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Telegiornaliste anno V N. 36 (207) del 12 ottobre 2009
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MONITOR Micaela
Palmieri: fondamentale la sensibilità femminile nei tg
di Giuseppe Bosso
Giornalista professionista dal 2005,
Micaela Palmieri è approdata in tv nel 2003
a Telelombardia, dove si è occupata di trasmissioni di politica e ha realizzato
diverse inchieste. Oggi lavora in Rai. Tra le sue esperienze, 7 giorni al
Parlamento, Eurozone e Quello che... regioni.
Dal caso Boffo-Feltri a quelli Ballarò e Anno zero: qual è la
tua opinione sull'attuale, poco felice, momento del giornalismo italiano?
«Inizialmente pensavo, come molti, che queste vicende fossero piuttosto
strumentalizzate in ottica anti-berlusconiana, ma col passare del tempo, e con
il crescere di questi episodi, sto iniziando seriamente a preoccuparmi. La
libertà di informazione è un valore assoluto che dobbiamo difendere giorno per
giorno e dobbiamo ribellarci quando ci viene negata. Da questo punto di vista
l'America, pur con tutti i suoi difetti, è un vero modello di libera
informazione. Certo, alla lunga anche laggiù rischi di trovare qualcuno che
cerchi di tappare la bocca».
Da quali esponenti politici, tra quelli che hai ospitato, hai avvertito
maggiore disponibilità?
«Tanto da destra quanto da sinistra ho trovato molta disponibilità. Certo è che
il mio è un programma istituzionale che non si presta
particolarmente alla polemica, quindi i politici sono tranquilli, non si
aspettano "imboscate" giornalistiche da parte nostra».
Da Telelombardia alla Rai: quanto è stata importante l'esperienza nella tv
locale per te?
«Tantissimo. Si tratta di una palestra completa, dove necessariamente devi
imparare a fare tutto, dal montaggio ai servizi, e questo è un vantaggio
notevole una volta che passi alla Rai dove il ritmo è sicuramente più blando
rispetto alle realtà locali. È un allenamento fondamentale e capisco le
difficoltà che spesso incontrano i colleghi che vengono assunti direttamente dai
canali nazionali senza aver compiuto questo importante passaggio».
Com'è la tua giornata tipo?
«Varia a seconda che io sia impegnata in esterna, per realizzare servizi fuori
regione, e quindi comporta viaggi e spostamenti, oppure rimanga in redazione,
alternandomi tra la stesura dei testi delle puntate, la conduzione e le
interviste agli ospiti. In ogni caso, è sempre piena».
Che idea ti sei fatta di Telegiornaliste?
«Un sito decisamente interessante. Certo, qualche commento un po' colorito a
volte mi fa sorridere, ma è utile che ci sia uno spazio in cui gli spettatori
abbiano modo di esprimere il loro punto di vista su noi giornaliste, sul nostro
modo di lavorare, di realizzare servizi e perché no anche di giudicare l'aspetto
fisico. Alla fine il mezzo televisivo si presta anche a questo».
Ormai le donne hanno acquistato autorevolezza come giornaliste anche nel
campo politico: pensi siano maturi i tempi per vedere anche una 'direttora' di
un tg nazionale?
«Certo, penso che la sensibilità e il punto di vista femminile nei tg è
fondamentale. Per quanto riguarda la carta stampata, qualche direttrice donna di
quotidiani c'è, ma sono ancora troppo poche».
Da accanita tifosa interista quale sei, pensi ci vorrebbero nella politica
personaggi come Mourinho?
«Non credo che in questa risposta riuscirò a essere obiettiva, sono troppo
innamorata della mia squadra. Ritengo comunque che personaggi come Josè Mourinho
servirebbero in tutti i settori. E soprattutto tra i politici in cui spesso
domina il politically correct a tutti i costi. Sarebbe utile la presenza
di un uomo contro corrente come The Special One, una persona che non teme di
dire ciò che pensa e che crede nelle sue idee e nella forza di portarle avanti.
