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Telegiornaliste anno XVIII N. 6 (690) del 16 febbraio 2022
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TGISTE Federica Mosconi, Teleromagna grande famiglia
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Federica Mosconi,
volto dell'emittente
Teleromagna.
Come si è avvicinata al mondo del giornalismo e come è arrivata a
Teleromagna?
«Il mio professore di diritto alle superiori mi trasmise una forte
passione per questa materia giuridica e così ho deciso di laurearmi in
Giurisprudenza. Una volta laureata però ho intrapreso svariati corsi di
formazione giornalistica e di dizione, Il giornalismo come il mondo
della comunicazione da sempre è stato il mio obiettivo professionale.
Teleromagna ha la sede di produzione principale proprio a Cesena dove io
risiedo. Avevo avuto modo di collaborare con questa emittente da
giovane, poi per motivi personali mi sono dovuta trasferire in altra
città. Una volta tornata in Romagna, mi ha riaccolta a braccia aperte.
Teleromagna per me è una "grande famiglia"».
Raccontare l’Emilia Romagna ai tempi del covid: com’è cambiata la sua
vita, sia professionale che privata negli ultimi due anni, da quando
abbiamo dovuto iniziare a confrontarci con questa pandemia?
«Sono stati anni che hanno messo a dura prova il nostro lavoro.
Teleromagna si è dimostrata attenta e vicina ai telespettatori offrendo
un servizio informativo rapido, completo e di qualità. Personalmente,
essendo mamma, non è stato semplice gestire il tutto ma con il grande
supporto dei nonni sono riuscita a sostenere ritmi impegnativi. Essere
un punto di riferimento per i nostri telespettatori nel corso
dell’emergenza pandemica è stata sicuramente una grande responsabilità
ma allo stesso tempo sapere di poter essere di compagnia e di aiuto
informativo per molti ci ha spinto ad essere ancora più affabili,
disponibili e tenaci».
Le sta stretta la dimensione provinciale o avverte una maggiore
responsabile quale portavoce di un territorio importante come il suo, e
se vogliamo anche di una tifoseria storica come quella cesenate?
«Teleromagna con l’arrivo del digitale terrestre di nuova generazione da
marzo sarà un’emittente a tutti gli effetti regionale. Una grande
soddisfazione per tutti noi. Essere portavoce (insieme al collega Luca
Alberto Montanari) di una tifoseria storica come quella del cavalluccio
mi lusinga anche perché sono una cesenate DOC. Cerchiamo di proporre un
format sportivo che sia educato e familiare, con informazioni di qualità
e corrette. Fino ad ora i telespettatori ci stanno dimostrando tanto
affetto e li ringraziamo per questo!».
Il Cesena Calcio, che segue per la trasmissione Pianeta Bianconero,
è in fase di ripresa dopo problematiche societarie: nei tifosi con cui
ha avuto modo di interagire avverte maggiormente il rimpianto per un
passato anche prestigioso o la speranza di un futuro migliore?
«La tifoseria bianco nera è straordinaria con un forte attaccamento alla
squadra e alla società. Andare all’Orogel Stadium Dino Manuzzi, grazie
anche ai tifosi, è un magico spettacolo. La speranza di rivedere il
Cesena nella massima serie è una speranza che coinvolge tutta la
cittadinanza e da tifosa anche me ovviamente! Con l’arrivo dei soci
americani siamo fiduciosi, ci sono tutti i presupposti (umani, economici
ed organizzativi) per poter fare bene!».
Il 2021 si è concluso con lo spiacevole episodio che ha coinvolto
Greta Beccaglia: lei che idea si è fatta di questa vicenda?
«Ho seguito la vicenda della collega Beccaglia. Una vicenda che mi ha
rattristito. Le sono solidale. Palpeggiare una donna senza il suo
consenso non è mai giustificabile. Gesto offensivo e riprovevole. Mi
collego così alle discriminazioni di genere che rappresentano una realtà
sistemica, che sussistono più o meno profondamente in ogni ambito
sociale e professionale. Le discriminazioni soffocano opportunità,
sprecano il talento umano necessario. C’è ancora tanto da lavorare in
tal senso purtroppo».
In prospettiva futura le piacerebbe occuparsi ancora di sport o
allargare anche ad altre tematiche dell’informazione?
