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Telegiornaliste anno VII N. 16 (276) del 25 aprile 2011
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MONITOR Carla
Monaco, tra desideri e sogni nel cassetto
di Raffaele Dicembrino
Incontriamo la giornalista Carla Monaco in
forza alla sede Rai della Calabria. Su RaiUno, una collaborazione sporadica con
la trasmissione di Marzullo, Applausi. Ha iniziato la sua carriera in Rai
al Giornale Radio.
Come è nata la passione per il giornalismo e dove hai avviato la tua carriera?
«La mia passione per il giornalismo è nata praticamente alle elementari. Il mio
papà, all'epoca, lavorava in un quotidiano locale, Il giornale di Calabria,
diretto da Piero Ardenti. Era un cronista, faceva molta nera. Un giorno mi ha
portato a vedere il posto dove lavorava e sono rimasta affascinata, c'erano
ancora le linotype e il linotypista mi ha regalato il mio nome composto a
piombo, da usare come una sorta di timbro. Ce l'ho ancora, è il mio
portafortuna. L'ho sempre considerato di buon auspicio, un segno del destino per
dirmi che, un giorno, sarei diventata una "firma". Quello che non avevo
considerato era l'idea di fare radio o televisione... la vita è strana! Quanto
alla mia carriera, non so dire esattamente dove e quando è cominciata. Il primo
articolo l'ho scritto che andavo ancora alle medie. Era sugli occitani di
Calabria, una minoranza linguistica della mia terra. Poi nel periodo
dell'università, mentre lavoravo alla mia tesi, ho iniziato a collaborare con Il
quotidiano della Calabria, un giornale locale che aveva appena aperto.
All'inizio mi occupavo di teatro, mi sono laureata in lettere con indirizzo
artistico e la mia tesi era di semiologia dello spettacolo, poi ho cominciato a
fare la cronaca. La vera svolta però è arrivata dopo la laurea, con l'ammissione
all'Ifg di Urbino. La scuola di giornalismo mi ha dato l'opportunità di fare
l'esame da giornalista professionista e di ottenere una serie di stage, tra cui
uno in Rai».
Un tuo ricordo?
«Il mio primo giorno in Rai è stato da stagista... avevo appena finito il primo
anno dell'Ifg ed era la prima volta che mettevo piede in una redazione nella mia
nuova veste di giornalista praticante. Ero emozionatissima. Lo stage era a Roma,
al Giornale radio rai. Appena arrivata mi mandarono al Gr2. Il caporedattore,
Gaetano Barresi, non c'era. Mi affidarono al suo vice, Fulvio Casali, che non
conosceva bene le norme sull'utilizzo degli stagisti. Noi, a stento avremmo
potuto andare in voce... lui mi fece fare una diretta per il Gr delle 12.30!
Volevo morire. Era uscita un'agenzia all'ultimo momento, su lady Poggiolini e i
soldi nascosti nel pouf, mancavano pochi minuti alla messa in onda e non c'era
tempo di preparare un testo. Ho dovuto fare tutto a braccio... ma alla fine è
andata bene e ha pure portato fortuna! Lo stage è andato benissimo, al Gr sono
tornata anche l'anno dopo per un altro stage, e quando ho finito la scuola il
direttore dell'epoca (Paolo Ruffini) mi ha chiamato per una sostituzione
estiva».
Sei anche una valida collaboratrice di Applausi, la trasmissione di
Marzullo con la quale ha cominciato a lavorare quest'anno dalla Calabria.
«Si tratta di una collaborazione fortuita, nata quasi per caso. Marzullo fa da
qualche anno questo programma dedicato al teatro con collegamenti da tutte le
regioni d'Italia. Solo con la Calabria non era mai riuscito a fare nulla. Così
quest'anno ha dato incarico a una sua collaboratrice, Alessandra Barone, di
chiamare la sede Rai di Cosenza e chiedere se c'era qualcuno che poteva fare una
cosa del genere. Il mio caporedattore Annamaria Terremoto, presa alla
sprovvista, non aveva idea... ne stava parlando con il suo vice, Pasqualino
Pandullo, quando sono arrivata io... la persona giusta al momento giusto! Ho
sempre lavorato molto con gli spettacoli, ho studiato cinema e teatro pure
all'università, mi sono candidata subito! Il primo collegamento è andato bene
così Marzullo ha cominciato a chiamarmi con una certa frequenza».