A costo di essere impopolare». |
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CRONACA IN ROSA Aiutarli
a casa loro di Erica Savazzi
I più poveri non “possono permettersi” di emigrare. È quanto
rileva l'Ong Intersos in un
documento di analisi e proposta. Meno del 2 per cento
dei migranti arrivati in Italia provengono dai Paesi
caratterizzati da condizioni di grave e diffusa povertà,
vale a dire con un reddito annuo pro capite al di sotto di
1.500 dollari.
Secondo l'Ong, paradossalmente la politica degli aiuti
finalizzata a far uscire dal la povertà i Paesi più
bisognosi potrebbe favorire nel breve periodo un
incremento e non una diminuzione dei flussi. Secondo
l'analisi, i Paesi a maggiore emigrazione sono quelli con un
reddito pro capite pari a circa 5.225 dollari annui, quindi
nella fascia media della povertà mondiale. Salvo casi di
persecuzioni o guerre, emigra chi può permetterselo
sia in termini economici sia di conoscenza, istruzione,
salute, capacità di iniziativa, intraprendenza. I Paesi di
origine delle comunità più numerose in Italia sono infatti
Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine,
Tunisia.
L’analisi evidenzia che la riduzione dei flussi verso
l’Italia dipende, nel breve periodo, soltanto in misura
estremamente limitata dall'incremento degli aiuti e della
cooperazione. L’emigrazione si ridurrà soltanto quando “a
casa loro” si sarà creato un livello di vita - economico,
sociale e culturale - che soddisfi adeguatamente i bisogni e
le aspirazioni personali e familiari. Quando cioè il livello
medio di povertà, che spinge ancora ad emigrare,
riuscirà a scendere. E non basterà che il reddito pro
capite medio cresca, ma sarà necessario che tale aumento sia
diffuso e generalizzato e non permetta il perdurare di
significative sacche di miseria nel Paese.
Il problema ha due risvolti: da un lato, gli aiuti non
produrranno alcun effetto positivo se continueranno ad
essere “elemosine” - pur significative - o se finalizzati a
limitate azioni di solidarietà; dall’altro, occorre una
visione politica e strategica lungimirante e di lunga
durata, un coordinamento a livello europeo e internazionale,
programmi di aiuto e coerenti politiche economiche e
commerciali di sostegno per creare realmente crescita e
sviluppo nelle aree più povere. |
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FORMAT Giù
il sipario al Parioli di
Giuseppe Bosso
Cala definitivamente il sipario sul più longevo
e famoso talk show del Belpaese. Da domenica
inizia l’ultima (ma sarà davvero tale?) stagione
del Maurizio Costanzo Show.
Sono passati 27 anni da quel 14 settembre 1982 e
ne ha viste e raccontate tante il popolare
giornalista dal Teatro Parioli di Roma: dalla
politica allo spettacolo, dallo sport alla
musica. Uno dopo l'altro, hanno sfilato i
personaggi che hanno fatto la storia della
televisione e non solo.
L’appuntamento è, come sempre, su Canale 5
la domenica e il mercoledì, e anche stavolta
Costanzo dedicherà grande spazio ai temi
dell’attualità, senza dimenticare
l’indispensabile apporto del pubblico che avrà
modo di interagire con i protagonisti sul palco.
Nelle primissime puntate, grande spazio sarà
dedicato al tema della mafia, da sempre
'pallino' di Costanzo, con ospite il procuratore
Grasso. Ovviamente non mancherà un
doveroso tributo a Mike Bongiorno. In
seguito, si avvicenderanno altri ospiti, altre
storie, da quelle dei vip e dei rappresentanti
delle istituzioni fino alle vicende, drammatiche
o spiritose, della gente comune.
È l'ultimo atto, dunque, del Maurizio
Costanzo Show. Ma conoscendolo, non ci
meraviglieremmo di nuove sorprese. |
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HOT GIRLS Ti
seduco così di
Valeria Scotti
Cercasi bon ton della seduzione che, regola dopo
regola, trasformi il nostro obiettivo in un
compagno di vita. Perché, è evidente, alcuni
fattori in particolare entrano in gioco
quando scatta l’attrazione. Il problema è
coglierli uno ad uno senza complicarsi la vita.
