Telegiornaliste anno IV N. 38 (163) del 27 
									ottobre 2008
                               Vincenzo Lamberti: abbiamo 
								perso la capacità di indignarci di
                               Pierpaolo Di Paolo
                               
                                Questa 
								settimana incontriamo Vincenzo Lamberti, 
								giornalista di Metropolis tv in forza nella 
								rubrica "Televisione" dell'emittente napoletana, 
								visibile sul canale 902 di Sky. La tv è nata tre 
								anni fa dall'impegno di un gruppo editoriale che 
								ha creato Metropolis, un giornale prima 
								mensile, poi settimanale, infine dal 2004 
								quotidiano. Partendo da questo e dal sito web, è 
								nata l'idea di provare un terzo canale di 
								comunicazione: si è scelta così la via del 
								satellite.
Questa 
								settimana incontriamo Vincenzo Lamberti, 
								giornalista di Metropolis tv in forza nella 
								rubrica "Televisione" dell'emittente napoletana, 
								visibile sul canale 902 di Sky. La tv è nata tre 
								anni fa dall'impegno di un gruppo editoriale che 
								ha creato Metropolis, un giornale prima 
								mensile, poi settimanale, infine dal 2004 
								quotidiano. Partendo da questo e dal sito web, è 
								nata l'idea di provare un terzo canale di 
								comunicazione: si è scelta così la via del 
								satellite. 
                               
                               Vivendo dall'interno questo iter dalla carta 
								stampata alla tv satellitare, il passo è stato 
								naturale o cambia tutto? E' un altro modo di 
								fare giornalismo? 
                               «E' tutto un altro modo, è chiaro che c'è bisogno 
								di specificità e professionalità diverse. La 
								carta stampata, soprattutto il settimanale, 
								presuppone un giornalismo fatto di inchiesta, di 
								continue verifiche, di controlli. Il quotidiano 
								ti accelera sui tempi perché la notizia la devi 
								verificare in poche ore e in quelle poche ore la 
								devi mandare in stampa. La televisione sotto 
								questo aspetto è come se fosse un acceleratore 
								ulteriore di particelle». 
                               
                               Questo acceleratore aumenterà in misura 
								esponenziale "l'ansia del buco" che vivono i 
								giornalisti, o ci si abitua in fretta anche a 
								questo? 
                               «Sicuramente la si vive molto di più adesso, 
								tuttavia devo anche dire che attraverso 
								l'organizzazione e la collaborazione è un 
								problema che non si vive più di tanto. Noi siamo 
								una tv che può contare su un gruppo di 
								giornalisti molto numeroso e una sinergia molto 
								forte, perché alla fine redazione del quotidiano 
								e della televisione sono un tutt'uno. Il 
								giornalista che si reca su un posto per il 
								quotidiano in quel momento lavora anche per il 
								web e la televisione, e viceversa. Quindi la 
								copertura delle notizie sul territorio è 
								assicurata». 
                               
                               Lei coordina e conduce tutta una serie di 
								programmi locali. Quanto e come cambia il lavoro 
								da semplice giornalista a conduttore e 
								coordinatore? 
                               «Non si ha più solo la responsabilità di se 
								stessi e di ciò che si fa, ma di una serie di 
								programmi che vanno in onda. Programmi che in 
								ogni caso, lo specifico con piacere, vanno sotto 
								la responsabilità della testata giornalistica di 
								Metropolis tv che è unica e che è diretta da 
                               Giovanni Taranto». 
                               
                               La cronaca nera ha registrato recentemente 
								l'ennesima strage nel casertano ad opera dei 
								casalesi. Le autorità hanno dichiarato che 
								intendono risanare la zona, riportandola alla 
								legalità. Non suona un po' ridicolo per chi vive 
								quella realtà ascoltare da sempre questo valzer 
								di dichiarazioni, mentre è evidente che in 
								quelle zone c'è chi può fare davvero quel che 
								vuole senza temere conseguenze rilevanti? 
                               «Io penso che da Castelvolturno sia venuto un 
								altro tipo di lezione. Al di là di facili 
								strumentalizzazioni e premessa la condanna per 
								ogni forma di rivolta violenta, lì c'è stato un 
								gruppo di extracomunitari, un gruppo di persone 
								che si è ribellato. Uomini che hanno gridato: 
								«Noi non vogliamo sottostare a questo tipo di 
								ricatto, non accettiamo di subire questo tipo di 
								violenza». Chiedo al sindaco di Castelvolturno 
								di riflettere se una cosa del genere è mai 
								venuta dai cittadini di Castelvolturno». 
                               
