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Telegiornaliste anno V N. 41 (212) del 16 novembre 2009
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MONITOR Nunzia
Marciano: giornalismo e marketing, il binomio perfetto
di Giuseppe Bosso
Nunzia Marciano, nata a Napoli, inizia la sua carriera di giornalista come
inviata e anchorwoman presso l’emittente locale TeleAkery. Dopo la laurea con
lode in Marketing e una biennale esperienza nel settore della comunicazione,
collabora con varie emittenti private. Nel 2008/2009 cura e conduce su Sky il
format InFashion dedicato a moda, arte&design e lifestyle.
Dalla laurea in marketing al giornalismo: come mai questa scelta?
«In realtà non è stato un cambiamento; quando studiavo iniziai per gioco questo
percorso collaborando con alcune emittenti locali, allo scopo di conseguire il
tesserino di pubblicista, ma continuando a lavorare nel campo del marketing.
Sono le mie due passioni e sono contenta di poterle abbinare, non penso
riuscirei a rinunciare all’una o all’altra. Adesso sto iniziando la trafila per
diventare professionista, altra meta ambita».
Hai spaziato dal talk show alla musica allo sport: paragonata a una sirena,
in quale, tra questi tanti mari dell’informazione, ti sei trovata più a tuo
agio?
«Lo sport mi ha sempre appassionata, anche se da tempo non ho avuto più modo di
seguirlo. Ad ogni modo, credo che per fare questo lavoro non devi specializzarti
solo ed unicamente in un campo, devi saperti adattare ad ogni argomento».
Cosa pensi del digitale terrestre e della portata di questa innovazione?
«Per lo spettatore non credo sia un cambiamento rivoluzionario, visto che da
tempo l’esistenza delle emittenti satellitari era un dato assodato. Piuttosto,
per le emittenti i cambiamenti si sentiranno a causa della maggiore concorrenza
che creerà e per il doversi impegnare al fine - spero - di fare programmi di
qualità sempre maggiore. Vale per le piccole tv come per Rai e Mediaset questo
discorso».
Parliamo della tua città, Napoli, che i media tendono purtroppo a raccontare
soprattutto per gli aspetti negativi. I giornalisti partenopei cosa possono fare
per arginare questa tendenza?
«Per il giornalista locale, è inevitabile talvolta sottostare alle linee
editoriali; inutile nascondercelo, parlare male del sud e di Napoli in
particolare fa audience, ma il dovere di cronaca impone di parlare tanto delle
cose positive quanto di quelle negative, senza però nascondere le prime quando
ci sono. Non manca chi specula su questi aspetti, non lo nego; ma anche il sud
può offrire molto, in tanti settori, forse anche più del nord».
Negli ultimi tempi si è parlato soprattutto della vicenda Noemi Letizia: come
giornalista e come spettatrice cosa ne pensi?
«Devo dire anzitutto che non mi pare una gran scoperta vedere l’uomo politico
accanto alla ragazzina che cerca di sfondare nel mondo dello spettacolo. Però,
pur riconoscendo al premier il diritto di poter vivere privatamente la sua vita
come crede, ritengo che debba essere consapevole del ruolo che ricopre e quindi
farsi portatore di valori e principi sani, cosa che purtroppo non mi pare
avvenuta nel caso di specie. Viaggiando molto all’estero, in quel periodo, ho
avvertito come per l’ennesima volta siamo stati lo zimbello d’Europa, nel vedere
molti colleghi stranieri parlare solo ed esclusivamente di questa vicenda. Lo
stesso discorso lo potrei fare adesso per quanto sta accadendo a Marrazzo. E
poi, in definitiva, non è che questa ragazza abbia fatto grandi cose. Basti
pensare, per esempio, che ad un provino a cui ha partecipato, a quanto ho
saputo, le è stato detto “finché non toglierai questa cadenza napoletana non
farai strada”... Intanto però, ci sono state tv straniere che l’hanno
intervistata e a Venezia è stata accolta come una diva. Insomma, non proprio uno
scenario esemplare, ma tipico del berlusconismo».
