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Telegiornaliste anno VI N. 16 (233) del 26 aprile 2010
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MONITOR Carla
Polverino: sto bene a Salerno, però...
di Giuseppe Bosso
Nata a Salerno e pubblicista dal 2000,
Carla Polverino muove i primi passi nel
mondo dell'informazione scrivendo per Cronache del Mezzogiorno ove segue
le vicende della Salernitana. Si occupa anche di politica e cultura fino a
quando viene assunta a
TeleSalerno 1
dove conduce il tg e il programma Zona Cesarini.
Qual è il modo adatto per raccontare Salerno?
«Non è facile esprimere i tanti volti di una città che negli ultimi tempi, con
la nuova amministrazione, è profondamente cambiata. È la mia città e noto come
negli ultimi anni tante cose siano cambiate, ci sono più spazi per i giovani.
Inevitabilmente essere giornalisti qui ti pone il problema che puoi scontentare
qualcuno».
Napoli e Salerno, realtà lontane e vicine allo stesso modo: confrontandoti
con colleghi partenopei, quali sono le differenze?
«Napoli è una realtà diversa, è una metropoli e, dal punto di vista
giornalistico, è infinitamente più vasta di un mercato chiuso e ristretto come
quello salernitano dove soprattutto per una donna è difficile entrare e rimanere
nel sistema. Ma d'altro canto, è una città più vivibile e meno turbolenta».
Sta per concludersi una stagione negativa per la
Salernitana:
cosa è mancato secondo te e cosa si può fare per risalire?
«La stagione della Salernitana è stata pessima, la squadra non ha mai dato
l'impressione di essere scesa in campo. È doloroso per me assistere a questo
epilogo dopo 5 anni di gestione Lombardi, iniziata con l'adesione al lodo
Petrucci che aveva permesso alla squadra di ripartire dalla serie C dopo il
fallimento della società di Aliberti. Ora c'è il grosso rischio di sparire dal
professionismo, così come è successo ad Avellino, e dobbiamo davvero sperare che
per il prossimo anno si facciano avanti imprenditori coraggiosi e disponibili a
mantenere vivo il calcio in questa città che non ha mai fatto mancare la sua
passione anche nei momenti più cupi. Non si può dire che Lombardi non abbia
speso, certo, ma non lo ha fatto come avrebbe dovuto; non ha saputo creare un
vivaio, un settore giovanile da cui attingere, ha cambiato allenatori e
giocatori in grandi quantità, perché malconsigliato da dirigenti di dubbie
capacità che non hanno pensato al bene della squadra».
Molte tifose famose promettono spogliarelli in caso di scudetti o coppe. Tu,
per una Salernitana di nuovo in A, cosa faresti?
«Per adesso è un'utopia. Piuttosto vorrei vedere una gestione societaria attiva
e attenta al bene della squadra. Purtroppo con la combine con il Potenza, che ci
è costata una penalizzazione in classifica, si macchia anche l'unico momento
felice di questi anni grigi per il club granata, la promozione in B della
passata stagione. Ma il pubblico dell'Arechi non demorde, contiamo di rivivere
giorni felici e, magari, la prossima promozione in A ce la godremo meglio di
quella del '98 che fu funestata dalla tragica alluvione di Sarno».
Come sta vivendo Tele Salerno 1 il passaggio al digitale terrestre?
«È stato un passaggio traumatico come per tutte le emittenti locali. Se poi ci
aggiungi la crisi economica che ha investito anche il nostro settore e i
problemi di natura tecnica che, ancora adesso, avvertono zone dell'entroterra in
cui anche i canali Rai non vengono ricevuti... beh, il quadro si complica. Ma
chi ne esce davvero danneggiato è lo spettatore che perde quell'insostituibile
punto di riferimento che un canale come il nostro aveva rappresentato».
La tua gratificazione più sentita?
