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Telegiornaliste anno V N. 15 (186) del 20 aprile 2009
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MONITOR Fiorangela d'Amora: voglio restare in
Campania
di Giuseppe Bosso
Nata a Castellammare di Stabia, pubblicista dal 2005,
Fiorangela d’Amora
conduce il tg di Metropolis tv. Muove i primi passi nel mondo del giornalismo al
quotidiano Cronache di Napoli e poi approda all’emittente napoletana Tele
Akery; quindi passa al quotidiano Metropolis e in seguito entra nella
redazione del tg dell’emittente nata nel 2006.
Metropolis è una buona palestra per i giovani giornalisti?
«Certamente, impari sul campo quello che i libri e le scuole non ti insegnano.
Devo molto, comunque, anche a
Tele Akery,
dove mi sono formata davvero, e ho potuto iniziare il percorso che mi ha portata
qui. Abbiamo un quotidiano, un’emittente televisiva, un sito web ricco di
servizi e video, presto una radio. Insomma, la scelta è ampia».
Cosa pensi cambierà il trasferimento al digitale terrestre, per le emittenti
e per i telespettatori?
«Permetterà di avere una piattaforma accessibile a tutti, sarà una novità
importante per emittenti come la nostra che avranno maggiore possibilità di
essere visibili. Per il telespettatore significherà più scelta di emittenti,
inoltre in Campania ne abbiamo probabilmente di più rispetto che in altre
regioni. È una bella sfida».
Ha fatto molto discutere lo spot del Governo sull’emergenza rifiuti con
l’attrice Elena Russo. Cosa ti ha suscitato?
«Mi è piaciuto, anche se devo dire che inizialmente non avevo capito che fosse
collegato... È stato un momento difficile per la nostra regione, per chi ha
vissuto con l’immondizia sotto casa, ma è stato affrontato e superato ed è
comunque da non dimenticare per non ripetere gli errori del passato. Non
conoscevo l'attrice, ma è stata molto brava».
Pro e contro di lavorare in una redazione quasi interamente al femminile.
«Siamo sicuramente più decise e risolutive, ed è un aspetto positivo, ma è anche
vero che difficilmente riusciamo a fare gruppo, ad amalgamarci come invece la
maggiore presenza maschile permetterebbe. Negli ultimi tempi, comunque, si sono
aggiunti nuovi maschietti al nostro gruppo, e la loro presenza è senz’altro
positiva».
Ti senti più anchorwoman o inviata?
«Mi piace andare sul posto, raccontare quello che vedo con i miei occhi,
soprattutto quando posso raccontare una bella storia: credo sia questo il vero
giornalismo, anche se lo studio ha il suo fascino, ma è solo uscendo che puoi
cogliere le sensazioni della gente».
Quali sono i personaggi che più ti hanno colpito tra quelli che hai potuto
intervistare?
«Ricordo con piacere Antonio Gava, certo personaggio politicamente molto
controverso, ma che umanamente mi ha lasciato molto. L’ho incontrato un anno
prima che morisse e mi sorprese vedere come fosse ancora capace di dire, per
quanto provato, cose molto forti. E poi, beh, un vero gentiluomo d’altri tempi,
che mi ha salutata togliendosi il cappello e facendomi il baciamano».
In prospettiva futura ti vedi più in Campania o fuori?
«Punto a restare, è lo spirito che mi anima. Per adesso sono contenta di stare
qui, dove ho molta libertà e possibilità di fare inchieste in maniera autonoma.
Per il domani si vedrà».
Conduci anche un rotocalco, Sestante, con
Gennaro Carotenuto. Di cosa si occupa?
«È stata una delle prime produzioni di Metropolis tv, scritto e ideato da me e
Gennaro, con il coordinamento di
Vincenzo
Lamberti. Ogni settimana io e Gennaro raccontiamo una vicenda, come è stato
per l'emergenza rifiuti l’anno scorso, oppure ultimamente il caso che ha
riguardato l’assenteismo al comune di Portici. Siamo stati anche tra i ragazzi
di Nisida, il carcere minorile, ed è stata una bella esperienza».