E passiamo a Telegiornaliste: come l’hai scoperto e cosa ne pensi?
«L’ho scoperto per caso, navigando. Devo dire che l’ho trovato subito originale
e carino proprio perché può essere facile pensare a persone che si interessano a
soubrette e attrici, mentre era insolito vedere appassionati di giornaliste che
le seguono, le apprezzano e le intervistano per farle conoscere al pubblico».
Per concludere, cosa sogni per il futuro?
«Mi auguro di essere sempre imprenditrice di me stessa, solo così potrò essere
libera nella mia professione. Per quanto riguarda la vita privata, dal momento
che mi sono sposata da poco, sogno di diventare mamma!». |
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CRONACA IN ROSA Giovani
giornalisti cercasi di Erica
Savazzi
L’Unione Europea cerca il nuovo giovane talento del
giornalismo. La Direzione Generale per l’Allargamento della
Commissione Europea ha lanciato il
Premio Europeo per Giovani Giornalisti (EYJA). Per il
terzo anno consecutivo, il concorso premierà il miglior
giovane giornalista d’Europa che nel suo lavoro avrà
affrontato il tema dell’allargamento dell’UE.
Il concorso del 2010 sfida giornalisti e studenti di
giornalismo, tra i 17 e i 35 anni, ad allargare la loro
visione. È un’opportunità di rappresentare l’allagamento
dell’UE da una prospettiva creativa che possa offrire
spunti di riflessione. Sarà possibile iscriversi al concorso
dal 20 ottobre al 28 febbraio 2010. Possono partecipare
tutti i cittadini appartenenti a uno degli Stati membri
dell’UE, a uno dei Paesi candidati o potenziali candidati o
all’Islanda, con articoli stampati e online e servizi
radiofonici, pubblicati o andati in onda tra il 1 ottobre
2007 e il 28 febbraio 2010.
I 36 vincitori nazionali saranno selezionati da giurie
ufficiali in ogni Paese partecipante. Una giuria
internazionale selezionerà infine le 3 migliori proposte
nelle seguenti categorie: "Articolo Più Originale”,
“Migliore Ricerca” e “Miglior Stile Giornalistico”. Ognuno
dei 3 vincitori dei Premi Speciali parteciperà a un viaggio
culturale in una capitale europea a scelta.
Olli Rehn, Commissario Europeo per l’Allargamento, ha dato
il benvenuto al concorso: «La terza edizione del Premio
Europeo per Giovani Giornalisti continuerà a premiare il
giornalismo di qualità e a offrire alla Commissione
Europea l’opportunità di diffondere e condividere le idee
con le giovani promesse del giornalismo in merito alle
questioni centrali nel progetto di allargamento dell’UE».
I vincitori del concorso verranno premiati con un tour
storico-culturale a Istanbul, nel maggio 2010. Istanbul,
una delle capitali europee della cultura del 2010,
rappresenta una sede ideale per i vincitori per allargare i
loro orizzonti. Il viaggio si concluderà con una conferenza
a cui parteciperanno importanti rappresentanti della
cultura, dell’identità e dell’allargamento dell’Unione
Europea. |
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FORMAT Effetto
domino, la nuova avventura di Myrta Merlino
di Giuseppe Bosso
Per quattro anni con Economix, su Rai 3 e
RaiEducational, ha cercato di ridurre le
distanze tra il pubblico e il mondo dell’economia,
con un linguaggio svincolato da quello dei
numeri e dei termini comprensibili solo ad una
ristretta cerchia di addetti ai lavori. Ora, per
Myrta
Merlino, inizia una nuova sfida, in
quella che è definita da molti un’isola felice
del piccolo schermo. Effetto domino -
tutto fa economia, otto settimane in
seconda serata la domenica su
La7.
È finita davvero la crisi? Il peggio è passato,
o i piccoli segnali di ripresa che si avvertono
sono solo un fuoco di paglia? «La scelta del
titolo non è affatto casuale, per rendere l'idea
di quanto, come avviene nel domino, un soffio di
vento oltreoceano possa avere ripercussioni,
anche devastanti, nel nostro giardino, nel
nostro sistema economico. Di esempi, ahimè -
spiega Myrta - non ne sono mancati negli ultimi
anni».
