|  Telegiornaliste 
	anno II N. 14 (46) del 10 aprile 2006 
 Guadagnini, giornalista di emozioni di 
	Silvia Grassetti
 Fabio Guadagnini è uno dei 
	volti di 
	Sky Sport. Ed è un giornalista versatile, capace di approcciare, per 
	conoscenza personale, varie discipline sportive. Gli abbiamo chiesto di 
	parlarci della sua carriera e delle novità in vista dei Mondiali.
 
 Come hai scelto di fare il giornalista e come è iniziata la tua 
	carriera?
 «A diciassette anni come speaker in alcune radio locali in 
	provincia di Belluno, dove sono nato e cresciuto. Facevo tutto: oroscopi, 
	ricette, playlist alternative, contabilità. A vent'anni ho cominciato con i 
	primi servizi televisivi a 
	TeleBelluno, fra assessori, consigli comunali e palestre 
	scolastiche. La mia passione di ieri e di oggi è la musica, e lo 
	sport praticato
        (pallavolo da piccolo, basket fino a trenta anni, palestra oggi), 
	“masticando” anche hockey ghiaccio e sci, molto popolari nelle Dolomiti.
 La tv locale è una grande palestra per questo mestiere, perché 
	sei chiamato a fare di tutto. Lo consiglio sempre a tutti i giovani che 
	vogliono iniziare questo mestiere.
 Il salto di qualità è arrivato nell’agosto del 1991, quando 
	Rino Tommasi mi ha selezionato per la nuova redazione di Tele+».
 
 Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
 «Ho la fortuna di averne avuti diversi in questi ultimi quindici anni: 
	Rino Tommasi mi ha insegnato il rigore e la precisione, 
	Aldo Biscardi il fiuto per la notizia, Darwin Pastorin 
	l’importanza della memoria storica, Mario Sconcerti l’approccio 
	critico, Giovanni Bruno, il mio attuale direttore, la capacità 
	manageriale».
 
 Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
 «Gli amici con cui divido l’avventura di 
	Sky: sono tutti giovani e bravissimi, sono uno stimolo 
	quotidiano.
 Ammiro la grande capacità incidere sul tema di Giorgio Tosatti, 
	la grinta rigorosa di 
	Toni Capuozzo, la risolutezza di Vittorio Feltri.
 Fra le colleghe mi piace Sarah 
	Varetto
        di Sky Tg24 e Monica Leofreddi, con cui ho avuto la 
	fortuna di lavorare».
 
 Tu sei un giornalista sportivo a tutto tondo: anche se attualmente 
	segui da vicino la Champions League, nella tua carriera ti abbiamo visto 
	occuparti e interessarti di wrestling, pallavolo, basket... non di solo 
	calcio vive l'uomo?
 «Eh no, vivere di solo calcio sarebbe un problema! L’uomo non può che 
	vivere di passioni, e lo sport, non solo il calcio ma tutto lo sport, è 
	una passione che non ti tradisce mai. Praticando sport ho avuto la fortuna 
	di crescere lontano da deviazioni negative. Visto in tv, lo sport è la più 
	bella forma di intrattenimento del pianeta.
 Il calcio da noi è molto popolare, ma può ancora imparare da altri 
	sport: è più anarchico del basket e del volley, dove non puoi giocare da 
	solo; dovrebbe ispirarsi al codice etico di rugby e hockey ghiaccio, dove i 
	giocatori si “menano” in campo, ma si stringono sempre la mano al fischio 
	finale».
 
 Come è cambiata la tv satellitare negli anni, da Tele+ a Stream, a 
	Sky?
 «Tantissimo! Dal paleozoico della pay-tv ora siamo proiettati 
	nell’era moderna. Quindici anni fa Tele+ ha avuto il merito di aprire una 
	nuova era televisiva, Stream di aumentare la competizione sul 
	mercato. Sky sta dimostrando che la pay-tv è il rifugio 
	dell’informazione libera e del buon intrattenimento. L’informazione è 
	equilibrata, capillare e tempestiva, l’intrattenimento non ha 
	confini, è di massima qualità. Un abbonato di Sky è libero sempre: di 
	scegliere come e quando vedere ciò che più gli interessa, in anteprima, con 
	la massima qualità. E poi c’è la tecnologia dei servizi interattivi e, 
	presto, dell’alta definizione. Meglio di così non saprei».
 
 C’è differenza fra i format satellitari e quelli per la tv in chiaro?
 «La differenza sta nella libertà di chi produce i programmi e di chi ne 
	fruisce: ogni nostro nuovo programma è mirato verso il gradimento e la 
	crescita culturale del nostro pubblico. Il loro parere è la nostra guida. 
	Sappiamo che il nostro pubblico paga per vedere. È fondamentale la qualità e 
	la competenza, senza condizioni poste da esigenze commerciali o di “share”. 
	La corsa spregiudicata agli ascolti spesso lega i polsi ai programmi 
	in chiaro. Nelle tv in chiaro non sempre al successo di “share” corrisponde 
	la qualità».
 
 Come si sta preparando la redazione di Sky Sport in vista dei 
	prossimi Mondiali di Germania? Ti vedremo sul "campo"?
 «Sky sarà la televisione del Mondiale 2006. Per noi è una grande 
	scommessa, e sarà vincente. Oltre alla visione totale dei 64 match di 
	Germania 2006 stiamo preparando oltre un mese di programmazione non stop 
	dalle sette del mattino fino all’una di notte, sempre in diretta. Tutto nel 
	nostro stile: news e approfondimenti, curiosità e tattica, rigore di 
	cronaca e intrattenimento. E poi la tecnologia, con l’alta definizione, 
	e l’interattivo, che ci permetterà di non perdere nulla del Mondiale. Poi ci 
	sarà qualche sorpresa molto divertente che stiamo ancora definendo, e che 
	non posso anticipare.
 Anche per me sarà un sogno che si materializza: sarò in campo con 
	campioni come Paolo Rossi, Gianluca Vialli, Josè Altafini, Pierluigi 
	Collina, Zvonimir Boban e molti altri».
 
 C'è un sogno giornalistico nel cassetto di Fabio Guadagnini?
 «Se è vero che i sogni rispecchiano il proprio carattere, ce n’è uno che 
	può realizzarsi a breve: commentare di nuovo una finale di Champions 
	League tra due squadre italiane, come mi è capitato di fare all’Old 
	Trafford tre anni fa. Magari capita a Parigi il prossimo 17 maggio…
 Un giorno vorrei poter lavorare nel primo canale tv realizzato 
	direttamente dal pubblico. Sono certo che prima o poi nascerà».
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