Archivio
Telegiornaliste anno V N. 17 (188) del 4 maggio 2009
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
MONITOR
Francesca Di Biagio: un ponte in rosa tra Italia e Cina
di Erica Savazzi
Il
28 aprile Francesca Di Biagio ha
presentato al Senato della Repubblica il suo reportage Un ponte in rosa
ambientato a Shanghai, che racconta delle donne italiane e cinesi che lì
lavorano e delle loro esperienze professionali, esempio di
internazionalizzazione. Si occupa inoltre dell'Asia per
Italian Women in
the World, iniziativa che vuole portare alla luce il meglio dell’Italia
femminile all’estero.
Perché hai scelto proprio la Cina, e in particolare Shanghai per questo
progetto?
«Ho scelto la Cina perché è un Paese che sta vivendo un’impressionante crescita
economica e sociale, paragonabile a quella degli anni 50 in Italia, nonostante
la crisi che ne ha rallentato i ritmi di sviluppo. Ho pensato che questa terra e
Shanghai in particolare - capitale economica della Cina, con un’enorme presenza
di imprese straniere - potessero rappresentare un valido banco di prova per
misurare il grado di emancipazione femminile, nazionale e internazionale».
Da
dove è nata l'idea?
«Il mio reportage è nato da una curiosità e un’esigenza. Mi sono trovata a
Shanghai per lavoro e lì mi sono posta due domande: cosa offre la Cina alle
donne italiane, me compresa? E cosa offrono le imprese italiane alle donne
cinesi? La risposta ai due quesiti mi ha portato a realizzare il video e mi ha
permesso di scoprire casi interessanti di coraggio e intraprendenza. Mi ha anche
consentito di conoscere uno spaccato d’Italia all’estero, fatto di medie e
piccole aziende, piene di vitalità, che nel loro piccolo contribuiscono ad
alimentare il progresso sociale femminile, offrendo ottime possibilità di
carriera a cinesi e italiane».
Coraggio e intraprendenza: quello che ti è servito per il reportage.
«Un ponte in rosa - dal momento che io sono una free lance e come tale
ogni giorno devo cercare e inventare il mio lavoro – è un esempio di spirito
d’iniziativa e di inclinazione propositiva, che vorrei fosse riconosciuto e
premiato, in un periodo in cui l’accesso alle professioni, per le donne
soprattutto, è vincolato da conoscenze e nepotismi. Sarei lieta se le tv
italiane fossero pronte a trasmettere il mio reportage e se dessero la
possibilità di affermarsi a tante donne come me che, ogni giorno, si impegnano
per innovare il proprio operato».
Hai riscontrato differenze e somiglianze tra le donne cinesi e quelle
italiane?
«Sorprendentemente, ho notato che la Cina da tempo riconosce alle donne molto
più spazio nella società e nella famiglia di quanto faccia l’Italia. Non a caso
Mao Tze Tung definiva l’universo femminile “l’altra metà del cielo”. In tv ho
notato una forte presenza femminile, sia a livello giornalistico che politico.
Non è poi difficile trovare donne che svolgono mestieri manuali, che nel nostro
Paese sono prerogativa degli uomini. Questa mia impressione è stata confermata
dalle intervistate di nazionalità cinese le quali hanno ammesso, con totale
onestà, di non aver mai riscontrato difficoltà professionali per il fatto di
essere donne. Questa parità di diritti, tuttavia, si scontra con un grande
problema che la Cina sta tentando di risolvere: la disparità di educazione
scolastica e accesso al lavoro che permane tra le province e le città».
Quali sono i motivi principali che hanno spinto le intervistate a cambiare
Paese?
«I motivi iniziali sono legati a scelte post universitarie e personali: molte
delle italiane che si trovano ora in Cina hanno studiato lingue orientali,
oppure decidono di abbandonare il loro Paese d’origine per seguire il fidanzato
o il marito, manager o imprenditore all’estero. Quello che conta è che, una
volta stabilitesi in Cina, le donne italiane beneficiano di una rapida carriera:
vengono affidati loro importanti incarichi e riconosciuti dei meriti. Tante
delle donne che ho intervistato hanno ammesso di aver trovato più meritocrazia
in Cina che in Italia».
Le tue sono storie di scambi culturali, economici, professionali: quanto sono
importanti per il progresso sociale femminile?
