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Telegiornaliste anno XVIII N. 20 (704) del 15 giugno 2022
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TGISTE Roberta Spinelli, Eleonora Daniele mi disse… di Giuseppe Bosso
Inviata di
Storie Italiane, trasmissione mattutina di Rai 1
condotta da
Eleonora Daniele, incontriamo
Roberta Spinelli.
Gioie e dolori di una vita da inviata per raccontare l’Italia per la
trasmissione Storie Italiane.
«Prendi una bambina di quattro anni, mettila in una stanza con
tantissimi giochi e osservala mentre, spingendo la sedia, si arrampica
fino a raggiungere la scrivania. Prende carta e penna e iniziare a
scrivere… o meglio a scarabocchiare. Non so indicare il momento in cui
ho capito che non avrei potuto fare altro e, devo dire, finora ho fatto
della mia passione la mia professione, adattandomi al mezzo senza mai
perdere la grinta, la curiosità, la scrupolosità e la testardaggine.
Qualità preziose allora come oggi! Le gioie e i dolori fanno parte della
nostra vita e, dunque, della nostra professione, ma quando, come me, sei
mossa dall’ostinazione di capire ciò che non è chiaro, dal ricercare le
fonti e operare sul campo per provare ad arrivare alla verità e dare
voce a chi spesso voce non ha, i “dolori” passano in secondo piano. È
proprio quando sei sul campo, a contatto con le persone, riesci a dare
un senso ai sacrifici fatti e a quelli che sai di dover fare, in un
percorso che è in salita. Per chi si occupa, soprattutto, di cronaca e
attualità, è fondamentale seguire i criteri che permettono di non
valicare i limiti del diritto di cronaca, senza spettacolarizzazioni,
soprattutto senza spettacolarizzare il dolore. Per un’inviata è
impossibile non essere sempre “sul pezzo”! Giornalismo sul campo, tra la
gente e nelle storie: è così che si può portare il telespettatore
all’interno del caso che si sta seguendo. Ed è quello che cerco di fare
sempre, perché sono convinta che chi è sul campo testimonia, racconta e
può dettagliatamente spiegare quello che avviene. Ciò, ovviamente,
impone qualche sacrificio. Storie Italiane è un programma che va in onda
ogni giorno. Per un’inviata non ci sono festività, ferie o feste
programmate… l’unica cosa certa è avere la valigia a portata di mano ed
essere pronta a seguire anche casi complessi! Dover rinunciare ai propri
affetti non è facile, ma per chi ama il proprio lavoro, nulla può essere
più forte e grande della passione per ciò che si fa. Un lavoro che
richiede impegno, tanta, tanta determinazione e soprattutto una
passionaccia che ti fa superare ogni ostacolo».
Spesso deve purtroppo occuparsi di vicende tristi, dolorose anche
come delitti o casi che hanno fatto scalpore come la ultima vicenda
della preside di un liceo. Come cerca di porsi rispetto a questi fatti
nel raccontarli?
«In modo obiettivo, anche se l’obiettività assoluta non esiste, ma è un
traguardo a cui tendere! È importante rispettare sempre la dignità dei
protagonisti delle vicende e non annullare la sfera umana: non posso,
non voglio e non riesco a dimenticare di avere a che fare con delle
persone… Un caso non lo si tratta solo a telecamere accese. Ciò
significa lavorare oltre 20 ore al giorno per cercare di arrivare alla
verità e risolvere eventuali problemi. E poi c’è l’aspetto umano. Un
contatto con le vittime, spesso sole, che trovano in te, in quel
momento, una persona di cui fidarsi, con la quale parlare e in cui
riporre anche grande fiducia… credo non si debba mai venire meno ai
propri impegni tradendo la fiducia riposta in noi. Inoltre, mai valicare
quella linea sottile che unisce il giornalista alla protagonista (o al
protagonista) di un caso, in nome dell’esclusiva. Occorre sapersi
fermare e valutare obiettivamente e, soprattutto, occorre sempre
rispettare protagonisti e persone coinvolte, siano esse vive o,
purtroppo, decedute. L’etica e la deontologia professionale sono, per
me, imprescindibili nell’approccio alla notizia e non è sempre facile
bilanciare il diritto-dovere di informare col diritto di essere
informati. Ecco perché è fondamentale conoscere e attenersi al Testo
unico dei doveri del giornalista. C’è anche un altro aspetto importante:
anche le parole, in un servizio o in una diretta, pesano, ancor più se
un linguaggio sbagliato viene utilizzato per descrivere la violenza
contro le donne. È indispensabile trovare le parole giuste per trattare
un tema tanto delicato, per rispettare le donne e non colpevolizzarle,
ricordando sempre che si tratta di vittime. Le parole possono, infatti,
far seguire alla violenza fisica, che segna per sempre, una violenza
psicologica che non si rimargina, di cui l’autore non è più il partner.
Soprattutto per il ruolo che assolve un giornalista, usare le parole
giuste fa sì che l’opinione pubblica percepisca il fenomeno per come è
davvero».