                               Forse il punto è che i cittadini di 
								Castelvolturno vivono qui da quando sono nati, 
								mentre gli immigrati in questa realtà ci si sono 
								trovati calati adesso. 
                               «Infatti è un problema di humus, di aria 
								che si respira e in cui si cresce. Questa non è 
								solo una realtà di Castelvolturno, ma di tutte 
								le aree - Ercolano, Torre del Greco, 
								Castellammare - dove c'è una camorra che 
								impregna di sé il territorio, con i suoi usi, i 
								suoi costumi. Fare determinate cose e vivere 
								determinate situazioni purtroppo diventa 
								normale, e ciò avviene per tutti, anche per noi 
								che dobbiamo scrivere e descrivere fatti di 
								questo genere. Mi viene in mente qualche collega 
								un po' più anziano che diceva che abbiamo perso 
								la capacità di indignarci. Oggi non ci indigna 
								più niente, mentre questa virtù non dovremmo mai 
								perderla. Personalmente, cerco di non perderla 
								mai». 
                               
                               Centinaia di soldati nella "trincea campana" 
								sono una risposta efficace? 
                               «Vengono in gita? Il territorio controllato 
								militarmente non è la risposta a questo 
								problema. In questo purtroppo ci si scontra con 
								un modo di pensare del centrodestra che 
								pensa di dare delle risposte efficaci, 
								immediate, ma che inevitabilmente sono solo 
								delle risposte di impatto mediatico. Questo 
								perché il cittadino che sente o che vede 
								arrivare 500 soldati pensa: «Però... Ora sto più 
								tranquillo». Ma la camorra agisce anche se gli 
								mandi 3000 soldati. La camorra è un sistema. Non 
								stiamo parlando di un apparato militare né dei 
								rivoluzionari della Colombia, che puoi 
								fronteggiare mandandogli l'esercito. La camorra 
								è altro». 
                               
                               Cosa pensa del ruolo di Saviano? Trova giusto 
								che la denuncia oramai debba essere affidata a 
								singoli cittadini che si ritrovano a fare gli 
								eroi? 
                               «Io mi auguro un'Italia in cui non servano più 
								gli eroi, anche perché l'eroe altro non è che un 
								discarico collettivo di responsabilità. Ai 
								cittadini onesti basta dire: «Ah, però c'è 
								Saviano» e hanno detto tutto. E' finita lì. 
                               Saviano ha scritto un bellissimo romanzo 
								basandosi su fatti reali, anche servendosi - 
								bisogna dire la verità - del lavoro di tanti 
								altri colleghi. Il punto è che ciò che ha 
								scritto e descritto è la realtà, non un libro di 
								fantasia. Ha scritto partendo da dati reali e 
								certi. Ben vengano le persone che avranno sempre 
								il coraggio di scrivere e di chiamare le cose 
								col loro nome e cognome. Mi farebbe piacere che 
								fossimo tutti Saviano, così non ci sarebbe più 
								nessun eroe». 
                               
                               Uno degli stragisti di Castelvolturno era agli 
								arresti domiciliari, ciò ha scatenato la 
								reazione del Ministro Maroni che ha tuonato su 
								tutti i giornali: «Basta arresti domiciliari per 
								i mafiosi». Cosa ne pensa? 
                               «Io mi metto anche nei panni di questi poveri 
								magistrati. Su determinati reati devono avere la 
								mano leggera e tutelare l'individuo, su altri 
								gli si chiede di violare le garanzie 
								costituzionali. Decidiamo prima cosa vogliamo 
								dalla Giustizia. E' scandaloso che un mafioso 
								indagato per reati gravi stia ai domiciliari, 
								cioè a casa sua. Ma se prima di questa strage, i 
								capi d'accusa nei suoi confronti non 
								riguardavano reati gravissimi, allora per 
								pretendere un comportamento diverso dai 
								magistrati occorre prima ritoccare la 
								Costituzione. Personalmente trovo altrettanto 
								scandaloso che un immobiliarista che ha truffato 
								e fatto andare in bancarotta decine di persone 
								possa fare i domiciliari in una villa a 
								Portofino».