Dalla città alla provincia che differenze hai notato?
«Metropolis tv è stata la prima emittente a dare spazio a un’ampia parte della
provincia di Napoli che prima non era molto seguita dai media; per quanto mi
riguarda ho senz’altro riscontrato una maggiore vicinanza del telespettatore e
dei legami più forti con le istituzioni».
Inizialmente Metropolis tv dava molto spazio all’informazione e
all’approfondimento, ma negli ultimi tempi sembra che siano più i programmi di
intrattenimento a farla da padroni. Come mai, secondo te?
«Purtroppo le esigenze di bilancio ci impongono di fare anche questo tipo di
scelta: per un’emittente giovane è fondamentale poter contare sugli sponsor e
quindi anche impostare la programmazione in un certo modo diventa inevitabile.
Comunque, non è eccessivamente sacrificata l’informazione, ci sono quattro
edizioni del tg, il tg sport, ci sono i programmi sportivi dedicati alle squadre
campane. E l'informazione resta il nostro obiettivo principale come emittente».
È importante per te l’immagine?
«Sicuramente per il telespettatore è piacevole trovarsi di fronte, quando
accende il video, una persona piacevole, la telecamera è lo specchio attraverso
cui entri nelle case delle persone. Talvolta mi è capitato, rivedendomi (ride,
ndr) di accorgermi di avere qualche capello fuori posto o di non essere
truccata come avrei dovuto... Ma penso che più di tutto è importante per lo
spettatore avere di fronte un’immagine sorridente e rassicurante, anche a fronte
di notizie poco piacevoli».
Si dice che le giornaliste siano le lavoratrici che più difficilmente
riescono a conciliare lavoro e affetti. È stato così anche per te?
«No, ho fatto tante cose nella mia vita, e ho sempre imparato che c’è un tempo
per tutto, per il lavoro e per gli affetti».
In futuro in quale campo dell’informazione vorresti indirizzarti?
«Mi piacerebbe continuare la strada dell’approfondimento. Rispetto ai servizi
del telegiornale mi dà maggiore possibilità di trattare la notizia nel
dettaglio».
‘Rifiuti’, ‘delinquenza’, ‘crisi economica’: quale di queste parole non
vorresti più pronunciare?
«‘Rifiuti’ senz’altro, per quello che abbiamo passato, ma anche ‘crisi’, certo,
se questo vuol dire licenziamenti e giovani che perdono il lavoro. Penso a
Castellammare, una realtà operaia che sopravvive grazie a Fincantieri: se
dovesse chiudere sarebbe un dramma per tanti ragazzi di una città ancora alla
ricerca di un vero rilancio per il territorio e per l’economia».
Come ti descrivi, come donna e come giornalista?
«Cerco di essere attenta sul lavoro e anche riflessiva. Nella vita cerco di
essere solare, anche se a prima vista magari non do questa idea. Mi piace stare
anche con i miei amici, sorridere, stare con le persone a cui voglio bene». |
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CRONACA IN ROSA Rapiti
di Camilla Cortese
I recenti episodi - in Francia, Belgio e Italia - di
sequestro da parte di operai inferociti ai danni di
danarosi manager che licenziano centinaia di lavoratori
mentre incassano i premi produzione, mi hanno fatto sorridere. Non per sdegno od
insensibilità, giammai. Nella mia testa è nata però una striscia di vignette, un
parallelo storico in salsa di merletti, gioielli, debiti e pane secco.
Ho immaginato i parrucconi incipriati nella Versailles
di fine ‘700 attraversare intimoriti le città nelle loro
lussuose carrozze, ed il popolo di contadini, affamati dalle tasse, che tende
loro imboscate con torce e forconi.
La detestabile e ben radicata consuetudine che vede manager
di gruppi finanziari intascare bonus a cinque stelle senza nemmeno migliorare i
conti della propria azienda, o peggio ancora andarsene percependo liquidazioni
milionarie e lasciando buchi nei bilanci, mentre i piccoli risparmiatori
finiscono sul lastrico, mi ha fatto pensare al Medioevo, quando i
principi morivano di gotta e i plebei di pellagra.