Rispetto a due anni fa, per quello che ha potuto vedere, facendo un
confronto tra l’Italia del “prima” dell’insorgere della pandemia e
quella di adesso che a poco a poco, sia pure non ancora definitivamente,
ne sta venendo fuori, ritiene che davvero, come si diceva allora, sia
“andato tutto bene”?
«Direi: purtroppo no. La storia non ha insegnato nulla neanche questa
volta. Sono aumentati i femminicidi, i suicidi, le violenze di genere e,
soprattutto, sono aumentati gli episodi di violenza tra i giovani, che
non si limitano più a liti verbali o sporadiche azzuffate, ma che si
esprimono con vere e proprie aggressioni da condividere con il branco.
Gruppi di giovani il cui obiettivo è di amplificare, divulgandoli sui
social, i loro gesti violenti. Si sono persi valori importanti. È come
se la pandemia e l’isolamento che ne è conseguito abbiano incattivito le
persone piuttosto che renderle più solidali, facendo emergere un
problema sociale che era, fino al 2020, latente».
E l’attualità è anche questa terribile guerra che improvvisamente è
esplosa e che sta avendo in varie forme ripercussioni anche sulla nostra
vita: parlando dal punto di vista strettamente giornalistico, è comunque
un periodo che può rappresentare una buona occasione di crescita
professionale?
«The bad news is a good news. Le notizie cattive prendono gran
parte dello spazio in programmi di attualità, dal day time alla prima
serata. Ma non credo che la guerra o le cattive notizie possano essere
un viatico per iniziare a svolgere la professione giornalistica. Si
cresce, umanamente e professionalmente, ogni giorno e, nel nostro
lavoro, si cresce facendo esperienza sul campo anche quando si parla di
cronaca bianca e notizie a lieto fine. Il lavoro del giornalista è,
almeno per me, il più bello, ma anche il più difficile e quando vai
avanti contando sulle tue forze e sulla tua esperienza, prima ancora che
sul gruppo di lavoro (importante soprattutto per chi si trova “sul
campo”), la strada da fare non solo è ripida, ma anche piena di
ostacoli… Posso, comunque, affermare che sono felice di percorrerla con
fatica e a testa alta. Ed ogni passo equivale ad un momento di
crescita!».
Quali sono state le vicende e le storie da raccontare che l’hanno
maggiormente coinvolta in questi anni?
«Rispondere è impossibile perché ogni storia mi ha coinvolto e ho
trattato ogni caso come fosse il primo e il più importante, con
l’obiettivo di arrivare alla verità e di dare voce a chi, troppo spesso,
voce non ha».
Come descrive Eleonora Daniele, conduttrice della trasmissione, e
come interagite, lei e gli altri suoi colleghi inviati e inviate, con
lei al di là dei collegamenti?
«Eleonora è una conduttrice presente che non lascia nulla al caso
scegliendo con cura ogni argomento. Ricordo il primo incontro con lei:
fu il primo colloquio. Bastarono pochi minuti e, con l’intuito che la
contraddistingue, che è poi una delle chiavi del successo del programma
che conduce, mi disse: “Sento che devi fare parte della squadra”.
Un’opportunità: quella che pochi ti danno. Lavoriamo insieme dal 2018 e
con lei ho portato avanti le inchieste più importanti. Da subito si è
creato un rapporto speciale: lei è molto amorevole e premurosa, ma allo
stesso tempo decisa e dura! Eleonora, come me, entra nelle storie, ciò
significa condividere con lei e con la squadra di autori e redattori non
solo casi, ma anche emozioni. Inoltre, con Eleonora c’è un rapporto
diretto, lei si fida e, saggiamente, in alcune circostanze si lascia
guidare da chi si occupa di un determinato caso... perché gli occhi
degli inviati diventano quelli del pubblico e ancor prima di Eleonora
che conduce dallo studio. Ciò rende più facile anche il lavoro di
inviata sul campo che svolgo e svolgiamo con grande serietà, impegno e
professionalità».
Le sta stretta questa veste di inviata in giro per l’Italia, in
termini di prospettive future?
«Affatto! anzi… Se pensa che, all’inizio della carriera accademica,
volevo fare l’inviata di guerra, la risposta è presto data! Non mi pongo
limiti e amo le sfide. Da inviata, o in qualsiasi altro ruolo, ciò che
conta è continuare a seguire la strada che sto percorrendo, crescere e
migliorare sempre di più!».
E a proposito di futuro, cosa la aspetta questa estate?
«Entrerò a far parte della squadra di un altro programma di successo, a
partire da metà luglio- inizio agosto, della Rai della fascia
pomeridiana, nonché altre inchieste sotto copertura per il quotidiano la
verità. Inoltre potrebbe riprendere anche a firmare qualche pezzo per un
programma che tratta temi politici, economici e di attualità, attraverso
le storie e i casi di vita quotidiana proviamo a portare la politica
fuori dai palazzi e a far vedere sulla pelle dei cittadini l’effetto di
alcune scelte e le conseguenze anche e non solo della guerra!». |
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Massari, le occasioni da cogliere
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare una delle protagoniste di
una fiction ormai storica del palinsesto di Raiuno,
Il paradiso delle signore. Interprete di
Flora Gentile, dopo esperienze in altre serie di successo
come Pezzi unici e Che Dio ci aiuti, ecco
Lucrezia Massari.
