Archivio MONITOR Alessandra Viero, largo ai giovani di Giuseppe Bosso Questa settimana abbiamo incontrato per i nostri lettori Alessandra Viero. Nata il 16 aprile del 1981, Alessandra è giornalista professionista e conduce il Tg Bassano. Alessandra, come è iniziata la tua carriera? «Fin da piccola ho sognato di fare questo lavoro. Mi sono laureata in giurisprudenza a Trento e nel frattempo ho iniziato a collaborare con un mensile e con il supplemento di un quotidiano. Poi sono entrata nella redazione di Bassano di Rete Veneta, dapprima curando una rubrica legata al mondo del lavoro, e poi alla redazione del tg». Quale può essere, secondo te, il ruolo delle emittenti locali nell’era delle innovazioni tecnologiche? Sono ancora buone “palestre” per gli aspiranti giornalisti? «Il digitale è sicuramente una sfida e una possibilità in più per le emittenti locali, ma ci sarà molto da lavorare su questo banco di prova, in cui comunque credo molto. Ma ci vorrà tempo perché questa opportunità offerta dalla tecnologia si consolidi». Ti sei mai sentita penalizzata nell’essere donna in un mestiere dove, a detta di molte tue colleghe, non si è ancora raggiunta una piena parità di trattamento tra i due sessi? «No, per fortuna nell’ambiente in cui ho lavorato finora ho trovato quasi solo donne; la redazione del Tg Bassano è quasi interamente composta da donne». Quali sono le tue aspettative per il futuro? «Non mi precludo nulla: amo il mondo della comunicazione e la televisione è un modo diretto ed efficace; mi piacerebbe lavorare anche per la carta stampata, in cui i tempi, rispetto alla tv, sono diversi e non stretti come quelli che impone la messa in onda del notiziario». I nostri lettori ti apprezzano molto per la tua immagine. Quanto conta per te la bellezza sul lavoro? «Certo, è importante, conta avere una buona immagine. Ma se non c’è contemporaneamente una base professionale e culturale buona non vai da nessuna parte. E soprattutto, consentimi un’espressione forte, “senza palle” non hai prospettive in questo lavoro». Riesci a conciliare lavoro e vita privata? «Non è facile, il lavoro richiede molte energie, specie se lo fai con passione, ed io amo farlo, ci dedico molto tempo. Ma questo ti porta via molto tempo e conciliarlo con gli affetti è sempre più difficile, considerando gli orari che abbiamo». CRONACA IN ROSA La legge a favore delle donne di Erica Savazzi L'articolo 3 della Costituzione italiana vieta ogni discriminazione basata su sesso, razza, religione e condizioni sociali. In realtà, sappiamo fin troppo bene come i principi enunciati sessant'anni fa siano rimasti spesso disattesi, come dimostra quotidianamente la situazione delle donne in Italia: meno pagate, con scarsa possibilità di accedere a ruoli dirigenziali, oggetto di violenze. Proprio da quest’ultimo punto ha deciso di partire il ministro per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini. La nuova legge sarà presentata in Parlamento al termine della discussione sulla Finanziaria, però ci sono già la prime anticipazioni: pene più severe – fino a sei anni di carcere – per le violenze, fino a quattro anni per le molestie. Il giro di vite riguarderà soprattutto quelle violenze consumate all’interno delle mura domestiche. Nel provvedimento c’è una parte innovativa voluta fortemente dal deputato Vladimir Luxuria – Guadagno: insulti e violenze contro gay e transgender saranno considerati vere e proprie discriminazioni sessuali e quindi aggravanti di reato. Finora nessuno aveva mai pensato a proteggere per legge queste “categorie” di persone. Si prospettano già polemiche e ironie. Bisognerebbe invece congratularsi con il ministro Pollastrini che dopo soli sei mesi al governo riuscirà a far approvare una legge storica, in un Paese in cui lo stupro, non dimentichiamolo, è diventato reato contro la persona – e non più contro la morale – solo dieci anni fa, e in cui per chi commette reati contro le donne e più in generale contro i più deboli, la sanzione sociale è inesistente. FORMAT Sai Xché, Rete4 premia l'ambiente di Giuseppe Bosso Metti uno statutario campione di apnea, più volte primatista mondiale, con una instancabile viaggiatrice dagli occhi da cerbiatta e col sorriso smagliante. Non stiamo parlando di una nuova liaison che imperversa nelle cronache rosa, ma di una coppia del piccolo schermo che da quattro anni è una garanzia per Rete4, sempre attenta e attiva sul filone delle trasmissioni dedicate alla natura e all’ambiente. Lui è Umberto Pelizzari, lei è Barbara Gubellini (l'abbiamo intervistata qualche mese fa), dal 2003 conduttori di Sai Xché?, programma di divulgazione dedicato alla cultura, alla scienza e alla natura. Inizialmente destinato alla prima serata con cadenza settimanale, dallo scorso anno è divenuto striscia quotidiana, mantenendo inalterato il format: puntata dopo