«Il campo sportivo è un ramo del mio lavoro che mi diverte e che svolgo
con piacere, ma mi occupo di informazione a 360 gradi (servizi Tg,
rassegna stampa, approfondimenti giornalistici) e in particolare di
informazione attinente alla medicina e alla sanità. In futuro vorrei
specializzarmi in giornalismo scientifico. Sto lavorando duramente, con
tanto studio e passione per realizzarmi sempre in più in questo ambito». |
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TUTTO TV Addio
al giornalista Tito Stagno
di Silvestra Sorbera
Tito Stagno, primo di otto fratelli, si trasferisce
dalla Sardegna con la famiglia prima a Parma, poi a
Pola. All'età di 13 anni ha un'esperienza come attore
cinematografico: nel 1943 partecipa al film di Francesco
De Robertis Marinai senza stelle, nel ruolo di
Murena. Comparirà di nuovo sul grande schermo nel 1959 sotto
la regia di Dino Risi nel film Il vedovo a fianco di
Alberto Sordi in una breve scena nei panni di un
giornalista televisivo. Nel 1946, a Cagliari, compie
gli studi classici e si iscrive alla facoltà di
medicina. Comincia a lavorare in radio nel 1949
come radiocronista, intervistatore e documentarista.
Nel 1954 vince il primo concorso nazionale per
telecronisti e partecipa a un corso di specializzazione
con Furio Colombo, Gianni Vattimo, Umberto
Eco; lascia pertanto l'università e inizia a Roma il
nuovo lavoro. Dal 1955 è a Roma nella redazione del
primo telegiornale diretto da Vittorio Veltroni.
Effettua le sue prime telecronache nel 1956, in occasione
dei Giochi olimpici invernali di Cortina d'Ampezzo,
alle quali seguono, quattro anni dopo, quelle delle gare di
pallacanestro, svoltesi nel Palazzo dello Sport
dell'EUR, dei Giochi Olimpici estivi di Roma del 1960.
Ma resterà nella storia per sempre come commentatore per
l'Italia della missione dell'Apollo 11 fino
all'allunaggio.
È l'inviato al seguito di due papi (Giovanni XXIII
e Paolo VI) e di due presidenti della Repubblica
(Antonio Segni e Giuseppe Saragat).
Sposato con la giornalista Edda Lavezzini, ha avuto
le figlie Brigida Stagno (medico) e Caterina
Stagno; ha vissuto tra Roma, Cagliari, Parma e Bruxelles.
Il 15 dicembre 2010 è stato ospite dei giornalisti di
Sky TG24 per commentare in diretta minuto per minuto
il lancio della missione spaziale Sojuz TMA-20 dal
cosmodromo di Bajkonur in Russia con a bordo l'astronauta
italiano Paolo Nespoli assieme ai colleghi Dmitrij
Jur'evič Kondrat'ev e Catherine Coleman.
Nell'ambito del Festival di Sanremo 2014 è tra i
"proclamatori" che annunciano la canzone che passa il
turno. Nella sesta e ultima puntata de Il Musichione,
andata in onda il 10 aprile 2014, il giornalista, ospite in
studio, ha fatto la parodia di sé stesso, annunciando
che il concorrente «ha toccato» la campanella che dava
diritto di rispondere alla domanda finale qualche istante
prima che egli la toccasse veramente.
Il 15 dicembre 2014 viene insignito della Stella d'oro al
Merito Sportivo.
Muore a Roma il 1º febbraio 2022 all'età di 92 anni.
A lui è dedicato l'asteroide 110702 Titostagno. |
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DONNE Marianna
Bonavolontà, diario del Festival
di Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare nuovamente
Marianna Bonavolontà, scrittrice, blogger e non
solo, per un resoconto del Festival di Sanremo che ha avuto
modo di seguire in prima persona per l’intera settimana.
Che giudizio dai nel complesso a questa edizione del
festival?
«Questa edizione del Festival mi è piaciuta abbastanza.
Nelle edizioni passate ho trovato lo show meno fluido e
decisamente più pesante, quest’anno invece, un po’ per le
donne di spessore che hanno affiancato Amadeus, un po’ per
le esibizioni, ma è stato piacevole seguire le cinque
giornate».
Giusta, dal tuo punto di vista, la vittoria di Mahmood e
Blanco e il podio per Elisa e Morandi?
