Telegiornaliste
anno V N. 9 (180) del 9 marzo 2009
Luigi Casillo, dal marketing
al giornalismo
di Mario Basile
«Dopo le superiori a Napoli, sono andato a
studiare a Milano alla Bocconi ed una volta
laureato ho iniziato subito a lavorare per una
multinazionale americana. Mi occupavo di
marketing. Ho capito però in fretta che non era
quello che volevo fare…». Racconta così la sua
storia
Luigi Casillo, capo della redazione milanese
di SkyTG24. Gli anni di studio a Milano,
la laurea in un ateneo prestigioso come la
Bocconi che gli apre le porte di una
multinazionale americana. Poi il colpo di scena,
la decisione di seguire la sua antica passione;
il giornalismo.
Quale molla è scattata per farti prendere un
passo così importante?
«Sentivo chiaramente che quella non era la mia
strada. Il giornalismo è sempre stata una mia
passione, già quando vivevo a Napoli collaboravo
con qualche periodico. Mi occupavo di libri:
facevo recensioni e intervistavo gli scrittori.
Contemporaneamente studiavo, poi ho iniziato a
lavorare, finché non ho deciso di far diventare
un lavoro ciò che veramente mi piaceva fare. Ci
ho provato e ci sono riuscito».
È una scelta che in pochi avrebbero fatto
considerata la difficoltà ad emergere. Tu che ce
l’hai fatta ti senti di aver compiuto
“un’impresa”?
«Non mi sento di aver realizzato un’impresa. Mi
sento come molte persone che cercano con affanno
la propria strada nella vita e nel mondo. Io
continuo a provarci perché non mi sento ancora
arrivato alla stazione. Tutt’altro».
Napoli e Milano sono due realtà completamente
diverse. Sei riuscito ad ambientarti subito?
«Sì, nonostante si dica che Milano e i milanesi
siano freddi, devo dire che non ho notato una
cosa del genere. È chiaro che qualcosa di
differente c’è: i ritmi di Milano sono molto
diversi, si fa più fatica ad abituarsi ad essi.
Anche il tipo di persone è completamente
diverso, ma qui sono comunque riuscito ad
instaurare dei rapporti di amicizia molto forti
e ho anche sposato una settentrionale, visto che
mia moglie è di Pavia».
Diceva Kapuscinski che "il cinico non è adatto
a questo mestiere", perché se si è cinici poi
non si entra in sintonia col mondo e non lo si
sa raccontare. Sei d’accordo?
«Da un lato è vero ed è una cosa che vale
soprattutto per la carta stampata: quando leggi
un pezzo di una persona che partecipa molto
all’evento che va a raccontare ti trasmette quel
qualcosa in più. Però un minimo di cinismo ci
vuole, altrimenti si corre il rischio di non
riuscire a raccontare alcune cose terribili che
accadono nel mondo. E ce ne sono parecchie».
La redazione di SkyTG24 ha avuto il merito di
riuscire ad imporsi in un panorama di
informazione televisiva giornalistica già
definito. Dove e come nasce questo successo?
«Innanzitutto dall’utilizzo di gente giovane che
ha rotto la “messa cantata” dei telegiornali
tradizionali, un po’ paludati, che ci sono in
Italia. Poi anche dal fatto che non avendo
referenti politici di alcun tipo, c’è una certa
libertà di muoversi e di fare delle scelte che
altri non possono permettersi. Come quella di
eliminare il terrificante pastone politico che
va in onda negli altri tg.
Quest’ultimo è un piccolo segnale che mostra lo
spirito con cui lavoriamo e che credo piaccia al
pubblico».
Una sana competizione tra colleghi non può far
altro che migliorare la qualità del lavoro. Vale
anche in una redazione e, soprattutto, è una
cosa realmente possibile?
«All’interno di un gruppo è meglio che vi sia
collaborazione più che competizione. Un minimo
di competizione forse può aiutare per avere più
motivazione, ma credo che i veri successi si
ottengano col lavoro di squadra. Soprattutto in
una macchina organizzativa complessa come la
nostra, che va in onda sempre e non ha tempi
morti».
Tornando a te, com’è la tua giornata tipo?
«Io sono a capo della redazione di Milano e il
mio lavoro è prevalentemente di coordinamento,
anche se poi mi trovo a seguire personalmente
delle cose. La mattina presto faccio un punto
della situazione con i colleghi di Roma per
fissare gli avvenimenti da seguire in giornata e
confermare quanto stabilito il giorno prima.
Tendenzialmente abbiamo una storia importante
che seguiamo nel corso della mattinata e su
quella utilizziamo il nostro pulmino per fare le
dirette nei nostri telegiornali più importanti,
quelli delle 12 e delle 13. Restiamo poi a
monitorare i vari eventi nel corso del
pomeriggio. La sera cominciamo a pensare alla
giornata successiva decidendo le cose su cui
puntare per poi eventualmente confermarle nella
prima riunione dell’indomani».
Stefano La Marca ci ha rivelato che tanti
giornalisti hanno la passione della cucina. Sei
anche tu tra questi?
«Conosco qualche collega appassionato di cucina,
ma personalmente preferisco mangiare. Cucino
solo se è indispensabile. Le mie passioni sono
la lettura, il cinema e l’arte».