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Telegiornaliste anno IV N. 43 (168) del 1 dicembre 2008
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Ilaria Barbati, alla ricerca della verità di
Giuseppe Bosso
Ilaria Barbati ha
mosso i primi passi nel mondo dell’informazione al tg dell’emittente Tele Torre,
nel 1999. Successivamente ha lavorato ai quotidiani Roma e Metropolis,
per poi approdare a Canale 10 dove lavora a stretto contatto con Serena
Bernardo. Dal 2006 fa parte della redazione giornalistica di Metropolis tv.
Appassionata di motori, ha condotto per la stessa emittente il programma Auto
da sogno
e Fleming, rubrica di medicina. Attualmente è impegnata anche con la
rubrica scientifica Arca.
Come sei diventata giornalista?
«Fin da bambina seguivo i telegiornali e mi immaginavo giornalista. Poi è come
se tutto fosse piovuto dal cielo: nel 1999 accompagnai un'amica a fare un
provino per la redazione di Teletorre, senza pensare minimamente di farlo anche
io. Risultato? Fui assunta! E il 12 settembre di quell’anno condussi il mio
primo tg. In seguito, lavorando per la tv e la carta stampata, ho avuto la
fortuna di conoscere persone in gamba che mi hanno guidata in questo lavoro.
Serena Bernardo, per esempio, mi ha insegnato a uscire un po' da
quegli schemi rigidi che il tg ti impone e ad essere più spontanea».
Metropolis tg è un telegiornale giovane fatto da giovani: scelta vincente?
«Possiamo sicuramente migliorare ancora, ma di certo siamo partiti con il piede
giusto e con tanta voglia di lavorare. Ci occupiamo di un vasto bacino di utenza
che comprende un territorio molto ampio e, in alcuni casi, è utile anche
confrontarsi con la concorrenza. Ma nella redazione giornalistica di Metropolis
Tv ci sono giornalisti di grande esperienza, come il direttore Giovanni Taranto
o il vicedirettore
Vincenzo Lamberti».
Cosa può rappresentare, dal tuo punto di vista di giornalista e di cittadina,
la retata che ha sgominato il clan Gionta a Torre Annunziata?
«Un segnale forte da parte dello Stato, al termine di una lunga e complessa
indagine. Certo, non si può dire che le attività illecite si possano bloccare in
questo modo soltanto, ma per la gente onesta è stato sicuramente importante
vedere che lo Stato non ha abbandonato Torre Annunziata».
Non solo cronaca, ma anche grande spazio a storie difficili come quella del
piccolo Chicco Muci al quale avete dedicato molta attenzione. Fa parte della
linea editoriale della vostra redazione?
«Non abbiamo seguito solo Chicco, ma abbiamo cercato di aiutare anche altre
famiglie con seri problemi. Però verifichiamo sempre da dove provengono le
richieste d'aiuto. A volte c'è stato qualche tentativo di speculazione».
Ti riconosci in quel 40% di giovani napoletani che, in un recente sondaggio,
ha dichiarato che vorrebbe lasciare la città?
«No, nel modo più assoluto. Sono una combattiva che non fugge davanti ai
problemi, ma capisco questo malessere. Al di là dell’emergenza-camorra, a voler
spingere via questi giovani è soprattutto la mancanza di opportunità di lavoro,
di possibilità di crescita professionale».
Pro e contro di lavorare in una redazione come questa?
«Io vedo soprattutto pro. Siamo in tanti e non solo giovani, Ci sono persone con
alle spalle una lunga e navigata carriera, ben felici di essere accanto a noi in
questo network che sa premiare chi ha grandi capacità e anche aiutare chi magari
stenta ad emergere. Certo, è un lavoro che ti espone molto e qualche volta puoi
diventare anche un facile bersaglio».
Ti senti più inviata o anchorwoman?
«Tutte e due le cose. I giornalisti non si limitano a condurre in studio, ma
sono sempre in giro a fare servizi e interviste».
Hai una ricetta per conciliare lavoro e affetti?
«Il lavoro ti porta via tanto tempo. Talvolta, anche quando sei a fine turno, se
ti accorgi che la notizia che stai seguendo può avere nuovi sviluppi, non vai
via ma resti fino a quando non credi di aver finito. Ci sono delle difficoltà,
certo, ma per il momento sono sempre riuscita a trovare il giusto equilibrio».
Da appassionata di motori ti piacerebbe un programma a tema?
«L’ho già fatto, tempo fa, con Auto da sogno. Se capitasse di nuovo,
perché no? Non mi dispiacerebbe lavorare per esempio al fianco di Guido Meda. Il
mondo dei motori mi ha sempre entusiasmato».