Molte fiction nel tuo percorso prima della grande
popolarità con Il paradiso delle signore: qual è
stata la tua marcia in più?
«Penso siano state soprattutto le occasioni che ho saputo
cogliere, a cominciare dall’incontro, dopo il diploma al
Centro sperimentale, con Cinzia Th Torrini che mi ha dato la
possibilità di prendere parte alla sua serie Pezzi unici;
poter iniziare quasi subito è stato importante, poi sono
venuti altri provini, altre possibilità, fino al Il
paradiso delle signore. Anche la fortuna aiuta».
Quanto c’è di te in Flora, il tuo personaggio?
«Siamo molto diverse in realtà, ma tendenzialmente siamo
tutte e due solari, con passioni comuni e amanti del lavoro
creativo; il disegno è sempre stata parte della mia vita,
avendo frequentato il liceo artistico».
Nel 2012 hai sfiorato la vittoria a
Miss
Italia. Per come poi sono stati i successivi dieci anni
ripensando a quel momento lo ritieni più un rammarico o
un’occasione di ripartenza?
«No, è stata una bellissima esperienza in cui tra l’altro ho
avuto modo di conoscere persone a cui sono ancora molto
legata come Gloria Radulescu, una delle mie più care amiche,
e Giusy Buscemi (che vinse proprio quell’edizione) che sono
diventate carissime amiche e che poi è capitato di ritrovare
sul set del Paradiso. Direi proprio ripartenza, sì,
senza rimpianti, un’esperienza che porto nel cuore che mi ha
dato modo di conoscere donne fantastiche».
La fiction made in Italy è un settore in continua
espansione anche grazie a produzioni di piattaforme come
Amazon e Netflix; il cinema, per una giovane emergente
attrice come te, resta un’aspirazione che pure risente del
momento?
«Certamente, nonostante le difficoltà; cinema tutta la vita,
come il teatro».
Durante il lockdown sei stata tra i protagonisti di un
video promosso dal comune di Canosa di Puglia in occasione
del primo maggio, vadocontroilvirus. Come sei uscita
da quel periodo, riguardo la tua prospettiva di futuro e di
guardare avanti?
«Nel giro di poche settimane è cambiato il mondo, a maggior
ragione è cambiato tutto per noi che facciamo parte di uno
dei settori che ne hanno subite di tante; dubbi e paure
restano ancora adesso, ma a poco a poco stiamo ripartendo
con impegno».
Oltre Il paradiso delle signore cosa c’è nel tuo
futuro?
«C’è il paradiso e… per ora non posso dire altro
(ride, ndr)!». |
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DONNE Maggio
2022, italiane di successo in Francia
di Antonia Del Sambro
Un maggio francese strepitoso quello delle nostre
connazionali in terra francese. Un successo a cui non si
assisteva da tempo e che riporta l’attenzione dei “cugini” di
oltralpe verso in nostro paese e le nostre eccellenze
e nel campo dell’arte e in quello dello sport.
Si parte con Jasmine Trinca, scoperta quando aveva solo
diciotto anni da Nanni Moretti e che pellicola dopo
pellicola, interpretazione dopo interpretazione è riuscita a
farsi amare dagli spettatori e adorare dalla critica.
Ora con più di un decennio di successi alle spalle a maggio
scorso è approdata sulla Croisette per presentare la
sua prima pellicola da regista: Marcel, un
film poetico e a tratti fiabesco con protagoniste
altre due italiane di indubbio talento come Alba
Rohrwacher e Valeria Golino e che si è imposto come
pellicola straniera più applaudita in sala stampa.
E rimanendo in territorio francese, stesso anno e stesso mese,
un’altra italiana si è fatta letteralmente idolatrare
dal pubblico francese su uno dei campi da tennis di
famosi del mondo: la terra battura del Roland Garros.
Lei è Martina Trevisan, fiorentina, classe 1993
che era già stata in quel torneo qualche anno prima dando ai
cugini francesi qualche assaggio del suo indiscutibile
talento. Poi alcuni problemi personali e di salute
avevano un po’ offuscato lo splendore della nostra
tennista mettendo alla prova la sua resistenza e la sua
determinazione. Ma il 2022 ritorna a essere un anno
vincente per la giovane fiorentina che prima si afferma
negli open australiani e poi in Francia raggiungendo le
semifinali al Roland Garros e chiudendo la stagione al
27° posto delle teste di serie internazionali.
Due strepitosi successi, due donne profondamente
diverse tra loro ma entrambe vincenti, una
Francia che ci applaude e un maggio da ricordare
negli annali.
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