Non so se mi piacerebbe ora assistere ad un episodio che mi
ricordi la decapitazione di Luigi XVI e Maria Antonietta, mi basterebbe forse
una presa della Bastiglia, ma è innegabile che l’animo rivoluzionario dei nostri
cugini francesi non si è sopito da quel lontano 1789. Il 45% di loro ha ritenuto
“accettabili” gli episodi dei sequestri di manager e dirigenti aziendali.
Amerei invece molto una cosa da parte dei miei stretti
parenti italiani. Non già la fine delle ostilità, delle divisioni politiche,
delle spaccature di partito, no.
Amerei la fine delle chiacchiere. Amerei non avere la
consapevolezza che con le elucubrazioni di sindacalisti e politici sulla
questione “Crisi” ci si potrebbe scrivere un intero Rotolone Regina, di
quelli che non finiscono mai.
Desidererei veder bruciare il tavolo delle trattative,
spegnersi il calumet della pace, soffocare il dialogo sterile e verboso tra chi
finge di aiutare i lavoratori e chi finge di non licenziarli. A chi sta perdendo
il posto di lavoro e la dignità non interessano le logiche del capitalismo
basato su strumenti finanziari sofisticati ed inconsistenti perché non sono
spiegazioni plausibili. Io stavolta amerei i fatti. Non è anarchia, è
concretezza. |
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Stasera nudo!
di Federica Santoro
Ormai abituati ai sexy completini delle soubrette
del piccolo schermo nostrano, gli italiani probabilmente non apprezzerebbero l’esibizionismo
non comune di un programma come quello che sta
per lanciare il Canale 4 della televisione britannica, dove la nudità,
per la prima volta, passerà in diretta tv per un fine nobile: quello dell’espressione
artistica.
Il reality mostrerà una tipica giornata di
lezione di un’accademia di belle arti con modelli e modelle in carne e ossa.
Andrà in onda in cinque puntate consecutive dal prossimo luglio.
Ma la Mediawatch-Uk, l'organizzazione
indipendente di controllo sugli spettacoli televisivi britannica, insorge:
«Channel 4 ha un'ossessione
verso la nudità e il sesso» ha dichiarato il
direttore John Beyer.
L'emittente è infatti già nota per i suoi
spettacoli non proprio convenzionali, come la diretta su un’operazione di
autopsia nel 2002, il documentario sull'esecuzione di un
aborto nel 2004, e altri programmi legati più
esplicitamente al sesso, come La settimana del pene e Designer
vaginas
del 2007, sulla chirurgia plastica vaginale.
Stavolta Channel 4 dice di voler dare spazio all’espressione artistica,
proponendo perciò un nudo desessualizzato, con l'obiettivo di invitare gli
spettatori a disegnare nudi artistici davanti alla tv prendendo spunto da
modelli sullo schermo.
Un’idea che riconferma la marcata tendenza
all’esaltazione di una visione pubblica dell’intimità, dimostrandosi
anche poco realistica nell’atto di voler vendere il talento come si vende un
aspirapolvere. La critica inglese lo ritrae come l’ennesimo prodotto di una
provocazione televisiva, come nudità a sfondo sessuale o pornografico?
Per noi è solo voyeurismo in pillole
per la società dello spettacolo. |
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CULT Nel
nome della Terra
di Erica Savazzi
Nel 2010 compirà i suoi primi 40 anni - e già si sta preparando con grandi
eventi – ma il 22 aprile verrà festeggiato per la trentanovesima volta, in tutto
il mondo. Stiamo parlando dell’Earth Day, nato nel 1970 per iniziativa
del senatore democratico Gaylord Nelson, quando iniziavano a germogliare una
coscienza ecologica e la consapevolezza dell’importanza della salvaguardia
dell’ambiente per le generazioni future.
Quest’anno la giornata servirà a dare il via alla campagna The Green
Generation, che durerà fino all’anno prossimo. Gli obiettivi? Pochi, chiari,
ma non di certo semplici: un futuro basato sulle energie rinnovabili,
l’impegno dei singoli per un consumo responsabile e la creazione di una
economia che crei posti di lavoro “verdi” che permettano a milioni di
persone di uscire dalla povertà.