Tante donne nella tua redazione. Più rivali o complici?
«Rivalità non ne vedo molta, siamo una squadra in cui ognuno ha i suoi spazi e
tutte lavoriamo per lo stesso obiettivo».
Anche tu sei stata contagiata dalla febbre di Facebook. Cosa ti ha attirato
in questa nuova forma di comunicazione che sta spopolando?
«Inizialmente non ero molto convinta, ma scoprendo che i miei colleghi si erano
registrati, mi sono adeguata. E' anche piacevole, ho avuto la possibilità di
ritrovare tanti amici che non vedo da tempo. In ogni caso, non mi piace che
venga usato dai politici per fare politica».
Come ti definisci come donna e come giornalista?
«Curiosa, spontanea e puntigliosa. Sempre alla ricerca della verità».
Cosa vedi nel tuo domani?
«Proprio in questi giorni i miei nonni hanno festeggiato 60 anni di matrimonio,
cosa che tenevo a festeggiare insieme a loro. Vorrei che anche la mia vita fosse
accompagnata da un rapporto così lungo, e magari mi piacerebbe anche conoscere i
miei pronipoti (ride, ndr)».
Cosa ti fa venire in mente la parola bavaglio?
«Censura! Purtroppo l’ho riscontrata spesso, soprattutto da parte di esponenti
politici che tendono a glissare su certi argomenti, ed è come se te lo
mettessero loro». |
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CRONACA IN ROSA Vincere, che Luxuria!
di Camilla Cortese
Quando l’ho sentito, non ci credevo. Vladimir Luxuria all’Isola
dei Famosi? Che pena, che fallimento, non c’è più religione, da
Montecitorio all’Honduras in pochi mesi.
Ma la spumeggiante Wladimiro Guadagno ha una dote nascosta, e
non certo sotto il pareo: si chiama “persuasione intelligente”. È la
capacità di risolvere le perplessità altrui con atteggiamenti consoni e
spiegazioni logiche, semplici e coerenti. Seguono esempi.
La questione sessuale non importava, l’iniziale tristezza di
chi scrive proveniva dai trascorsi politici della ragazza in questione che,
lasciata Rifondazione Comunista, s’imbarcava in un’avventura nazional-popolare
di dubbio gusto e di poca classe. Lei, che ascolta la propria voce e non le
critiche, prontamente risponde che il suo passato appartiene allo spettacolo
e, conclusa l’avventura politica, iniziava quella televisiva senza
sovrapposizione alcuna. Vero.
In precedenza, quando scese in politica, lo stupore fu molto
e montava la curiosità, la voglia matta di vedere un po’ di
paillettes e boa di piume nei palazzi del potere.
Invece no, Vladimir con quei tailleur al ginocchio faceva tanto zia, dall’aria
rassicurante e dalla messa in piega noiosa. Appropriata!
I suoi detrattori sbottavano, cosa vuoi che ne sappia una
regina delle discoteche di politica. Invece Vladimir ha studiato, si è
preparata, ha presentato programmi in difesa delle minoranze sessuali
ancora così discriminate in Italia, dichiarando che se non fosse riuscita ad
ottenere dei risultati avrebbe lasciato. Nel 2008 non è stata rieletta, e ha
lasciato. Coerente.
In realtà ha ottenuto i risultati, incredibilmente non
dagli scranni di Montecitorio ma dalla spiaggia dell’Isola dei Famosi, e
sfruttando il potere taumaturgico di nostra signora televisione, Vladimir
Luxuria ha vinto! Ha vinto per se stessa, per i bambini meno fortunati cui
devolverà la metà della vincita, per tutte le trans che finiscono a prostituirsi
sulle strade perché nessuno dà loro un lavoro.
Chissà cosa avrà detto la deputata di Forza Italia Elisabetta
Gardini, ex attrice e oggi paladina del decoro dei cessi, che nel ricordo di
aver cacciato Wladimiro Guadagno dal bagno delle signore - chiedendo
l’allestimento di una toilette “apposta per lui” - avrà sicuramente
desiderato che Vladimir partecipasse al reality show separato dagli altri
concorrenti, stando su un’isola “apposta per lui”.
Vladimir Luxuria ha alzato lo share e gli ascolti senza mai
alzare il pareo, è approdata sull’Isola come la trasgressiva del programma e ha
dimostrato che la vera trasgressione, in un contesto così trash, è essere una
vera signora.
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Il Pagellone di Novembre di
Giuseppe Bosso
10 e lode a Report.