«Credo che queste storie siano molto importanti per il progresso sociale
femminile. È in quest’ottica che ho sviluppato il mio reportage, che mi auguro
abbia un seguito, con nuove interviste e scenari, in Cina o altrove. Le
protagoniste del mio reportage, siano manager affermate o neolaureate alle prime
esperienze, sono donne con una marcia in più perché hanno deciso di confrontarsi
con una cultura diversa, perché ogni giorno convivono con colleghi di differenti
nazionalità e costumi. Ciò le aiuta nel loro lavoro, le rende flessibili e
permette loro di trovare la chiave per risolvere ogni tipo di problema. Penso
che l’internazionalizzazione sia uno dei migliori strumenti di formazione
professionale».
In generale conosciamo molto poco i cinesi e la loro cultura, tu che idea ti
sei fatta?
«La cultura cinese è profondamente diversa dalla nostra. Noi, per retaggio
storico, siamo abituati all’azione, alla creatività e al cambiamento; i cinesi,
invece, sembrano cementati nelle loro abitudini alle quali difficilmente
rinunciano, non possiedono il nostro modo diretto e incisivo di comunicare e per
alcuni aspetti sono ripetitivi. Di qui anche la loro abilità nel copiare, senza
realizzare qualcosa di nuovo. Tuttavia, i cinesi - e le donne in particolare –
hanno profonda ammirazione per lo stile di vita occidentale che cercano di
emulare a tutti i costi. Ho avuto l’impressione che le donne del posto
vorrebbero essere come noi italiane e si sforzano di imitarci, il che non sempre
è un bene. Le cinesi, a mio parere, dovrebbero impegnarsi a valorizzare e
innovare la grande cultura del loro Paese, piuttosto che concentrarsi
nell’inseguire le mode occidentali, futili e passeggere».
Giornalista in Cina: hai avuto problemi con le autorità (censura,
permessi...)?
«Il mio lavoro non ha previsto grandi contatti con le autorità, sono andata alla
ricerca di storie umane, piuttosto che di dichiarazioni politiche. Ho cercato, e
tuttora sto cercando, di ottenere da qualche testata italiana un accredito in
Cina che mi consentirebbe di confrontarmi liberamente con le istituzioni senza
problemi. Purtroppo non è così semplice e dal momento che amo fare il mio
mestiere, ho deciso di esercitarlo anche dall’altra parte del mondo cercando di
evitare, però, rischi e pericoli».
Italian Women in the World mostra che le donne italiane all’estero si fanno
valere. Secondo te avrebbero ottenuto gli stessi risultati in Italia?
«La mia riposta è no: queste donne non avrebbero ottenuto gli stessi risultati
in Italia. Prendo il mio caso: io adoro il mio Paese e, benché ami viaggiare,
vorrei vivere per sempre qui. Sono una giornalista professionista, con
esperienza in carta stampata e televisione, collaboro con testate nazionali, ma
mi sono sempre dovuta fare avanti con le mie forze e ho incontrato tante
difficoltà. Vorrei che qualcuno scoprisse il mio talento mettendomi alla prova,
proprio come fa IWW con le donne italiane all’estero. Vorrei che qualche testata
italiana avesse finalmente il coraggio di dimostrare che la meritocrazia conta».
Tornerai in Cina?
«Sicuramente. Magari per realizzare il proseguo di Un ponte in rosa,
magari come inviata, se qualcuno vorrà mandarmi». |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
CRONACA IN ROSA I
Riciclabili: Veline & Co. alle Europee di
Camilla Cortese
Ormai, parlare della sessualità dell’attuale presidente del
Consiglio è come sparare sulla Croce Rossa. Un obiettivo ben
visibile e fin troppo facile. Il curriculum da seduttore di
mussoliniana memoria è giunto a un succoso doppio epilogo:
il Pdl candida belle manze alle elezioni europee; il
Premier presenzia alla festa per il diciottesimo compleanno
di una aspirante soubrette napoletana che lo chiama “Papi
Silvio”.
Immediatamente lui smentisce, minimizza, spiega, rimprovera
la stampa di sinistra che strumentalizza le notizie, poi si
indigna. E comunque, qualunque cosa abbia detto, fatto o
pensato, lui scherzava, e quei noiosi puzzoni della sinistra
non hanno capito la battuta.
La scorsa settimana, dopo il La del web-magazine di
FareFuturo - fondazione animata dal presidente della
Camera Gianfranco Fini - è scoppiato il caso: una due giorni
di “formazione politica” per venti donne giovani e carine
(come dice il Premier, la bellezza non è una colpa) a cura
di Denis Verdini e Ignazio La Russa, con interventi di
Renato Brunetta e Silvio Berlusconi.