In Italia, l’Earth Day sarà festeggiato con un concerto gratuito in
piazza del Popolo a Roma, in cui saranno protagonisti Ben Harper e la sua nuova
band, i Relentless7, i Subsonica, la cantante nigeriana Nneka e i francesi Bibi
Tanga & le Professeur Inlassable. Uscirà invece nei cinema e sarà proiettato
durante il G8 dei ministri dell’Ambiente di Siracusa il film Earth –
La nostra Terra, creato dalla Walt Disney Pictures, che racconta la vita di
tre famiglie di animali: orsi polari, elefanti e balene, con la voce narrante di
Paolo Bonolis.
Servirà a salvare la Terra? Certamente no, ma la partenza non può che essere
questa: sensibilizzare le persone – e soprattutto i giovani – alle
tematiche ambientali. I comportamenti dei singoli sono trascurabili, ma quelli
di centinaia di migliaia di individui posso portare a grandi cambiamenti. |
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DONNE Jamila,
la voce delle donne afghane
di Federica Santoro
Dal 8 marzo 2002, Jamila Mujahed dirige a Kabul la
radio Voce donna, una delle pochissime emittenti superstiti in un Paese
distrutto da oltre trent’anni di guerra. Una piccola radio, l’unica diretta da
una donna, lì dove l'emancipazione è quasi impossibile.
Al momento dell’ascesa del governo taliban, nel 1996, Jamila
era una famosa giornalista radiotelevisiva. Fu costretta a lasciare la sua
attività fino al 13 novembre 2001, fino a quando cioè i talebani furono cacciati
dal Paese. Nonostante le minacce di morte fu la prima donna ad annunciare dai
microfoni di Radio Kabul il crollo del regime.
Obbligata a coprirsi con il burqa in ogni spostamento,
non ha mai abbandonato quella forza d’animo che le ha permesso di agire
in ogni sua iniziativa con
determinazione e speranza. «Non smettono di
ricordarmi che una donna musulmana non può essere infedele alla propria lingua e
alla propria religione, ma io amo gli uomini e non la lingua o la religione: la
cosa veramente importante è l’umanità», ha di recente dichiarato in
un’intervista.
Vent’anni di carriera e ancora tanta voglia di raccontare le
lotte di liberazione di un Paese straziato dalla guerra, dopo averne narrato gli
eventi più tragici e più esaltanti: dalla caduta, nel '92, del presidente
Najibullah, all'arrivo dei talebani e al tentativo di costruire una normalità.
Il giorno della fine del regime tutti volevano impedirle di
dare la notizia: «Dicevano che ero pazza, che era troppo pericoloso», ma anche
in pericolo di vita Jamila ha continuato a credere nel suo lavoro e nella
possibilità di raggiungere con la sua voce centinaia di donne e infondere loro
fiducia e coraggio per la libertà.
L’emittente Voce donna, grazie alle sovvenzioni dell’Unesco
trasmette oggi in due lingue: il Darì e il Pasthun, arrivando
così almeno a coprire le due etnie più diffuse nella regione.
Jamila non è solo una giornalista radiofonica: ha fondato e
dirige anche una rivista culturale, Malalai, dedicata alla diffusione di
una cultura per i diritti delle afghane musulmane, ed è moglie e madre di ben
cinque figli. |
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TELEGIORNALISTI
Alessio Vinci, una sfida che arriva da lontano
di Valeria Scotti
La rottura tra Enrico Mentana e Mediaset gli ha portato ancora più fortuna,
unita al suo merito. Lo scorso febbraio
Alessio Vinci, 41
anni, si è visto affidare Matrix, orfano di padre. E lui, capo
dell'ufficio romano della Cnn e corrispondente della rete all-news per l'Italia,
ha detto sì.
Nato in Lussemburgo da genitori italiani – suo padre Bruno è l'unico italiano
ad aver ricoperto la carica di Segretario generale del Parlamento europeo -
Vinci è dal 1989 alla Cnn. Una passione, quella per il giornalismo,
apparsa sin da quando era studente liceale alla Scuola europea di Lussemburgo.