O apparire ridicoli.
Il Journal of Personality and Social
Psychology, ad esempio, punta sui colori.
Soprattutto uno, il rosso. Una ragazza
in red aumenta le possibilità che qualcuno
le chieda un appuntamento. E pazienza che il suo
look stile Babbo Natale 12 mesi all’anno possa
apparire alquanto improbabile.
C’è chi invece ne fa una questione di odori.
Almeno così sostiene la Smell and Taste
Research Foundation di Chicago secondo cui
una particolare miscela di lavanda e di zucca
accende il desiderio di lui. Mentre lei perde la
testa con il cetriolo e la liquirizia. Siete
scettiche? Fate bene.
Sì poi alle situazioni in costante tensione e
pericolo. Il Journal of Personality and
Social (ancora lui) ha dimostrato – con
tanto di esperimento - come l’adrenalina e il
rischio influiscano sull’attrazione. È
bastato mettere una donna su un ponticello
vacillante e un’altra su uno stabile. Gli uomini
che hanno attraversato il ponte traballante si
son mostrati più propensi a chiedere un
appuntamento alla povera cavia. Da qui, il
perché le relazioni clandestine siano così
eccitanti. 1-0 per le amanti.
E poi c’è anche il fattore suocera. Il
giornale scientifico Proceedings of the Royal
Society B fa della seduzione tutta una
questione di sexual imprinting. Più la
ragazza assomiglia alla mamma di lui – in
termini di struttura ossea - più lei avrà
possibilità di rubare il cuore maschile. Anzi,
mammone.
Se poi volete catturare l’attenzione di chi non
vi guarderebbe neanche se foste nude, puntate
sull’alcool. Metti una serata in disco e…
il Journal of Psychopharmacology sostiene
che al terzo drink, improvvisamente, le persone
ci sembrano tutte più belle. Essere ubriachi ci
porta infatti a non notare le asimmetrie nel
volto di una persona, ma sicuramente anche altri
problemi. E allora meglio essere sobri e via,
alla ricerca della seduzione altrove. Vuoi mai
che sia già dentro di noi, come accessorio di
serie? |
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DONNE Marian
Anderson, la voce nera
di Deborah
Iaizzo
L’amore, la passione e la determinazione
hanno caratterizzato la vita di Marian
Anderson: un’artista che ha cercato di
abbattere le insormontabili barriere
razziali che, in quel periodo,
dominavano in America. Marian infatti nasce
il 27 Febbraio 1897 a Filadelfia: la sua
vita è segnata dalla consapevolezza delle
difficoltà che avrebbe incontrato nel
proprio percorso, a causa del colore della
sua pelle.
Sin da piccola, “avendo la musica nel
cuore”, con l’aiuto della zia decide di
unirsi al coro della chiesa battista locale.
Vista la sua propensione nei confronti della
musica, i fedeli decidono di farle prendere
delle lezioni di canto: per trovare i fondi
organizzano un concerto benefico con lo
slogan “Entra e sentirai la bambina
contralto di appena dieci anni”. Dopo
essersi diplomata, fa domanda di ammissione
alla Philadelphia Music Accademy che non la
accetta: «Noi non prendiamo gente di
colore».
Grazie alla sua passione per la musica
prosegue la sua formazione canora con
Giuseppe Boghetti e inizia un tour per gli
Stati Uniti. Nel 1930, stufa dei pregiudizi
razziali che le impedivano di realizzarsi
come cantante, decide di andare in Europa.
La sua popolarità cresce, lasciando il segno
anche nei suoi critici più feroci. Nel 1935
incontra il direttore d’orchestra Arturo
Toscanini, che, estasiato dalla potenza
della sua voce, dice: «Una voce come la tua
si sente solo una volta ogni cento anni».
Nel 1939, un evento molto particolare. Le
Figlie della Rivoluzione Americana
impediscono a Marian di cantare nella loro
sala concerto a Washington. I Roosevelt - la
first lady Eleanor faceva parte
dall'associazione - decidono quindi di
organizzare per lei un concerto
all’aperto, sui gradini del Lincoln
Memorial. Il concerto è seguito da una folla
di più di 75.000 persone, di tutte le razze.