Volti nuovi e freschi per rinnovare l’immagine della
politica e dell’Italia all’estero: se non ci pensasse il
presidente del Consiglio a disseminare di passera gli
scranni del potere sai che noia. Arriva la precisazione che
le vede tutte plurilaureate e/o molto preparate e/o che
parlano più lingue, e comunque perché giudicarle, poverine,
il Pdl dà spazio ai giovani! Un pacco di dispense et
voilà, si apre il portone della politica. Mica male per
delle sbarbate che si candidano a pesare sulle spalle dei
contribuenti per i prossimi sessant’anni.
C’era anche Angela Sozio, la “rossa” del Grande Fratello 3,
che le sue doti mostrò pienamente in quella decorosa
circostanza televisiva, facendo la capriola nuda in una
vasca idromassaggio. Ora, non siamo bacchettoni e una vagina
l’abbiamo vista più o meno tutti, ma nel curriculum di una
protetta di un facoltoso politico non dovrebbero esserci
studi universitari, militanza politica a partire dai
consigli comunali, attività nelle fila politiche giovanili,
seminari e cose così?
Comunque. Poteva essere abbastanza? Poteva essere la solita
notizia shock che puntualmente in Italia passa
inosservata? A pepare ulteriormente la pietanza ci ha
pensato Veronica Lario, la più sinistrorsa delle first lady
destrorse, che ha affondato sul marito e sulla sua condotta
da imperatore giocherellone tutto potere e sottane,
dissociandosi dalla questione e precisando il suo disgusto e
la sua indignazione in proposito.
Nel pomeriggio seguente il Pdl annuncia le liste. Spiccano
tre nomi: Lara Comi, Licia Ronzulli e Barbara Matera. Delle
tre solo Matera è legata la mondo dello spettacolo, e non è
dato sapere se i nomi di Veline & Co. non siano mai stati
favoriti oppure se siano stati tolti dalle liste in fretta e
furia al divampare della polemica. Peccato, poverine,
dove le ricicleremo queste? |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
FORMAT
Il
pubblico del futuro di
Federica Santoro
Hanno non più di tredici anni, ma
possiedono già tutte le carte in regola per
diventare degli spettatori attivi e
consapevoli. Un curioso gruppetto di ragazzi
è stato per qualche settimana l’occhio
critico del palinsesto. Chiamati a giudicare
in studio ma anche attraverso il voto su
Internet sceneggiati e personaggi, i ragazzi
hanno mostrato di saper riflettere e valutare
sulla base delle loro osservazioni distinguendo
programmi e protagonisti per simpatia e bravura.
Un raro esperimento educativo quello dei
"criticoni", ospitato nel pomeriggio di
Trebisonda, il programma per ragazzi di
Raitre condotto da Isabella Arrigoni e
Manolo Martini. Maestra di spirito critico,
per un’ora, la giornalista Alessandra Comazzi
a cui abbiamo rivolto qualche domanda.
Come sono stati selezionati i ragazzi?
«I criticoni sono stati scelti nelle scuole
dagli autori del programma: Roberto Avvignano,
Dario Baudini e Caterina Manganella».
Quali sono stati i personaggi ritenuti più
simpatici e perché?
«Nella classifica dei più popolari, dal primo al
terzo posto, troviamo Claudio Amendola, Morgan,
e Carlo Conti. Sul primo nessun dubbio perché fa
i Cesaroni, conduce Scherzi a parte,
è simpatico e parla romano, un sinonimo di
allegria; Morgan piace per la sua conoscenza per
la musica, per lui provano ammirazione, e poi è
un tipo stravagante che non ha rinunciato ad
essere quello che è. Per quanto riguarda Conti,
L’eredità insegna qualcosa e quindi vale
la pena salvarlo».
Quali i personaggi e i programmi bocciati?
«Sicuramente ambiguo il giudizio su Amici
di Maria De Filippi che si ferma al
diciannovesimo posto della classifica; giudizio
freddo anche per Bonolis, antipatico e Fiorello
che li ha delusi lasciando la tv pubblica per
quella a pagamento di Sky».
Secondo te ha avuto influenza sulle loro
valutazioni l’opinione dei membri della
famiglia?
«La famiglia restava fuori dallo studio
televisivo. In trasmissione si esprimevano con
la massima libertà. Quello che ho notato è stato
sorprendente: veder maturare in loro la
consapevolezza che il vero unico imperativo nei
confronti della tv sia quello di non crederle
mai, di guardarla sempre con distacco. Sono loro
il pubblico del futuro, un’adolescenza matura
abituata ad Internet, a saper scegliere, a non
fidarsi». |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
CULT Che
notti quelle notti di Valeria Scotti
Caro, per i tuoi quarant’anni ti regalo qualcosa di speciale. Una cravatta? No.
