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Telegiornaliste anno VI N. 17 (234) del 3 maggio 2010
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MONITOR Francesca
Piantanida, sport a 360 gradi
di Giuseppe Bosso
Incontriamo questa settimana
Francesca Piantanida, volto di Sportitalia.
Si è avvicinata al giornalismo sportivo per passione o per caso?
«Ho seguito di tutto, dallo sport al cinema, dall'arte alla cronaca. Amo il
giornalismo a tutto tondo, è questa la mia scelta. Per ora sto bene così, poi
vedremo in futuro cosa mi riserverà il destino, ma sono contenta di poter
lavorare in una emittente che mi consente di spaziare tra varie discipline, dal
golf al tennis, di cui curo su
Sportitalia
due rubriche».
Non solo calcio, dunque, per la sua emittente.
«Sì, è una vera tv sportiva a 360 gradi, diamo spazio a eventi e discipline
molto diverse, dalla Nba ai tornei di tennis e rugby. Gli spettatori con cui ho
interagito mi evidenziano la loro soddisfazione nell'avere un canale in cui non
si dà tanto spazio a quelle polemiche, per esempio arbitrali, che molti
programmi calcistici focalizzano».
Quali sono i personaggi che più l'hanno colpita?
«Soprattutto quelle donne che sono riuscite ad affermarsi e al tempo stesso non
trascurare gli affetti, come la Vezzali, una persone stupenda».
Cosa ha cambiato per la sua emittente l'approdo al digitale terrestre?
«Tanto, a cominciare da una maggiore visibilità da parte di un pubblico più
ampio di quello degli abbonati Sky. Molto stiamo facendo e molto faremo, in
termini di investimenti e di programmazione».
Il suo sogno nel cassetto?
«Fare sempre bene quello che sto facendo adesso! (ride, ndr).
Come ha scoperto Telegiornaliste?
«Tramite alcuni amici che me l'hanno segnalato. Avevano notato che i vostri
utenti mi seguivano e mi 'capsavano'».
Qual è stata la sua impressione del nostro sito?
«Positiva, certo. Anche se spesso ci sono commenti che non vanno oltre l'aspetto
fisico e danno poca attenzione al contenuto che trasmettiamo... Preferisco di
gran lunga una critica, anche dura, purché circoscritta all'ambito
professionale, piuttosto che commenti di questo tipo».
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CRONACA IN ROSA Donne in rosso di
Chiara Casadei
Quando il gentil sesso tira fuori le unghie e lotta per i
propri diritti: in fondo non era che questo lo scopo della
spinta propulsiva data dal movimento femminista italiano,
nato cinquant’anni fa con l’intento di dar voce a coloro cui
la voce, per antonomasia, non manca di certo. Oggi a tenere
vivo il ricordo e attuare l’obiettivo c’è l’Equal Pay Day,
giornata nata nel 1996 in Usa e Germania, che prevede un
evento pubblico di presa di coscienza della differenza
salariale tra uomo e donna.
Il 15 aprile, alle ore 15, le donne liguri sono scese in
piazza De Ferrari a Genova per cercare di abbassare quel 18%
di busta paga che le separa dall’universo maschile. Una
cifra che le lascia in condizioni di dover lavorare
mediamente fino al 15 aprile dell’anno successivo per
ottenere lo stesso stipendio annuo dei loro colleghi uomini,
quasi come una perenne rincorsa.
Il rosso come colore unificante di una solidarietà
che non necessita d’altro: un’unione silenziosa ma caparbia.
Tutte le donne, con indosso qualcosa di rosso, si sono
riunite e hanno fatto significativamente volare verso il
cielo dei volantini-provocazione a cavallo di palloncini
rossi. La scelta del colore non è casuale né frivola: sta a
simboleggiare infatti i conti in rosso delle donne e
l’impegno perché vengano rimpolpati.