Milena Gabanelli e le sue inchieste freelance si confermano ancora una volta
croce di chi cerca di nascondere le mille e più ombre del nostro Paese e delizia
chi reclama luce su cosa non funziona nell’Italia del Terzo Millennio. Da
incorniciare la scoperta del "salva-bancarottieri".
9 Ex aequo a Il Commissario
Montalbano e Zelig. Bisio e soci hanno spadroneggiato
solitari finché non è intervenuto, a furor di popolo, Luca Zingaretti e il
celeberrimo personaggio nato dalla penna sagace di Andrea Camilleri, che è
riuscito a riequilibrare il duello degli ascolti del lunedì sera. Meglio di
quanto il servizio pubblico non abbia ottenuto con certi soliti ritornelli...
8 a Paola Cortellesi. Mai volgare,
mai banale, mai scontata nelle sue irriverenti imitazioni a Non perdiamoci di
vista, da cavalli di battaglia rodati come la Prestigiacomo alle new entries
Gelmini, Mrs. Obama e Sarah Palin.
7 a Pianeta Mare. Da cinque
anni, ormai,
Tessa Gelisio gira in lungo e in largo le coste italiane e non solo, alla
scoperta dei segreti (e dei sapori) dei nostri mari. Grande competenza e
simpatia unica.
6 a Distretto di polizia 8.
Non è stata esattamente la migliore edizione per gli intrepidi agenti del X
Tuscolano, ormai forse un po’ logori dopo tanti anni. Malgrado il promettente
inizio con la tragica morte di Irene Valli (Francesca Inaudi), non sempre le
trame sono state all’altezza delle aspettative del pubblico. Non ce ne voglia il
bravo Simone Corrente, ma messo al vertice del commissariato, il suo personaggio
non è sembrato in grado di ripercorrere i fasti degli illustri predecessori. Per
la nona serie si pensa ad un cambio.
5 alle soap italiane che puntano su
clamorosi ritorni con modalità alquanto discutibili. L'ultimo è quello di
Roberto Alpi a
Centovetrine, dopo che il suo Ettore
Ferri, anni fa, fu dato per morto per risollevare gli ascolti.
4 a Canale 5 per non riuscire ad
offrire a Lorella Cuccarini un programma all’altezza della più amata dagli
italiani. Dopo la deludente La sai l’ultima? di qualche mese fa, anche
È nata una stella gemella, ennesimo brodo tirato basato su cloni più o meno
riuscito di grandi cantanti, non riesce a decollare. E per fortuna che è stata
una puntata pilota...
3 a Paperissima Sprint. Non
ce ne voglia la bella e simpatica Juliana Moreira, grande rivelazione di
Cultura moderna, ma non riusciamo proprio a comprendere perché Mediaset
continui ad insistere con un programma ed un format ormai datato che non riesce
ad aggiungere altro se non una nuova, statuaria, spalla al rosso Gabibbo.
2 a Enrico Varriale, protagonista
di due poco edificanti siparietti con Josè Mourinho e Walter Zenga. I
tifosi-spettatori che pagano il canone non gradiscono queste scene da tv urlata
sul servizio pubblico.
1 alla Rai per l'affaire
D’Alessio-Tatangelo: più che chiederci se fosse
giusto o meno cancellare questo show, ci domandiamo se fosse proprio il caso di
programmarlo...
0 a Pippo Baudo, nettamente battuto
da Maria De Filippi alla quale, alla vigilia della partenza di Serata
d’onore, aveva riservato poco edificanti frecciatine spocchiose. Caro Pippo,
i grandi personaggi si riconoscono soprattutto quando hanno grande umiltà e
modestia, ed è per questo che applaudiamo Raffaella Carrà che ti ha
"tirato le orecchie". |
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CULT Sesso
e donne, istruzioni per l'uso di Chiara
Casadei
Si direbbe che in Cina qualcosa sta cambiando. Certo, persistono la morale e la
dottrina cinese tassativamente rigide. Per non parlare della mancata
disciplina della sessualità, assente come materia scolastica e taboo durante
le conversazioni, che ha portato a risultati quali l’esplosione demografica e la
diffusione dell’Aids. Nelle parole di un sociologo al giornale China Daily:
«La Cina ha un atteggiamento completamente diverso da molti altri Paesi rispetto
al sesso. Non dobbiamo promuovere soltanto un atteggiamento aperto e audace come
in Occidente, ma anche conservare i sani punti di vista tradizionali».
In ogni modo, dopo un primo tentativo rivoluzionario partito grazie al China Sex
Museum di Tongli, vicino Shanghai, il Sud della Cina ha accolto da poche
settimane un museo dedicato interamente all’educazione sessuale al femminile.