puntata i due intrepidi conduttori ci portano da un capo all’altro del mondo, tra ghiacciai e foreste, deserti e fondali marini, fin dove la mano dell’uomo ancora non è giunta, e tra un servizio sugli animali e uno sulle tribù africane cercano di dare risposta ai più curiosi e bizzarri interrogativi. Perché alcune specie preferiscono vivere in acqua? Perché scoppiano i temporali? Perché nascono le oasi in alcune zone desertiche? Questi alcuni dei quesiti ai quali la trasmissione cerca di dare una risposta esauriente, per un pubblico che, negli anni, ha dimostrato di apprezzare, e molto, questo genere di programmi, non sempre adeguatamente valorizzati. E' davvero ammirevole come, proprio negli anni del proliferare del trash e dei reality sul piccolo schermo, Rete4 dedichi risorse e sforzi alla tematica ambientale e culturale: Solaris, Pianeta mare, Il Viaggiatore e, appunto, Sai Xché?, sono da anni punti fermi della programmazione del canale, una volta quasi interamente riservato a telenovelas e soap opera. I risultati, in termini di ascolti e di gradimento del pubblico, ricompensano questa scelta. ELZEVIRO Ligabue, artista a tutto tondo di Mario Basile «Al cinema io ci sono arrivato per caso. Nel 1997 il produttore Domenico Procacci mi contattò perché aveva letto il mio libro Fuori e dentro il borgo, dicendomi che gli sarebbe piaciuto farne un film». Luciano Ligabue racconta così l’inizio del suo rapporto col cinema ai ragazzi dell'Università di Salerno. L’artista emiliano ha aperto la quarta edizione della rassegna Filmidea – Incontri universitari di cinema, dedicata quest’anno alla memoria di Gillo Pontecorvo. «All’inizio - spiega Ligabue – non era certo che dovessi dirigere io le riprese. Poi Procacci mi disse che un film è sempre la visione di una sola persona e mi chiese di curarne la regia. Questo, praticamente, mi fregò, e io, dopo un po’ d’indecisione, accettai la sua proposta». Una scelta decisamente felice: Radiofreccia vincerà ben tre David di Donatello e due Nastri d'Argento nel 1999. «La particolarità di Radiofreccia è, secondo me, che la sceneggiatura è più bella della pellicola. Questo è anche dovuto al fatto che era palese la mia inesperienza a raccontare qualcosa attraverso le immagini. Ai primi ciak avevo paura di dare ordini sbagliati». Luciano poi ricorda la scelta di Stefano Accorsi come protagonista: «A dire il vero non è che mi convinceva tanto. Lui era famoso solo per la pubblicità del gelato e poi il Freccia che avevo in mente doveva essere più gracilino, più nervoso. Però quando fece il provino e lesse la famosa parte dei “credo”, ho capito subito che nessuno poteva interpretare quella parte meglio di lui». La seconda esperienza di Ligabue dietro la cinepresa risale al 2002 con Da zero a dieci, pellicola che, pur essendo apprezzata da tanti, non ha avuto il successo di Radiofreccia: «Con Da zero a dieci credo di aver sbagliato. Forse ho voluto dire troppe cose. E pensare che dopo il primo film pensavo di non aver più nulla da dire, anche in termini di canzoni. In Da zero a dieci, io e Procacci abbiamo voluto parlare di cose diverse rispetto a Radiofreccia. Il film forse ha risentito di questo. Potevamo seguire degli argomenti già lanciati qualche anno prima». Ligabue è un artista a tutto tondo: ha da poco pubblicato un libro di poesie dal titolo Lettere d’amore nel frigo. Inevitabile qualche battuta su temi extracinematografici: «Quando scrivo una canzone, non posso pensare se piacerà agli altri. Incrocio le dita e spero che quello che ho da dire interessi anche al pubblico. Nel brano Cosa vuoi che sia ho parlato di quelle persone che ti dicono così quando ti capita qualcosa di spiacevole. E’ facile però farlo quando non si è coinvolti». Luciano chiude l’incontro con un consiglio ai ragazzi: «Siate estremamente attaccati alla vita». La rassegna Filmidea continua: ospiterà prossimamente Dante Ferretti, Michele Placido, Mario Monicelli, Silvio Orlando e Dario Argento. DONNE Ségolène, la lunga strada per l'Eliseo di Tiziana Ambrosi Il 16 novembre la Francia ha avuto le sue primarie. Non a partecipazione popolare, come accaduto in Italia, ma all'interno del Partito Socialista. La votazione era volta alla scelta dello sfidante dell'attuale ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy nelle elezioni presidenziali della primavera prossima. Per la prima volta nella storia di Francia, non ci sarà uno sfidante, ma "una": Ségolène Royal. Ségolène, 53 anni, bella, madre di quattro figli e compagna del segretario del PS Francois Hollande, ha surclassato i suoi avversari con ampio margine - oltre il 60% dei voti - nonostante alcuni sondaggi la dessero in forte calo per alcune sue affermazioni sulla mole di lavoro degli insegnanti. Un'ascesa, quella di Ségolène, che non ha conosciuto colpi d'arresto nell'opinione pubblica. In passato, nei