I gap salariali registrati in Italia variano da regione a
regione, sostanzialmente aggirandosi tra il 9% e il 27%,
mentre secondo i dati Eurostat la quota si fermerebbe ad una
soglia del 18%, inferiore però al 23-24% che si calcola in
Europa. A semplificar i calcoli statistici, la verità di
fondo: non è questione di numeri, solo di rispetto. |
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FORMAT Paolo
Corazzon, il meteo che fa sorridere in tv
di Valeria Scotti
È tra i più noti meteorologi della tv italiana.
Gag, battute, pomeriggi e domeniche insieme a
Barbara d’Urso… Neanche una nuvola, è il caso di
dire, su
Paolo Corazzon che ci ha regalato
un’insolita intervista durante un viaggio in
metropolitana.
Corazzon e la tv. Quali sono stati gli
esordi?
«Come meteorologo sono arrivato al Centro Epson
nel 97. In tv qualche anno dopo, nel 2003,
inizialmente con le classiche previsioni meteo.
Poi nel gennaio 2008, quando è partito il
programma Mattino Cinque, mi è stata data
l’opportunità di affiancare il colonnello
Giuliacci che, col tempo, mi ha lasciato più
spazio. E ciò ha portato Barbara d’Urso ad
accorgersi che con me riusciva anche a
scherzare».
Una liaison professionale, quella con Barbara,
che è proseguita nelle domeniche pomeriggio.
«Sì, quando è iniziato a settembre Domenica
Cinque, Barbara mi ha chiesto se volevo
partecipare e io ho accettato perché l’idea mi
entusiasmava. Mi è stato proposto il meteo in
esterna, in mezzo alla gente. Insomma, un nuovo
modo per fare le previsioni in tv. Ho avuto sin
da subito carta bianca e così, insieme a un
collega, ci siamo lanciati in queste domeniche.
Abbiamo iniziato a contattare le varie
amministrazioni locali, a partecipare alle feste
ove cerchiamo di ritagliarci un piccolo spazio.
E tra mille idee e difficoltà, ci divertiamo e
riusciamo a fare le previsioni del tempo che, in
fondo, diventano un pretesto».
Quanto è importante l’affiatamento che c’è
tra te e la d’Urso?
«Quello sicuramente fa la differenza, e la cosa
che mi piace è che c’è solo tanta
improvvisazione che rende il tutto più naturale
e spontaneo. Anche il fatto che lei mi prenda in
giro mi diverte e fa parte di questa intesa non
studiata a tavolino».
Ma com’è una giornata di Corazzon?
«Avrei bisogno che durasse 48 ore! (ride, ndr).
Di base svolgo il mio lavoro di 8 ore da
meteorologo al Centro Epson Meteo. Al mattino
accompagno i bambini a scuola e vado a lavoro
dove studio le previsioni con i miei colleghi.
Nel primo pomeriggio, comincio a dedicarmi a
Pomeriggio Cinque, a preparare argomenti,
grafiche, gag. E dalle 17,30 circa ci teniamo
pronti per la diretta. Poi torno a casa e si fa
il lavoro da marito e da padre. In fin dei
conti, non si finisce mai di lavorare».
E il rapporto con il pubblico?
«È un rapporto entusiasmante, anche perché la
gente si è accorta del fatto che sono al di
fuori del mondo classico della tv. Vado a fare
la spesa al supermercato, accompagno i bambini a
scuola. Insomma, non è cambiato nulla da quando
è iniziata la mia esperienza con Barbara. Tutto
si svolge tra grandi sorridi, foto, autografi,
cose che a me addirittura imbarazzano, ma mi
divertono anche e io ne sono contentissimo». |
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HOT GIRLS Esco
con l'escort
di Valeria Scotti
La borsa firmata, la messa in piega e il
gigolò. Alcune donne, a quanto pare, oggi
non riescono a farne a meno. E la prostituzione
maschile non è più un tabù.
Le pari opportunità? Sì, anche nel sesso a
pagamento. Ad aiutarci ci si mette pure
internet. Annunci gratuiti, agenzie
specializzate, ed ecco bussare dopo pochi minuti
alla tua porta il gigolò bello e confezionato.
Come rifiutarlo?