Gli uomini, qui, non sono ammessi.
Ospitato in un'ala dell’ospedale Ren’ai, il museo contiene più di cinquecento
oggetti, modellini, immagini e filmati, allo scopo di promuovere una migliore
consapevolezza sessuale e di chiarire ogni tipo di dubbio alle giovani donne.
L’evento è ospitato a Guangzhou, dove ha visto la luce anche un festival
di cultura sessuale. E non è un caso che il "peccato" risieda sempre qui: la
cittadina è infatti famosa per gli scogli e le rocce dalle forme che ricordano
organi sessuali. Vi basterà indossare gli abiti da turista, fare un giro
nel Giardino delle Nudità Naturali - Garden of Natural Nudity - e
ammirare con i propri occhi le bellezze della natura. E del corpo umano. |
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DONNE La
regina del Diritto: Maria Rita Saulle di
Chiara Casadei
Donna polivalente, giurista nominata nel 2005 professore
ordinario di Diritto internazionale alla facoltà di Scienze Politiche alla
Sapienza di Roma dal presidente della Repubblica, prima e unica donna giudice
della Corte costituzionale. È Maria Rita Saulle, nata a Caserta il 3
dicembre 1935: una biografia che è un lungo elenco di cariche e attività
politiche, per la maggior parte a livello internazionale.
Nel 1978 ha vinto una borsa di studio di ricerca della NATO,
cui ha fatto seguito la pubblicazione di un libro sulla funzione politica e
militare dell’Alleanza. Durante l’attività di insegnamento e ricerca, ha
ricoperto anche numerosi incarichi internazionali di grande prestigio. Ad
esempio, è stata negoziatore per l’Italia della Convenzione delle Nazioni Unite
per i diritti del bambino e ha proposto nel 1987 una Convenzione mondiale delle
Nazioni Unite sulle donne.
Nel 1996 è stata nominata dalla Corte europea dei diritti
umani di Strasburgo presidente della Commissione per la
restituzione dei beni immobili ai profughi e ai
rifugiati, prevista dall’Annesso VII degli Accordi di Dayton, stipulati al
termine della guerra nella ex Jugoslavia. A riguardo, la giurista sostiene che
«Ci vorranno due generazioni per una riconciliazione vera per ora i segnali sono
di una radicalizzazione delle singole identità». Di questo imponente lavoro,
Maria Rita ha conservato numerosi documenti che ha donato all’Archivio centrale
dello Stato nel giorno dell’anniversario della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo.
L’esperienza di questa incredibile donna non finisce qui, ma
un mero elenco delle cariche ricoperte non le renderebbe giustizia.
Citiamo solo, ultimo riconoscimento in ordine di tempo, la
vittoria nazionale al premio Donne d'Europa 2008 per il contributo femminile
all'integrazione del continente.
Maria Rita Saulle ha lottato per i diritti umani di
uomini, donne, bambini, rifugiati, vittime di guerra e di se stessa parla sempre
in toni più che modesti: «Ho svolto nella vita ciò che mi è capitato di fare».
Caso o destino, tutto quello che ha fatto è stato portato avanti con passione e
dedizione, le armi vincenti che Maria Rita Saulle ha dimostrato a tutto il mondo
di avere. |
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TELEGIORNALISTI
Addio Maestro Curzi di
Giuseppe Bosso
«Addolorato per la perdita di un amico», ha detto il Presidente Napolitano.
«Gli devo tutto», ha sottolineato Pierluigi Diaco. E ancora, «Legati da una
solidarietà quasi di sangue» per Michele Santoro e «Un uomo sanamente di parte»
per Gasparri. Questi sono solo alcuni dei più significativi pensieri
all’indomani della scomparsa di Sandro Curzi, andato via quasi in
silenzio in una fredda mattina di fine novembre, dopo una vita vissuta sempre in
primo piano.
E protagonista lo è stato fin dalla prima adolescenza quando, studente del
Tasso, entra in contatto con la Resistenza antifascista, pubblicando il
primo articolo - l’omicidio di uno studente da parte di fascisti repubblichini -
sull'Unità clandestina. Fin da allora è forte l’amore per l’ideologia
comunista (come quello per i colori biancocelesti della Lazio), prima e dopo la
guerra in cui è partigiano attivo e combattivo nella Capitale città aperta, e
subito dopo tesserato benché minorenne per il Pci.