Dal Giornale radio al Tg regionale della Calabria. Perché questo passaggio?
«Un po' per necessità, un po' per scelta. Al Giornale radio mi trovavo
benissimo, avevo fatto cose importanti e molto belle, ma sono calabrese e sono
pure figlia unica. In quel momento, per una serie di motivi, avevo bisogno di
tornare a casa. C'è stata un'opportunità, in questo senso, e l'ho presa subito
al volo».
Sogni nel cassetto?
«Tanti e forse nessuno. Ci sono molte cose che mi piacerebbe fare, ma non credo
che mi capiterà mai l'occasione giusta. Adoro il mare e mi piace lavorare sugli
"itinerari": mi divertirei un mondo a fare Linea blu, Linea verde
o qualche altro programma del genere. Vorrei occuparmi di più degli spettacoli,
anche di cinema oltre che di teatro. Mi piacerebbe anche avere una rubrica mia.
Il sogno vero però è di fare l'inviato, girare sempre, occuparmi delle cose
veramente importanti. A cominciare dalla cronaca. I desideri sono tanti, come
vedi. Temo che non si avvereranno, però!».
Aneddoti lavorativi?
«Aneddoti ce ne sarebbero tanti, è difficile fare una scelta. Anche perché più
mi sforzo, più non mi viene in mente una cosa in particolare...». |
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CRONACA IN ROSA Mal
di vacanza di Anna Rossini
Le tante agognate ferie. L'obiettivo dell'anno
lavorativo. Si inizia a settembre, con l'occhio incollato al
calendario a scrutare possibili ponti, festività,
celebrazioni, week-end lunghi, tanto per sopravvivere fino a
Natale. Poi una dolorosa tirata fino a Pasqua, e lo strazio
se 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno cadono di sabato o
domenica. È dura resistere fino all'estate...
Con ansia aspettiamo le tanto agognate ferie per poi
scoprire che – puff! - passano in un attimo. E che il
benefico relax guadagnato da viaggi, gite, giornate
all'aperto o più semplicemente dal dedicarsi ai propri
hobby, si dissolve appena varcata la porta dell'ufficio o
subito dopo aver aperto la casella di posta elettronica.
Effetto ansia. Desiderio di scappare, questa volta
definitivamente.
Volgiamo poi parlare della valigia? Equipaggiati per ogni
evenienza, dalla pioggia, al sol leone, agli uragani, ci
attendono almeno tre giorni di lavatrici e di vestiti stesi
ovunque. Ma ancora più terribili sono i racconti ad
amici e parenti. C'è chi si accontenta di un “tutto bene,
posto bellissimo”, c'è chi invece non si rassegna e pretende
la telecronaca minuto per minuto.
E poi lo strazio delle foto. Comoda la digitale, ma diventa
difficilissimo scegliere, modificare, ritagliare 1000 o più
immagini. Si fotografa qualsiasi cosa, in un
desiderio di ricordarsi di tutto, di immortalare tutto,
peccato poi non avere mai il tempo di riguardare le immagini
da World Press Photo. E poi bisogna archiviare,
scrivere le didascalie, mettere le etichette, perché, fra
qualche mese, chi si ricorderà il nome assurdo di quel posto
dove si è fatta una tappa di cinque minuti?
Ok, lo ammetto. Sono stata in vacanza. Fuori stagione.
Niente esodo di Ferragosto, niente posto ombrellone a costi
proibitivi. Evviva. Ma lo shock del ritorno, credetemi, è
esattamente lo stesso. |
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FORMAT Diario
semiserio di una persona che non ha mai visto il
Grande Fratello
di Giuseppe Bosso
È un lunedì mattina di inizio primavera,
mi sveglio al profumo del caffè che viene dalla
cucina e mi incoraggia ad affrontare
un'ennesima, dura settimana di lavoro.
Esco di casa e prendo il tram. Intorno a me,
come di consueto, ragazzini e ragazzine che
vanno a scuola. Li ascolto: "Vince Andrea", "No,
Jimmy". Penso parlino di qualche gara sportiva
scolastica, atletica magari.
Arrivo in ufficio. Non tira una bella aria per
noi: si parla di cassaintegrazione, di tagli, di
licenziamenti imminenti, di nuovi padroni che
arriveranno dall'estero. Ma c'è anche chi, tra
tanti mormorii preoccupati, trova il tempo per
"Ma quant'è bella Margherita". "No, Rosa lo è di
più". E io penso: c'è anche chi, con l'aria che
tira, trova il modo di spettegolare sulle
colleghe di un altro reparto.