Una ricerca lo dimostra. Voce allora
all’associazione Donne e qualità della vita
presieduta dalla sessuologa Serenella Salomoni
che ha messo nero su banco la situazione con
tanto di numeri. Sarebbero 300mila le
potenziali clienti italiane che, ogni
giorno, navigano nei siti di gigolò. E mentre
una donna su quattro ha pensato almeno una volta
di pagare un uomo per farlo suo, una su cinque è
passata ai fatti.
A cercare un escort sono soprattutto le signore
fra i 30 e i 40 anni e la maggior parte di
queste sono imprenditrici, manager, consulenti e
libere professioniste. Molte sposate,
divorziate, poche single. Tutte, o quasi, spinte
dalla voglia di sesso. Non mancano, però,
quelle alla ricerca di solo affetto. Che tenere.
Gli uomini, d’altronde, non si negano e si
offrono in ogni salsa. Ci sono quelli che lo
fanno per mantenersi agli studi, per concedersi
qualche sfizio in più. I professionisti poi, non
mancano mai: una lunga carriera alle spalle,
svariate lingue straniere conosciute e la
disponibilità a trascorrere anche più di una
notte insieme. Per intenderci, quelli che
arrivano ad accompagnarti in vacanza se si
vedono svolazzare, davanti agli occhi, un
assegno a molti zero. Come siamo fortunate,
oh sì. |
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DONNE Nietzsche
che dice...
di Silvia Grassetti
Qua c’è da scaldarsi. Tenetevi forte, perché
gli scritti di Nietzsche sono
disseminati di acuti, profondi e spesso
misogini aforismi sulle donne.
Zarathustra, interrogato sull'argomento,
dice che la donna è il "giocattolo più
pericoloso" per l'uomo e rivendica
soltanto all'uomo il diritto di parlare
delle donne: infatti, da quando la donna
pretende di parlare di sé non ha fatto altro
che guai.
La donna ha due soli interessi nella vita e
due soli talenti: amare ed odiare. In queste
due attività eccelle. La natura femminile è
fatta di ornamento e superficialità,
menzogna ed artificio. Per questo l'uomo la
ama: perché lo solleva dalle
preoccupazioni di ogni giorno. La donna
è intelletto nel senso di calcolo ed
astuzia, l'uomo, nella sua profondità, è
spirito.
Secondo Nietzsche i tentativi di parificare
le donne agli uomini sono frutto del nuovo
"gusto democratico" dei tempi e si
ritorceranno sulle donne stesse perché,
corrompendosi con la cultura, si
priveranno di ciò che ancora le rende
potenti: la volontà forte che non è stata
indebolita dalla civiltà.
Un’ultima tesi: per Nietzsche l'uomo non ha
mai disprezzato la donna per quello che è,
piuttosto sono sempre state le donne a
disprezzarsi, e per questo ora vogliono
cambiarsi. L’ennesimo aforisma: «L'uomo deve
essere educato alla guerra e la donna al
riposo del guerriero: tutto il resto è
sciocchezza» (Così parlò Zarathustra).
10-continua |
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TELEGIORNALISTI Un
ultimo viaggio
di Valeria Scotti
Baldoni è tornato a casa. Meglio dire, i suoi resti. Sei anni dopo quel
26 agosto del 2004 quando fu ucciso da un gruppo di estremisti islamici
legato ad al-Qaeda. Si chiude dunque un’altra vicenda, ma non la storia di
una vita. Quella di Enzo, «uno dei creativi più grossi d'Italia (forse
d'Europa)». Un uomo che «supera il quintale, è alto 1 metro e 86 e le sue
cinture vanno dal 110 in su». Un ironico autoritratto che Baldoni aveva
affidato a Diario, il settimanale per il quale collaborava.
Enzo. Marito, padre, pubblicitario, traduttore di fumetti, appassionato di
Zen e freelance per vocazione, pronto a raccontare su Linus,
Specchio della Stampa, Venerdì di Repubblica le sue esperienze
in giro per il mondo. Perché lui, giornalista, era diventato in età matura.