Tanta carne al fuoco, dunque, per la giornalista
e scrittrice che anche stavolta cercherà di
trattare come sempre quei temi che riguardano la
vita di tutti i giorni, dal prezzo della benzina
alle difficoltà di inserirsi nel mercato del
lavoro sempre più precario e incerto. Non
mancheranno ovviamente ospiti in studio: non
solo i protagonisti del mondo finanziario, ma
anche persone comuni, che con le loro
testimonianze saranno idealmente rappresentanti
di come la "bolla scoppiata" oltreoceano ha
avuto ripercussioni anche sul modo di vivere
degli italiani.
«Aprirci verso un pubblico sempre più ampio -
continua la Merlino - è la nostra ambizione, a
partire dagli addetti ai lavori fino alle
famiglie, guardando attraverso la lente
dell’economia la realtà in cui viviamo. In ogni
puntata ci sarà un duello tra due
protagonisti legati ad un tema caldo di
attualità (il dritto e il rovescio) e una
intervista one to one ad un personaggio
chiave del risiko economico, quei volti poco
conosciuti che contano molto...». |
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HOT GIRLS A
letto non si fa! di
Valeria Scotti
Dopo il bon ton tra posate e tovaglie,
l’educazione fa capolino in camera da letto.
Sarà pure vero che in amore e in guerra tutto
è lecito, ma atteggiamenti originali, in
certi casi, possono anche smontare il proprio
partner.
Certo, le donne sanno ammaliare, conquistare,
tenere un uomo per lungo tempo se vogliono. Ma
non è detto che ogni nostra azione faccia
impazzire colui che ci accompagna sotto le
lenzuola.
La donna selvaggia, ad esempio, piace, ma
con cautela. Un ruolo da impersonare solo se ci
si sente davvero bene in quei panni. Recitare la
parte di chi ama farlo strano, di chi fa della
parolaccia un elemento necessario
all’eccitazione di coppia, può rivelarsi
controproducente. La via di mezzo, si sa, è
sempre quella migliore. Stesso dicasi per il
capitolo 'orgasmo'. La donna morta non
piace, quindi no a quello silenzioso, sì al
piacere che si diffonde tra le pareti. Le vostre
però, non quelle dei vicini.
Camera da letto uguale camera oscura da
fotografo. Ennò, agli uomini – storia vecchia –
eccita vedere il corpo di una donna. Basta anche
una luce soffusa, non per forza un riflettore
da stadio.
Benvenuti, poi, all’angolo dell’humor: alle
donne piacciono gli uomini con senso
dell’umorismo, e ai maschietti? Idem, ma anche
qui l’equilibrio è l’arma vincente. Insomma,
il letto non è un palco da cabaret: no alle
battute a raffica senza senso. Peggio ancora,
mai ritrovarsi a ridere mentre lui confessa
qualche fantasia erotica, magari un menage à
trois (menagiatruà). Col trans poi, è di moda.
E il chiacchiericcio sulla giornata, i problemi
di lavoro, le bollette da pagare e altre
incombenze da sbrigare? Mai e poi mai. Al
massimo lo sfogo arriva dopo l’amore, sempre che
lui non prenda sonno prima. Cosa che nel 99% dei
casi accade, dunque meglio prepararsi a un
monologo.
Che poi, a dirla tutta, parlare in certi momenti
può essere anche sconveniente. Riferimenti agli
ex – il peggior deterrente per il sesso –
appellativi offensivi o, crème de la crème,
ritrovarsi a chiamare il proprio partner con
il nome di un altro. In quel caso, una
sordità improvvisa di lui potrebbe essere
l’unica soluzione per uscire dal letto a testa
alta. |
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DONNE Raffaella,
l'avventura e la fotografia
di Chiara Casadei
Per chi ama l’avventura, gli spiriti liberi
e indipendenti, ma sensibili e generosi,
troverete pane per i vostri denti leggendo
le righe che seguono. Raffaella Milandri
ha scelto: no routine, no stereotipi, no
cliché, ma vera e propria simbiosi con il
mondo intero. Un amore nato da qualche anno
a questa parte e che ha tutta l’aria di
essere uno di quelli che durano tutta una
vita. E dopo aver sentito i suoi racconti,
avreste il coraggio di dire che non provate
nemmeno un po’ d’invidia?