governi socialisti degli anni '90, è stata ministro della Famiglia, dell'Ambiente e della Scuola. Il vero punto di svolta, tuttavia, arriva nel 2004 con la conquista del feudo conservatore della regione del Poitou-Charentes di Raffarin. Da allora è partita la corsa inarrestabile che l'ha portata alla conquista delle primarie. La chiave di lettura del pensiero politico della Royal è quella che lei stessa definisce democrazia partecipativa, in cui i «i cittadini sono i migliori esperti su ciò che essi vivono. La politica significa in primo luogo ascoltare per agire in modo giusto». Un pensiero di per sé semplice, ma che nessuno è mai riuscito o ha mai voluto applicare. Eppure in Francia qualcosa si è mosso. Grazie anche al sito ufficiale Désirs d'avenir in cui grandissimo spazio è dato alla partecipazione degli internauti. Innovativo anche il modo di comunicare, capillare e che cerca di raggiungere la base facendola sentire protagonista. Fa riflettere però che questo argomento, le donne nei posti chiave della politica, susciti ancora scalpore e curiosità, quando di contro dovrebbe essere più che normale. Michelle Bachelet in Cile, Angela Merkel in Germania, Nancy Pelosi alla Camera dei Rappresentanti USA, le possibili candidate Hillary Clinton e Condoleezza Rice alle presidenziali americane 2008. Ségolène Royal. Tutte "prime donne" dei rispettivi Paesi. Donne che fanno notizia, ma che ci fanno anche sperare che la politica possa finalmente essere ad una svolta, possa avere un volto più umano e meno freddo, possa essere più fresca e innovativa. Forse siamo di parte, ma... in bocca al lupo, Ségolène! TELEGIORNALISTI Ciao, Alberto La redazione e l'editore di Telegiornaliste con profondo cordoglio partecipano al dolore per la scomparsa del collega Alberto D'Aguanno. A Monica Gasparini e alla famiglia di Alberto vanno le nostre sentite condoglianze. OLIMPIA Nadia Comaneci, atleta da dieci e lode di Mario Basile Gheorghe Gheorghiu-Dej, 18 Luglio 1976. Per i cinquantaseimila abitanti di questo paesino rumeno è un giorno di festa: la loro vita monotona è sconvolta dall’impresa di una minuta ragazzina che di nome fa Nadia Comaneci. Non ha neanche quindici anni ed è la ginnasta più famosa della scena mondiale. Alle Olimpiadi di Montreal ha appena fatto ciò che nessuno aveva fatto prima: ha conquistato per tre volte il punteggio di dieci alle parallele asimmetriche. Fino ad allora il dieci era un traguardo inarrivabile, ma la classe di Nadia non conosce limiti e le ha concesso perfino di calare il tris. La piccola fatina rumena si impose così agli occhi del mondo. I pochi che già la conoscevano, visti i precedenti successi in campo nazionale ed europeo, erano quasi certi della sua esplosione. Mai avrebbero immaginato che il suo nome diventasse un’eco planetaria. A fine Olimpiade le medaglie d’oro saranno tre - alla trave, alle parallele asimmetriche e al concorso individuale -, il punteggio di dieci lo otterrà altre tre volte. Completano il quadro la medaglia d’argento al concorso a squadre e il bronzo al corpo libero. Da quel momento la carriera di Nadia sarà in perenne ascesa. Un'ascesa che culmina con la vittoria ai Campionati Mondiali del 1979. Un anno dopo ci saranno le Olimpiadi a Mosca: sarà la consacrazione del suo talento. E invece no, la strada si fa in salita. Colpa di un’infezione. Al termine di un esercizio Nadia si ferisce al polso con la fibbia metallica del fermapolsi. In ospedale la diagnosi è dura da mandare giù: avvelenamento del sangue. Nadia non si arrende, stringe i denti e a Mosca ci va. E' in perfetta forma. Nessuno ci avrebbe giurato, pochi mesi prima. Fu due volte d’oro, alla trave e al corpo libero. Al concorso individuale dovette inchinarsi a Yelena Davydova. Si ritira dalle gare nel 1984. Rimane comunque nel mondo dello sport: la sua stella contribuirà a forgiare le nuove leve della ginnastica rumena. Ma il Paese è alla deriva. Nel 1989, poco prima della rivoluzione contro il leader rumeno Ceausescu, Nadia fugge negli USA e chiede asilo politico. Decide di far ritorno in patria nel 1996 per sposarsi col ginnasta americano Bart Conner, conosciuto durante il soggiorno negli States. Oggi il suo impegno nello sport continua. Tra le varie attività spicca la direzione di un'accademia di ginnastica. Ma l’impegno più grande di Nadia è la beneficenza: sta portando avanti un progetto per aiutare i bambini poveri e gli orfani del suo Paese che da anni vivono in condizioni disagiate; una clinica porterà il suo nome. In passato la Comaneci ha parlato anche all’ONU per avviare l’Anno internazionale dei volontari. Senza dimenticare che da anni è nel consiglio d’amministrazione dell’associazione per la ricerca sulla distrofia muscolare ed è vice presidente dell'International Special Olympics. |
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