Un pigiama? Peggio. Ti regalo allora me stessa e affinché la cosa faccia eco,
metto su carta i nostri amplessi. Trecentosessantacinque per la precisione.
Geniale Charla Muller a trarre la sua fonte d’ispirazione dalla Bibbia.
Lettera di Paolo ai Galati, 5,22. 23 ("... il frutto dello spirito è l’amore, la
gioia, la pace, la pazienza"). E una generosità nei confronti del marito Brad,
il destinatario del regalo speciale, che ha fatto il giro del mondo grazie al
suo libro, 365 Nights. A memoir of Intimacy. Il dovere coniugale
non era mai stato così dovere.
«Prima avevamo un rapporto al mese - ha raccontato la signora Muller senza alcun
pudore - all'inizio ho pensato che forse si sarebbe perso il senso di unicità e
di straordinarietà delle occasioni in cui io e mio marito facevamo sesso».
Niente di più sbagliato. «Fare l'amore frequentemente garantisce un senso di
benessere e di relax che fa crescere la voglia di farlo ancora, oltretutto mi ha
dato la sensazione di sentirmi più giovane».
Il regalo, dunque, s’è consumato interamente. E dopo un anno, i due non smettono
e proseguono che è una bellezza. «Lo so che la gente mi prende per pazza, ma
perché non ha capito. La mia non è una storia di sesso. È una storia
d’amore».
Voce agli esperti che assicurano: non c’è nulla di male a programmare il sesso.
L’importante è avere la capacità di far sentire il partner davvero speciale. E
il signor Brad? «Lui è completamente revitalizzato e mi porta fuori a cena
appena può, organizza sempre dei programmini speciali per i weekend», ha
sottolineato la moglie. Insomma, nei suoi quarant’anni tondi tondi, è più felice
che mai. Vagli a dare torto. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
DONNE Ilda,
le donne al centro di
Erica Savazzi
Se la bravura di un giornalista si
potesse valutare da quanti giornali, tg e
siti internet hanno riportato la notizia
della sua scomparsa,
Ilda
Bartoloni sarebbe sicuramente e
meritatamente nella top ten. Giornalista
donna che ha dedicato la sua vita
professionale alle donne con libri,
inchieste, trasmissioni televisive. Tg3
Punto Donna, per esempio, che ha
condotto fino all’ultimo.
Assunta in Rai nel 1975, ha lavorato con
mostri sacri del calibro di Sergio Zavoli e
Andrea Barbato. Da sempre concentrata sul
tema delle donne e delle pari opportunità,
a lei si devono programmi come Mafalda,
Diogene dalla parte delle donne e
Pari e dispari. Dopo essersi
inizialmente occupata di terrorismo e di
cultura, ha fatto inchieste su aborto,
matrimoni gay , bioetica. Nel 1999 ha vinto
il premio giornalistico Matilde
Serao.
Il suo impegno sulla questione femminile è
continuato anche in due saggi: Il nuovo
potere delle donne e Come lo fanno le
ragazze. Dal '68 a oggi. Sex inchiesta.
«Secoli di sottomissione avevano insegnato
alle donne a desiderare per gli altri, per
il marito, per il figlio. Oggi la donna
desidera per se stessa. È un processo
d’identificazione che si è compiuto e che
genera problemi nel maschio», ci aveva
detto.
Quanto Telegiornaliste l’ha
intervistata, nel 2007, aveva in
programma «altri libri, una trasmissione in
seconda serata, ma in primis dei bei viaggi,
godermi il mio uomo e godere dell'amicizia».
Per fare tutto le è stato concesso troppo
poco tempo. |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
TELEGIORNALISTI
Lirio Abbate: il giornalismo è una goccia che
scava la roccia di Erica Savazzi
«Il giornalismo è come la goccia che scava la roccia: alla fine ai criminali
saltano i nervi, per cui se la prendono con quel giornalista ficcanaso
che non si stanca mai di ricordare le collusioni tra criminalità
organizzata, politica, colletti bianchi».
Ed evidentemente
Lirio Abbate
un giornalista ficcanaso lo è. Tanto da meritarsi una minaccia di morte da
parte della mafia.