All’età di 57 anni la Anderson si esibisce
con la New York Metropolitan Opera, cantando
la parte di Ulrica nel Ballo in maschera
di Giuseppe Verdi: diviene così la prima
cantante afroamericana ad aver interpretato
un ruolo importante alla Metropolitan Opera.
Dopo aver girato il mondo per
sensibilizzare le persone alle tematiche
del razzismo, viene nominata delegato
delle Nazioni Unite. Attraverso la sua
meravigliosa voce - che si è spenta nel 1993
- Marian è riuscita a trasmettere il bisogno
di cambiare una realtà ingiusta con la quale
aveva dovuto combattere durante tutta la sua
vita. |
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TELEGIORNALISTI Remo
Croci: la cronaca giudiziaria è lo specchio dell'Italia
di Giuseppe Bosso
Giornalista professionista dal 1992,
Remo Croci è caposervizio nelle Marche
del Tg5. Si occupa di cronaca giudiziaria.
Spesso sembra che le notizie di cronaca giudiziaria distolgano
l’attenzione dai problemi del nostro Paese. Cosa ne pensa?
«Credo che queste vicende non debbano essere ignorate, sono casi che
rispecchiano la realtà italiana. Ci sono persone capaci di compiere queste
atrocità ed è bene capire chi siano. Certo, concordo che l’eccesso di
morbosità è sbagliato e i toni non vanno esasperati. Ma ritengo che questa
sia la parte più attiva del giornalismo».
Spesso lei è in Abruzzo. Si stanno abbassando i riflettori sulla zona
dopo il terremoto?
«Ogni qualvolta sono capitate calamità come il terremoto, è sempre successo
che man mano che la situazione si normalizzasse, ci fosse un allontanamento
dei media. Ma la situazione è tutt’altro che risolta, e le continue visite
dei governanti dimostrano che c’è molta attenzione anche per le istituzioni.
Piuttosto si deve parlare dei problemi quotidiani di chi ha perso la casa.
La colpa non può comunque ricadere solo sulla politica, le idee possono
essere diverse ma non vanno taciuti i meriti che, per esempio, sta avendo la
Protezione Civile in questo frangente. Magari non la pensa così chi ancora
aspetta di ritrovare un tetto sopra la testa, ma in definitiva è facile
giudicare dall’esterno».
Quali sono gli eventi che più l’hanno colpita?
«Ho seguito diversi processi importanti, da quello ultimo di Perugia a
quello del terremoto per la morte dei 27 bambini di San Giuliano. Poi
ricordo con piacere l'intervista esclusiva all'attentatore del Papa, il
turco Alì Agca: fu tra l'altro l'ultima intervista rilasciata a un
giornalista italiano. Ma se devo citare una storia che mi ha commosso fino
alle lacrime, non posso non parlare dei fratellini di Gravina di Puglia,
Ciccio e Tore».
Come è arrivato al Tg5?
«Devo ringraziare due persone soprattutto, Enrico Mentana e Massimo Corcione
che, nel 1995, quando ero senza lavoro, mi proposero di realizzare un
servizio sull’ex terrorista Nardi. Dopo quattro anni fui assunto
stabilmente, e di questo sarò sempre grato. Enrico è un grande
professionista e mi dispiace davvero di vedere come sia la sua situazione
adesso. Gli auguro quanto prima di ritrovare una collocazione, il
giornalismo italiano ha bisogno di lui».
Ha avuto un passato da dirigente della
Sambenedettese. Come ricorda quell’esperienza?
«Da giovane ho giocato a calcio e poi ho iniziato a seguire la professione
giornalistica, dapprima in ambito sportivo. Anni fa, quando alcuni miei
amici hanno rilevato la società marchigiana di cui sono sempre stato grande
tifoso, mi hanno proposto di entrare nel loro staff, dapprima come team
manager e poi come direttore sportivo. Le mie soddisfazioni sono state
certamente il raggiungimento, nel 2005, dei play off contro il Napoli e poi
una salvezza quasi da allenatore».