Finito il turno mi fermo al bar per un caffè. Un
tale dice: "Ho scommesso 100 euro sulla vittoria
di Jimmy, è sicuro". Cento euro? E per
cosa avrà scommesso? Sarà un pugile, uno
sportivo...
Rieccomi finalmente a casa. Cena, un po'di
televisione per vedere le ultime notizie sugli
sbarchi che continuano e sulle incertezze della
maggioranza, e poi il meritato riposo. Vado a
letto cercando di scrollarmi di dosso i lugubri
pensieri del giorno, quando verso mezzanotte
vengo svegliato da un boato. Cosa sarà successo?
Non mi pare sia giorno di calcio, il lunedì...
Mi affaccio alla finestra e vedo gente festante
per la via. La spiegazione arriva dalla mia
vicina tutta trafelata: "Ha vinto Andrea,
ha vinto Andrea, lo sapevo!".
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HOT GIRLS Quando
ad essere lungo è l’anulare
di Valeria Scotti
In amore – vabbè, diciamo in camera da letto -
l'unica lunghezza che conta è quella
dell'anulare dell'uomo. Fede o non fede del
matrimonio, quella può passare anche in secondo
piano. Non lo avremmo mai detto, ma a
bacchettarci è uno studio promosso
dall'Università di Ginevra. Leggiamo.
La ricerca, coordinata da Camille Ferdenzi, un
bel giorno ha misurato il rapporto tra la
lunghezza dell'anulare e quella dell'indice di
49 uomini. A 80 donne tra i 18 e i 34 anni è
stato poi chiesto di valutare l'attrattività e
la mascolinità delle 49 cavie, basandosi solo
sulla foto del loro volto, sul suono della voce
e sull'odore corporeo. Stop.
I risultati, dunque. I più sexy? Gli uomini con
l'anulare più lungo. Un vero manifesto di
grandi capacità seduttorie. Una
caratteristica, ha fatto sapere la Ferdenzi,
determinata dall'esposizione al testosterone fin
dai primi stadi dello sviluppo durante la
gravidanza. E oltre alla misura dell'anulare,
"questa condizione determina altre
caratteristiche come la simmetria del volto". Un
punto in più che attrae il genere femminile.
Altro che
27
centimetri. Lo sguardo, scopriamo ora, va
orientato da tutt'altra parte. Noi, povere
illuse. |
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DONNE Addio
alla bruna di Hollywood
di Simona Di Martino
Assieme alla divisa militare e a qualche
ricordo di famiglia, nella sacca dei soldati
americani al fronte non mancava mai una sua
foto: Jane Russell, sex symbol degli
anni Quaranta e Cinquanta, scomparsa lo
scorso 28 febbraio all'età di 89 anni.
L'attrice, che affiancò Marilyn Monroe in
Gli uomini preferiscono le bionde, è
stata una celebre pin-up negli anni
in cui il corpo femminile destava ancora
scandalo con innocenti scollature e
ginocchia scoperte.
Alta, bruna e avvenente, Jane Russell aveva
iniziato a studiare recitazione seguendo le
orme della madre, attrice di compagnie
itineranti. Il debutto avvenne nel 1943 con
Il mio corpo ti scalderà (The
Outlaw), western diretto da Howard Huges
che subì ben cinque anni di censura perché
l'appena ventiduenne Jane esibiva le sue
forme perfette in abiti succinti che
minavano gli standard morali della
cinematografia dell'epoca.
Scandalo o no, il successo era ormai
assicurato, e la bella Jane entrò presto nel
cuore degli americani che si affezionarono
anche al suo carisma, oltre che alla sua
indiscutibile bellezza.
Ad una carriera brillante tra cinema,
night-club, pubblicità e teatro, fa specchio
il desiderio di una vita privata
tradizionalissima. «Sono nata per il
matrimonio. La vita di famiglia è un
sostegno in qualsiasi circostanza. Assieme
alla mia fede in Gesù». E di fede ne ebbe
davvero tanta, se nonostante fosse rimasta
per due volte vedova e senza figli decise di
adottarne tre: Tracy, Thomas e Robert John.
Il suo amore per la famiglia si è tradotto
nella nascita, nel 1955, del World
Adoption International Fund (WAIF),
associazione per sostenere l'affidamento di
bambini orfani stranieri a famiglie
americane. |
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