Da cosa è nata la passione per il viaggio
e per la fotografia?
«La molla determinante è stata la mia
passione per viaggiare. Fin da piccola
sognavo di fronte a cartine geografiche,
come se fossero mappe del tesoro e terre
inesplorate. Leggevo fumetti - Tex -
e guardavo film d'avventura - Indiana
Jones. Quando ho iniziato a viaggiare,
la passione per la fotografia è nata
spontanea. E da lì, il viaggiare in
solitaria e fotografare è stata una naturale
evoluzione. Una dimensione unica, una
sensazione di libertà: mondi nuovi e il mio
terzo occhio, la macchina fotografica, con
cui catturare l'anima e i volti, gli occhi
di un Paese.
Per rispondere meglio alla tua domanda, la
svolta determinante è stata quando ho
deciso, nel 2004, di lasciare il mio lavoro
di amministratore d'azienda: fuori dagli
schemi, fuori dagli orari, con tutti i pro e
tutti i contro. Mi sono presa un anno
sabbatico e sono andata in giro in
fuoristrada per l'Australia, in solitaria.
Un’esperienza illuminante. Ho percorso ogni
pista in fuoristrada e ogni sentiero a
piedi, mettendomi alla prova e andando fino
in fondo, ma essi erano, comunque, simboli
delle varie prove della vita con tutti i
bivi e i rischi. Ho provato cosa vuol dire
essere "nessuno", lontano da casa, senza
lavoro e fissa dimora, senza legami a
formalismi tipicamente europei,
abbigliamento, comportamento, nonché
desiderio di possesso di beni mobili e
immobili».
Che cosa intendi con "fotografia
umanitaria"?
«Per me viaggiare non vuol dire solo
visitare luoghi, ma soprattutto percepire
l'animo dei popoli e riportarlo nelle mie
foto. Il forte interesse che ho sempre
nutrito per problematiche sociali e
razziali, per i popoli indigeni e tribali -
dai nativi americani agli eschimesi, ai
boscimani, agli aborigeni, ai pigmei, ai
masai - ha fatto il resto. Quando viaggio
cerco la compagnia di persone semplici,
cerco di capire le loro esigenze, e se trovo
delle sofferenze mi adopero per alleviarle,
nel mio piccolo. Da qui la fotografia
umanitaria, come testimonianza e
sensibilizzazione ma anche come mezzo,
attraverso aste di beneficenza e campagne
umanitarie, di aiuto concreto».
I viaggi in solitaria sembrano una sfida
per veri duri: bisogna sapersela cavare in
situazioni imprevedibili e senza contare
sull'aiuto dei propri cari. Ha riscontrato
problemi in quanto donna?
«I
viaggi in solitaria sono una sfida, certo,
una sfida con me stessa, a cui chiedo sempre
molto. Ma ogni viaggio è un’esperienza
unica, è una scuola di formazione per
affrontare gli imprevisti, per acquisire
elasticità mentale, per apprendere da
culture diverse, per imparare ad adattarsi a
tutto. Ho affrontato sentieri con orsi e
lupi in Alaska, cantando da sola a
squarciagola per tenerli lontani; ho
catturato scarafaggi nelle camere d'albergo
in Nepal; nel Kalahari ho incontrato un
leone all'alba, il ruggito mi ha fatto
vibrare i polmoni; in Alaska, oltre il
Circolo Polare Artico, ho dovuto abbandonare
l'auto in un fiume rischiando l'ipotermia e
camminando nella tundra fino a trovare
soccorsi. Sono fiera di poterlo raccontare.