Sta seguendo dal vivo la triste vicenda di Moreno Solfrini. Ricordiamo la
sua storia?
«Moreno Solfrini è stato a lungo il capitano della Sambenedettese e, per
anni, ha mangiato polvere nei campi minori lottando al massimo. Purtroppo da
sei anni lotta contro quel terribile male chiamato SLA, finendo nel
dimenticatoio come stava succedendo al povero Borgonovo. La vicenda di
Moreno è sfortunatamente la stessa di questi malati che vengono emarginati,
quasi considerati di serie B dalle istituzioni che non accordano loro
nemmeno un piccolo sussidio. Di comune accordo con la sua famiglia, da tempo
sto seguendo il suo caso. Qualcosa siamo riusciti a raccogliere, ma è sempre
poco».
I suoi progetti futuri?
«Sto organizzando per novembre una partita al Palasport di San Benedetto del
Tronto tra una squadra di vecchie glorie azzurre e della Sambenedettese. Ho
già avuto importanti adesioni, come quella di Beppe Signori, Marco Del
Vecchio e Gigi Di Biagio. E poi sto cercando di organizzare un convegno
medico con il patrocinio della regione Marche e con la collaborazione di un
altro amico, l’assessore Sandro Donati». |
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SPORTIVA Ragazze
d'oro di Pierpaolo Di
Paolo
Un successo stratosferico, eccezionale, di quelli
che non ammettono repliche.
L'Italia del volley femminile bissa il
risultato di due anni fa riconfermandosi sul tetto
d'Europa, e lo fa nel modo più eclatante. Le ragazze
hanno travolto tutte le antagoniste nelle 8 partite
disputate, concedendo solo due set alle compagini
rivali nel corso dell'intero europeo.
Non c'è mai stata partita, avversarie, storia. Il
pubblico polacco non ha potuto far altro che alzarsi
in piedi ad applaudire le azzurre dopo che anche
l'Olanda, come la Serbia e le altre, è stata
schiantata 3 a 0.
Un trionfo indiscutibile che ripropone una vecchia e
dibattuta questione: la competitività dei nostri
atleti negli sport di squadra. «Bisogna guardare la
tradizione - ammette Gianni Petrucci,
Presidente del Coni - Nelle discipline non
individuali non siamo mai andati alla grande. L'oro
delle azzurre pone fine a una striscia di risultati
negativi, legati a un momento particolare del volley
maschile e ancor prima della pallacanestro». Poi la
nota polemica: «Solo le leghe dicono che l'eccesso
di stranieri nei nostri campionati non danneggia i
vivai italiani».
L'imbarazzante superiorità delle ragazze in campo
europeo sottolinea ancora più i magri risultati
degli uomini, un tempo nazionale inarrestabile. «Le
donne meglio degli uomini? - prosegue il
Presidente - Ci sono dei cicli, dei momenti.
Probabilmente lo sport femminile era indietro anni
fa, oggi è più interessante, più seguito. La classe,
la costanza e una buona federazione portano a
risultati come questo».
È un gruppo vincente, composto sì da atlete
straordinarie, e da un grande allenatore, Massimo
Barbolini. È anche grazie a lui se negli ultimi
anni il volley femminile ha raggiunto i massimi
livelli di sempre, con 4 finali nelle ultime 5
edizioni e due medaglie d'oro consecutive. Lo
sottolinea Petrucci: «È una persona seria,
tranquilla, normale. Dà serenità alle ragazze, non
sbraita e non esagera dopo una vittoria o dopo una
sconfitta. Non fa vedere che abbiamo conquistato il
mondo perché sempre di un successo sportivo si
tratta».
Adesso all'orizzonte si profila il World Grand
Champions Cup, passerella giapponese per
campioni continentali. Dopo ci saranno i mondiali e,
nel 2012, le Olimpiadi. Le aspettative sono
inevitabilmente enormi: è lecito attendersi che un
gruppo del genere possa aprire un ciclo e
conquistare davvero il mondo. In senso sportivo,
s'intende. |
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