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Archivio Telegiornaliste anno VII N. 14 (274) del 11 aprile 2011
 
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MONITOR Lavinia Bruno: forse sono stata la prima Iena di Giuseppe Bosso

Professionista dal 1996, Lavinia Bruno lavora a La7. Dopo aver condotto il tg, attualmente fa parte della redazione cronaca.

A quasi un anno dal suo arrivo che voto dai al direttore Mentana?
«Decisamente dieci e lode. Ha compiuto un vero e proprio miracolo rilevando il nostro tg in una situazione delicata. C'era il pericolo di 25 licenziamenti - fortunatamente scongiurato con i contratti di solidarietà - ed è riuscito in breve tempo a quadruplicare gli ascolti».

Eppure La7 viene sempre descritta come un'oasi felice: concordi?
«Diciamo che negli ultimi tempi lo è stata di meno... Penso sia piuttosto semplicistico dare queste definizioni, il nostro è un ambiente come altri».

Una decina d'anni fa, giovane inviata agli inizi, ti trovasti coinvolta in una spiacevole situazione alla Sapienza di Roma dopo l'omicidio di Marta Russo. Parliamo dell'aggressione verbale e fisica per mano del professor Campa che non voleva rilasciare dichiarazioni in merito alla tragedia: è stata la tua esperienza peggiore?
«Mi spaventai molto, non lo nascondo. Mi recai sul posto e subito avvertii l'atmosfera di omertà che regnava intorno alla facoltà. Faccio con passione il mestiere e non mi piacciono queste reticenze, per cui cercai subito di affrontare le persone in maniera diretta, ma il professor Campa fu sgarbato e maleducato, mi colpì con il microfono e allora dissi al cameraman di riprendere proprio perché volevo far vedere alla gente questo clima di omertà. Ti dirò che sotto sotto ho il sospetto di essere stata io l'ispiratrice delle Iene, che proprio di lì a poco partirono su Italia 1 con la prima edizione...».

Da inviata di cronaca, argomento purtroppo sempre alla ribalta dopo le tragedie di Sarah e Yara, quale credi debba essere il ruolo dell'informazione?
«Potrei darti una risposta da giornalista, dicendo che è il nostro dovere quello di informare; la vicenda di Sarah, però, a mio giudizio è stato lo spartiacque di questa escalation di casi di cronaca seguiti a 360 gradi dall'informazione. Ho trovato decisamente pesante quello che hanno fatto ad Avetrana tanti colleghi, nel rapporto con la gente del paese e nell'esposizione dei fatti. Difenderò sempre il nostro lavoro, ma quello che ho visto non mi è piaciuto per niente».

Se non avesse fatto la giornalista, cosa sarebbe diventata Lavinia Bruno?
«Credo proprio che mi sarebbe piaciuto lavorare nel campo umanitario. Ho seguito il dramma post-terremoto di San Giuliano nel 2002 e poi L'Aquila nel 2009; mi sono sentita parte delle squadre di soccorso, parte dei vigili del fuoco. Il dolore delle persone che hanno perso tutto in quei drammatici momenti mi ha molto toccato».

Come ti è sembrato il nostro sito?
«Molto simpatico e ricreativo. Mi dà anche modo di confrontarmi con altri colleghi e di trovare anche qualche simpatico commento, tipo "quel giorno Lavinia doveva essere nervosa", con l'occhio dello spettatore...».

Un aggettivo per descrivere Lavinia come donna e come giornalista.
«Umana».

Ti hanno mai messo il bavaglio?
«No. Nei servizi evito di far venire fuori le mie opinioni. Non subisco condizionamenti ma da convinta salutista quale sono, quando mi trovo a dover fare interviste in cui tratto di argomenti come per esempio,gli Ogm, rischio talvolta di 'esplodere'. Ecco, in quei casi sono io che mi auto-imbavaglio da sola (scoppia a ridere, ndr)».
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CRONACA IN ROSA Quando Penelope è un'ingenua di Chiara Casadei

Tutti la conosciamo per la fedeltà senza sconti nei confronti del suo amato e per l’astuzia che l'ha resa una figura simbolo dell’Odissea. Un breve ripasso per chi non ricorda i dettagli: la famosa Penelope, spartana di nascita, attese il suo Ulisse per venti lunghi anni, sottraendosi ai pretendenti e rimandando la scelta di un nuovo sposo con la scusa di dover tessere la tela per il suocero Laerte durante il giorno, ma disfacendola poi la notte.