Nel 1996 il primo viaggio importante. Chiapas, Messico, diretto dal
subcomandante Marcos. Poi era stato in Birmania, Timor Est, Colombia. Tutto
ciò perché «sono semplicemente curioso. Voglio capire cosa spinge
persone normalissime a imbracciare un mitra per difendersi».
Iraq, la sua prima e ultima esperienza in quell’estate del 2004. E lui che,
in un’intervista, spiegava di non avere particolare paura della morte. «L'ho
conosciuta abbastanza bene. Alla mia sono andato vicino un paio di volte.
Poi mi sono morte diverse persone tra le braccia. Ormai è una vecchia
compagna di viaggio». Che un giorno ha deciso di stargli accanto, per
sempre. |
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SPORTIVA È ancora finale! di
Pierpaolo Di Paolo
È un'Italia travolgente, è l'Italia che t'aspetti.
Al Foro Italico di Roma le ragazze di capitan
Barazzutti hanno travolto una pur volenterosa
Repubblica Ceca con un perentorio 5 - 0. Una
semifinale tutta in discesa, caratterizzata dalla
superiorità delle campionesse del mondo che
confermano ancora una volta l'eccezionale ciclo
aperto, un ciclo fatto di 4 finali in 5 anni.
A fine match registriamo, ma oramai è un'abitudine,
l'entusiasmo e la felicità di Corrado Barazzutti
che fatica a trovare le parole per le sue
giocatrici: «Queste ragazze hanno scritto un'altra
pagina storica per il tennis italiano, passeranno
degli anni per ritrovare un gruppo così. Formano
davvero una grande squadra».
Chiunque leggesse i risultati delle azzurre
penserebbe di esser di fronte alle prime 5
giocatrici del ranking mondiale. Invece così non è.
A guardare la classifica, la punta di diamante della
nostra squadra, Flavia Pennetta, è attualmente la n.
13 del ranking. Francesca Schiavone la 17. Errani e
Vinci rispettivamente 43 e 55. Ma com'è possibile
tutto ciò? La risposta è già tutta nella parole del
capitano: queste atlete sono una squadra.
Umili, sempre concentrate, unite e determinate
nell'obiettivo. È con dedizione e professionalità
che sono stati raggiunti, e diremmo mantenuti, i
vertici mondiali. Mentre altre nazionali, che
pur vanterebbero giocatrici di primissimo piano,
registrano continui forfait per presunti problemi
fisici e sono ripetutamente snobbate, l'Italia
schiera le sue migliori giocatrici, donne che hanno
consolidato negli anni una squadra affiatata e
compatta.
La serietà e l'attaccamento alla maglia pagano, ma
hanno anche un prezzo elevato: il torneo di
Stoccarda si è aperto immediatamente dopo le
semifinali di Fed Cup e le azzurre sono arrivate
all'appuntamento stanche e senza essersi potute
preparare. Così le Williams, che pure non
abbiamo il piacere di vedere nella nazionale,
dominano oramai da un decennio nel ranking Wta. Le
nostre tutte al tappeto in pochi set, con perdite
nel ranking e - soprattutto - nel loro portafoglio.
Un motivo in più per ammirare queste fantastiche
sportive, e tifare per loro in vista dell'ultima
sfida di questa Fed Cup, una finale rivincita.
Infatti nell'altra semifinale gli Usa si sono
imposti sulla temibile Russia per 3 a 2. Il 6 e 7
novembre, negli Stati Uniti,
sarà ancora una volta Usa-Italia ad assegnare il
titolo.
E gli uomini? Continuano ad annaspare
nell'anonimato. L'impegno con l'Olanda per tentare
la risalita in serie A, dopo anni di B, non sarebbe
proibitivo, ma gli azzurri hanno dovuto incassare il
secco no di Andreas Seppi che, se costretto a
partecipare, non giocherebbe con la dovuta serenità.
Così i nostri saranno obbligati a schierare un
Bolelli con problemi al polso, Potito Starace, Paolo
Lorenzi e Daniele Bracciali. Che Dio gliela mandi
buona. |
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