«Due anni fa, con il collega Eugenio Marotta, ho avuto modo di fare le
telecronache via satellite in trasferta, e in un momento in cui ai tifosi
granata non di rado veniva vietato dalle norme ministeriali di andare al seguito
della squadra, è stata una grossa responsabilità sapere di avere gli occhi di
tutta la città addosso. Ma è stato un aspetto importante per noi, insieme al
poter vivere la promozione in B passo per passo come abbiamo raccontato nel
libro A tutta B».
Sei molto seguita, a giudicare dalla tua
pagina Facebook: cosa ti fa arrabbiare e cosa sorridere nei tuoi fan?
«Mi diverte vedere come, non solo per i fan ma anche per i colleghi, io sia
trattata pari a pari come un uomo. Sono l'unica donna telegiornalista al seguito
della squadra, e questo mi ha portato a sviluppare un rapporto diretto con i
tifosi, con la società, e anche con la squadra. Per contro, mi fa arrabbiare
vedere come tante volte si pensi che io racconti le cose per partito preso senza
considerare che io ho, come tutti, un editore a cui rendere conto».
Una mamma telegiornalista ha più difficoltà di una mamma lavoratrice in
genere?
«Ci sono tanti problemi come per ogni lavoratrice: orari difficili da
conciliare, pochi spazi, e un mercato del lavoro che non ti concede facilmente
questo lusso, ma io ho avuto la fortuna di trovare persone che mi hanno permesso
di dedicarmi alla mia famiglia e alla mia bambina che ora ha 6 anni».
Ti sta stretta Salerno?
«Non te lo nascondo, sì. Vorrei poter contare su una grande possibilità che
credo tutti meritiamo. Salerno è la mia città, ma è anche un circolo fortemente
chiuso dove non ci sono molte emittenti e molte opportunità, per cui pur essendo
contenta di quello che sto facendo starò sempre con l'occhio vigile in attesa di
una chiamata».
E di cosa vorresti occuparti?
«Sport, come sempre, ma anche cronaca, politica... tutto è all'ordine del
giorno».
Se dovessi scrivere un libro su di te, come lo intitoleresti e come ti
descriveresti?
«Ho molto apprezzato il libro di Simona Ventura Crederci sempre, arrendersi
mai!, che è un motto che ho fatto mio. Certo, avrà avuto anche qualche
facilitazione, ma al di là di questo il suo è un modello che credo vada seguito,
da prendere come esempio su come essere testa dura, perché insistere sulle
proprie idee e cercare di affermarle, alla fine premia. Non sopporto restrizioni
alla libertà di espressione che, per fortuna, non ho mai trovato nei miei
editori».
Cosa c'è nel tuo domani?
«Non so se resterò a Telesalerno, il mio contratto è in scadenza e sono pronta
ad accettare tutte le proposte che mi si presentano dopo un'esperienza comunque
importante ma che ritengo al capolinea. Professionalmente sono cresciuta ed
attendo quindi di valutare tutto quello che mi presenterà come frutto di tutto
il buon lavoro fatto fino a oggi». |
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CRONACA IN ROSA Storie
a tre dimensioni di Silvia
Grassetti
Se cercate un luogo dove scoprire e sperimentare nuove forme
di comunicazione, internet è ciò che fa per voi. L’avevamo
visto con i blog, le web communities, i social network.
Storie al cubo è l’ultima tendenza. Ma di che si
tratta? Ne parliamo con l’amministratore del sito, Giuseppe
Arisco.
«Storie al cubo è un progetto artistico. Il nostro
scopo è quello di creare racconti tridimensionali. Siamo
abituati a leggere su spazi bidimensionali, la pagina di un
libro per esempio, noi invece sfruttiamo anche la terza
dimensione, quella offerta dai link. In un racconto a 3D
alcuni dei personaggi sono dotati di un collegamento: si
clicca e si accede ad un altro racconto che li caratterizza
di più, li descrive in altre situazioni, altre storie, di
altri autori».