Oggi questo stratagemma sarebbe più simile a un’apprezzata lealtà o a un’inerme ingenuità? Lisa Klimt la considera una vera e propria maledizione e accentua il carattere di sottomissione di quelle donne moderne che si “murano” per amori ingrati, soccombendo ai loro uomini. Penelope non ne può più - il cui sottotitolo provocatorio recita “Il romanzo per tutte le donne stufe di aspettare l’uomo che dice di amarle” - parla di Stéphanie, una donna che apparentemente ha tutto quello che si può desiderare, compreso appartamento a Parigi e lavoro in una rinomata casa editrice. Unica pecca? Un fidanzato fotografo di moda costantemente in giro per il mondo, con una troupe di modelle al seguito.

E così Stéphanie, o meglio ancora la donna moderna colpita dalla maledizione di Penelope, si trova lentamente intrappolata tra un divano ormai consumato e uno zapping sfrenato; unico compagno di sventura è il molesto cagnetto Telemaco. Inaspettatamente l’incontro fatale con un affascinante uomo, simile a un divo del cinema, muterà il suo destino. E forse da “Penelope victim” si trasformerà nell’eroina che vendicherà tutte le sottomesse, partendo proprio dallo spegnere la tv. Leggere per credere.
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FORMAT Ester Chianelli: biologia, viaggi e giornalismo! di Giuseppe Bosso

Incontriamo questa settimana Ester Chianelli, da poco tempo nello staff del programma L’ora legale, condotto da Gianni Ambrosino e Patrizio Rispo in onda il giovedì su Canale 21. Per la stessa emittente l’estate scorsa ha affiancato Peppe Iannicelli in Sorrisi d’estate; ha lavorato anche a Village news. Affianca Lorenza Licenziati nel programma In città, in onda su Televomero.

Come stai vivendo questa parentesi a L’ora legale?
«È un’esperienza interessante che mi permette di districarmi tra vari argomenti, dalla politica alla cultura, un ottimo trampolino di lancio proprio perché offre la possibilità di potersi specializzare in tante cose. Sono laureata in biologia marina e ho avuto modo di lavorare seguendo la mia grande passione, i viaggi. L’anno scorso a Sorrisi d’estate affiancavo Iannicelli che mi suggeriva di parlare di biologia, tra un viaggio e un altro».

Siete da poche settimane in onda, ma già avete vissuto un momento clou con lo scontro tra De Magistris e Mastella in occasione della puntata dedicata ai candidati a sindaco di Napoli. Come ti è sembrato questo momento?
«Sicuramente ha dato molto risalto alla trasmissione, i momenti di tensione fanno audience. Personalmente però non l’ho vissuta come una parentesi edificante, mi dissocio totalmente dalla tv ‘urlata’ che, per quanto possa piacere, non ritengo formativa. Diciamo che non è stata una buona partenza per la campagna elettorale».

E da cittadina napoletana cosa chiedi al sindaco che verrà?
«Maggiore attenzione al mare e al turismo, due risorse che andrebbero valorizzate; il mare soprattutto per Napoli è legato esclusivamente alle attività del porto come luogo di scambi. Città come Marsiglia e Barcellona, per esempio, sono da prendere a modello, eppure non hanno porti con la stessa storia di quello partenopeo. Spero che il nuovo primo cittadino abbia una mentalità diversa sul tema e capisca che è la strada da seguire, oltre a quella della pulizia delle strade e alla maggiore attenzione alla cultura e all’arte».

Tante interviste anche nell’altra tua attuale occupazione con Lorenza Licenziati: a cosa finalizzi la tua gavetta?
«Aspiro a diventare giornalista professionista. Anche mio padre e mio fratello sono giornalisti e quindi seguire le loro orme è stato inevitabile. Finora ho avuto la fortuna di lavorare con persone in gamba come Lorenza e Peppe Iannicelli che mi hanno insegnato e continuano a insegnarmi tanto. Le interviste sono un altro momento di grande formazione, ma non sempre è facile avvicinarsi ai protagonisti dello spettacolo, del teatro, le cosiddette primedonne che non hanno un linguaggio aperto a tutti. Per il resto direi che Lorenza è davvero l’esempio da seguire, una persona che con umiltà ha saputo diventare una vera signora del piccolo schermo mantenendo sempre i piedi per terra».

Sei una Indiana Jones in gonnella: quale posto ti è rimasto principalmente impresso?
«La Tunisia e il suo popolo stupendo, affettuoso; dovunque si respira un profumo intenso di gelsomino. E poi c'è il rapporto splendido con il responsabile dell’ente turismo, Abdel Behiri, che recentemente è venuto a trovarmi a Napoli. Anche in questo sono stata molto fortunata».

Il caso Ruby, al di là delle implicazioni politiche e giudiziarie, riporta al centro dell’attenzione il tema delle ‘scorciatoie’ e delle proposte indecenti: mai cercate o avute?
«No, mai cercato scorciatoie. Sono orgogliosa di quello che ho costruito con il mio lavoro. Proposte sgradevoli ne ho avute, ma ho sempre detto no e penso di essere stata apprezzata proprio per questo. Mi spiace, certo, se alcune colleghe non hanno saputo fare altrettanto, ma non è il mio stile».