In quanto donna, la cosa fondamentale per
evitare problemi è tenere un profilo basso:
vestiti accollati, approccio semplice, mai
in giro di sera e sesto senso sempre
all'erta. Camaleonticamente, mi adatto alla
cultura del luogo e se occorre faccio la
finta tonta. Quindi, i problemi come donna
spesso sono più legati alla fisicità:
cambiare una ruota, trasportare bagagli,
affrontare percorsi faticosi».
L'ultimo viaggio in solitaria che hai
compiuti è stato in Botswana, pochi mesi fa.
Cosa ci puoi raccontare di questa terra, e
soprattutto delle persone che hai
incontrato?
«Il Botswana è incredibile. Zebre, leoni,
giraffe, ippopotami, elefanti, un’enorme
ricchezza di fauna allo stato selvaggio e
incontaminato. Al di fuori di cinque
cittadine principali - il Botswana ha meno
di due milioni di abitanti in tutto - il
resto sono villaggi di capanne. La gente,
divisa in diversi ceppi etnici, è gentile,
disponibile e sorridente. Io ho avuto come
primo obiettivo in Botswana la conoscenza
della situazione dei Boscimani del Kalahari.
Come molti popoli indigeni, sono seriamente
minacciati di estinzione: esiliati dalle
loro terre in nome di interessi economici.
Solo 300 Boscimani vivono oggi ancora nelle
loro terre ancestrali, nel deserto del
Kalahari, dove negli anni '80 sono stati
trovati i diamanti. Hanno chiuso i pozzi
d'acqua e queste famiglie vivono ai limiti
della sopravvivenza. Sono stata a trovarli,
il loro villaggio è a 200 km dalla prima
strada degna di questo nome, all'interno del
deserto, solo una stretta e desolata pista
sabbiosa li collega al mondo civile. Ho
portato loro latte, zucchero, caffè e acqua:
quando hanno visto l'acqua, in religioso
silenzio, si sono messi in fila con una
tazza per poterne bere. L'acqua è
fondamentale per ogni essere vivente.
Sto organizzando una mostra fotografica sui
Boscimani del Kalahari, che possa
sensibilizzare l'opinione pubblica sui loro
gravi problemi. Poi in Botswana ho
conosciuto Hilda: vicino ad Etsha 6, un
villaggio vicino al Delta dell'Okavango, ho
dato un passaggio a Hilda e al fratellino: è
una ragazzina di 12 anni che ogni giorno per
andare a scuola si fa tre ore di autobus.
Era molto stupita che un "bianco" desse un
passaggio a dei "neri" e mi ha fatto tante
domande. Questo la dice lunga su tante cose.
Siamo rimaste in contatto, ci scriviamo.
Vorrei darle la fiducia nel futuro che
merita».
Non solo attraverso il tuo blog, ma anche
sul profilo di Facebook, mantieni i contatti
con tantissime persone che ormai seguono
appassionati le tue ricerche e i tuoi
innumerevoli viaggi. Il social network si è
rivelato soprattutto un tramite per
sensibilizzare sempre più gli italiani
riguardo i problemi dei più deboli, come ad
esempio sostenere la ratifica della ILO 169.
A questo riguardo, quali miglioramenti hai
potuto appurare da quando hai condiviso
online il tuo diario di bordo?
«Innanzitutto questi due viaggi "in diretta
su Facebook" , dal Tibet e dal Botswana, mi
hanno dato modo di scoprire tante, tante
persone "vere", in gamba, oneste e piene di
valori umani. Quando sono stata derubata del
portafoglio a Lhasa, in tantissimi si sono
offerti di aiutarmi materialmente, spedendo
soldi. Per fortuna non c'è n'è stato
bisogno, me la sono cavata da sola, ma è
stata una bellissima dimostrazione di
affetto e solidarietà. Adesso con la
campagna per la ILO 169 su Facebook siamo
circa 1300, in crescita. La campagna
consiste nel sensibilizzare il Governo,
attraverso lettere al ministro Frattini,
alla ratifica dell'Italia alla ILO 169, una
convenzione internazionale importantissima
per la salvaguardia dei diritti umani dei
popoli indigeni (maori, boscimani, indios,
aborigeni, eschimesi e tanti altri, circa
300 milioni di persone nel mondo)».