Lunga e intensa è la gavetta che percorre da Pattuglia,
Repubblica d’Italia e Gioventù nuova, fino a diventare capocronista
a l'Unità, dove ha modo di seguire dal vivo la tumultuosa
decolonizzazione algerina.
Dopo quasi trent'anni di carriera spesi tra carta stampata e radio, approda
in Rai nel 1975 nella redazione del Gr1 di Sergio Zavoli, per diventare
l’anno seguente, insieme a Biagio Agnes e Alberto La Volpe, pioniere di RaiTre:
condirettore e realizzatore della fortunata Samarcanda, per assumere poi
la direzione nel 1987.
Il 1993 segna il suo primo divorzio da Viale Mazzini, in disaccordo con il
nuovo corso dirigenziale Demattè-Locatelli. Passa a Tmc, non disdegnando una
breve parentesi Mediaset dall’amico Costanzo come editorialista
quotidiano per il più longevo talk show made in Italy, e torna a casa Rai nel
1996 dove conduce I grandi processi.
Forte è anche la sua polemica con Antonio Di Pietro al momento della sua scesa
in campo nel 1996, al punto da creare la lista Unità di sinistra che ottiene un
discreto risultato per le elezioni del Senato. Per sette anni, fino al 2005, è
direttore di Liberazione, voluto da Bertinotti, fino alla sua elezione a
consigliere di amministrazione Rai appoggiata da Rifondazione Comunista, Verdi e
sinistra Ds. Per tre mesi è reggente alla presidenza fino all’elezione di
Petruccioli. I suoi ultimi fuochi sono l’astensione alla proposta di
licenziamento di Agostino Saccà nel luglio di quest’anno, decisiva per il suo
salvataggio, e un’intervista
ad Affari italiani del 19 settembre in cui, pur provato dalla malattia,
non risparmia frecciate all’attuale classe politica italiana e sul nuovo corso
dirigenziale di Viale Mazzini.
Addio, dunque, a un altro maestro del giornalismo da un Paese che, non più
tardi di un anno fa, piangeva lacrime di coccodrillo per Enzo Biagi. La
speranza che ci accompagna è che l’insegnamento di queste grandi firme non vada
disperso dal tempo o dai tanti che cercano - più o meno riuscendoci - di
condizionare l’informazione. |
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SPORTIVA
L'ombra del terrorismo su Novak Djokovic
di Pierpaolo Di
Paolo
Ha appena vinto la sua prima Master Cup
a Shanghai ed è 3° nel ranking mondiale
ad appena 10 punti da Federer. Novak Djokovic, soli 21 anni, è in un momento
aureo della sua carriera, grazie ad una vera e propria esplosione che sembra
doverlo condurre ben presto a preoccupare seriamente anche sua maestà Nadal.
Eppure, non tutti lo amano. Il tennista
sarebbe infatti nel mirino di un gruppo di estremisti albanesi che starebbero
programmando da tempo il suo rapimento. A sostenerlo è il MI6,
intelligence inglese che avrebbe informato Belgrado dei rischi che incombono sul
giovane atleta e sulla sua famiglia.
Ragazzo serbo di origini kosovare, Djokovic
ha vissuto intensamente il dramma dell'esser serbi in una terra, il Kosovo,
dichiaratasi indipendente il 17 febbraio 2008. Una regione negli ultimi anni
lacerata dalla guerra, da violenze orribili e da odi troppo profondi, nella
quale i suoi connazionali - che prima vivevano nella loro Patria - in breve
tempo si son ritrovati ridotti a nemici in terra straniera.
Questi eventi, che non hanno rappresentato
solo un cambiamento storico, politico e geografico, ma anche e soprattutto un
profondo dramma umano, Novak non è mai riuscito ad accettarli e non lo nasconde:
«La mia posizione è semplice: il Kosovo fa parte della Serbia e sarà
sempre così». E ancora: «Non è solo una questione politica. Mio padre è nato lì,
la mia famiglia vi ha vissuto per 30 anni, ed io sento miei quei luoghi.
Questo, non potrà mai cambiare».
Proprio questa sua posizione e l'impegno
profuso nell'organizzazione di eventi in sostegno delle famiglie serbe della
regione, hanno portato l'atleta nel mirino dei terroristi.
Djokovic intanto, forte di doti da imitatore
che si dice siano quasi paragonabili a quelle da tennista, si diverte con le
simpatiche imitazioni dei colleghi: da
Federer, a Volandri, fino alla Sharapova. Pare che non tutti abbiano gradito le
irriverenti performance del giovane talento. Lui fa spallucce. Nonostante tutto,
la voglia di ridere e scherzare non l'ha di certo persa. |
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