E gli autori concordano le storie “al cubo”?
«No, ma il sito è anche, forse soprattutto, una comunità.
Tutti possono scrivere, tutti possono estendere e
caratterizzare un personaggio di un racconto che hanno
letto. Basta iscriversi».
Come è nato Storie al cubo? A chi è venuta l'idea?
«L'idea è nata in ufficio, prendendo il caffè. Lavoriamo
tutti nel settore informatico. Un collega ha manifestato il
desiderio di scrivere un libro “corale”, da pubblicare. Ho
proposto qualcosa di diverso: una serie di racconti che si
potessero collegare fra loro. Proprio come le voci di
Wikipedia. Nel gennaio 2010 siamo andati online con una base
di circa dieci racconti».
Come
si fa a diventare scrittori?
«Chiunque può scrivere un racconto, ma bisogna ragionare "al
cubo". Quindi c’è l'obbligo di inserire almeno due link nel
racconto, e non più di 3500 parole: così chi ha scritto un
racconto molto lungo è obbligato a spostare la
caratterizzazione dei suoi personaggi in altri racconti
collegati. Inoltre se l’autore decide di non estendere quel
personaggio o frase, si incrementa la lista dei "titoli
vuoti": una lista di possibili racconti non ancora scritti».
Qualche esempio di racconti ancora da scrivere?
«Una partita di calcio fra zecche, Corsa
all’impazzata verso la questura, Hangover,
L'Uzbeka. Se cerchi l’ispirazione, ti garantisco che
quella lista è una miniera d'oro».
Sembra molto intrigante...
«Sopratutto è divertente. Dopo i primi racconti ti rendi
conto di quanto sia bello far incrociare i personaggi, in
situazioni sempre diverse, prenderne in prestito da altri e
crearne di nuovi. Per esempio sono convinto che il mio socio
si sia già innamorato di uno dei personaggi, La Giunonica
Gianna, la mette quasi sempre nei suoi racconti!».
L'interesse per Storie al cubo si manifesta nei
reading che organizzate...
«La storia dei reading ha sorpreso anche noi. Con il mio
socio, Fabio Campoccia, abbiamo deciso di partecipare a una
lettura a lume di candela organizzata in un locale di
Palermo. È stato un successone! Da quel momento una delle
autrici, Cinzia Accetta, entusiasta dell'idea, continua a
proporre reading in giro per la città. All'ultimo reading
avevamo anche l'accompagnamento musicale, con un ottimo
risultato».
Chi non può partecipare ai reading resta a bocca
asciutta?
«No, abbiamo deciso di registrare le letture e di metterle
in formato MP3 sulla pagina del racconto. Ho da poco saputo
che uno dei prossimi reading avrà come platea un pubblico di
ipovedenti. Il fatto di poter regalare emozioni a chi non
può leggere a video mi rende molto felice». |
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FORMAT Il
pagellone di aprile di
Giuseppe Bosso
Sole splendente su
Un posto al sole, 3000 puntate e non
sentirle per la storica soap napoletana che
stavolta celebra la ricorrenza con un gradito
rientro, quello di Filippo, alias Michelangelo
Tommaso.
Sereno su
Ilaria D’Amico, ritornata in video dopo il
parto a tempo di record e più smagliante di
prima, per la gioia dei suoi fan.
Soleggiante su Mediaset, che rende
omaggio a tre suoi protagonisti degli ultimi
anni che ci hanno lasciati:
Maurizio Mosca, Santi Licheri e,
soprattutto, Raimondo Vianello che mancherà
davvero a tutti.
Variabile su Ficarra e Picone, che hanno
raccolto il timone di Striscia la notizia
dalla coppia Greggio-Hunziker con la consueta
verve e brio.
Poco nuvoloso su Tv Talk, per
l’ennesima stagione programma di punta di Rai
Educational con
Massimo Bernardini, occhio vigile su quanto
accade sul piccolo schermo.