«Ho sempre voluto scrivere: da piccolo mi piaceva comporre poesie e canzoni,
insomma giocare con le parole. Poi crescendo ho capito che avrei fatto il
giornalista. All’inizio volevo occuparmi di sport, non pensavo di fare
l’inviato». E destino fu. Corrispondente da Berlino, Mosca e Belgrado, attivo
durante la prima guerra del golfo del 1991, voce della crisi Nato-Yugoslavia del
1999 e della caduta di Slobodan Milosevic.
Vinci e la sua educazione internazionale non si son mai fermati. Inviato in
America subito dopo il crollo delle Torri Gemelle di New York nel 2001, al
seguito delle truppe americane in Afghanistan e in Iraq, in Italia ai funerali
di Giovanni Paolo II e all'elezione del nuovo pontefice Benedetto XVI.
Nel 2005 ha ricevuto il premio giornalistico dedicato dal Corriere della
Sera a Maria Grazia Cutuli. «Il giornalismo – ha spiegato una volta –
è una vocazione che influenza tutti gli aspetti della vita, in primo luogo
quelli affettivi. Tornare a casa dopo essere stato in zone di guerra è molto
difficile. Gli amici ti guardano incuriositi e quando si esce o racconto quello
che ho fatto, ma dopo un po’ mi annoio a parlare di me, oppure mi parlano di
quello che succede a loro, l’ultimo film visto, un concerto, una serata a cui
non ho potuto partecipare: allora mi sento tagliato fuori e cerco di immaginarmi
quale sarà la prossima storia da raccontare».
E di racconti Vinci ce ne ha regalati molti. Oggi continua a farlo, con
l’eleganza che lo contraddistingue, tra le quattro mura di uno studio
televisivo. A partire da quelle sue prime frasi con cui ha dato il via a
Matrix, atto secondo: «Non avete sbagliato canale, siamo a
Matrix, il programma ideato e condotto per quasi quattro anni da un
grande giornalista, forse il numero uno: Enrico Mentana, che saluto davvero».
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SPORTIVA Nives, reporter bollente
di Chiara Casadei
Ve lo ricordate quel calciatore croato – tale
Dino Drpic – che ha fatto tanto
parlare di sé, e della sua "caliente" consorte Nives, per aver fatto sesso con
lei nel campo di calcio del Maksmir Stadium, a Zagabria, due ore prima della
partita Croazia-Inghilterra? Il tutto fu raccontato dalla stessa mogliettina nel
corso di un talk show. La fuga di ormoni costò l’espulsione dal club in cui
Drpic militava, la Dinamo Zagabria, oltre a uno scandalo che ha fatto il giro
del mondo.
Ma parliamo invece di lei: Nives Celsius.
Una donna dalle mille risorse. Mentre il marito cercava infatti di tornare in
campo nella Bundesliga con la maglia del Karlsruhe, lei promuoveva il suo ultimo
disco con un video a dir poco hot, in cui era in compagnia di ben due fusti, e,
chi ha orecchie intenda, posava per Playboy e furoreggiava su YouTube.
Insomma, chi l’avrebbe mai detto che sarebbe poi finita per scrivere di sport.
Invece è andata proprio così. Il quotidiano tedesco Bild l'ha infatti
"assunta" e le ha affidato una sua rubrica sportiva.
Chiaramente, nei suoi articoli di
argomentazioni tecnico-tattiche non c'è nemmeno l'ombra. Piuttosto Nives dedica
attenzioni e conseguenti riflessioni alla prestanza fisica dei ventidue in
campo. Ne sa qualcosa l'attaccante Mario Gomez, incoronato in una gara
seguita dalla bella croata come giocatore dagli addominali più sexy.
Insomma, giornalismo di livello decisamente
“tecnico” quello che la Celsius ci regala periodicamente sulle colonne della
Bild. E vista la sua nuova occupazione, non si è potuta esimere dal farsi
immortalare anche in veste di “giornalista”. Ovviamente, a modo suo.
Pensavate davvero di poterla ammirare seriosa e impegnata davanti a una
scrivania? Ma andiamo... |
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