Da grande farai la giornalista o l’intrattenitrice?
«La mia carriera è piena di incognite. Vorrei, ripeto, seguire la strada del giornalismo, sulle orme di personaggi come Daria Bignardi o l’irriverente e vulcanica Vittoria Cabello».

Cosa faresti e cosa non faresti per emergere?
«Sicuramente continuare a studiare, come faccio da quattro anni. Sto scoprendo anche la gioia del lavoro dietro le quinte, come per esempio a Village news quando mi occupavo anche della produzione e dei testi per la conduttrice Tania Zamparo, che realizzavo con la mia collega Silvia Travierso. Di sicuro non accetterei quello che mi viene offerto solo per apparire e basta».

Come si descrive Ester?
«Vulcanica e solare. Non so cosa sia l’invidia, cerco sempre di essere pacata e disponibile, ma non per questo rinuncerò ad essere una giornalista d’assalto». 
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HOT GIRLS Il mese verde dei sex toys di Valeria Scotti

Siamo delle esperte ormai del settore. Dateci un sex toy e noi vi racconteremo vita, morte (si spera quella no) e miracoli, ma soprattutto tanto piacere.

Conosciamo anche quelli appartenenti al settore eco, e ci sembra dunque giusto ricordare che il mese in corso, aprile per l’appunto, è stato dichiarato il mese verde dei sex toys: 'The Green Sex toys month'.

Ben 30 giorni dedicati – se così vogliamo dire - alla messa a punto e alla vendita di gadget erotici attenti all'ambiente. Perché la sostenibilità non fa mai male, nemmeno sotto le lenzuola. Non è certo un caso, poi, che l'iniziativa sia nata in concomitanza con il Giorno della Terra che ricorre giusto quest'anno.

Sex toys che pensano in verde, dunque, anche se l’evento appare solo una scusa per aprire gli occhi su qualcosa considerato ancora un tabù. Giocattolini in acciaio, vetro borosilicato, silicone, lattice, caucciù e legno. Per non parlare di delicati vibratori in cristallo e di quelli ad energia solare. Come le care e vecchie calcolatrici.

Le ultime statistiche ci parlano di ottime vendite ma di scarsa informazione. Quella che dovrebbe farci sapere che il mercato dei gadget sessuali può offrire a uomini e donne, indistintamente, sensazioni spesso sconosciute. Quella che non mostra i volti di chi investe nel settore e diventa Paperon de' Paperoni. Della serie: sexy shop alla riscossa, altro che cara e vecchia salumeria.
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DONNE Pipilotti Rist e la videoarte di Anna Rossini

Il nome d'arte lo deve a Pippi Calzelunghe, la bambina indipendente e quasi "femminista" del romanzo di Astrid Lindgren. E qualcosa in comune con questo personaggio la svizzera Pipilotti Rist – al secolo Elisabeth - ce l'ha. Un tema importante delle sue opere video e delle sue installazioni è infatti la femminilità, affrontata anche nella sua accezione più fisica: il corpo femminile, il ciclo mestruale, la libido.

«Il mio proposito è di considerare, sotto molteplici punti di vista, ciò che fa la differenza tra i sessi, perché sono persuasa che il modo in cui ciascun essere umano vie la propria identità sessuale determina l'evoluzione della soggettività dell'individuo e costituisce la base del suo comportamento sociale e politico».

Nata nel 1962 a Rheintal, in Svizzera, Pipilotti lavora lungamente sui suoi video, prima al momento delle riprese, poi nel montaggio e infine nella postproduzione al computer. Il risultato sono filmati colorati, a volte quasi astratti, a volte quasi da fiaba, fatti di dissolvenze, colori saturi e movimenti di camera apparentemente casuali. Il tutto accompagnato da musica: l'artista stessa che intona canzoni famose ma deformate e modificate, ritmi che contrastano o che accompagnano il susseguirsi delle immagini.

Ma Pipilotti non si ferma solo ai video. Nel 2009 ha realizzato in film Pepperminta, la storia di una "anarchica dell'immaginazione" che ha come i migliori amici i colori e come animali domestici le fragole. Pepperminta, in compagnia di due amici, libera le persone dalle loro paure, trasformando le loro vite e costruendo un mondo più umano.

Perché l'arte non è fine a se stessa: «Il compito dell'arte è di contribuire all'evoluzione, di incoraggiare le menti, di garantire una visuale distaccata dei cambiamenti sociali, di evocare energie positive, di creare sensualità, di riconciliare ragione e istinto, di cercare possibilità e di distruggere clichés e pregiudizi».
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