La valigia probabilmente è sempre pronta
e la voglia di visitare posti nuovi
costantemente viva. C'è però un luogo, o
semplicemente uno scorcio che hai visitato,
e in cui non vedi l'ora di ritornare?
«Il Tibet, in particolare i piccoli
villaggi. Paesaggi strepitosi, gente
meravigliosa. Ma i tibetani vivono un grande
disagio sotto gli occhi del mondo intero. Le
strade di Lhasa sono pattugliate dai
militari giorno e notte e i tibetani hanno
paura a parlare della loro situazione. La
fede buddhista li sostiene, sono un popolo
sereno nel dolore».
Raffaella Milandri: una donna che sa
adattarsi, amalgamarsi con popoli di diverse
etnie e alla ricerca di emozioni ed
esperienza forti. C'è qualche cosa che manca
per completare il puzzle o puoi affermare
una completa soddisfazione personale?
«La soddisfazione sta nella continua ricerca
di una crescita personale, sono solo
all'inizio di un lungo cammino e mi auguro
di avere la possibilità di dare un aiuto
concreto ai popoli che soffrono attraverso
le mie immagini e le mie testimonianze.
Inoltre, la mia curiosità è infinita e
vorrei esplorare il più possibile prima che
la globalizzazione cancelli le varietà di
sfumature nelle diverse culture. Ad oggi,
per quello che ho visto, spesso nei paesi in
via di sviluppo, progresso non vuol dire
benessere ma consumismo, con l’ansia di
acquistare beni secondo il modello
occidentale, tralasciando aspetti vitali
come assistenza sanitaria, istruzione
pubblica, garanzia dei diritti umani». |
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TELEGIORNALISTI Armando
Serpe, il jolly del giornalismo casertano
di Giuseppe Bosso
Nato a Caserta, Armando Serpe conduce da fine ottobre su Teleprima il
programma Caserta gol con Vittoria Biancardi.
Come nasce Caserta gol?
«Il programma è il prosieguo di quanto ho fatto a Teleluna. Ho avvertito
poco interesse per il calcio di Lega Pro (la ex serie C), e con Vittoria
Biancardi abbiamo sviluppato questo progetto che segue le tre squadre della
provincia di Caserta: la Casertana, il Real Marcianise e l’Aversa Normanna».
Quali prospettive intravedi per il calcio casertano?
«Dopo molti anni bui, finalmente qualche luce si intravede. La Casertana è
tornata in serie D e ha l’ambizione di tornare ai livelli professionistici.
Anche l’Aversa Normanna, guidata da Spezzaferri, sta maturando progetti ad
alti livelli. Sfortunatamente, invece, la maglia nera per ora tocca al Real
Marcianise, in quanto pare che Bizzarro voglia farsi da parte; spero che ci
ripensi, perché l’idea di poter andare in B nel giro di qualche anno è
tutt’altro che una pura utopia».
Quanto è importante il filo diretto con i tifosi?
«Fondamentale, direi. Abbiamo nel programma proprio uno spazio per il
contatto diretto con il pubblico che è il nostro vero giudice, e i tifosi
(dodicesimo uomo in campo si dice, per noi terzo elemento della
trasmissione) sono contenti di poter avere a disposizione uno spazio come il
nostro. Le tre tifoserie del casertano sono molto calorose e partecipano
attivamente alle nostre attività».
Nelle serie minori il calcio, lontano dai miliardi delle metropoli,
riacquista la sua genuinità?
«Il calcio ormai è un business anche a questi livelli. È impossibile tornare
a quel periodo, diciamo fino a metà anni ’90, in cui non c’era tanta
frenesia. Ormai, solo per acquistare i diritti di cronaca delle partite
anche in Lega Pro, una società può arrivare a chiederti fino a 7mila euro.