«Il giornalismo purtroppo in Italia a volte è un mordi e fuggi. È su questo
che molti sperano, sul fatto che se ne parla oggi e domani già si è dimenticato
e non ci si ritorna. Quando invece ogni giorno batti su quel punto fai male alle
organizzazioni criminali».
Qual è il compito del giornalista secondo lei?
«Il giornalista deve raccontare quello che vede, quello che sente sui
territori sulla città. Viviamo ogni giorno la città, prendiamo l'autobus, la
metro, il treno, e vediamo i problemi che ci sono: dobbiamo raccontare questi
fatti. Magari viaggiando, o anche visitando una pizzeria che comprendiamo essere
nelle mani dell'organizzazione mafiosa, raccontare che cosa non va. Certo, con
documenti alla mano, senza essere presi per visionari. Il giornalismo è analisi,
è raccontare, è aprire gli occhi alla gente e ai lettori: i veri editori dei
giornalisti sono i lettori».
Qual è il rapporto tra giornalismo e amministrazione della giustizia?
«Quando ai tuoi lettori racconti ogni giorno le malefatte, le collusioni di
chi occupa posizioni pubbliche oppure fai vedere documenti che mostrano che
quello che quello che fanno nel privato è tutt’altro rispetto a quello che
predicano, o che fanno affari con gente collusa, magari non ci sarà un processo,
ma è giornalisticamente rilevante: il giornalismo si deve distaccare dalle aule
di giustizia, deve raccontare quello che è la realtà, il territorio, il
quotidiano».
Oggi la questione della camorra è centrale nell’agenda dei media.
«Certo, perché se ne è parlato, perché i clan camorristici sono stati messi
sotto i riflettori. Se ne parla quasi ogni giorno nei giornali e in televisione
e la gente comincia a dire che esiste la camorra. Ma la camorra esiste da
decenni. L'informazione è questa: battere e ribattere su un argomento, far
ricordare. Ma purtroppo noi italiani siamo sempre più facili a dimenticare». |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
SPORTIVA
Dee Caffari, in continua sfida con l'oceano
di Chiara
Casadei
Se non sapete cos’è un Vendée Globe, allora
difficilmente avrete sentito parlare di Dee Caffari, ormai una leggenda sul
campo. Il
Vendée Globe è l’unica competizione
non-stop di vela “round-the-world” per singoli marinai esistente al mondo.
Il punto di partenza, e ovviamente anche quello di arrivo, è Les Sables d’Olonne,
in Francia, ed è la sfida più entusiasmante per gli esperti che vogliono mettere
alla prova la loro capacità di fare il giro del mondo facendo affidamento solo
sulle loro forze.
Cosa c'entra Dee Caffari in tutto
questo? Basta dire che è l’unica donna al mondo ad aver fatto il giro del
mondo in vela ben due volte e nelle due diverse direzioni, sia con i venti e le
correnti a favore, sia contro.
E pensare che inizialmente la sua carriera
era quella di insegnante. Nata nel 1973
in Inghilterra, ha trascorso alcuni anni ad
insegnare nella scuola secondaria, ma nel
2000, dopo cinque anni di insegnamento,
Dee decise di dare alla sua vita una svolta drastica e di soddisfare il suo
spirito di avventuriera e la sua passione per
i viaggi e per la vela. Dopo
essere diventata istruttrice di “water sports” alle Barbados, cominciò a
navigare nell’oceano instancabilmente con la sua fidata barca Aviva.
Nel 2005, prese parte per la prima
volta al Vendée Globe e – con i venti a sfavore – impiegò 178 giorni per
portare a termine il giro. A novembre del
2008, si è riproposta per la stessa
competizione pur non nascondendo la sua scarsa esperienza in questo tipo di
prova. Percorrendo questa volta da ovest a est la tratta, senza scalo come per
la precedente, ha impiegato solo 99 giorni per ritornare al punto di
partenza, qualificandosi in sesta posizione. Ma parlando di record al femminile
nei Vendée Globe, lei ne detiene due, essendo stata infatti la prima donna a
circumnavigare, da sola e senza scalo, sia nell’una che nell’altra direzione.
Nel suo diario, nel giorno della partenza –
9 Novembre 2008 – si legge una citazione davvero ispirante di Henry David
Thoreau
che recita: «Andate fiduciosi nella
direzione dei vostri sogni, vivete la vita che avete sempre immaginato».
Niente male come motto di vita: Dee potrebbe davvero essere riuscita
nell’intento... |
indice della pagina:
Monitor |
Cronaca in rosa |
Format |
Cult |
Donne |
Telegiornalisti |
Sportiva |
|