Foschia su Un paradiso per due. La
miniserie di una puntata con la coppia
Incontrada-Morelli, girata in Sudamerica, non ha
entusiasmato particolarmente il pubblico di
Canale 5, malgrado lo charme dei due
protagonisti e della piccola stella argentina
Laura Esquivel.
Nebbia su Capri 3. Gli ascolti
saranno anche stati buoni, ma non ci sembra che
il restyling del cast con Bianca Guaccero e
Gabriele Greco abbia tenuto la serie sugli
standard delle prime due edizioni. Senza
Capparoni, Assisi e Pession non è la stessa
cosa.
Pioggia su Paola Perego. Non è stata una
stagione positiva per la ex padrona di casa del
pomeriggio domenicale di Canale 5. Prima la
cancellazione de La tribù, poi Lo show
dei record che non ingrana perché
continuamente battuto da
Antonella Clerici e i suoi piccoli cantanti.
Temporale su Ciak… si canta! Il
cambio alla guida, con l’approdo degli ormai
saturi Pupo ed Emanuele Filiberto, non ha
giovato ad un programma sul quale Raiuno puntava
molto.
Grandina su Barbara D’Urso: sorprende
constatare come si possa fare sempre peggio, di
puntata in puntata, a Domenica 5. Oltre
le consuete liti di Sgarbi e la puntata con il
paese a sostegno degli stupratori di qualche
mese fa, ecco ora arrivare il confronto tra
Elisa Triani e il suo stalker. Per fortuna siamo
quasi alla fine della stagione.
Burrasca su Augusto Minzolini. Il calo
degli ascolti è la certificazione finale
dell’andamento della sua direzione del più
importante tg nazionale, il Tg1. |
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HOT GIRLS Un
calendario sexy per protesta di
Chiara Casadei
Fotografate senza veli, così come mamma le ha
fatte, sull’aereo che anziché continuare a
portarle in volo, le ha lasciate definitivamente
a terra. Dieci hostess dell’Air Comet,
compagnia aerea spagnola chiusa per fallimento
il 21 dicembre 2009 che ha creato ben 660
disoccupati, hanno finalmente trovato l’unico
modo di farsi ascoltare per ricevere la giusta
attenzione da parte della stampa.
Posati gli striscioni e abbandonate le
manifestazioni di protesta, sono infatti tornate
sul luogo di lavoro per farsi immortalare
all’interno (a volte anche inverosimilmente
all’esterno) del velivolo, ovviamente il tutto
senza “pesanti” divise che di cui peraltro sono
state private. Così la versione elettronica di
El Mundo fa scalpore pubblicando il
calendario 2010 delle caparbie lavoratrici. Un
gesto che ribadisce in tono marcato la
sensualità già insita nella loro professione.
Gli stipendi arretrati che la compagnia
deve ai suoi ex dipendenti sono, in alcuni casi,
di 16mila euro, corrispondenti a circa otto mesi
lavorativi. «Da quando la compagnia ha chiuso
facciamo manifestazioni ma vediamo che nessuno
si interessa a noi - spiega Adriana Ricardo, 37
anni – così abbiamo deciso di fare il
calendario, per rivendicare i nostri diritti
[...] Noi non ci vergogniamo, né crediamo che la
nostra protesta sia sessista. Chi doveva
vergognarsi è il signor Diaz Ferran (presidente
della Confindustria spagnola e proprietario
della linea aerea su cui lavoravano le hostess
in questione, ndr) il giorno stesso in
cui ha smesso di pagarci. Noi no. Noi vogliamo
solo essere pagate». |
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DONNE Donne
esaltate di
Silvia Grassetti
Se vi sembrava consolante quel che diceva
Kierkegaard
una settimana fa, quasi ci sentiamo in
colpa a rivelarvi come va a finire: le
donne sbagliano a volersi emancipare.