Così non si può andare avanti, queste squadre dovrebbero capire che le
emittenti locali non sono un mezzo per fare soldi, ma un’indispensabile
canale di comunicazione con le loro tifoserie; anche questa storia della
tessera del tifoso renderà sempre più difficile avere un seguito fuori
casa... insomma, è un periodo in cui occorre una grande riflessione per
molti aspetti».
La dimensione casertana ti sta stretta?
«Non nascondo di avere molte ambizioni. Intendiamoci, sono contentissimo di
quello che sto facendo adesso a Teleprima, ma il mio obiettivo è quello di
arrivare ad un network dalle grandi possibilità. Purtroppo la crisi ha
inciso anche per i canali locali che sono stati costretti a tagli non da
poco, anche a livello di personale, per mancanza di sponsor. Spero sempre in
una chiamata importante».
Qual è il tuo sogno professionale?
«Spero di poter arrivare in alto, sono anche fotografo professionista e
operatore, un vero jolly per usare un paragone calcistico, fin dai tempi di
Teleluna. Sono molto contento di questa innovazione del digitale terrestre
che, pian piano, sta diventando una realtà importante e che, se manterrà le
promesse e le premesse che lo circondano, creerà davvero nuovi posti di
lavoro e più canali, per cui ci sarà bisogno sempre più di grandi
professionalità. In questo contesto spero di potermi inserire anche oltre il
livello locale». |
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SPORTIVA Fantastiche
ragazze di Pierpaolo Di
Paolo
Fantastiche ragazze. La nazionale italiana
femminile di tennis, guidata da Flavia Pennetta
e Francesca Schiavone, ha conquistato la sua
2°
Federation Cup (la Coppa Davis delle donne),
bissando la storica vittoria del 2006. Si tratta di
un altro grande successo del nostro sport a squadre,
dopo
l'eccezionale europeo vinto nella pallavolo,
sempre femminile. Sembra che le sorti dell'Italia
sportiva, dal mondiale di calcio tedesco, poggino
ormai tutte sulle spalle delle nostre eroine.
Questo trionfo è ancora più importante proprio
perché arriva in tempi bui del nostro tennis, con la
nazionale maschile affondata da 10 lunghi anni
nell'oblio della serie B. Nessun giocatore italiano
si è più avvicinato ai primi 10 del ranking ATP dal
lontano 1976, anno dello straordinario successo
di Adriano Panatta al Roland Garros e della
prima ed unica Coppa Davis della nostra
storia.
Il traguardo è invece recentemente centrato da
Flavia Pennetta che, con le 15 vittorie
consecutive in tornei del circuito WTA (la più lunga
della storia per una tennista italiana), ad agosto
2009 si impone prepotentemente al 10° posto WTA.
Adesso, la Fed Cup. È raggiante il presidente
federale Binaghi: «Queste ragazze hanno dato
dignità al tennis nel nostro Paese e hanno preso per
mano tutto il nostro movimento».
Le campionesse si sono sbarazzate con un perentorio
4 a 0 della nazionale USA, e non si sminuisca
l'impresa solo perché la nazionale a stelle e
strisce non schierava le sue giocatrici di punta,
Williams su tutte. Il percorso che le azzurre
hanno dovuto seguire per giungere alla Coppa non è
stato per nulla agevole: le nostre hanno dovuto
abbattere compagini come la Francia di Amelie
Mauresmo e la quotatissima Russia, prima
di imporsi sulle combattive statunitensi. Il punto
decisivo è giunto grazie alla vittoria della
Pennetta, sempre lei, su Melanie Oudin per 75 62.
Flavia è consapevole di esser diventata il fiore
all'occhiello del tennis nazionale e di aver
suggellato nel migliore dei modi un percorso
memorabile. «Ho avvertito un po' di pressione, si sa
che in questo sport nessuno ti regala nulla. Poi è
stata una grande emozione: è un anno bellissimo».
Non nasconde l'entusiasmo neppure capitan
Barazzutti: «Queste donne sono davvero
fantastiche, sono orgoglioso di aver guidato una
squadra così straordinaria». |
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