«Mahmood e Blanco sono stati una rivelazione per me e mi
hanno colpita da subito anche se fatico a comprendere tutte
le parole della canzone, forse al primo posto avrei
preferito Elisa. Morandi si conferma come sempre un mostro
sacro della musica italiana come lo è anche Ranieri,
nonostante i problemi di audio e le difficoltà della prima
esibizione».
Questa edizione si è caratterizzata per aver mescolato,
tra i concorrenti in gara, nomi storici della canzone
italiana con una nutrita schiera di nuove leve emerse tra
talent e tik tok. Hai percepito questa sorta di ‘scontro
generazionale’?
«Lo scontro generazionale è inevitabile e forse è stato
proprio questo il punto di forza di questa edizione del
Festival. Vedere come la musica cambia, così come cambia il
linguaggio a seconda del periodo storico in cui viviamo ma,
nonostante ciò, soprattutto nella serata delle cover, ho
percepito la fusione tra “vecchio e nuovo” ed è stata
bellissima».
Cosa ti resta, per quanto riguarda la tua esperienza da
inviata e osservatrice, di questa settimana sanremese?
«Mi resta l’emozione di aver vissuto uno degli eventi più
importanti del panorama musicale e televisivo italiano, da
dietro le quinte. Ho avuto modo così di poter osservare i
retroscena, sentire i commenti della stampa, incontrare i
vip e leggere l’emozione nei loro occhi. Ho vissuto il
Festival esattamente come una vera e propria festa e
purtroppo da casa questa percezione inevitabilmente si
perde. Sembra tutto molto più serio e meno giocoso di quanto
realmente sia».
E tra i personaggi che hai avuto modo di intervistare chi
ti è rimasto più nel cuore?
«Quest’anno non ho avuto modo di intervistare molti vip
anche per via del covid e delle restrizioni ma spesso ho
condiviso con loro la sala trucco, il backstage e
CasaSanremo. Sarà che ho una certa età ma devo ammettere che
lo spessore di Drusilla e il ritorno di Grignani a Sanremo,
mi hanno emozionata tantissimo».
C’era molta attesa per le cinque conduttrici che si sono
succedute al fianco di Amadeus: chi di loro ti ha
maggiormente impressionata e chi, invece, ritieni avrebbe
potuto essere più incisiva o è risultata magari fuori
contesto?
«Sarò impopolare ma sono contenta che quest’anno non ci
siano state le classiche modelle ma personaggi di spessore.
Sono una grande fan di Drusilla Foer, avrei voluto vederla
di più sul palco e soprattutto avrei preferito vederla al
posto di Zalone che secondo me non ha apportato nessun
valore aggiunto, anzi. E la Ferilli resta un punto saldo,
perfetta conclusione delle cinque giornate».
In prospettiva futura ritieni che questa formula delle
conduttrici alternate sia ancora da ripetere o sarà meglio
tornare alla formula “classica” di una o due presenze
femminili fisse, non necessariamente in veste di spalla di
un conduttore?
«Il mio sogno è vedere un festival al femminile o una
conduzione paritaria di coppia uomo- donna, ma soprattutto
basta ai piagnistei sul palco e manichini senza voce.
Azzardo un’accoppiata: Cattelan - Foer».
Hai percepito un’atmosfera da ‘ritorno alla normalità’
pur nello stato di emergenza da pandemia in cui continuiamo
a vivere?
«Purtroppo o per fortuna no. CasaSanremo era semi vuota
rispetto agli anni precedenti e le strade della città dei
fiori a tratti deserte, locali chiusi e taxi incredibilmente
liberi. Credo ci vorrà ancora del tempo per tornare alla
normalità e credo che al momento sia un bene restare cauti».
In futuro, calato il sipario anche su questa edizione, in
prospettiva futura cosa cambieresti per mantenere alta
l’attenzione su un evento che comunque, nel bene o nel male,
catalizza sempre grande attenzione, sempre nell’ottica del
perché Sanremo è Sanremo?
«Punterei sull’innovazione nel rispetto della tradizione.
Conduttori e one man show del panorama televisivo o social
attuali e manterrei questa fusione di mostri sacri che si
scontrano e a tratti fondono con i giovani. Insomma, quello
che in gergo musicale si chiama Mash up, un po’ lo
specchio dei tempi».
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