Quello è il tentativo di privarsi della
differenza femminile, di corrompere la
natura particolare che Dio ha dato loro e,
così facendo, di porsi davvero nelle mani
degli uomini.
Insomma: se, e sottolineo se, esiste una
specifica natura femminile, è quella che la
donna esprime da sempre. Non c’è molto da
stare allegre, visto quel che “da sempre”
hanno detto di noi.
Ma non disperiamo: arriva Bachofen. Poco
noto ma gran consolatore. State a sentire.
Il patriarcato è una cosa recente: prima
c’era l’epoca d’oro del matriarcato, in cui
il comando spettava alla madre, la
capofamiglia. tra un po’, finalmente,
giungeremo a un nuovo mondo dove i principi
matriarcali e quelli patriarcali si
fonderanno su un piano più alto.
La cosa che ci piace di più è la tesi
secondo cui l’amore materno costituisce la
base da cui si sviluppa l’umanesimo
universale: siccome la madre ama i propri
figli in ugual misura, i figli si
percepiscono come uguali tra loro. Così,
l’idea di maternità genera un senso
di fratellanza universale tra tutti i
soggetti umani. Psst: nella società
patriarcale, l’uguaglianza cede il passo
alla gerarchia, l’armonia al conflitto.
Se non vi basta, rilancio con Marx. Per lui,
la prima forma di sfruttamento è quella
dell’uomo sulla donna. La famiglia è
l’espressione del rapporto di "serva-padrone"
tra donne e uomini, tanto che bisognerebbe
abolire entrambe. Il compito del comunismo,
in questo senso, è portare all'indifferenza
tra i sessi. Non è essenziale essere uomini
o donne: ciascuno potrà essere se stesso,
finalmente libero da ogni tipo di
alienazione, anche quella sessuale.
Non suona poi tanto male.
9-continua |
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TELEGIORNALISTI Testamento
per un funerale di Enzo Baldoni
20 aprile 2010: a distanza di 5 anni e 8 mesi dall’omicidio, finalmente i
resti di Enzo Baldoni sono in Italia.
Nel prossimo numero vi racconteremo i retroscena del rapimento e della morte
di Enzo. Per ora, osserviamo un minuto di silenzio e lasciamo che a parlare
siano le parole del giornalista.
Stamattina sono stato a un funerale. La cerimonia è andata via liscia e
incolore finché alla fine il prete ha detto: "Ora il figlio vuole dire
qualche parola". Il figlio, in dieci minuti, ha tratteggiato un ritratto
vivo, affettuoso e vivace del padre. Un ritratto senza sbavature né
esagerazioni né cedimenti al sentimentalismo. Ma quei dieci minuti hanno
avuto più calore, colore e spessore di tutto il resto della cerimonia. Il
papà era ancora lì tra noi, vivo, e questo sarà il ricordo che ne
manterremo.
Ordunque, trascurando il fatto che io sono certamente immortale, se per
qualche errore del Creatore prima o poi dovesse succedere anche a me di
morire - evento verso cui serbo la più tranquilla e sorridente delle
disposizioni - ecco le mie istruzioni per l'uso.
La mia bara posata a terra, in un ambiente possibilmente laico, ma va
bene anche una chiesa, chi se ne frega. Potrebbe anche essere la Casa delle
Balene, se ci sarà già o ci sarà ancora. L'ora? Tardo pomeriggio, verso
l'ora dell'aperitivo.
Se non sarà stato possibile recuperare il cadavere perché magari sono
sparito in mare (non è una cattiva morte, ci sono stato vicino: ti prende
una gran serenità) in uno dei miei viaggi, andrà bene la sedia dove lavoro
col mio ritratto sopra.
Verrà data comunicazione, naturalmente per posta elettronica, alla lista
EnzoB e a tutte le altre mailing list che avrò all'epoca. Si farà anche un
annuncio sui miei blog e su qualsiasi altra diavoleria elettronica verrà
inventata nei prossimi cent'anni.
Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati.
Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei
figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve
ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo,
audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune
parole tabù che *assolutamente* non dovranno essere pronunciate: dolore,
perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di
lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po' più
freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi
come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà
quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e
non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che
ho combinato.
Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti,
tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che
volete. Vorrei l'orchestra degli UNZA, gli zingari di Milano, che cominci a
suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe
se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di
vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago,
datene un po' anche a me.
Voglio che si rida - avete notato? Ai funerali si finisce sempre per
ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte. E si fumi
tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero
nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considererei
un'offesa alla morte, bensì un'offerta alla vita.
Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata
via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa
continueranno fino a notte inoltrata.
Le mie ceneri in mare, direi.
Ma fate voi, cazzo mi frega. |
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SPORTIVA Sania
Mirza: ho sposato una persona, non un pachistano di
Mario Basile
'L'amore ha l'amore come solo argomento e il tumulto
del cielo ha sbagliato momento...', cantava Fabrizio De André,
raccontando della passione di due amanti imperterriti nel voler
incontrarsi nonostante un'alluvione avesse inondato la città intorno
a loro. Di un amore che va oltre tutto e tutti ne sanno qualcosa la
tennista indiana Sania Mirza
e il campione pachistano Shoaib Malik,
novelli sposi e protagonisti della storia più chiacchierata dagli
sportivi d'Oriente. Nel loro caso il "tumulto del cielo" era
rappresentato dai difficili rapporti che intercorrono tra i due
stati di appartenenza, ossia l'India e il
Pakistan.
Ma andiamo con ordine. A gennaio Sania annuncia il
matrimonio con Sohrab Mirza, suo amico d'infanzia. Le nozze, però,
vengono presto annullate. Motivo? «Incompatibilità caratteriali» fa
sapere lei. Cupido è però ancora in agguato. A Dubai, la Mirza
conosce Shoaib Malik, giocatore pachistano di cricket. È colpo di
fulmine. E poco importa se ci sia tensione tra le due nazioni
d'origine. A fine marzo i due, entrambi islamici, annunciano
ufficialmente le loro nozze. Lo sgomento e l'incredulità pervadono
sia l'India che il Pakistan.
Siamo all'edizione moderna del classico
shakespeariano Romeo e Giulietta. Se non è così, poco ci
manca. La notizia non lascia indifferente alcuni sostenitori del
partito indiano dello Shiv Sena, che non esitano a bruciare per le
strade di Mumbai le immagini raffiguranti la 23enne tennista, già
finita nell'occhio del ciclone nel suo paese per via dei suoi
succinti abiti di gioco e per un presunto vilipendio alla bandiera.
Intanto, la federazione tennistica pachistana fiuta la grande
occasione e mette le mani avanti annunciando di sperare di vederla
in campo a difendere i colori del Pakistan. Quella indiana, invece,
non sembra preoccuparsi:«Sania continuerà a giocare con noi». La
priorità della Mirza è comunque il matrimonio.
A pochi giorni dalle nozze, quando i fiori inviati
per augurio dai fan già stavano invadendo la casa della Mirza, ecco
arrivare il colpo di scena. Shoaib non può sposarsi: è bigamo. La
storia risale al 2000. Il campione pachistano ha sposato una ragazza
indiana via telefono nel 2002, celebrazione officiata a distanza
perché la ragazza in questione era impossibilitata ad ottenere il
permesso di soggiorno per recarsi in Pakistan. Shoaib in un primo
momento si difende, sostiene di essere stato raggirato, poi ottiene
il divorzio. Il matrimonio si può fare e finalmente si celebra il 12
aprile. «Ho sposato una persona, non un pachistano - ha detto Sania
dopo le nozze - La gente ne ha fatto una questione politica, ma noi
eravamo molto sereni perché ci stavamo sposando come due persone
normali». E vissero felici e contenti. Per ora. |
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