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Arianna ChieliTelegiornaliste anno IV N. 21 (146) del 2 giugno 2008

Arianna Chieli, la giornalista cross-mediale
di Valeria Scotti

Giornalista pubblicista, Arianna Chieli è nata in Umbria, dove ha mosso i primi passi nel giornalismo conducendo il tg locale. Ha lavorato come autrice tv per MTV Italia, Telemontecarlo, Luxe Tv, Jimmy e ha scritto per numerose testate nazionali. Attualmente si occupa di moda e costume per Corriere Tv, la web tv di Corriere della Sera e per Current tv, la tv di Al Gore.

Sei una web journalist per il sito di Corriere della Sera. E’ un modo di lavorare completamente differente rispetto alla tv…
«Sono nella rete dal 1999, tempi non sospetti, direi, anche se l’avvento del web 2.0 ha rivoluzionato il modo di fruire questo medium. Adesso c’è la banda larga quasi ovunque e il nostro sogno pionieristico di interattività è diventato a portata di click! E, per fortuna, emerge l’esigenza di giornalisti come me. Ho iniziato a produrre video per Corriere.it nel 2001, visto che avevo già delle pregresse esperienze televisive: sapevo come montare un servizio, conoscevo i tempi televisivi, giravo con la mia handcam e inviavo gli streaming in redazione. Oggi è un po’ diverso: giro con un cameraman perché preferisco stare davanti alla telecamera, montiamo e inviamo il tutto in tempi rapidissimi».

La tua esperienza al Corriere.it?
«E’ senz'altro la più importante nel contesto del web journalism, un'esperienza che mi ha arricchita e che è cresciuta progressivamente. Se all'inizio il peso dei contributi video era relativo, oggi è decisamente molto più importante. Inoltre, l'ambiente fortemente dinamico e un direttore giovane e attento al nuovo - Marco Pratellesi - non potevano che essere una spinta a migliorare. Mi auguro di continuare così, magari con qualche spazio in più…».

Hai lavorato come autrice per programmi televisivi, come giornalista per la carta stampata. A cosa è dovuta questa tua versatilità?
«Credo che chiunque abbia qualcosa da esprimere, possa farlo in diversi modi. Io volevo fare la giornalista, raccontare delle cose, e così ho provato diversi mezzi come la carta stampata e la televisione. Credo che tutto ciò sia dovuto a una mia intrinseca curiosità, al fatto che non sono monodimensionale e mi riconosco in più espressioni, un po’ per necessità visto che il giornalismo italiano è ancora una casta, e poi perché mi sono ritrovata in mezzo a una rivoluzione tecnologica».

Qualche anno fa hai aperto un tuo sito. Quanto è andato ad affiancare la tua professione?
«Il sito è partito come una sorta di vetrina proprio grazie alla mia familiarità con la rete. E’ un mezzo di espressione contemporanea, a metà tra un rigurgito egotico e un modo di passare notizie per me interessanti. Io parlo di moda e costume e magari trovo uno stilista geniale, ma non ho uno spazio per dirlo, allora lo dico lì, sul mio sito, faccio vedere quello che piace a me, che interessa me. Quello che spesso non trova spazio altrove e anche una buona dose di “vita mia”».

Tra le tue passioni, c’è quella per le scarpe: proprio sul sito hai pubblicato parecchie foto della tua collezione di scarpe in una sezione chiamata senza malizia Feticci. E da lì si sono scatenate alcune richieste "morbose" di poter acquistare le tue calzature…
«La cosa mi ha fatto e mi fa sorridere. Al di là delle tante donne e amiche che, come me, impazziscono per le scarpe, ci sono i feticisti per i quali il richiamo sessuale di un piede femminile, meglio se con tacco 11, è irresistibile. Certo, è una piega dell’animo umano, può anche divertirmi ma l’aspetto sessuale non mi interessa, se non a livello antropologico. Mentre l’aspetto fashion, quello non lo mollo».

Come ti rapporti al precariato nell’ambiente del giornalismo?
«Credo che all’estero ci sia più meritocrazia che in Italia. Basta provare a inviare un curriculum a un qualsiasi editore straniero, anche alla CNN: loro rispondono subito, mentre in Italia certe aziende parastatali non permettono neanche di inviare un curriculum visto che il form che mettono in rete non funziona. Nelle redazioni italiane gli assunti sono pochissimi: c’è un esercito di free lance che lavorano pagati al pezzo. E’ una situazione che va di pari passo con il precariato che esiste anche nelle altre professioni. D’accordo flessibilità, ma ci vorrebbe anche una tutela diversa del lavoratore, come ci vorrebbe una tutela più forte della maternità. Sono madre e sperimento sulla mia pelle ogni giorno cosa significa essere madri lavoratrici e precarie in Italia, dove in teoria si incentiva la natalità, ma in pratica quando hai generato una creatura, poi sono affari tuoi…».

Che giornalista ti consideri?
«Mi definisco una giornalista "cross-mediale" perché utilizzo tutti i mezzi possibili per far arrivare un messaggio. Credo che il mio futuro sia nella commistione tra tv e internet. Mi piace tantissimo stare davanti alla telecamera, intervistare le persone e credo di avere del talento su questo, sul riuscire a far parlare e a mettere a proprio agio gli intervistati. Ci sono alcuni giornalisti italiani che mi piacciono, come Antonello Piroso o la mitica Milena Gabanelli, ma anche e soprattutto il giornalismo “meno ingessato” di Vanguard Journalism, in onda su Current tv, con la quale sto da poco collaborando per i pod italiani. Credo di essere la portabandiera di un giornalismo che si sta affermando e che vedrà nelle generazioni future un tipo di fruizione diversa. Io stessa sono interconnessa a più livelli: portatile, smartphone, due telefoni cellulari. La mia fruizione della notizia non è limitata al singolo articolo di giornale che acquisto, ma ho tante fonti che mi stimolano e, allo stesso modo, voglio utilizzarle per stimolare gli altri».

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