troppo
svantaggiate nella progressione della carriera.
Più asili nido, infine, modello Emilia Romagna. Ce li invidia il mondo.